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Estratto dagli Annali della R, Scuola Sormale Superiore di Pisa, Voi. XV
INDICE
Prefazione pag, vii
I. — // Contìdo t la città nel XII secolo » 1-118
li Comuno ed il Viisooiito — Le Auunse del Coinuno — Dintrotto
•• rejfioiie ooRtier» — Contmlo e Diocesi — Modi d'acquinto del con-
tado — Comune ed Arcivertcovo nel contado — Forme di giurisdi-
zione aroivettcovile — La diMCordia fra i bocì — La nuova vita del
ContiMlo - Fattori geografici — I liberi od i Cantelli ; vari loro di-
ritti — Comuni di contado nel xi secolo — < Castellani » e < habi-
tiit4»rei» ^^ — Consorterie gentilizie — I « Lonil>ardi » — I coltivatori
nei domini patrimoniali — I contadini e le terre comunali — Moti
servili — Fattori economici e demogratici — Fattori morali — De-
tmiiimiEÌone giuridica dei nuovi rapporti — Ix^ < oartae libcrtatis »
— C(»munità rurali e con«<»rterie gentilizie — Peculiarità dei Co-
muni
— I Consoli — L'aristocrazia
<-onHolare — 11 Senato — Consoli e S< — La fMtlitica dei Comuni — ('oumuIì
ed Arcivesi'ovo durante lo s«'isma. Dieta di S, (rencMo — L'Arci-
re«covo Villano e Papa Alessandro — U diploma Imperiale a Pìba
IT
del 1162 — GinriBdizione impmale o roinuuale nel contado — Conti
e Teutonici in Toscana — L'Arcivescovo Rinaldo in Toscana — Pisa
e rAruivcKCOVO Rinaldo — Consuli pisani nel contado — ]iari»une
di Arborea — Questioni (ecclesiastiche : Arcivescovo e Capitolo —
Comune e Chiesa — Ingerenze reciproche dei Consoli e dell'Arci-
vescovo — L' Arcivesi'ovo nella politica estema ed intema — Di-
ritti e privilegi arcivesco\ili — Trasformazione laica del Comune
— Vassalli e Comune contro il patrimonio arcivescovile — Giuris-
dizione concorrente nelle terre dell' Immunità — Inevitabili con-
trasti — Popolo e Consoli per l'Arcivescovo Villano — Vittorie pi-
sane — Il primo trattato commerciale Pisa-Firenze — L'Arcive-
scovo di Magonza contro Pisa — Coalizioni di oWesa e di difesa —
Pisani, Fiorentini e Samminiatesi— L'Arcivescovo Cristiano contro
I*isa e Firenze — Verso la pace — Incipiente rivalità Pisa-Firenze.
IV. — Associazioni me rct infili, artigiane e gentilizie. La nuova
società comunale od i nuovi istituti politici . . jxig, 219-289
Colonie e commercio di terra — Svolgimento delle forme corpo-
rative — Vita sociale ed istituzioni — 1 « Consules mercatorum » —
Carattere iniziale dei «Cousules mercatorum» — Signiticato «lei «Con-
sules mercatorum » — Consoli del Comune e Consoli dei mercanti
— Arte e Consoli della lana — Struttura interna dell'industria della
lana — Modo di f4>rmuzion<* dell'ordine dei mercanti e della lana
— L'arte dei pellicciai — Cuoiai e Fabbri — Elementi costitutivi e
basi delle corporazioni artigiane — Lt* corporazioni e gli istituti
politici — Le corporazioni ed il Comune — Rapporti economici delle
corporazioni artigiane — Corporazioni intercoumnali; attività ar-
tigiane nel ctmtailo — Altre forme associative: cappelle. p«»rte,
quartieri — Distribuziime topognitica dei ceti e mestieri: società
delle anui — Grandi fainiglie feudali a Pisa — La piccola nol>iltà*
di origine feudale — Consorterie gentilizie — Natura delle atfsocia-
zioni gentilizie — Cause dì contrasti interni — Interessi e teuileuze
disconlanti nell'ariètocnizia consolare — L'agonia di una istitnzi<»ne
— Corsari e pirati — Fisonomia della società comunale alla line
del XII sec. — Regime costituzionali' — Trasformazione del (.'ollegio
consolare — Fattori storici e psicologici del Podestà — PnHlromi
di governo podestarile — Podestà teuzioni consolari.
V. — Dui Consoli al PtHlestù; il Consolato tifi maro , jxig, 290-2 i2
Enrico Ile dei Romani — Minacce di guerra — 1 « Capitane! mi-
litum > ed i Capitani del contado — I Consoli del Mare — Ulficio
e carattere del Constdato del Mai'e — I Consoli ilei Mare a Genova
e Trani — Opinioni sul Consolatii del Mare a Pisa — Indetermi-
natezza iniziale del Podestà: suoi ol)l)lighi e poteri — Senato. Ptn
destà e Consigli: Breve «lei Podestà — Istituzioni che si tnisformano
— Pisa contro Volterra. Lucca e Firenze — Pisani e Genovesi in
Sicilia — Insani e Veneziani in Oriente : comiuiste di Sardegna —
Albori di coscienza nazionale — La Lega tofana di S. Genesio (Ilii7-S)
— Il gran rifiuto — Pisa e Firenze: Pisa eil Innocenzo III — Vi-
sconti contro Gherardesca — I pisani a Sinicusa — Ambizioni ed
impn'se dei Visconti in Sardegna — Xuovi dissidi fra il Comune
e l'Arci vescovi» — Minuscole lotte per le investitura' e la Chiesa
Cattedrale — Lega Pisa- Venezia : paci e tr«*gue — Filippo di Sve-
Tia ed Ottone IV — Imprese vane — Consoli, Rettori, Podestà.
VI. — Contrasti sociali e partiti politici nellfi prima metà del
XIII secolo JM4J, 343-423
Stato e (Jliiort» nel **J00 — l l'ÌKani iii Siinlcguii ed i < (Comuni
)M>rriiiiui » — FÌ8f»noiuÌH «mI attività «Iri C-oiiHoli dei p<»rti — II Co-
mune «'d i Visconti iu Sunleji^nii — Federij^o II di Svevia — AH»
vi};ilitt delle ;;uerre Pirtik-Firt*nve — (■iiuiu* ooeiiMionali, apparecchi,
alleiinze — Firenze e Liieca e4»ntro Pina e Siena — Violenze e Kean-
dali eedesiaritici — 1 VìMoonti. (liudiei di Gallura e Torrou — Primi
fattori dei partiti politici — l*rime avviHaglie — Le forze dei partiti:
famiglie magnatizie — Ba>4e eeonomiea delle famiglie magnatizie —
II « Commune milituui » — L*arÌKtoe.razia minon' — Lealtà l»orghe4Ìa
mariiianMca e mert*antile — Vita ed istituzioni inteme dell'Ordine
liid mari- — Tendenze e programma interno della horgh«HÌa mer-
eantilr — C'orrÌHpondt»nte ordinamento del contado — Ij*i Arti o li»ro
anreiisiime politica — Quartit'vi, cappelle e Hocietìi delle armi — Or-
dinamento d<>lle Società delle anni — Popolo minuto e confrater-
nite S(Miii-reIigio<4(* — Uico-^tituzione dtdia unità popolare — Il « P<>-
pido » — Lo »*!Mt4> maggior*» ilei partiti — Altri' podentarie di
l'haldo Visconti — Nuova guerra Pisa-Siena cont ro Lucca-Firenze
— La Sardegna campo di contrasto dei due partiti — Il Comune
p«T i (ìlienirdi*sca contrii i Visconti — La pa<'e del 1237 — I^ì fa-
migliti niiiguatizie ed il Comune — Pericoli di Signoria — Kiordina-
mento interno — Canitten» grm'rale del prosente p4*rìodo storico
— (turili V llini a Pisa — Signitìcato dei due partiti — 1 partiti
la unilìcazituii* didla vita italiana — Un miraggio lontano.
PREFAZIONE
Queste ricerche, frutto di due anni ili lavoro, fanno seguito ad
pltre sulla Storia prcconmntite dì Pisa e le orìij'mi ttcl Comune e del
tsoiato, elle sono state da me presentata' come tesi di perfezioua-
fflto all' Istituto Superiore di Firenze e di cui il primo capitolo —
k breve spero anche i rimanenti — ha già visto la luce negli Stadi
ici del prof. Crivellucci (voi. X, 1301, pp. 369-419, Pisa ed* Iam-
tardi). Esse, lasciando da parte quasi coiupiulamente il problema
3 origini, muovono dalla metà del XII e giungono tiu quasi al-
L metà del XIII secolo; abbracciano cioè il tempo del pieno
B delle istituzioni consolari e della loro prima trasformazione
t> a Podestìt: mutamento che è preceduto ed accompagnato
r^Ari larghi e profondi in tutta l'intima struttura sociale della
ti, in alto ed in basso, dalle radici agli ultimi rami.
Sono, che io sappia, il primo lavoro complessivo e cronologica-
mtó non troppo ristretto, di storia pisaim: poiché questo Co-
me, in mezzo al fiorire di pazienti e spesso geniali ricerche su
mova e Firenze, che gli furono rivali antiche, è rimasto quasi
menticato dagU studiosi, quasi che l' essersi spento, come auto-
I Stato di città, prima che non gli altri due, gli abbia tolto
D ed ogni interesse agli occhi della storioi;rafia moderna.
, luienie con Genova, forma il piccolo gruppo dei nostri Co-
i marittimi di tipo, diciamo così, romano-barbarico : distinti e
vm
diversi da quelli romano-bizantini dell'Adriatico, del Jonio e del
Tirreno meridionale: maggiori fra tutti, Venezia ed Amalfi. Ma
anche di fronte a Genova, Pisa si differenzia per una quantità
di fatti e caratteri d'indole geografica, economica, sociale, politica.
Se non mi fa volo T amore che ho messo a questi studi e che
da essi si è allargato alla città che ne è oggetto, il Comune
pisano presenta in certe istituzioni una grande originalità : il Con-
solato del mare in nessun luogo come qui sorge ed opera con
tanta quasi individualità vigorosa, con tanta i)recisione di con-
torni, con tanto colorito e rilievo : si direbbe che esso rispecchi
la vigoria di queir elemento sociale clie lo costituì e vi si or-
dinò come in una sua propria cittadella, sovrastante e dominante
tutto il piano, ma non isolata ; congiunta invece ad esso da mille
viottoli che si arrampicano lungo i dorsi verso Talto, da mille ri-
voli che corrono giù per le balze: un elemento sociale che è te-
stimonio di una gloriosa vittoria della coltura latina su popolazioni
barbariche, deirambiente fisico sopra le abitudini ed il carattere
deiruomo. Il nocciolo primo si rafforzò di Longobardi inurbatisi
nel 7* ed 8® sec, associatisi all'attività marinaresca degli indigeni,
tutt' altro che spenta e non repugnante alla indole avventurosa,
alle tendenze individualistiche della razza germanica e dei piccoli
gruppi gentilizi in cui essa era ancora organata ; poi la città, il mare,
la coltura italiana, la mistione con altro sangue, Io smarrimento .
3) M. S. H. Ugum, Sectio IV, T. I, 282.
l
ti Comune ed il Visconte 3
&vore sovrano, fossei-o assolutameute seaxa efficacia real«. hi tempi
in cui te idee del diritto erano ancora iuuerte, doveva sembrare ed
ossero assai utile ai Comoiu, aucbe a quelli che avevano ima piena
coscienza di so e della propria forza, pracurar»i la sanziono dì una
Potestà supcriore, tanto per quello che era già fatto, tanto per quello
die rimaneva a fare: i privilegi imperiali, privi di ogni efficacia
vera per chi iioa aveva la forza da farli rispettare, erano, una leva
spesso potente per chi se ae serviva a dare lei^lìtà o l'apparenza
di essa ad una vigorosa azione di conquista e di espantjione terri-
toriale e commerciale: anzi come impulso ad agire, più che come
ratificazione di un fatto compiuto, queutì diplomi hanno importanza.
RiiK)nos(^!Ìamo, dunque, tutto questo ; ma diciamo nel tempo stesso
che il Comune, quello che il privilegio concedeva, l'aveva in gran
parte già preso o fatto da si>.
Entro la città, esso ha già creato organi amministrativi suoi pro-
pi 9, quel che b più, ha tolto di mozzo gli ultimi avanzi del
il Visconte, come giudice, era già stato messo da parte
US pezzo, non so se in virtù del privilegio di Corrado III,
^'Appuro di risoluta iniziativa dei Consoli, come è più probabilo,
^poiché t'ultimo atto in cui si vede il Visconte nell'esercizio della
feUA giurìsdiKiono io lo ho trovato nel 1116 *j. Ma all'ufficio dì
Tiaconto era da tempo accoppiato quello di Castaldo, l'antico af-
fidale della organiz>: azione ciirtonse, il capo della corto regia e
iViarchionale della città, E come tale, al Visi'onte erun rimasti molti
diritti di ripatico, della perni pubblica del ferro, dei forni, dei vi-
nai, di tutte quante le urti, ultimo avanzo della originaria con-
dizione semilìbera di ijnesta classe di persone adibita ai lavori della
eorto od obbligata a prestazioni d'opera e poi scioltasi finalmonto da
Ogni laocio •}, I Visconti di Pisa conservano sino al 1163 il gustal-
') Arcii. i-is., Perg'iiH. OUvelanI, 16 iiov. 1117, • Io Mardula vodova,
m1 toiutiun (li .%^or«ilD mio Oglio e mnniiiialdo et mitii qui flu|ira Siano-
la Mn«'utlcntoa(!)Gcr«rdttB Vk^pconics filltu... v<'-tnio «n mnliiio ecc. •.
Dn'alUa prrg. drl liti, 31 inagj^io, parla della couceoaione di un mon-
laldo da imrte di Ugo Vìse. ad ann donna.
*) ClV. sn ciA Sorjii, /j* iut»itditw>iu in Ualia avaiUi U origini del CV
lUM. 1898, tutto il peualt. cap.
4 L ^ B Qmtado t la tntìà mtl xs mx>lo
dato ed insieme wm esse» tuuì jKjsdzione prepcinderante nel go-
rerno consfjlare: non cJie essi stiano alla testa del cK»Degio dei Consoli
quali raj)predentant3 dell' Imperatc^re. oc^me è stato dtnxc» da molti %
e primi Consoli della città : ma dell'antica alta posizione hanno
oonsen'ato molta autorità e molta pcttenza come cittadini prirati, non
che ambizione viTissima di ri conquistare il perdut*:» e crande ani-
moiì^ìtà c^.»ntro il c-onsolatt» in cui pure entrano (xitì largamente. Nel
1153, alla vigilia quasi della prima distc^esa del Barbarossa, a Pisa
si combatte accanitamente per le vie e dalle lc»rrL Alberto e Viee-
comes major > il capo della cons<:>rteria., w»nduoe la lotta contro i
Consoli i quali combattono a lungo per domare la sollevazione, occu-
pano le tjrri e le case più alte per mettervi presidi e riescono a
reprimere il movimento ostile, prendendo severe misure per imjie-
dire il rinnovarsi dei disordini e dichiarando decaduti i Visconti,
a benefìcio del Comune, da quei diritti fiscali che anc^ira godevano *)
e che altrove, a Genova per esempio, ove i Visconti sono anche più
potenti e numerosi che non a Pisa, seguitano a godere ancora per
oltre due secoli % Era questo, a Pisa, un altro passo notevole verso
la sovranità finanziaria del Comune. Ora T amministrazione citta-
dina è pienamente libera e può svolgersi a seconda dei bisogni in-
terni che ogni giorno crescono. Le finanze del Comune poggiano
sopra il tributo del contado e, in città, sopra V imposta diretta sulle
arti e sui beni mobili ed immobili, secondo la stima che ne fanno 5
uomini i>er ogni porta eletti dai Consoli ; e sopra una imposta indi-
retta costituita dai ripatici, dalla dogana del sale, dal lucro della
'i Ultimamente dal Davidsohx, G^schichtf von Fiorerà, p. 350, il quale
si fonda sulle parole di Enrico V « Petrus Vicecomes noster > . Tuttavia,
anche a dare al • noster » il significato che gli dà il D., ben presto il
Visconte scade, di fatto e di diritto, da tal posizione. Si può dedurlo dal
▼edere cbc^ molte liste di consoli non hanno Visconte; che in tal altre esso
Visconte o i Visconti non occupano il primo posto; che esso è nel Conso-
lato non perché Visconte, ma perchè Console. Egli è ser.i; r? ricordato
cosi: P. vicecomes, consul. Ciò indica che Tantico titolo d' ufficio è, ora-
mai, solo nome della gente.
*) BoNAiNi, Statuti, I, 1>^19, 28 ott. 1154, st. p.
^) SiE . £Kixo, Genueser finanzenuestn, Freiburg 1898, 1, p. 3-10, 53.
Le finanxc del Comttne 5
moueta, dalla vendita del ferro d'Elba, ■lagli introiti della degazia,
ecc. Tolti al Visconte i diritti tìscali, oi-a rimane solo l'Arcirescovo
' a godere di certi privile^ sul ripatico, >) salle misure del grano
Della piazza delle biado e sn qualche altro cespite minore; e l'Opera
del Duomo l'Iie gode anche essa di certi proventi, come il dazio
salle frutta che entrano dalle porte e su quelle che si vendono nella
piazza del grano; il bollo sulle misure, il diritto sui carboni che
vengono per mare e quello più rilevante assai che si raccoglie in
piazza dalla veudita del grano forestiero e paesano; tutti privilegi
[ che Federico I conferma all'Opera il 1177 *), Questo in tempi or»
I dinari; per bisogni straordinari si ricorreva tìn da allora alle pre-
Manzo ohe erano o forzate, per compiere qualche opera di urgente
uecossità ed ustese a tutta la cittadinanza o ad una parte di essa,
[ come quella imposta poco prima del 1162 agli uomini di Cinzica
I per la costruzione delle mura attorno al loro quartiere ; *) oppure
I erano un prestito regolare contratto con mercanti denarosi che si
t oo«tituivaDo subito in società sotto dei ( capitane! > o «generales» *)
i quali i Consoli fac^f^vauo direttamente siciulà. Nella 2* metà del
XII, queste ultmie operazioni finanziarie fiirono assai frequenti, ^
L per le grandi 6{>ese che sostenne il Comune. Si c«istruirono le mura,
l Juorlttte e turrite; si gettarono ponti sull'Arno, sul Sennino e sull'Ozari ;
[ si fecero torri al Porto pisano e potenti fortificazioni al castello di
Bipafrattu, punto strutegii^i della massima importanza nelle guerre
[ Incdiesi; si innalzarono il Battistero ed il Campanile, e ifi cominciò
< b &bbrica del Camposantr); si armaron c^entinuia di galere per le
guerre continue con Genova e nell'aspettativa ansiosa della grando
L conquista del Regno che avrebbe dovuto innalzare Pisa più in alto
■di quanto avessero mai osato s}>erare le fer\ide tantasie di quel po-
*) BoMAixt, Stilati. I, B. Consnlum, p, 89.
*) BONAnii, tiltiluti. 1, B. Coniunls, p. 368^9, doc. in nota.
*> BoXAXHi, mattili. I, B. CotiauJuin, p. 34. Nei due Brevi al parla ce
V4I m EUto ordinarin, dell' impoBÌsione di date o prestanae.
•) Arcii. Pik. Atti pubi., 27 sett. 1197.
^i Abuh. P». Alti pitbl., 7 mano lll>l>; 26 maggio 1177; 22 e S7 a
liin.
6 1,-11 Contado e la Città nel xn secolo
polo di uavigatori a cui oramai nessuna impresa poteva sembrare
impossibile %
Dopo compiuto il cerchio delle nuove mura, fu abbandonato
il sistema della divisione per porte e base dell'ordinamento am-
ministrativo divennero i quartieri i cui confini furono delimitati
poco dopo il 1164, *) naturalmente sulla base della antica distribu-
zione topografica dell'abitato, quale successivamente si era costituito.
Una carta del 1127 ricorda il «populus pisanus, (entro la cer-
chia del 1000) cinthicanus, foriportensis et de Burgis » ; *) e le de-
nominazioni dei quartieri, dopo la loro esatta divisione, sono cor-
rispondentemente, Cinzica, Foriporta, di Mezzo e Ponte. L'antica
città murata ora, nel XII secolo, costituisce non più di un quai-tiere
della nuova città, quello di Mezzo. In relazione alla divisione per
quartieri, il contado vien diviso in quattro parti : ma questo si ricava
solo da documenti del XIII; per ora poco sappiamo.
I documenti del principio del secolo che parlano del contado,
gettali qualche luce sui modi con cui il Comune acquistò successiva-
mente, allargando sempre il cerchio, le terre ed i castelli che gli
facevan corona. Più del valore dei privilegi imperiali, appaiono
evidenti gli effetti della irresistibile attrazione che la città esercita
sul contado e della condotta che il Comime tiene di fi'onte ai vari ed in-
trigati rapporti in cui per il disgregarsi delle istituzioni monacali, per
lo scomparire dei piccoli feudatari assorbiti dai grandi o attirati dalla
città, per il rifiorire della vita locale e della classe dei liberi allo-
deri, veniva a trovai*si T antico comitatìu% vicino ora a diventare
parte ^^va ed attiva della città, come prima ne era una morta ap-
pendice, una massa omogenea ed indistinta.
^) Annali pisani e Br. consulum, passim. Per la data del campanile,
una perg. del 1173, porta in fondo : « Campanile Duomi fuit fundatum
MCLXXIIII, 5*> idus aug. » Arch. Pis., Pert/. Primaz,, 9 ag., 1174.
*) BoNAixi, Statuti^ I, Br, Consulum,&n, 1164, p. 30 « De coaequatione
ac divisione civitatis in quatuor partes facienda etc. consilium quaeram
etc. >.
») Arch, star. ItaL, T. Ili, Voi. 8, p. 5. Trattato Pisa-Amalfi.
Divinilo e regioni costiera 7
Tariì furono questi modi. Kella Koua più viciua aila città, doro
nou esistevano signorie feudiili e neauche estesi possessi patrimo-
DJali, Il possìam dire che la giurisdizione de) Comune si alTerma sin
da principio, naturalmente. Nei secoli precedenti, gli abitanti veni-
Tano a Pisa, al placito dei Marchesi e dei Visconti ; ora, cessata
la regolare e continua amministrazione marchionale, tolti ul Visconte
gli antichi diritti, i Consoli cittadini sì son messi immediatamente
•1 loro posto ed anche nei trattati di pace con altri Comuni ngiscono
I e si obbligano a nome della città e del distretto ').
E lo stesso è avvenuto ben presto in tutta la regione marittima,
t o no essa entro ì contini antichi del contado, pur che si di-
mostri utile o necessaria alta difesa, alla forza, alla ricchezza del
Comune. Cosi Piombino è fuori del i^utado; ^ ma i Pisani, sin dai
1 primi decenni del XII considerano quel luogo come ad essi sotto-
poeto e vi tengono a difesa del porto e delle coste una galera ar-
ia *) ed un presidio che non valse tuttavia a respingere nel 1124
un assalto di Genovesi che sbarcati dalle navi posero fuoco al ca-
[ stello ed al borgo facendo multi prigioni. Il Castello fu subito rì-
ì costruito ma di nuovo i Oenovesi Tanno seguente lo assalirono e
I lo occuparono, *) come già molti anni innanzi, nel 1078, guerreg-
I piando contro Pisa, avevano assalito e depredato il castello di Vada; *)
I aeignu dì un k'game già tin d'allora assai stretto fra la città ormai
; costituita a Comiuie e le terre del contado specialmente marittime.
Ha diversamento atidavan le cose nelle parti più lontane del
territorio o anche fuori del terrìtorìo stesso, in generale là dove si
steudevano i possessi patrimoniali e feudali laici ed ecclesiastici.
Sa per l'Amo, a pochi chilometri, il contado e la diocesi di Lucca
t >) Cfr. Il trattato con OenovA del 1138, 19 apr. ; BoNAim, Dipi. pU.
p. 11 ; e con Lacca del 115A, I. e. p. 19. La data llfi9 del B. ò emendata
dal Daviuhoiin, Foruchuaffen zur fUlerr Gtschichff mn Fiorerà, p. 99.
') è ndU diocesi di Popolonia. Una volta sola, nel 9)>3, bo trovato
menatone ancbe di un • comitatum plumblnensein • M. S. U., Diplomala,
, I, ii.84fi, 39la«:UD9t>2.
>) Annali pts. U61.
*) Caitaro, Annali, aii. 1124-llffi.
'I MrKATORl, !k-ri/,turtjt. T. VI, Frngiii. lucerti aiict-, an, 1079.
8 I. — iZ Contado e la Città nel xn secolo
penetranti assai addentro nella Valle dell'Era, sbarravan la ria Terso
r intemo della Toscana, a Pisa che pure nel X secolo giun-
geva fino ad Empoli ^). Di qui le lunghe guerre che con Lucca
combattono i Pisani i quali roglian dominare nella valle dell'Amo
e dell' Era ove la popolazione si addensava assai folta e le colline
eran coronate di castelli spesso fortissimi in gran parte possesso
della Chiesa vescovile lucchese. La varia vicenda del contado pisano
da questa parte, si ricollega quindi con le guerre Pisa-Lucca.
Nel 1149 Monte Castello, in una bellissima posizione sulla de-
stra dell'Amo e le rocche di Val d'Era cadono nelle mani dei
Pisani che tuttavia non riescono. Tanno appresso, ad impadronirsi
di S. Maria a Monte % È indubitato che le terre conquistate con
r arme alla mano, subito riconoscono il dominio della città. Su per
r Era pullulano le consorterie di cattani : naturalmente essi debbono
prestare giuramento di fedeltà a Pisa, cioè ai Consoli ed all'Arci-
vescovo ai quali passa per lo meno una parte della giurisdizione
e dei proventi fiscali, se anche un' altra parte seguitano ad eserci-
tarla e percepirla i vicari imperiali ed i Marchesi mandati a volta
a volta dalla Germania come ufficiali pubblici eletti a tempo e con
determinate attribuzioni, come se ne vedono spesso in tutta la
Toscana durante la 1.* metà del XII, impotenti tuttavia, il più
delle volte, di fronte ai Comuni cioè al diritto nuovo del popolo
ed alla forza delle sue armi; ^) bisognosi talvolta delle lettere via-
torie e raccomandatizie di qualche abbate che procuri ad essi se
non la soggezione delle città almeno benevola accoglienza %
Quando poi non operava la forza delle armi, allora gli acquisti
*) Cosi dalla carta del dono di nozze del Re Ugo a Berta sua sposa,
della Corte di Empoli, D^mmler, Forschnntfen zur deutsche Geschìchfe,
X, a05: 12 die. 937.
*) Annali pia., an. 1149-50.
^) Sull'amministrazione dei contadi per mezzo di impiegati imperiali,
nel XII in Toscana, diversamente da quel che avveniva in Lombardia,
cfr. Fit'KER, Forschungen zur lieichs-und Jiechfsgeschichfe Ifaliens, I, 233
sgg., 238 sgg.
*\ V. nel MiGNE, PafroL, serie lat. 182, col. 285, la lett. di S. Bernardo
ai Pisani per il giovane Marchese Enghelberto.
Contado e Dioam 9
rivostivan le forme dpl diritti} privato patrimoniale e feudale. E qui
il capo deilH diocesi compieva un utfieio a^sai importante.
Ho detto del giuramento di fedeltà al Comune ed ull'Arcirescovo.
Que«t' ultimo entrava, nelle guerre lucfhesi, per due ragioni. Innanzi
tatto il dÌ:4SÌdio profondu tra Pisa e Lucca, manifestatosi violento
8in fiat principio del X.I secolo, riproduce quello antichissimo e no-
tjisimo fra Siena ^kì Arezzo; solo che venuto alla luce piiì btrdì,
con il concorso di molti nuovi fattori e nuove cagioni d'indole |io-
Utictt e commerciale, che gli danno una più larga importanza nella
VBtoria della Toscana. Eraii, da principio, questioni di diocesi vescovile,
niU^-entatfl poi questioni di territorio cittadino, nelle quali per con-
iflegneoza i duo Vescovi non possono disinteressarsi: anzi la loro
KBolidarietl con i rispettivi Comuni ò così stretta dn non potersi di-
m>n3 B prima vista se le Innghe guerre Pisa-Luei'n sian guerre
■di Vescovi di Comuni, tanto IVIemcnto e lo ragioni chiesastiche
fli intrecciano con le civili ').
Ma vi h mi' altra ragione che unisce l'Arcivescovo ai Consoli
eir«ziouo politica per la conquista di un territorio: è la solidarietà
intima fra il Comune e la Chiesa cittadina di cui il Vescovo 6 capo;
I la mondo itiitorità che quello esortata. \A specialmente dove non
lugurntH nell'esercizio del potere comitale e negli attriti oon-
Itnui eoi cittadini desiderosi di affi'ancarsene, come apjtunto t> Pisa,
\ Firenze, a Siena ecL', Nel Xll set^^olo, poi, finch^ il Comime nou
conquistato una posizione legale in mezzo ai va-ssalli invo-
') Cfr. la formuln del giurnm. che il UBI. » tenore della pn<:« glA
mcUniw, i Consoli plsnni fanno ni Vohcovo lucchese:
• El rclinqunin Episcopo lue. ct<^. lìbero liabero et possidcrc f/riumpiilum
IH ifui/ii ni in forti'i iiun fi dùtlrìctu »ri«i etc.; clorlcos buos eorrigero
I haborn potcttlatem in iis etc. et posseasiouesi amia el penMoneti etc., et
uieutes et lldoloa suos et albergarias babere el dlstrlni^ere sicui do-
plntu Bnoa HdoleM et aiauentes distringere dcbet. De Juriitiliutione voto
I diatrictn, qiinin ve.l (juem larann oivItnK, vel lucenses Conaulea in lu-
a fiirliit tri dirlrirlu [tUuini rpàm^tiitia quoquo mndo hobiint ittc., neqno
rram, neqtie diwnrdiBm liu-iam etc. >. Lo aX^tao e reciproco glnra-
mta lannn j Consoli Inccbeai ali 'Arcivescovo pisano. 11 dipi, di Fode-
t> I, nainrat mente, doveva a^f^nnp^re esca al fuoco.
10 I. — Il Contado e la Città nel xii secolo
stiti dair Impero di poteri pubblici, il Vescovo serviva a compiere
legalmente degli atti che al Comune, secondo la legge feudale sa-
rebbero riusciti diCBcili. ^) Egli cioò riceveva il giuramento di vas-
sallaggio dei signori grandi e piccoli che avevan prima sentito le
minacce o il peso delle armi del Comune e che si piegavano a di-
ventare « homines > del Vescovo, assicurando nel tempo stesso
protezione e difesa ai cittadini ; oppure il giuramento degli abitanti
dei castelli o delle ville conquistati dal Comune, o che spontanea-
mente, per aver difesa contro i feudatari, entravano in un rapporto
di dipendenza con la Chiesa cittadina ed il Comune. Così fin dagli
ultimi decenni del XI, gli abitanti di Casciaula, a poche miglia ad
oriente di Pisa, come ci ha conser\'ato un bellissimo documento; *)
così Ubaldo signore di Ripafratta nel 1109 fa alcune sicurtà e cede
alcuni diritti sul castello all'Arcivescovo Pietro, all'Opera di S. Maria
ed ai Consoli che diventano suoi < bonae fidei consortes » , obbligando
loro < iure pignoris » la sua parte del castello e del suo distretto, del
ripatico e del placito; ^) lo stesso, nel 1114, fanno i castellani ed
abitimti di Vivagio, con riserva tuttavia dei diritti della contessa Ce-
cilia dei Cadolingi, ^) e nel 1120 quelli di Bientina all'Arcivescovo
Attone *). Di più grandi feudatari ricordiamo i Cattaui di Garfagnana
e di Vei-silia che per tutto il XII, tenendosi in equilibrio fra Pisa
e Lucca, prestano ora all' una ora all'altra dei giuramenti più presto
rotti che fermati; Gionata signore di Toscanella che nel 1160 viene
a giurare fedeltà all'Arcivescovo Villano ed al Popolo ed il Conte
Ildebrandino di Soana che per placare le ire dei Pisani preparati ad
invadere il suo territorio a vendetta della cattura di certe loro navi
cariche di grano che i vassalli del Conte avevan fatto sulle coste
^) Cfr. su ciò Santini, Studi sull'antica costituzione del Comune di
Firenze, in Arch. stor, Ital. Ser. V, T. XVI, p. 21 segg.
*) Rena -Camici, ASerie dei Duchi e March, di Tosc(tna, III a, 80. Pro"
testa degli uomini di Cascuila alla Chiesa, al Popolo ed ai Consoli di Pisa
contro i Lombardi di S. Cassiano.
3) Muratori, 'Anf., Ili, Ehccerpta Arch. pis. Memoriale di Sismondo
airArciv. ecc. ann. 1110.
*) Muratori, Anf., Ili, 1117, an. 1114.
^\ Muratori, Ani., Ili, 1133, 17 giugno 1120.
Modi d'anpiùto d«i eonlada 11
marommane, gium miche esso, nel parlamento di Pisa, * fidulitaU-m
ot hominiiim > all'Arciveacovo '). Questi feudatari, uell'atto che giu-
rano, F»)nu iuvestìti del grado di vessilliferi dell'esercito pisano, e
ne ricevono le insegue. In tal modo, noi lo vediamo, si esce fuori
dei limiti del contado ed il Comune fa suoi vassalli anche nei ter-
ritori vicini, pel dtiplii« scopo di assicurare protezione m cittadini
che vanno a commorcìan'i e di accrescere le pixiprie milizie. IiAt-
CÌTOSCOVo 6 il rappresentante idiìciale di questa pulitio-a; ma dietro
di Ini stanno ì Consoli ed il Comune che sono i veri contraenti, i
Iveri signori fendali. Lo stesso avviene presso a poco in tanti altri
! sono moltissimi — che rivestono non tanto carattere fen-
I dale (jnanto patrimoniale: ooi'ti e castelli, intieri o in parte, donati
venduti all' Arcivescovo ; ma anche qui il Comune e J» paite gli scrupoli, negli anni del sua doppio
officio, a tutto vantaggio della Sodo arcivescoviio pisana.'Più grande
benofiuio fti U dignità motropolitìca concessa sul Vescovo di Popu-
lonia, nel 1138, da Papa Innocenzo all' Arcivescovo Balduiuo ').
Verso la maremma populoniese dovevano esser rivolti da un pezzo
gli oivhì dei Pisani che <.'onoscevan quel paese ricco di biade e dì
metalli. L'isola d'Elba, le cui miniere rendevano al Vescovo larghe
decime, *) apparteneva appunto a quella diocesi, separata dalla dio-
cesi pidaua da una sottile striscia di paese per cui il territorio civile
od ecclesiastico di Volterra toccava il mare. A neesuno sfuggirli
rituportanitu di questo nuovo campo aperto alla giurisdizione spi-
rituale dell 'Arci vesctìvo di Pisa: dietro di lui era sempre Ìl Comune
quiui facendo i primi pa^si all'umbra della sua persona. Nella dio-
di Populonia erano appunto molti di quei capitelli che la Chiesa
la, per compra o dono, aveva acquistato e la comprendeva quasi
poi, il territorio riconosciuto a Pisa dal Barbarossa nel 1162.
oesi e
Quali le consegue D /.e di questa azione dell'Arcivesi»vo nelle
questioni di territorio, la quale, pur sotto forme larvate, aveva
1 intiino carattere politico, esplicata in unione- col Comune e con
jinu^struti civili della città? In che rapporti reali e personali questi
i 6 queste terre comprate o ricevute in dono o in dedizione
I veaivauo a trovare con l'Arcivescovo e col Comune di Pisa?
1 primo risultato era die, riflettendosi noU'attività del cupo della
Mi le tendenze e le aspirazioni del nuovo ente comunale, si
dato di Papa Eugenio decide nella controversia fVa 1 due Vftacovi per il
pooMOMo di Hoiiwvosa. La pftcc del 1198 fra l'Arciv. ITbiUdo ed i Consoli
di Volterra, «ra pure per i castelli iti Montcvaso, RiimrbeJla, Mole e Strido.
Uattbi, IM. Siri, pi*., I, App. 69.
') PrLiiiK-H*RTUS(i, Acl.i Pontìficum ronum. ined. IKS6, II, n' 332,
I apr. 1188. E forse aua conferma \ cfr. Dbkniiauui, Lolhur co« Suy
l^'nfrwry, 464.
') Pn.i:.iK-a»Kii;(j.i, Act.ì Poni. II, n- 137 ; il dipi, di Alessandro II.
I, al Vmr. di Popnlonia : Poiché nel tuo vescovado • argenti oc ferri
{iSfonttnqiM int^tsUorum vene esi:avan tur, maxime intra coufliiiuiu illitu
«qoe Uba dicitar,* così di tutti quel metalli 'et precipue de ferro. >
I oonfermiaiQo ogni decima. I confini della diocesi aon designati noi
diploma di Uregorlo VII, Àeta Pont., II, a' 160, an. 1074.
14 1.-72 Contado e la Città nel xn secolo
venivano eliminando a poco a poco diritti e proprietà di feudatari
e di stranieri dall'ambito del territorio, si distruggevano in esso le
infinite varietà proprie del sistema feudale e vi si stabiliva una
maggiore omogeneità, con una ben netta linea di separazione dai
territori vicini. Frequenti sono le vendite o donazioni nelle quali
il venditore o donatore di altre parti di Toscima alienava alla Chiesa
pisana quanto possedeva dall'Era al mare e dalla Cecina all'Arno, che,
salvo dalla parte nord, rappresentavano con tutta probabilità i limiti
del comiiatiis nell'XI e XII secolo, prima della carta fridericiana del
1162; quello che gli statuti del 1285 chiamano « distretto antico » *).
In secondo luogo quella che era proprietà di terre e castelli o parte
di castelli passava a chi bene spesso sborsava i denari, cioè alla
Curia arei vescovile che in tal modo ^ide nella prima metà del XII
sec. crescere enonnemente il suo patrimonio, e con la proprietà delle
terre tutti quei diritti patrimoniali sui risedenti e coltivatori che
erano strettamente connessi con la proprietà. Ma dove le case ed
i campi dei castelli e ville non eran tutti del signore ma viveva in
essi ima popolazione di piccoli proprietari, alloderi ed arimanni o dove
si erano già costituito delle « università » rurali di uomini affran-
catisi dalla condizione semi-servile del colonato coi loro Capitani e
Consoli; nei castelli ove si accoglievan vassalli di signori laici o
ecclesiastici; qui il Comune cittadino reclamava subito una parte
maggiore di diritti fiscali e giurisdizionali ; per queste classi di per-
sone che toglievano all'atto istrumentale il carattere strettamente
privato, intervenivano certamente i Consoli cittadini ad approvare
e sottoscrivere : possiamo credere che Arcivescovo e Comuni aves-
sero parie insieme nelle imposte e negli altri utili reali *), ed a
^) BoNAiNi, St'tfuti, I, Breve comra. I, p. U5. Per le alienazioni di
terre dall'Era al mare e dalla Cecina air Arno, ctr. Arch. Messa arciv.,
Pisa, perg. ^s nov. 1117; vendita all'Operaio di S. Maria da parte di
Miugarda vedova del conte Ugo e figlia di Ildebrando \iscontc; perg.
an. 1131; douaz. del conte Arduino di quanto spetiava«rli per donaz.
della contessa Cecilia. Miratorf, Anf, III, col. 1U3-4, sett. ll.'JO. vendita
dell'Abbate di Mar turi. La Cecina considerala come linea di divisione
nella zona di contado a sud di Pisa, cfr. Sfufnfi I, p. 2.'):J e altrove, passim.
^) Di una imposta cittadina sul contado, indipendente da quella per
Forme di giuriadixiom areiveeeoviU
IS
qnoat' ultimo fosse invece riserbata la giurisdizioue, in quanto non
erano, quelli e questa, percepiti ed esercitate ancora, sia pure sal-
taarìameute, dai ministri imperiali e raarchìouuli o dui Conti rurali
l'be, rendendo o donando o impegnando il dominio utile dì corti e
castelli, fucevan riserva di l'erti diritti. Né solo questo doveva toccare
all'Arcivescovo, Privilej;i iraperiali doUa prima metà del XII secolo
concedevano ad esso il fodro, trasformatosi ora in nua impc^sta diretta
che in parti eguali pagavan proprietario e colono del fondo ') ed
il placito giudiziario, la contribuzione dovuta a chi amministrava
la giustizia, nei castelli di Buti, Vicopisano e S. Giovanni della Vena
Del Val d'Amo dì sopra; di Vada e Rosìgnano nella regione co-
i tnoremmuna; di Silvalouga, di Pugnano, Voltrìuno eoo. *).
lantonqiie questo placito concesso all'Arcivescovo su alcune im-
portanti terre del contado si limitai^e alle cause civili; quantunque
a tal signore mancasse la forza di far rispettare qualunque disposi-
zione e dovesse jKirtar sempre dinanzi ai tribunali cittadini ì fre-
quenti litigi che aveva con gli uomini di quelle comunità; pur
tattaviu siffatti privilegi coni^evano all' Arcivescovo di Pisa un
potere nuovo e diritti d'ordine pubblico che egli non aveva mai
^VtMTCitato e portavano osc-a al fuoco, non lontano ad act^'ondersi,
^rèegli intemi diNsidi fra la Chiesa ed il Comune.
Uà un'altra piii larga forma di giurisdizione arcìve«^vile
si formava cunteniporuneamente in taluni cartelli e corti di esclu-
tin proprietà della Chiesa pisana, corno svolgimento e trusformoeiono
Hjdae^ antichi diritti patrimoniali sui servi e risedenti, fondata quindi
^nil litoli di diritto privato e conservatasi anche quando lo stato giu-
^^pdioo degli abitanti e le condizioni della proprìetik in quei cotrtelli
^Bl motuio nel XII secolo. Nel citato diploma im{>eriale non se ne
n MorcheM e por l' Iinporatore, si ha monstono In Firensa sin dal 1090-98
eOr. Daviksoiis', Fonehungen, p. 63.
_ *) Phrtilb, S(. ,ì, dir. iUtt.. I. 3tìi »yg.; Lattic», lì dir. erg. N/' 631,9 luglio 1222 ; 19 ag. 1253;
30 die. 1270; 26 ott. 1278; 26 maggio 1279; 31 gena. 1281. Dal Borgo,
Dipi, pis., p. 19. an. 1284.
*) Arcu. Mexsa arciv., Pisa, perg. 27 ott. 1142.
La discordia fra i aoei
17
Logli utili dell'impresa; di modo che potè uscire, nei riguardi del
dominio temporale, dall' osoiuntà in cui fino allora si era trovato
anche in confronto agli altri Vescovi di Toscana che pure fnrou
tanto al disotto, iu ci'>. dai loro confratelli di Lombardia. Questo
è il modo con cui si costitnisce nel contado pisano un dominio
xavescorile che, due secoli indietro, sarebbe potuto esser piindpio
} fondamento ad un potere comitale sulla città e sul territorio; si
itituìsce ora insieme con l'esteudersi dei jìoteri giurisdizionali della
con UD processo simito, come i due fatti fossero manifo-
zioni diverse di uno stesso tenomeno storico e procedessero da
! eguali. Questo non avvenne là dove — e specialmente nel-
tflti^ia setteuti-ionale — il Comuue sorgente trovò a contrastargli
t ouiuiiìno un Vescovo costituitosi ai Conti ed ai Marchesi ed io-
itito della trìplit» giurisdizione patrimoniale, feudale e di diritto
Vbbhco. Ma i due alleati, a l'isii. dovevano facilmente e pronta-
lente trasformami in rivali non appena il Comune, conquistata per
I propria una por'soualità vigorosa, ottenuto il riconoscimento
ridico come ente pubblico, e trovato il suo posto preciso in mezzo
i di fronte alla gerarchia feudale, entra da solo nell'arringo politico
t vuol per sé tutte le spoglie della vittoria e tendo ad affermarsi
1 ano carattere schiettamente laico, non dissimulato neanche nelle
vicende interne ed esterno che portali talvolta il Comune
ino, come es|iediente di buona wtrategia, a schierarsi col partito
i Pontefici, prima che vi si formi una stabile tradizione di politica
bnperiale. Kd allora la giurisdizione del Ck)mune, almeno in alcuno
te Don in tutte le torre della Chiesa, vuole esplicarsi, e ci riesce, in
JOnvnzB con quella arcivescovile, pnr in mezzo a dissidi e con-
i di ogni giorno che fomiau come la trama su cui è tessuta la
K politica euclesiastica della città, cosi poco studiata iu generale
■itsvole di essere meglio conosciuta.
D (.«mbiamento nella posizione reciproca del Comunu u dui
della Chieda cittndiiiu non avviene se non verso la metA del XII
30lo, negli auni che precedono e seguono il diploma friderìciano:
quando anche il contado ent auimulo da mi vivo pullnlar di energie
18 I. — i2 Contado t la Città nel xn secolo
e di forme svariatissime di vita giuridica ed economica e le terre arci-
vescovili facevau le prime prove contro il lor signore ecclesiastico.
Poicliè bisogna tener bene presente questo fatto : Tespandersi del do-
minio cittadino nel contado coincide con un mutamento profondo nelle
condizioni del contado stesso; mutamento che non è molto posteriore a
quello della città ed in taluni centri rurali si accompagna anzi con esso,
in modo da costituire l'uno e Taltro come due sistemi di forze agenti
e reagenti. La città, nella sua marcia in avanti, si trova di fronte ad
un elemento non inferiore, per importanza economica e sociale, a
quello che, dentro la cerchia delle mura, si è concretato nell'ente
giuridico del CJomune cittadino, perchè costituisce come il terreno
ove questo vigoreggia; forma le radici innumerevoli, filiformi da cui
questo deriva la vita, lo sviluppo demografico, industriale e politico.
Le corti signorili, le masse o riunioni di pastori e di pochi ar-
tigiani, ^) i castelli ed i borghi avevan mutato fisonòmia ; la classe
dei liberi cresceva di numero e riacquistava la importanza sociale
perduta: e tutti, liberi, semiliberi e servi, piccoli vassalli e piccoli
feudatari erano come trascinati nel moto associativo che li organiz-
zava nelle comunità del contado e nelle consorterie gentilizie. Ci
sembra vedere un misterioso lavorio compiersi nelle viscere della
terra ed un numeroso popolo di pigmei romperla, muoverla, agitarla ;
osserviamo il trasmutarsi e lo svolgersi degli elementi primordiali
della vita sociale in ima soprastruttura politica che è il Comune
medievale; è il processo di creazione di una società nuova che
spunta fuori rapidamente dopo una oscura elaborazione di secoli,
manifestandosi in una grande varietà di forme che vanno grada-
tamente dal minuscolo aggregato di pochi uomini attorno ad una
chiesetta perduta fra i boschi o sui monti, fino al Comime cittadino.
Il carattere geografico della Toscana con la sua varia altimetria,
con le sue valli comimicanti e le arterie fluviali di molta impor-
*) Attorno a Pisa e Lucca, oltre le due più grandi Massa di Loni-
giana e di Maremma, i dee. ricordano Massarosa, Mascia mr.i-inaria, Massa
piscatoria, Massa pisana, ecc. In senso generale, come aggregato di po-
deri, la parola € Massa » prevalse specialmente pei beni delle Chiese e
delle Abbazie. Solmi ^ Le associaz. avanti le orig, del Cam., p. 39.
La nuova vita del Contado — Fattori geografici Ifi
laaza, covoB l'Amo, il Serchio, l'Elsa e l'Erti e con In fertilità lìel
8U(i suol", dovevi! moravi gì ioBameu te favorire t'addeiisarei della po-
polazinne luiiRo le valli dei fiumi; il frazionarsi della terra anche
nei secoli barbarici dellii grande [iroprietà territoriale, il mantenersi
della i-oltiira sufBcente mento intensiva, lo stringersi di fucili rapporti
fra li< popolazioni lungo i corsi d'acqua o in rìra al mare, il più
rupidn disciogliersi degli artigiani dai legami del sistema curtense
e r allargarsi dei prodotti dell» piccola industria nei mercati dei
luoghi aperti ove i prezzi soii liberamente fìssati dall'artigiano li-
bero; ') in fino un certo difforeiiniarsi dei ceti sociali, prima tutti
egualmente accomunati nella diiìendeuza al signore, Erau queste le
indizioni per un progressivo innalzamento degli uomini delle cam-
pagne e per lo sviluppo di una tìorente vita associativa. La costiera
inarìita, la Maremma, lo valli dell'Era, dell' Elsa e dell'Arno, sono
infatti i centri di maggior fioritura delle istituzioni comunali. Quelle
valli erau, per molta parte della loro lunghezza, zone di confine fra
contadi diversi di Toscana; eran luoghi, quindi, dove abbondavano
boHchi pascoli anticamente comunali, passati poi con la conquista
barbarica al fisco regio e donati a Grandi ed a Monasteri ; vi avevan
pi-rciO nel IX, X od XI secolo prosperato vigorosamente nobiltà
fondale ed istituzioni monastiche, due prodotti identici di nua stessa
f^ storica. ') della cui protezione e della cui rovina più tardi si gio-
*) U nolo dipi, di Enrico IV ai Pisani, del 1081. ricorda i mercati
He riUe del contado.
*) Se si osserva la distribiuìouo topografica del feudalesimo lu To-
ta, si vedrA che i centri matfginri donde poi si dilTondc snn la Ma-
i KUMc 1! volti^rriuin, ovn sì incoutruao i contadi di l'Isa, Siena,
, Populonin, Volti-rra; qui In nobìUA longobarda << fraaca aveva
BqtiJRtato per concossione dol fisco rc^io jinmnnsi poMossi, tramutatisi
1 in fetidi : poi la volto doll'Anio da RmpoH a Pontpdcra, dove fan capo
t tenitori di Lucca, Pistola, Firen»^, Pisa, Fii!solc, Siena e dove nel XI
I Carolingi, i conti Unldi o gli Alberti si piaatan con piccoli posaessl ini-
J Irraggiando di II la propria aaione, insinuandosi ed incastrandosi
a conoi IVb ì contadi circostanti; la Valdera, piena di Cattaui e di
Mf dei Ghcrardesca, Cadolingi, Guidi; In rcigìonc npprnninica ove
V larghe strisele di pascoli e boschi comunali corrcvan sul dorso
monti, dividendo In Komagua dalla Toscana. Queste
) le aoDt) dei celebrati monnaurl di Toscana e dello piii popo-
i di contado.
20 . — B Contado e la Città nel xn secolo
vano le comunità agricole germogliate sul terreno da quelle preparato
e desiderose di rivendicare, come realmente rivendicAuo, quei diritti
antichissimi sulle terre comunali ; germogliano entro le corti signorili
e monacali e dentro i castelli di che era munito ogni colle per difesa
dei borghi e delle ville sottostanti e dove viveva una popolazione
fissa di agrìcoltorì o di cattani e piccoli vassalli vescovili, spesso
attirati lassù dalla mite signoria del Vescovo *) ed una avventizia
costituita dagli uomini liberi e dai coloni dei dintorni, cioè del di-
stretto del castello, corrispondente in generale alla circoscrizione
ecclesiastica della chiesa pievana posta quasi sempre in un castello :
di modo che tante eran le chiese minori — fino a 30 e 35 — sog-
gette alla pieve, tante le ville compreso nel distrotto del castello;
tanti gli uomini che pagavan le decime alla chiesa pievana — de-
cime svariatissime che abbracciavan tutto il lavoro e la produzione,
bestiame, raccolti divei-si, contratti, tessitura di stoffe, prodotto delle
miniere ecc. — *) altrettanti quelli che in caso di pericolo cercavan
dal piano rifugio entro le mura eastellaue. Ora si deve notare che
la classe dei liberi, non che scomparsa in questi secoli dal contado,
formava Telemento predominante in molte ville, rappresentanti le
più piccole unità chiesastiche e civili. Abitavano e coltivavano loro
terre allodiali ed erano sciolti, generalmente, da ogni vincolo feu-
dale: adivano il tribimale dei Marchesi o del Visconte, oppure
quello del Vescovo se avveniva che l'Imperatore li mettesse sotto
di lui; si rifugiavano nel castello vicino dell'Abbate o del Ve-
^) Il dipi. Ottoniano al Vescovo luccheso, del 981, concede giurisdizione
anche sopra gli e ad castella ecclesie confugientes » , come pure sui fore-
stieri che per im tempo più o meno lungo si fermavan nel castello. In
tal modo, ove il vescovo esercitava la giustìzia, si veniva svolgendo tanto
una giurisdizione territoriale quanto una personale. Il dip. in M. 6. H.,
Diplonuita, II, I, 31 die. 981.
*) Mem. e doc, lucch,, V, III, n. 1639, an. 988. « Decimatione tam
de labore, vino, oleo, fenum, si ve de omnibus frugìbus terre, nutrimi-
nibus majoris et miuoris, sive danarijs, sive de negotio, de millcia aut
de qualemcumque suaram laborationum de quicquid dici possit ». E il
doc. n. 1557, an.983, ricorda le decime di certe ville di Val di Serchio
e tam viuum, labore, bestijs, argeutum, drapos». Ma le decime variavan
da luogo a luogo perchè esse eran fissate dalla consuetudine. P£BTii4By
St d. dir, Ual., IV, 446 ; Lattbs, Dir. consuei., § 42, p. 323 sgg.
I liberi ed i eattelU; vari loro diritti
21
scovo dei » Lombardi • o dei pio gntuidi feudatari, ((utiado un
nemico minacciasse. la cambio, si assoggettavano, come per un con-
tratto, a certi senigi reali e personali: far la guardia alle mura a
dare ai castellani legna' n denaro per ogni casa cbe es8i, quando
eran costretti fuggire nel castello, abitavano col loro bestiame e
con le masserizie; ma tutto questo solo in compenso della prote-
«ionfl nctxirduta; di modo che, distrutto per avventura il castello,
eeei rimanevan liberi da ogni obbligo ed onere. Nel fatto, purtroppo,
non avTeniva sempi-e eoa, nel modo stesso che non sempre riusciva
ai coloni di impedire che la loro libera convenzione col padrone
del fondo si trasformasse in una dipendenza come di villano a si-
^ore; la propotenza del più forte spesso calpestava il diritto e la
buona consuetudine: ma rimaneva sempre in quegli uomini Uberi
ingìuKtamente oppressi un senso cosi vivo della lor dignità e liberti
ica, da costituire corno un lievito fortissimo di ribellione, '} atto
rinsaldare ancor piò il legame fra loro ed a fondare una solida-
rietà di interessi e sentimenti che si poteva da un momento all'altro
trasformare in im vincolo giurato, a scopo di difesa del diritto, dove
prima non era se non il vincola economico di^l possesso e godimento
t'ornane della terra pascua e boschiva, mauteuutosi salvo pur ».t-
Iniverao le vicende avventurose della proprietik ìndividtuile e col-
lettiva ed il formarsi delta grande proprietà del periodo carolingio,
') Tale condiziono dei villani, attorno a Pisa, risulta dal doc. di Ca-
M-Unla o Casculla, elt. a p.lO. i Sclatis quod nos onml tempore rDimua liberi
homines. et aomper habitavimos in nostro oIckIìo et habuimua refaglom
et cfuaa iu casKlln S. Cassiani donoc integrum fult et uunquam recimoa
aliquoil «ervitium nlicuf do ÌUÌh Langobardi», niai propter auit«llani et
ouaa eto. Poalqnam cnst^illam est destructnm, nosdebnimiu esse Uberi
ab ADini acrvltlo etc. Il doc. è di poco posteriore alla morte di Beatrice
di ToBvAtia ynn. lOTR ). La pieve ed il castello di S. Cnasiano Bono n poche
nilflla da Pisa, suU'Arno, a monte della ciltA. I doc. posteriori ricordano
■pMso questa consorteria di nobili, alcun! dei quali immigrano anche a
Pia» durante il Xll aec. Sono es«l Htetwl i • procerei) de S. CaaNÌano> di
SD doc del 11»^ lAac-ir. Mkmra adciv-, I'ìm. perg. n. 4K:2. i> marwi ItH).
CaaciauU era una delle 91 ville le cui r.Mvm cran fwggetto alla pieve di
S.CaasJatioo le pnifDvan le decime, Cfr. una carta di enfi teosl del VeMOro
|_A]lierlco, Ariii. Mkksa cit.. )>erg. ann. 070.
22 1. — Il Contado e la Città nel xn secolo
come una necessità deirecouomia e dei sistemi culturali del Medio
Evo : ^) solo che tale godimento era adesso una concessione di un
qualunque signore al quale competeva perciò il diritto eminente
sulla terra comune, oltre un censo di riconoscimento o, più spesso
ancora, una parte degli utili che in generale era la metà<, spet-
tante jure districti a lui come signore, tenuto perciò a difen-
dere i comunisti nel godimento di questa terra; *) più una quota
sull'altra metà, come proprietario privato di terre situate nei confini
del borgo o della villa. ^) Non ostante questa limitazione, gli uo-
mini delle ville possessori di un fondo proprio, fosse pur gravato di
servizi ai signori laici o ecclesiastici, costituivano, in quanto par-
tecipi del diritto d'uso della selva e del prato, un ente autonomo
con una rudimentale amministrazione sviluppatasi attorno ai beni
comuni ed a quelli della chiesa e con certi diritti anche sul castello
ove cercavan rifugio, come il diritto di mettervi un porthiarius
destinato a ricevere in consegna le loro masserizie e difenderle
contro i gastaldi signorili, iuiche se investito dal signore. '*)
Non molto dissimili le condizioni di una parte degli abitanti
di molti castelli. Liberi e proprietari, essi, nella seconda metà del
XI secolo, ci appaiono come già uniti in quella stretta solidarietà
che precede immediatamente la piena costituzione del Comune
e del Consolato, nel tempo medesimo o poco dopo che lo stesso
fatto si osserva nella città. Un documento lucchese del 1075,
relativo a paesi che nel XII diventan territorio pisano, nomina
il « comune CoUeghuli », il «comune Ferculi », il « comunis Ca-
^) È un fatto che si osserva da per tutto, questo. Anche in Grermauia,
le relazioni puramente economiche di ogni singolo appezzamento di ter-
reno alla marca comune, allmendy non soffron cambiamenti durante le
profonde trasformazioni dei rapporti di proprietà e possesso nel IX e X
secolo. Cfr. Ixama-.Ster\K(;(;, Deufsch** wirfsrh'iffst/eschìchfi*, 1S91,II, 211.
*i Cosi anche a Casciaula, dove ì Lombardi di S. Cassi a no e defen-
debant nos ( ì casciaulesi) in ipsa silva > della quale era dovuta loro parte
delle legna.
^} Su ciò cfr. anche il /.. C. Med, XXIV e le note del Berlam, Le due
ediz. delle consuet. di MilinOy 1872, p. 1.V2-0. L.mtes, Dir. Consuet., p. 386.
*) Davidsohx, Gftsc^iV/e, p. 822; L. C. Mid., XXIV e le note dei
Berlam, Le due ediz. ecc. p. 151-2.
Comwti di contado nei xt steoh
telli > ©d il • eorannis S. Oenasi >, tutti di Valdera: •) ■
intesi net senso di unione dei liberi proprietari o possessori della
sorte e del castello, Forniti qualcuno di feudo sijB^norile, partet'ipanti
ad ana qualche estensione di terra prativa e boschiva di cui si posson
oonsidemre ora come veri comproprietari col signore del castello e
i già di certi diritti di fronte ad esso: massimo Era tutti quello di
iDSentire e ratitìcare, mediante un voto raccolto in pubblica adunanza
k cui intervieut] la maggior parte dei comunisti, le alienazioni che egli
nd farne od obbligarsi per conto proprio a rispettare e far rispettare
l contratto, difender rac di Forculi, Collegulì e Castello.
lon prosenti molti testi, di cui 12 ricordati col loro nome. Lo stesso
> e netto stesso Inogo, presenti quei testimoni medesimi ed
n'olirà trt^ulina di |>ersonc equi suut major melìor et sanìor pars
B due parte» de tribus { hominum ? ) et personarum
mpniscripti comunis, coadunati uil consilinm in canonica suprascr.,
"tita facto Inter eos, eonim nomine discordante, per hanc cortu-
i obrìgaverunt, conti rm» veruni et ratifica veruni suprascr. vendi-
I etc. et promisentnt d. Anselmo episc, Inc. predictam vendi-
' tJODeni firmam et ratam habere et esse actoros et defuusores dicto
episc. pena dupli etc. >. Siamo al 1075 e non tutte le città possono
I qucfli anni vantarsi dì aver fatta tanta strada totso il Comune
•) ifem. t doc. l'uxh. V. I. p. 33^6.
^ Lattw, Dir. eonnufl.. p, 355.
24 1. — n Contado e la Città nel xn secolo
e di godere un così importante diritto come questa piccola comu-
nità di contado. Xon vi è traccia, a S. Gervasio, di capi e di rap-
presentanti eletti ; ma la comunanza intiera cura gli interessi col-
lettivi. Essa è costituita dai « vicini » e « Consules vicinie > sono
detti talvolta i loro capi eletti, ^) costituiti in unità serrata con speciali
vincoli e speciali privilegi di fronte agli altri coltivatori od agli uomini
pili tardi immigrati nel castello e nel borgo; ^ sono la « melior et
sanior pars » come si esprime il doc. cit di S. Gervasio; quelli che,
alla fine del XII secolo e nel XIII, appaiono in taluni castelli come
una piccola aristocrazia terriera che tiene proprietà e feudi dalfantico
signore patrimoniale pel quale milita a cavallo; è quasi centro del Co-
mune ed ha di fronte i minori, il popolo, riuscito pur esso ad entrare
nella comunanza, a farne anzi una cosa tutta sua nella quale gli altri
son costretti ad avvicinarsi, sobbarcandosi agli oneri che CvSsa impone,
pur rimanendo, i due ceti sociali, distinti l'uno dall'altro. Così a Hon-
^) Cosi nel 1234 i consoli di Bozzano e Toia, nel lucchese; Arc. di
Stato, Liucca, Officio sopra la Maona (Pri^il. e contratti riguardanti le
Marine"^ 3 magg. 1234. Anche in Davidsohx, Geachichte, p. 327 «con-
sules vicinantie > nel 1153 e 119H.
*) Per la Lombardia cfr. resempio tipico di Cannobio ove tutto Tordìna-
mento del piccolo Comune appare chiaramente come derivato dalla prima
formazione del borgo e riguarda i rapi>orti speciali fra gli abitanti suoi,
i Wcini, e solo essi. Lattes, Dir. Consuei., pp. 8, 154 segg. Tale ordi-
namento è assai simile a quello di una consorteria gentilizia che infatti,
in altre regioni d'Italia, trovo talvolta ricordata col nome di « vicinia ».
Cosi a Bari quella degli Alferaniti, per parecchi anni quasi signori della
città. Carabellesb, // sorgere ilei Com, lìuiriii. pugliese nel 3/./?., 1901,
p. 18. Paesi ove la proprietà comune si è largamente conservata, possono
fornire qualche punto di confronto e dar qualche luce a chi studia il co-
mune rurale del M. E. Nella Svizzera vi sono ancora alcune forme di
proprietà dei pascoli alpini le quali son le più antiche di fronte ad altre
di proprietà privata, sociale o individuale o di società per azioni, ove il
diritto air alpegg^io è soggetto a limitazioni personali e reali: personali,
in quanto non tutti gli abitanti di un Comune han diritto di usare i
suoi beni collettivi ma solo un certo numero di essi, le famiglie più antiche,
i bUrgher^ costituenti quelle corporazioni che posseggono ed usano in-
sieme una o più alpe ; veri corpi chiusi nei quali si entra per diritto di
famiglia: reali, in quanto che solo chi possiede terreno prativo nella
valle ha il diritto di usar delle Alpi comunali; cfr. Serpieri, Studio sui
pascoli alpini della Svizzera, Milano, 1901, p. 185 sgg.
e CaaUllani i
€ habitatorai »
25
li
ti
topoli, castello della Meusa luccht>!tG, dove nel 1180 due Cousoii
■ tnttaiio ool Vescovo signore o < bomines * non siano molte volt«, nei castelli
ore ò veHutii a mancare un diretto signore, se non questi più antichi
liberi associatisi in una specie di consorzio privato di carattere gen-
tilizio *) e divenuti singolarmente e collettivamente vassalli del si-
gaom stesso; si possano ciod identiticure in taluni luoghi coi «Lom-
puUuluti su in ogni punto di Toscana, dove cominciano ad
I apparire alla tìne del XJ e poi son frequentissimi nel XII e XIU
PiMColo, ordinati come una consorterìa, dentro i castelli di cui sono
fflovestiti feudalmente o di cui si son resi proprietari per acquisto o
■ concesaione signorile. Certo non in tutti i costelli essi sono in
nomerò e forza sufficiente da cementarsi in una vigorosa associa^
zione; ma in tutti si trova l'elemento di cui questa classe dì persone
ó composta: distinto dal , dagli < habitatores*, esso si
trova di fronte al signori- in rapjmrti diversi, ma specialmente feu-
dali, accranto all'altro elemento più numeroso dei coltivatori di terre
^b«igunrìli fra i quali si mescolano dei liberi alloderi, crescenti sempre di
^Kuinwro ') ed ft formato di quella classe di proprietari di orìgine
^^mrevalentement{< longobarda che nel X ed XI secolo, quando i Vo-
^^^cotI son trasi.'iuuti net vortice dolio ambizioni mondane e politiche
^r"» piir bisogno dì denaro e di aderenti dilapidano il patrìmonio delle
obieM, avevano arrot^mdnto le proprie torm a mezzo dei livelli ve-
t) Uem. e * o » feudum Montemagnensium > o
€ feodum dominorum de Maona » e cosi via. Barsocchini Dissertaz. di
st.eccles.lurch. nel T. V, P. I delle Mem. e d'jc. lucch., dissert. 8.»
^^ Mrììi. e dor. lu'xh. Voi. cit. p. 2(.X), doc. an. 1017.
^) Un'espressione simile è quella di Tolomeo lucchese, an. 1170 € Qui-
dam miiites Lombardi cum cathanis intraverunt campum lucensem etc. »
Ptolomki Lue. AnnaleSy T. VI dei Doc, di sf. Hai,, p. 57.
Cofi^orterie gentilizie 27
di milizie lombarde mandate da Arduino d'Ivrea a sostenere la
città amica contro Pisa amica delF Imperatore Enrico I. Xel con-
tado pisano, sebbene in proporzioni molto minori, si osser\'a lo stesso
fatto, specialmente nelle terre spettanti in antico alla Mensa lucchese.
A Forcali, per esempio, sopra un poggio sulla destra dell'Era,
di 641 staia di terra che son 3» parte del castello, di proprietà del
Vescovo lucchese e poi, nel XII sec, del conte Gerardo di Ferculi,
un ramo dei conti Gheraniesca, oltre 140 costituiscono feudi; 96
staia son concesse a quelli di casa Lotteringia, 31 staia ai Carbo-
ninghi, 10 al tìglio di Serotino, 8 staia al figlio di Ugolinello da
Montopoli, oltre feudi «de domo Teuderami», «de domo Mon-
toni » ec^c. Tutte queste « domus » son certo una classe importante
a Forculi, messe in un naturale consorzio dalla comune dipendenza
feudale al conte di Forculi e formanti una associazione forse più
antica di quella degli « homines » di Forculi, e non fusa con que-
sta, nel modo stesso che son due cose distinte i feudi loro e la
< terra forculese > ricordata spesso nel documento da cui attingiamo
queste notizie. ^) Essi sono i « boni homines» di Forculi che assistono
agli atti istrumentali del signort>, da lui convocati a questo scopo,
e presenziano la investizione corporale che il conte Gerardo fa dei
singoli jwzzi di terra al Visconte arcivescovile, dopo la vendita che
ne ha fatto alla Mensa pisana. Così Lotteringo di Ferculi, Succo
di Fagnana, Clavello e Alberto de Periglione, Moretto da Colle,
Teudenmio di Briatto, wc, in tutti 34; « presentibus aliis multis
bonis virii et omnibus bonis viris de Forculi et loto comune do
Forcute * dove si ved(» che i « boni viri de Fonnilo » non son la
stessa c*osa del «tote comune d(» Forcule». Da <{uei n(mii risulta
an<*he 4M>me la popolazione» (h'i castelli, analogam<»nte a quella d<'lle
<*ittà, risultassi* in parte da genti di vilh» attornn anclatr a cercar
lassù prot(»zione ftuulale dal signon\ (I<»1 (juale costituiscono la curia,
organizzandosi di fronte a lui e con(|uistando certi diritti sul ca-
stello stesso; ciò che permette poi ad essi di prender vei*so gli ui>-
mini del luogo una posizione non molto dissimile da ({uella del
*) Akch. Mensa akciv., Pisa, perg. n. 471, 13 marzo 1182.
28 I. — Il Contado s ia Città nel xn secolo
signore o dei vari signori del castello, coi quali agiscono insieme,
nei rapporti con la università degli agricoltori. Così a Forculi stesso,
nel 1226, Cercone ed Ildebrando fratelli e Norandino, e domini», che
son certo un frammento di una consorteria discioltasi, cedono in con-
cordia con l'Arcivescovo di Pisa e col Vescovo di Lucca, il signore di
un'altra parte del castello, una terra detta Mercatale per tenervi mer-
cato, ai consoli del Comune di Forculi: gli utili sarebbero metà del
Vescovo, Arcivescovo e domìni; metà del Comime; ^) così pure a
Colle di Maremma, 2 arbitri per trattar una lite col comune di Rosi-
gnano sono eletti dai Consoli e dal popolo, per una parte; dagli
ceorum dominisi cioè Cavallo e consorti e dal Visconte arcive-
scovile, per l'altra. Vediamo in tal modo che le università dei conta-
dini finiscon col trovarsi di contro tutti i vari signori del castello, tutti
i vari e vecchi diritti coalizzati e pronti a combatterle. *) E la seconda
metà del XIII è infatti piena di litigi fra TArcivescovo di Pisa ed
il Comune di Forculi ; ') nel modo stesso che i contrasti scoppiano
anche fra questi vassalli che acquistan sempre più una posizione
libera, prendendo nel XIII carattere di piccola nobiltà feudale, ed il
signore, spesso attorno a diritti di vario genere che ciascuno vuole
per sé. Così a Ricavo, castello di giurisdizione arcivescovile, sul
torrente omonimo, fra TElsa e l'Era, per l'esazione del pedaggio, *)
fra l'Arcivescovo ed una di queste consorterie i cui membri sono
suoi « lìdeles > e che son certo i medesimi < Lombardi de Ricavo >
ricordatici da lui altro dociunento ; *) nel modo stesso che son i
€ Lombardi de S. Cassiano » chiamati e descritti da una -carta della
fine del XI come peggiori dei pagani e dei saraceni contro gli uo-
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 653, 30 sett. 1227.
») Arch. Mensa arciv., Pisa, per<^. n. 65,3, 1227, 30 sett.
3) Arch. Mensa akciv., Pisa, ii. 964, 24 giugno 1279.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, per^. n. 588, 12 marzo 1209 e n. 658,
8 marzo 1227. Cfr. anche perg. n. 913, an. 1269 in cui l'Arciv. affittando
ad un tale il pedaggio si obbliga di impedire che lo esi^rano Filippo di
Alferio e gli altri suoi consorti e fedeli dell'Arcivescovo.
^) Arh. Mensa arciv., Pisa, per^. 3 febr. 1259. Il passeggero di Ricavo
dia metà degli introiti ai Lombardi di Ricavo.
t Lombardi »
za
mini della villa di Casriaiila, ') quel gruppo di c'onsorti Bonaccorso
I maggiore, Testano, Ugo e Riccio tigli di Rubia, Lamberti) minore
, di Grosso, Gerardo di Ranieri, Ugo Riccio, Bonaccorso del fu Lain-
' bertn maggiore ed altri clie intorno al 1180 sono iit lite coi Ca>
Qonici di Pisa per una terra già palustre ed iniult», ora messa
I a grano è biade ') e l-!i'> in questi stessi anni sono nominati da
\ «Itre carte < Proceres de S. Cnssiano, ') > ivi possessori di torre
\ oonsorziali. In tal modo i Lombardi rappn>»ontano i lìberi so-
I pravvissiiti al naufragio della lor classe, o i primi emancipatisi,
[ dio assai per tempo si ordinano nelle forme di \m consorzio privato,
I la forma che anche nella città assume il Comune nei primi tempi
I della sua esistenza: 6 un primo tipo di comunanza che si fonda nei
L'CBStelli signorili e che strappa i primi diritti al signore, fino a so-
^«Utiiirsi. talvolta, ad esso, come nel cartello di Montecchio vicino
; Pontedera; *) essa sta quindi di mezzo fra il regime assoluto del
■gnore e la autonomia posteriore del Comune popolare, e genuo-
KsUh spontanea dal terreno feudale in mezzo al moto che del feu-
WdaluBimo fu i-Ausa ed effetto, cioè il frazionarsi della sovrauitA e dei
■•uoi attributi, Il risorgerò della associazione volontaria nella forma
lei contratto feudale fra signore o vassallo, lo stringersi dì vincoli
wuwrziali fra gli ncvomunati nel possesso di un feudo e nella egnat
^zionu al signore, il formarsi nei rapporti reciproci fra loro od
i col signore di consuetudini feudali — varie da luogo a
— ') che potevan senir come di base giuridica e di cemento
• vita ad un vero e proprio ente collettivo dotato di una di-
'» Ctt. §opr8 p. 10.
') Axat. Cakomk'ì, Pisa, perir. 19 gemi. 1188.
*) AMrii. Hknsa AKtlv., Pisa, ]>erg. u. 48-2. 5 marzo USI. La parola
• prooerM ■ ai trova anchu |>er la «iiisorierìa dei nobili di Caprona ;
Aacn. Mb!cha cit., pnrg. n. T<>7, 13 ottobri! lSt2. N'olia villa di Scatrlano
• terra proenram do Caprona ».
•) ARcn. i>i Stato, Flrouie, Bif. Alti jxihlii:, 21 marM», USI. I
^Lombardi MoutekenaM • nppnion padroni dot bnrgo.
^] I • bonnis usua dn cnstro • »i fanno i-onfermari- I Cascliio«l dall'Ar-
eacoro Baldnino, noi lUl; A»i(;ii. Mu-nba auciv., Pìh, porg. 27 ouo-
i lUi.
30 I. — n Contado e la Città ìiel xn secolo
screta poi^soiuilità e destinato a servir quasi da intermediario fra il
signore antico e quelli che domani saliran su a reclamare la lor
parte di diritti, seguendo nella loro ascensione le orme dei primi.
I Lombanli non sono una nazionalità, sebbene la parola indichi
di quali elementi etnici specialmente si componesse questa piccola
aristocrazia rurale ed a quale origino si rie >lloirasse l'istituto giu-
ridico nel quale essi erano organizzati: m?i una classe sociale che
si sostituisce in parte ai signori feudali, ai Conti rurali, ai ministri
pubblici deirLm])ero e deUa Marca; son designati perciò con la pa-
rola « lombardi » che clue sei'oli innanzi per i Romani e viventi a
legge romana suonava come la gerarchia « ^larchionum Comitum
Vicecomitiim Equorum (!) Castaldionum et ceterorum langobardo-
nim». ^)
E se ne trovano ricoi-dati, nel XII e XIII scinolo, a Buriano
sul poggio An*ione, al contine fra Pisa e Roselle, dove poi si distende
il contado pisano, in*equieti e pi-epotenti a spese dei Monasteri vicini
e possessori di beni anche nel distretto lucchese delle 6 miglia che
Enrico \1 concede alla città, esentando tuttavia quelli dalla giuris-
dizione del Comune. *) Questi «. milites (^ui dicuntur lombardi » di
Buriano son ti'ibntari della chiesa di R^ma alla quale pagano im
censo di 20 soldi annui ; ^) di essi qualcuno emigra a Pisa ove dal
XII al XIV secolo è una famijrlia di Lanfranchi di Buriano, di-
stinta dall'altra pili nota omonima. Vi sono poi lombardi a Fa-
giano, vicino a Pisa pochi chilometri, ^) a Cirigliano, *) a Poma-
*) Così nel dipi, di Giovanni XV per l'Abbazia di S. Antimo, del 992 ;
Ffluuk Hartunno. Actti Ponti f. inoii., IL n. 8.^. Su tale argomento, vedi
altre considerazioni m'Ha mia ri'ceute memoria pubi, sugli Studi storivi
del CRiVKLLrcci. Pis^t tul i Lom/ifòinli, fase. voi. X, l\ 1901, anche in
rapporto alle questioni risollevate l'anno scorso dal Cu'ulla, Dr//'i su)ffH>s:ta
fusione di'fjli Italiani cui Oermani, nei P*'wl. lAwri. s. r).\ voi. 9, 1900.
') Meni, e doc. Ittcch, I, p. 197.
3) MlKATORi, Ant., T. V. Liber censuum Eccl. Kom., col. 829. Lo
pagano « prò Buriano et quibusdam aliis castris et ])ossossionibus ad
Eccl. rom. spectantibus - .
*) Arch. Mkn^a akciv., Pisa, perg. an. 12;>*2: ^ terra hunl)ardorum
de Fasìano » .
^) Arch. Mensa arciv., Pisa, i^erg. ann. 111.'.».
I eoUivaiori ì^i domini patrimoniali 31
rio *); altri non lungi da Calcinaia; *) a Gambassi, fra Volterra e
S. Gemignauo; *) a Carraignano, non lungi da Pistoia, *) dove anche
l'odierno villaggio di Lombarda ricorda l'antica « Castellina lom-
bardorum > nominata così spesso nelle carte pistoiesi ; a Montec-
chio, presso Pontedora, ^) a 8. Cassiano, ^) a Ricavo, ') a Casanova,
presso Forcoli, *) a C is 'ina, suH'Arno, ^) a Colognole a sud del
tìume ^^) ecc. La loro organizzazione ohe comincia non molto prima
di quella dei Comuni del contado, servo a questi di esempio e di
incitamento; serve specialmente a destare la volontà e la coscienza
del popolo rurale raccolto negli aggregati economici delle corti
signorili, come se una corrente elettrica passi per un corpo animale
paralizzato; serve a dare il sentimento di classe a chi conosceva
e praticava ben pochi rapporti che non fosser quelli di dipendenza.
E quell'intima connessione fra gli elementi vari della società
— simile in questo ad una massa liquida — per cui uno di essi
che si muova determina un movimento analogo anche negli altri
per quanto lontani e diversi possano essere. Ed ai moti di questa
parte più alta della popolazione campagnola, corrispondono moti
e;cuali più in basso. Qui, ville disseminate nel piano, senza nnira,
e castelli ove il suolo e le case sono di esclusiva proprietà di un
signore non contengono se non una popolazione di servi o ru-
sti(n soggetti per diritto di proprietà, messi a lavorare lo terre am-
') Arcii. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 613, 119G, 20 febr. « terra Lan-
gobardomm > in Pomario.
') Quivi trovasi una terra dei Lombardi di Ponte, forse Pontedera.
Arch. Casunici, Pisa. perg. Il gcun. 1180.
*) Davidsohx, Ueber die Entttehnnij des Kon.suiafs in Toskuna cit.
*) Zi>EKAUBR, Stat. Fot Coni. PìhL, 1H«H, prefaz., p. XVII, doc. 8
maggio 1216.
*) Doc, cii,^ 21 marzo 1121, Arcu. di Stato, Firenze, lUf., Atti puXtbL
*) Doc, cit, del XI sec., pp. 10 e 21.
*) Dk, cit,, 3 febr. 1259
*\ Arcii. Mknsa ARr., Pisa, (Kìrg. n. 474, 13 marzo 11H2.
^' Arcii. Mknsa ahciv., Pisa, iMTg. n. 7<)H, :i0 ott. 1212.
*•* Arch. Mensa arciv., Pisa, i)org. n. 7G7, 12 ott. 1212; nella villa
di Scotriano € terra Lombardorum de Colognola > .
32 I. — Il Contado e la Città nel xn secolo
ministrate direttamente dal signore, ^) ed una di semiliberi venuti
sulla terra per un contratto col proprietario e legati ad essa con
un \incolo che per essere volontariamente stretto non era meno
gravoso e restrittivo della libertà : son quegli uomini e cotonaria
vel adscripticia conditione » impediti di abbandonar la terra fecon-
data dal loro sudore, obbligati a censi di denaro e derrate ed a
servizi personali; risiedono sul fondo unii o più famiglie in un
consorzio di lavoro i cui membri si dividono le angherie da pre-
starsi al signore. *) Siccome tuttavia spettano ad essi i frutti della
terra, lordi dalle imposizioni fiscali, così possono avere un peculio
col quale mi giorno si riscatteranno. E questa la condizione degli
abitanti di gran parte delle corti e castelli nella diocesi e nel contado
di Pisa, posseduti dall'Arcivescovo di Pisa e, ancora in maggior
numero, dal Vescovo lucchese, o dai Cadolingi e conti Guidi, a monte
della città e dai Gherardesca, in Maremma ed in Valdera; ^) fomiti
anche essi delle loro terre boschive e prative. Xon manca tuttavia,
anche nei castelli, di formarsi una piccola categoria di liberi o dipen-
denti per titoli di diritto feudale: sono forse — dove la loro origine
^) Son quella categoria di terre tenute < ad nianos » dal padrone, ben
distinte dalle altre e talvolta non facilmente trasmutabili in esse. Nel
sett. 1115 due couiogi vendono alla Mensa pisana 3 parti del castello,
poggio e corte di Cafaia col patto che e a nessun Arcivescovo fosse lecito
dare quelle terre in permuta o feudo o livello o tenimento, nisi vill^nis,
ut semper ad manum suam habeat et detineat ( l'Arciv. ) in jjerpetuum »
Muratori, Ant, III, Excerpta, p. 1119-20, 10 sett. 1116. In generale,
chiunque aveva proprietà o diritti in un castello tendeva a ridurre tutti
gli allodi in sua mano, come mezzo per fondare un domìnio giurisdi-
zionale. Nel castello di Sarna « non è alcuno che abbia aliquìd allodi > ;
dice un teste nella causa dell'Abbate di S. Fiora contro un tale che pre-
tendeva esser « liber homo » e solo « tìdelis » dell' Abbazia. Maccioni,
Difesa ecc.
•ì BoNAisi, DipLpùi., p. 64, 29 die. 1178. Causa dei Canonici contro
un tale che si dichiara libero mentre essi lo vogliono « colonaria condi-
tione». Si dice: < inter multos consortes angaria dividitur».
^^ Cosi pure la rocca di Tintinnano, in Val d'Orcia, di cui lo Zdekaubr
ha pubblicato la Carta liì)ertatis e gli statuti. Ekjtr. del Bull. sen. di st.
Patria, 1896, fase. 4 dell'ann. 3% p. 52 sgg. Cfr. Salvemini, Un comune
rurale nel sec, XIIIj nel voi. Studi stoHci, Firenze 1901, p. 1 sgg.
/ oonkuiini « le terre eomutMli 38
Bon {• tutta recente — uu residuo aiitioo scampato al naufragio di
quellu classe sociale; o sono antichi dipeudeuti. utfruueitti u volta a
volta dal signore iu punto di morte e messi in proprietà delle terre
che coltivavano; o uomini di masnada, addotti alla difesa personale
del signore^ nobilitatisi nell'esercizio della milìzia e compenditi poi
col dono di terre; ') o coloni e aemilibori riusciti a rìscattai-si ed acqui-
stare in libera proprietà il fondo che coltivavano oppure in conces-
sione lìvellaria. Anche la grande massa della popolazione rurale,
quella risedente su terra aitnii e soggetta per titolo privato ha
potuto in qualche modo itinalzami ed acquistare un primo ele-
mento di forza e coscienza di ufi. Ti ha contribuito moltissimo il
)>ossesso comunale dovuto originariamente ad una concesfiioue bì-
gnorìle, poi diventato quasi una proprietà di cui si dispone ab-
bastanza liberamente. Poiché qui ò avvenuto, parallelamente al
ittùrsi del Comune, un fatto notevole. Il diritto d' uso della
comunale si è svolto con un procedimento simile a quello
per cui già dalla proprietit collettiva della famiglia e dei primi
consorzi barbarici si era svolta quella privata individuale. Cioè
la terra comune, a forza di rimanere nel godimento di un i^rto
lero di persone ohe ereditariamente se la trasmettono, viene
otisor cousideruta e tenuta come una proprietà attribuita col-
leitiTamente ad una comunanza di individui di cui questi son feu-
dalmento inTt>3tit) e poi proprieturì, quitsi per effetto ;di una lunga
pnjficrìiione. Una terra comunale di Vada, di cni il Comune dispone
Il »uo piacimento, conserva nel XIII il nome di * terra ubaldesca*
e confina con terra « illurum de domo ubuldeschi » ; nn' altra è
« terra brunicardinga >, anche es^ii vicina ad una terra dei Bruni-
_ basta
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■BUIO»
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*) Cosi il conte Ugo dei Cadolin^, nel 1113, por disposizione testa-
via; Uavuisdun, Uatehichte, |i. STI. Antichi mnsnadieri suoi sono 1
tximbardi di Gatnbuai in lotta col popolo del inogn. Davidsobm, Viòer
die Enblfhiing dru Konsulnl» in Tiak-mi. cit., p. 14. Cnal il sifpinre di An-
((hlwi, morendo al principio del XI, dà in libera proprietà ai masnadieri
l« Wrro die avevano In fendo. Essi, noi XII, formsrio an Comune eoa
I OoBSoll. PrcKKR, Fomrhungfit, IV, p. 17j o Modiuliam, Studi * si trova in una carta
del 1167, *) come due proprietà ben distinte. A questo punto i
partecipanti al comune sou già capaci di determinare con un voto
collettivo e per mezzo di pubblico strumento una destinazione libera
delle lor terre pascne e boschive. Cosi in una lite fra il e populus >
di Rosignano di Maremma e quello di Vada, per il diritto d' uso
che i Rosignanesi pretendevano della selva Asca lungo la marina,
di cui l'Arcivescovo pisano era l'alto signore, quelli appoggiavano
^) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 649, 1226, 19 agosto.
') Sulla storia della proprietà collettiva cfr. Ranblletti, in Riv.Ital.
per le scienze giurie, XXVI, p. 205 sgg.
^) È notevole a questo proposito che le società commerciali che nel XIII
cominciano a formarsi fra i membri di una consorteria, non solo esclu-
dono gli immobili ma si stringono solo quando del patrimonio comune
ciascuno ha conosciuto la sua parte e ne dispone. Weber, Zur gesch,
der HandelsgeseUchaft in Mittelalter, 1896, p. 56, sgg. ove l' A. si richiama
ai doc. fior, degli Alberti e Peruzzi.
*) DAvmsoHN, Forschungeny p. 74.
MoH servili
S6
dist
loro buon diritto sopra itiie fatti: lu liuighissimA oonsuetudine
coacessio vuilensìs populi, ut iu eoruni carta continetor ; ') »
tono che rìsale ai primi del Xn secolo, e non ne maiicaDO
nel XI ; *) nel tempo stesso, il possesso di nn patrìmonio
mobile permette ai comunisti, in taluni luoghi, di comprar dal
signore parte o tutto il borgo o il castello.
In meKKO a questo elemento sociale, si cominciano, sin dal
XI secnlo, a sentire rumorì incerti e fremiti come di chi rìtorni
■Ila ritR dopo nn lungo letargo. Le agitazioni dei servi della gleba
IO frequenti: i signori si lamentano • se a servili suis propriis
debitum et proprium non posse habere obsequium; *) » i pro-
di libertà sono frequentissimi ; vi son sen-i che accampano
diritb ad ossa perchò i padroiu non posson provarne la condizione
ile o perchè non lì han costretti per un po' di tempo ai con-
servigi; ed allora « clamant se vixisse lege et usu liberta-
■tte. *) • Molti, disponendo di un peculio, si riscattano ed in questo
6 il principio delle comunità ugricole vere e proprie. Le Gongit»-
tadim di Milano che biasimano l'operato di quei padroni < qui
districtmn aliquem habont, voleiites centra pacta sivo couventionos
lomm majorumqui a rusticis pecunia accepta oos iiberaverunt,
lire otc. > alludono a fatti non posteriori alla line del XI serolo.
£d affermano In buona ragione dei rustici nella difesa ) If. 0. H. Ltffum, aectio IV. Constil. et Acta pubi. Impor. et Rofram
I, p. 47. Capii, de servin liberlalcm anhelantibus, 21 maggio 99B-33
I twrrl cb« coiitravvL-rrnniio allo dlspo«idoni eniiiiintu • inulc-
itnr niedletaiH bouorum Huorum >.
') Capii, cil. noia prec.
') L. C. Mal., XXIV e le noi* del Bkrlav, U due nli*. cit. p. Ul-4.
36 L ^ H Contado s la OiUà nel xn secolo
nel modo stesso che li rifiutano i vassalli minori ai seniores: ^) nel
modo stesso che vi si ribellano, specialmente in Germania, i mini-
steriali. *) Sono cresciuti di numero e si sentono più forti ; ^ la richiesta
dei prodotti del suolo è aumentata, la terra fino ad ora messa a
coltura non basta più ; la vicinanza di tante signorie patrimoniali
diverse e spesso nemiche Tuna all'altra, grandi e piccx)le, laiche ed
ecclesiastiche, con esercizio largo e ristretto di giurisdizione, offre
non difBcile mezzo di abbandonare la terra servile e di cercare poco
lontano altra terra ed altre condizioni di lavoro; le grandi lotte po-
litiche e religiose che ardono intomo e la città che già irraggia
la sua forza, esercitano pur esse una azione notevole; per i firequenti
mutamenti da signore a signore, poi, si rallenta assai la tradizione
autoritaria ; i contadini approfittano del disordine sociale che regna
in Toscana ed in tutta l'Italia fra il XI ed il XII quando la Marca
è affievolita ed il Comune cfttadino non si ò ancora affermato
nel contado : nell'assistere alle contese sanguinose ed astiose fira
l'Impero ed il Papato, si fa strada entro quelle comunità terriere
r idea che il potere marchionale sia virtualmente finito dopo che i
Marchesi, entrati nel viluppo delle lotte ft^ le due supreme potestà,
*) M. G. H., voi. cit., p. 175, 6 novembre 1136. Constitutio de feu-
dorum distractionc. Sappiamo « milites beneficia sua passim distrahere
ac, ita omnibus exhaostis, suorum seniorum servi tia subterfugcre > Da
Roncaglia.
') Hanno scarsa importanza fra noi, come scarsa ne ebbe la lor
classe, i moti dei ministeriali che occupano invece un posto notevole
nella storia dei Comuni tedeschi, ove gli statuti loro sono fra le fonti
più importanti del diritto mcdioev. Vedine alcuni pubbl. in Walter, C
J, germ.^ Ili, 775, 779 e Furth, Die Min iste rialen, p. 509 sgg. Da noi
i ministeriali hanno più importanza nella costituzione di quella classe
sociale che la frase popolare in Toscana chiamò, nel XII e XIII, Lom-
bardi, di cui sopra.
*) Il KovALEWSKY, U aveìiònient du regime économique moderne au
sein des CdmiHignes, estr. dalla Revue internai, de sociologie, Paris, 1896, pp.
1-48, giustamente considera T accrescimento della popolazioTic nelle città
e campagne nel XI e XII come punto di partenza della trasformazione
delle classi agricole e del sistema di produzione e di scambio ; come pure
del mobilizzarsi della proprietà terriera. Vedi anche sotto, p. 59.
Fattori economici « dimagra ftei
37
i ili contrasto con T Impero, impotenti & difendere il diritto
kwl amministrare In giustizia, haiuio perduto tutti i caratteri e la
L della sovranità, hanno rotto quasi i canali per cui dall' Im-
ro, come da una fonte inesauribile, doveva scender loro la lo-
t^ttimità del potere. Ed allora, come per una burrasca \'iolenta che
r amove gli strati profondi del mare, i moti cittadini e le guerre estome
sì ripercossero con azione efficace ed effetti durevoli anche nella
popolazione del contado ove giil il terreno era preparato e la tra-
BforiDazione sociale ed economica che sempre precede quella politica
assai avanzata; si affacciava allora alla vita autonoma, entro i castelli
KÌgnorili la nuova classe di persone che avevano o consolidato ed am-
L^Iiato il proprio allodio o col proprio peculio se lo eran procamto
aieme cou la piena libertà personale o per altre vie erano entrati
dia classe dei proprietari del suolo; e con tutti i mezzi, pacifici e
Solenti, approfittando della morte del signore, delle liti di succes-
ine fra gli eredi, delle sedi vacanti fra un vescovo e l'altro, si
innidzavaiio con uu processo quasi fatale, forti della larghezza e
ootilemporaneità di questo moto per uu lunghissimo raggio all'io-
tomu, .come puro della debolezza dei aignori. Già lo abbiamo ao-
oeonato: nella seconda metà del Xi si comincia a sentire nel
contado In ripercussione della nuova vita cittadina e della crisi cho
U sorgente economia del denaro doveva portare in mezzo ai grandi
proprietari delie campagne. Ln quel secolo la popolazione di Pisa
crewe enormemente e cou una rapidità che non trova riscontro se
I fatti analoghi di alcune città modernissime dei continenti
li: il 2* cerchio di mura, innalzato ai primi del XI, avanti che
I jecolo finisca ò già superato per una grande estensione all'intorno,
d^mentu a) sud e ud ovest, ove l'abitato si allarga nelle pro-
noni che poi son sempre rimaste alla città, diventata in tal modo,
I pochi decenni, tRi o quattro volte più grande di quel che non foRae
I prindpio del secolo, tjuesto addensarsi dellaipopolazione cittadina
I portare come primo effetto unalgrande richiesta di prodotti
!uli che in una città dell'interno avrebbe subito provocato un
loimfiuto di valore della proprietà terriera. Uà in una città in
i il commercio e le :^podÌzioni marittime avevano già preso prò-
38 I. — // CoìUado s la Città nel xn secolo
porzioni notevolissime; ^) in una città che traeva dai luoghi di mare
ima buona parte delle materie primo necessarie ai suoi bisogni,
grano dalla Sicilia e dalla Maremma volterrana e grossetana; me-
talli, materiale da costruzione, formaggi, vino, carni salate, dall' Elba,
dalla Sardegna e dalla Corsica, con molto minore spesa che se le
avesse tratte dall' intemo, gli effetti sul contado di queste nuove
condizioni dovevano farsi sentire in maniera molto diversa : *) la ri-
chiesta di capitale deprezza la terra; i piccoli cattani che si inurbano
per partecipare ai commerci ed alle intraprese marittime realizzano
in contanti i loro immobili ; i maggiori feudatari che entrano nel-
r ingranaggio della politica cittadina, che guidano gli eserciti del
Comune, che mettono su casa entro la città, si vedono poveri con
la sola proprietà delle loro magre terre ser\ili e vendono corti e
') Credo superfluo rilevare il carattere preminentemente commerciale
delle spedizioni armate in Sardegna, per tutto il XI secolo, contro Pa-
lermo il 1063, TAfrica nel 1036 e ia'<8 e le Baleari, nel 1113, rappresen-
tanti tutte un movimento di capitali di grande importanza. E il cronista
Malaterra con certo sprezzo soldatesco parla come di mercanti più che
di soldati della turba numerosa di uomini — grandi, mediani ed infimi,
come dice riscrizione commemorativa del Duomo, — che nel settembre del
1063 apparve in vista del porto di Palermo per vendicare le offese fatte
ai mercanti pisani, e Pisani mcrcatores qui scpius navali commercio Par
normum lucratum venire soliti erant commercialibus lucris, pio»-
quam bellicis excrcitiis, ex consuetudine dediti cfr. Mal.\terra,
Chron. in Miratori, V, 569. cap. 34, an. 1063.
•) Se fosse possibile un confronto, direi che in queste città marinare
che avevano sul mare, a portata di mano, tanta copia di materie prime
e di generi alimentari, a\'\'eniva quel che nel nostro tempo, in propor-
zioni enonnemcnte più ^andi, è avvenuto in Inghilterra ove il suolo a
coltura ha ceduto il |>osto ai boschi ed ai pascoli e non produce più
neanche un quinto del necessario ai bisogni della nazione, con grande
disagio delle classi agricole; donde il motto che in Inghilterra i montoni
abbian mangiato gli uomini. A Pisa, dopo la conquista della regione
maremmana e le conseguenti facilitazioni al commercio e trasporto in-
terno del grano, la primitiva condizione di cose muta, ma il Comune
non si incarica mai di promuover\'i una intensa coltura. Ai primi del
XIV, quel territorio era «scarso dei generi di prima necessità»; e nel
XV non produceva più nulla. Cfr. Pohlmann, Die wirtschaftspolitik der
florentiner Renaisscince, cit. p. 17-18 nota.
I
Fattori morali 39
castelli ai vt-scovi di Pisa e di Lucea '} o li impegnano con scarse
probabilità di poterli riscattare o li concedono a livello, dietro ternù
pensioni; mentre i voocbi monasteri di origine longobarda e franca,
se renitenti ad accogliere il moto riformista ilei XI secolo, insidiati
da tutte le parti dai feudatari avidi, minati dalla sorda e tenace ribel-
lione dei loro dipendenti, si trovano a poco a poco spogliati delle
terre ed onerati di debiti coi cittadini più ricchi per i quali simile
impiego di denaro è au' ottima speculazione poiché non mancherà
mai loro l'appoggio del Comune contro gli Abbati od i feudatari del
contado. È questo il caso, nel XH, di molti monasteri del contado
pisano, «pecialmeute se hanno vicino un fiorente Comune rnmle co!
quale i contrasti sono inevitabili: cosi quello di S. Felice di Vada,
di 'S. SalvatoEO di Sesto, presso Bìentiua, di S. Maria di Morrona
nel castello omonimo, del B. Giustiniano di Falesia, a Piombino,
Abbiamo insomma il fatto negativo della dissoluzione dell'invo-
lucro esterno delta società medioevale; della fatale decadenza di un
ordine sociale, che coopera col fatto positivo dell'intima rìcostìta-
xioDfi di una classe rurale rapace di organizzarsi, di crear forme
irecise e varie di associazione e nuovi ìstìtnti giuridici e trascinata
istibilmento a compiere questo lavoro di ricostruzione, procedente
leUmente alla dissoluitione del vecchio mondo. E non vi ebbe
piccola il crescere della popolazione che anche nel contado
verifit!il nel XI e XII taccole, come prima conseguenza della
lauglgìor tutela del diritto e dell'ordine che le città stesse, a mano
mano che allargano il cerchio della propria azione, cominciano
« stabilire nel contado e della protezione data dai castelli alle genti
del piano negli anni del maggior imperversare delle bufere giierrc^he;
iSpecialmente dai (castelli vescovili ove vigeva una specie di diritto
I) n MuKATOKi Ani. UI, Excerpta o gli editori delle itt^n. e doe,
ttàixh. han pnbblkntn un numero graDdiiuiino di questi contratti di allis
wulane cbe apfiartenpono special in eii le ai conti maremmani. Lo carte
Uwdlte d«lla Meniui nrciv. pis. ne contengono altri moltissimi. Essi ca-
dOB0 per la maminia parie nella 2' metà del XI e nella prima del XII t<
speMO, come già notammo, »ì dichiara espressamente cbe la vendita o
-il I^Xaoraioento A fatto per bisogno dì danaro, per liberarsi daUe usuro ecc.
40 /. — // Contado t la Città mi xn secolo
d'asilo atto a richiamare i servi fuggitivi, i perseguitati dalla vio-
leuza feudale laica. Tutto questo era più che sufBciente per in-
nalzare il valore economico e sociale di una classe di persone
e nel tempo stesso per innalzare gli animi, i desideri, le spe-
ranze e la solidarietà di chi aspira ad affrancarsi da una secolare
dipendenza. Bastava che dentro questi castelli, fra gli uomini ac-
comunati dalla egual condizione giuridica ed economica, dall' uso
della terra comune, dal diritto sempre maggiore di intervenire
negli atti del signore relativi al castello; bastava, dico, che pene-
trasse un elemento politico prima ignoto, uno spirito di opposizione
e di resistenza attiva, un'eco delle grandi questioni che si dibat-
tevano nelle città fra giuristi, fra laici, fra ecclesiastici, fra mercanti,
coi libelli e con le armi, con le scomuniche papali e con i bandi
imperiali, perchè quegli uomini rapidamente, come vapori che si
condensano e precipitano ad un abbassarsi della temperatura, si
stringessero, si asso^^iassero con un patto, una formula, un giura-
mento, costituissero il Comune: abbiamo, sotto l'aspetto giuridico,
il pieno risorgere ed il rigoglioso dispiegarsi dell'associazione vo-
lontaria, giurata; un fatto ed un principio più potenti, come è stato
detto, della monarchia feudale e della gerarchia universale. ^) Da
principio, la forma tipica di queste comunità ò quella che abbiam
visto a S. Gervasio: non vi son Consoli nò orgtmi rappresentativi di
sorta, ma tutti i comunisti egualmente e direttamente partecipano
alla ristretta attività collettiva: il Comune ha in tal modo forma e
carattere di diritto privato.
D moto è generale e spontaneo. Da per tutto si fecondano gli
antichi germi di vita libera collettiva, si ampliano e si rafforzano
gli antichi legami, le attività comuni sviluppatesi nell'amministra-
zione delle terre pascue e boschive, nella cura e nella difesa dei
beni della chiesa, nella elezione del rettore spirituale; là attorno
ai chiostri, nelle corti monastiche — frequentissime in Toscana —
mirabilmente organizzate entro il circuito dell'immunità, che pre-
sentavano un tipo fiorente di società democratica e di istituzioni
*) GiERKB, Deutsche. Genossenschaftsrecht, Berlin, 1868, I, 221.
Determinaxiont. giuridica dm nuotÀ rapporti 41
corporntive a tutela dei bt'ui e AvWv persone, con capi iiberamciite
eletti e con regolari riimiom di tutti gli associati ; ') là dove aveva
6oriti> l'istituto dell'affratellamento (ndfratatio) Bpesso come imitai
zioDe della comunanza monacale, rappresentando forse la prima
forma di unione di più persone in seguito ad un accordo, per uno
soopo comune; *) i vasti aggregati di case coloniche e di edi&ti ove
il lavoro era, f\h nel seiH)lo XI, abbastanza diviso *) si trasformauo
in comunità che, pur senza sottrai-si da ogni dipendenza all'Ab-
bate, regolano in modo diverso i loro rap|)orti con esso, svolgendo
in piìi libera maniera quel complesso di cunsuetndini che se 6 solo
una pallida immagine dell'altro piìi largo e pi-ofondo della città e
•e non raggiunge l'importanza di quel hofreekt dei pufwi germa-
nici *) ove la corte assorbì quasi tutte le forme del lavoro o tutti i
lavoratori, tanto nella città quanto nel contado; non per questo ha
minore impoiiariza come fondamento giuridico dì un più autonomo
■BWtto delle picctìle comunità rurali. Poichò la prima meta cui ora
tendono singolarmente e col letti vameute i contadini, nella rifiorita
') Moltissimi doc. del X cid XI twc, xprri al mente toscani, ci presen-
"tMXìa monaci o monache • omne» congrcgnti. . . pari eonsenau et bona
volnntatn » elt'g:pere l'Abbate o Ik Badessa, investirli con la ferula, siin-
feolo del pok^rc, Unnariu uno per nno, nello siruniento di elezione, con
!■ formala • consensi et ele^ >. Anche quando, por mancanza di eleg-
'ClUlt entro il laonaHtero o per discordia de^H elettori, interviene il pa-
~ 11 Vescovo della diocesi, l' eleùone è sempre fatta •concilio
m •, Sì ricordi che il se»-. XI 6 per la Toscana, ove pure eran
ricchi gli amichi monasteri dell'ctA lon^barda e franca, il
Mcolo della grande lrn.o|Milaxione isolata, di fucine jier fonder
aetalll, di fornaci per le tarraf;lic, di gualchiere, conce, locali appositi
per le arti ed I mestieri diversi, l'er la orgiinieKasionti curtense ed U
lavoro aerv-ile, cfV. DAKMHTJiii'iicit, Dia Heichayiit In d. iMmbariW, und Pit-
Won/. Ktrassburg, 1«%, p. 275 sgp.; ed il cii. libro de! Sot.m, /^ n»-
.•■CMS. in JtiUlti iir-iiili /f oriff. iM C'omuM. cap. II. p. 36 »gg.
*) GtBRKK, Dfulxcht Cnimtnuiehaftirchl, I, ì6ì ^gg.; ed Ixama-
Veultche WirludwfliyeiK/ikhtt. Il, p. ftl agg.
42 I. — n Contado e la Città nel xn secolo
coscienza della loro forza, è determinare in modo sicuro, che tolga la
possibilità di ogni abuso, la natura dei loro rapporti coi signori delle
terre, dove rimettendo in vigore consuetudini antiche, come già ave-
van fatto Pisa e Lucca richiamatesi ai tempi del Marchese Ugo,
dove chiedendo nuovi patti e riconoscimento di certi diritti relativi
air esistenza ed al valore giuridico delle incipienti nuove comunità.
I recentissimi moti delle plebi rurali di Lombardia e Veneto, tendenti,
per mezzo delle leghe di resistenza, alla riforma dei patti colonici,
ci possano dar qualche luce su questi più antichi sforzi di una
classe sociale che fii ed è la cenerentola fra tutte le altre. Reda-
zione scritta delle consuetudinarie prestazioni dei contadini ; o tra-
sformazione di esse in c
■13
ipjxirti dei coutadiiii cui sii^nnri v caasn aol tempo stesso t)Ì som-
) mag^ori rivendicazioni, ottenute per mozzo della cresciuta so-
rieU, dell'inipulso e della disciplina data alla lottir, cosi ì signori
no ben presto costretti a concessioni di ben altra natura, cÌoò
feiù schjettamenttì politiche, fatt« ulle comunità che in tal modo
tengono un tacito o espresso riconoscimento. Cosi i Bieutinesi, nel
|tlT9, voglio» che l'Arcivescovn Ubaldo confermi loro e tenga in-
loUto porta con
sé dipendenza ma nessuna limitazione di libertà personale. ^) Se
talvolta i « fideles » non possono abbandonare il fondo, è perchè vi
sono obbligati per libero contratto, mediante il giuramento al signore
ed anche senza giuramento. In alcune terre dell'Arcivescovo pisano,
nel XII secolo, vi son dei « fideles Archiep. per sacramentum > e dei
€ fideles sed non per sacramentxmi » ; altri ancora è cfidelis non
per sacramentum, sed filius eius fecit ei (all'Arciv.) sacramentum
fidelitatis». *) Non saprei indicar il significato di tale diversità e
se essa importava diversità di rapporti fra il fedele ed il signore.
Quantimque tale condizione di fedeltà non sia di tutti in una stessa
terra, ma vi siano insieme i veri vassalli ed alloderi e forse anche
persone cui non è stato ancora concesso il beneficio del contratto
livellare, *) pur tuttavia essa ò la condizione del maggior nomerò,
in un aggregato di terre signorili. Così i contadini, stretti in un
fascio, rendono impossibile ogni ritorno all'antica condizione e fru-
strano le speranze dei signori di ricondurveli, sebbene i tentati\i
non manchino e talvolta, là dove il lavoratore è isolato ed il signore,
*) In un dee. pubi, dal Maccioni, Difesa del Dominio dei Confi di Do-
noratico ecc., voi. II, dee. an. 1237, di un tale si dice che € erat liber homo
et liberiate utebatur et erat fidelis abbatie (di S. Fiora) » Altri dee. in
proposito, ndWArch. sfar, Ifal. S. IV, T. XVII, Santini, Condizione per-
sonale degli abit. del cmf. nel sec, XIII, p. 178 sgg.
•) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 590, 1210, 21 maggio. Questi
« fideles » sono di Nuvola, nelle colline pisane.
^) Doc. cit. nota preced. E un deposto giudiziario e parecchi di
Nuvola non dichiarano di esser fedeli dell'Arcivescovo. Del Monte Vituli
su cui verte la controversia, si dichiara che era lavorato e gt)duto « dal-
TArciv. e dai suoi feudatari di Nuvola » eccettuati « alodiis quorumdam
hominum de Nubila » .
Oomunild rtirali e etmuorttnt gentilixie
46
speciHlmeate e«clesiiistii'«. truvit iiwlla dtlà giudici compiacenti, i
processi di libertà gì risolvnua & tutto duuiio di>l più diibolo. ') Ed
è caratteristico il rammurioi oi>ii cui il redattoro del Libro delle
oonsnotudiai milanesi parla della ceasioiie che l signori avevan fatto
f (tei loro diritti ai coloni p deplora che la necessità di dar qualche
I rolta ragione ai rustici n^r non offender troppo palesemente la giu-
■Btizia, abbia distrutto i lauti gimdagni che egli ed i sudi pari facevano
Idoti ì riechi aiguori. *)
Che cosa avviene, poi, quando una università rurale, nel suo
rìiuppo, si trova dinanzi una di quelle associa:<ìoni precomunali —
■ebbene di uu tipo uon moltojdissimile dalla orgauizzazioue comu-
aìv vera e propria — dei Lombardi? Talvolta la città atcssa si
irica di tagliar i nervi a queste consorterie, in quanto che, con-
f qnititando il contado, se le ha trovate ostili alla propria espansione,
I Iv ooMtriuge ad inurbarsi. Questo avvenne ai cattani di Vaìdera dopo •
■ £1 1162. *) Qnando la città b vicina, o il Comune popoloso ed imme-
■diatuaente soggetto ad essa, allora i Lombardi c«dono un po' per
•crolla ti campo, minati specialmente dalla loro tendenza emigratrìce
i la città ed assorbiti in parto dalla comunità nirale: questo
mbra sia a\-venuto nel Xin u S, Cassiano e forse anche a Uoa-
mli ; vuol dire che qui si ha un maggiore svilupjKi comunale, in
> che vi sì forma un principio di classi sociali tutte facenti
ì del Comune e concorrenti a conquistarne il governo, Son le
( queste che passali por i tre stadi del Consolato, del Potestà e
igU Anziani del Popolo. Ifa in generale i due ordini di persone
B le due organiitnazinni, come son nati distinti l'uno dall'altro e nella
•lo iiecodsità di combattersi, cos) rimangon distinti, ciascuno con
1} BoKAiKi. Diì>i.ìriM.,p.M,3Silir. UTf*. I tre • judic^sforetaneornm •
|iPi|ft aondaiinanu un Mi Nt^^ro di fapiano, Um del Capitalo, cbo
■ao cauM ni Csuonici ctic it« predtaùonl. Em)
■ eolonorin vul nsi^riptìcin cnnilitinnc! ■ tenuto pcrciù a portar
1 a tkr la scolili, a prr»utr npcrc v4 nlborgnrir ni Caiionld. L'altro
B chp Io «Tpva faiw una lolla, rim ae ttf tra mUiiio jier tUìtaro.
Beabra ch« nvWa cort« di Papiaua nou si sia ancora costituito un Comune.
») /,. C. Mfdiot., Xlli e Lattm, Dir. Coitane, p. 806, 867.
pm.
ad a
46 L — B Contado e la Città nel xn secolo
vita e consuetudini a so, dove conservando i Lombardi qualche diritto
e parte nella comunità, come a Carmignano, ^) dove esclusi affatto da
essa, come a Oambassi, perchò non vogliono sottostame ai pesi insieme
con gli altri uomini. Questo equilibrio o squilibrio fra i due ordini era
dato dalla loro proporzione numerica. Ventotto Lombardi consorti si
firmano in una carta di Gambassi, al principio del XIII secolo, e
più sono che non appaiano; né certo gli uomini della terra con cui
quelli combattono, si trovano ad CvSsere in numero molto maggiore;
mentile li mette in una evidente condizione di inferiorità la più larga
pratica delle armi che i Lombardi posseggono e l'uso dei cavalli.
Senza contare che là dove non avveniva né distruzione né assimi-
lazione della consorteria, questa si rafforzava ed ampliava svolgendo
i propri istituti interni a similitudine del Comune stesso ed assu-
mendo forme e carattere di vera e propria comunità politica ed eco-
nomica, nella quale l'originario carattere gentilizio era stato attenuato
dalla ammissione di estranei nel seno della consorteria, allo scopo
di rafforzarla contro i crescenti nemici, in quel rapporto fittizio di
parentela che le fonti del XIII e XIY dicono « ad unum panem et
mium ^inum > ; di modo che veniva fuori, anche qui, una e uni-
versitas » ^) o lui « communi s » ') o, come trovo in altre parti
d' Italia, ima « vicinia » . *)
Non é rai'o financo vedere in qualche villa dei semplici pro-
prietari di terre stretti in fascio di fronte agli uomini della villa
ed alcuni di quelli « per sé e per gli altri compartecipi » concor-
*) Zdekaukr, Stai, Poi. Cam, Pisi,, p. X\7I-m, 8 maggio 1219. e Sa-
cramentum homiuum de Carmignano et etiam Lambardomm habentium
partem aut jus aut actionem in Carmignano». Giurano anche i Consoli
di Carmignano.
*) Nel 1216 Bouaccorso di Gatto* capitaneos dd. fìliorum Orlandi etc.,
prò omnibus suis consortibus et universìtate jam diete domus fìliorum
Orlandi etc. ». Archivio di Stato, Lucca, 1. e., p. 24, not. 1.
3) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 515, 2G febr. 1197. In una
terra del contado pisano si nominano una quantità di consorti e poi
Lodoisio e Marsilio « consules omnium suprascriptorum et domus eorum
prò comuni eorum domus etc. » che hanno lite con T Arcivescovo Ubaldo
per i diritti su certe masserie e su gli uomini in esse risedenti.
^) La < vicinia > degli Alferaniti a Bari, XII-XIII sec.; cfr. p. 24, not. 1.
Peculiarità dn Cornimi di eonlado
Al
rere iiisieme con il Console del luogo alla eleziono di arbitri per
diriiner le loro conteso; le quali in Areto, ad esempio, vertono sui
cafa^giari o guardiani rurali: i proprietari, le cui torre non banao
certi) nulla che fare con quelle che coltivano gli uomini della villa,
Qon vogliono ohe questi eleggano o mandino guardiaui senza loro
font^nso, ma tutti insieme volevano eleggerli e farli giurare che
custodissero le terre loro come quello degli Aretini; mentre questi
si ostinavano volerne inondar solo per conto proprio e per le proprie
> terre. ') Noi attraversiamo od periodo storico in cui tutti gli int^
Li«6&i, k> aspirazioni, le forze; tutti gli elementi diversi dulia so-
Poieià, frantumati e sparsi, sembra che cerchino e trovino gli ele-
[flooiiti simili e si solidifichino con essi organicamente, corno per
i affinità atomica che riconnetta ad unità vivente corpi rotti e
I dìsciolti. 11 moto associativo trascina tutti e tutto, come unico mezzo
I per conquistare nuovi beni e per conservare gli antichi, per la
t difcea del diritto o di quello che sembrava tale, per qualunque scopo
V-la attivitA di molti o di pochi uomini si fosso proposto.
Questa genesi e composizione di gran parte dei Comuni del con-
liado ci dà ragione di un fatto che, nel primo secolo, è peculiare
I essi, a differenza della città: tali Comuni, cioè, risultano com-
I ponti, fio dal loro primo apparire nella storia, di dne diversi orga-
} membri più o meno strettamente congiunti ed articolati fra
■o: uno aristocratico di piccoli vassalli, l'altro democratico di col-
KlÉvattirì : alcune funzioni son proprie di ciascuno, altre son comuni :
tnbra die ciascun ordine di persone non potesse da sé solo co-
tituiro la comunità ed avessei-o bisogno l'uu dell'altro, pur in mezzo
\ gaerro sposso sanguinose. Apparo la impossibilità nei pìccoli Co-
, allora come oggi, di una formazione organica di partiti e dì
\ natta divisione fra di loro; la impossibilità di organizzare nua
zione che sia nelle mani degli uni ed escluda gli altri :
I T) è la base, direi quasi la materia prima, per im governo
!. Perciò nella grandissima parte dei Comuni rurali abbiamo
I OOlDpartecìpazione di poteri, fra il pup'do e le consorterìe sì-
') AXCB. DI Stato, Pisa, Perg. Cfrloaa, 19 maggio 1187.
48 I. — Il Contado e la Città nel xn secolo
gnorili : e questo appare specialmente nella elezione dei Consoli o
altri rappresentanti e sindaci, pur con molte varietà locali, rispon-
denti al diverso grado di autonomia e di organizzazione : in taluni
luoghi, i Consoli sono eletti dal popolo ed approvati dai signori :
in altri, popolo e signori eleggono insieme una o più persone di
fiducia, pei comuni interessi ; in altri ancora ciascun ordine fii per
conto suo l'elezione. M E uno stato di cose ch(\ sotto certi aspetti,
richiama alla niente quello della città quando il popolo, nel XIII,
prende il governo e due ordini sociali, ambedue forti, due gruppi,
due associazioni distinte vivono e si combattono su di uno stesso
terreno. E non è senza significato che nei Comuni del contado
ricorra sin dal XII secolo l'espressione ccommunis et populus».
Ma là dove o tale elemento nobilesco non esistè o dove non si
sostenne di fronte ai nuovi venuti, il Comune raggiunse notevole
autonomia e maggiore personalità. In qualche luogo esso acquistò
per denaro il borgo o il castello, come ad es. quelli di Rapida dai
Lombardi di iloutecchio; *) altrove esso assorbì tutta la popola-
zione del castello e si alzò tanto dinanzi al signore ed ai consorti
che i suoi capi elotti si chiamaron e consules castri > . Così a
S. Maria in Monte, della Mensa vescovile lucchese, fra Pisa e Fu-
cecchio; ^) a Palaia, sulle colline fra il Chiòcina e l'Era; *) a Lec-
cio; *) a Vada, ^) in Maremma ecc. A Morrona, fra la Cascina e
*) Davidsohk, Geschichie, p. 322-3. A Cintola, nel 1191 si trova un
€ console o rettore per tutti quelli di Cintoia, i>er i signiori e per i fedeli-
Lo stesso a Celle. Op. cit. p. 324. Cfr. anche Forschungent p. 74. In una
causa fra il Comune di Colle e quello di Rosignano, nel 11G6, i due ar-
bitri sono eletti <. a Perullino et Ermanno tuuc consulibus et populo de
Collo atque eorum dominis, id est Cavallo prò se et Recurso eius filio
et Ubaldo et Ildebrando \icecomite pisani arehiep., ex una parte ; et a
M. et S. et B. tunc consulibus et populo de Rosignano». Arcu. Mensa
ARCiv., Pisa, perg. au. 116(].
*) Doc. cit. a p. 21», not. 4, anu. 1121.
') Àfem. e ihx:. iucch. IV, II, n. 124, 21 agosto 1144.
*» Meni, e #•?. luc'h. IV, II, n. 107, 15 maggio 1172.
^} Davidsì»hn, G-^schichte, p. 324.
•) Arch. Mensa arciv., perg. n. 632, 14 luglio 1222: Bonaccorso
« consul Castri comunis de Vada etc. » .
Nuove rivendicationi
tó
I
Era, è ricordato nel 1199 i! < commimis totiiis castri do Mor-
devo forse * castrnra > è nel senso di tutto il territorio del
'«■stello ed indica la anione in uu solo Comune di tutte le villo
iotomo; *) ima forma ialoressaute di comunità rurale su miì ritor-
neremo.
Cosi, nel XII sec., gli uomini dei Comuni del contado hanno
i'Conquistato in maggiore o minor misura il diritto pratico dì di-
'^wrre liboraroeute di molte terre pascuo e boschive; k aemi-pro-
prietà (lolla terra coltivata, per mezzo del contratto livellare •) e,
Abbastanza largamente, anche proprietà allodiale per mezzo di com-
pra e talvolta dono o usurpazione; diritti abbastanza rilevanti sul
ostello, prima del signore o dei Lombardi ; è una lenta sostituzione
qoells L'he si ò compiuta. Possiamo facilmente immaginarci come
il popolo ambis.sc rivendicare pienamente anche un altro diritto che
in parte gli era stato sempre riconosciuto ed aveva sempre eser-
citato; ambisse cÌo^, cou più ardore e più franchezza di prima, di
ridurn.' nulle sue mani la tutela del patrimonio della chiesa pie-
vana o parroGchiaua e reiezione del rettore spirituale; e cid non
solo nello cliiese che orano state fondate per oblazione collettiva
tu>U(! quali. ijMì jure, tutela ed elezione spettavano ai fondatori,
diritto di proprietà trasmutatosi poi in diritto di patronato ; *) ma
iho io quelle di singolare patronato e^'clesiustico o laico e che
ivano tin popolo attorno a sé. Sì può dire anzi che nei picco-
imi aggregati di contadini, viventi talvolta all'ombra di im'ab-
:ia, ove nessnn'attra attività collettiva era possibile, l'elezione del
ppetlano fosso la maggiore e forse l'unica di tali attività. Ci mette
leutA sotto gli OL'vhi la vita di ijueste rudimentali comunaivze un
•} MtNATORi, Ànt.. ni, Excerpta, 17 marw) IIW). Liiauli^!< et omntts dn pop. et W^rra de Morroun ot i-ilUnun ol dus
f dbtrlctoN • .
*) (Jueatn maggior diritto sulle terre tenute a coltiviuiniio h atrctta-
>iuie99o con quello galle terre oodiudaIì che sarto aggregate alle
tixat ed il cui diritto A'aao è In relaziono e proporzione con l'appesta-
Mta di ttirra eulta.
■) FaUEUBBHd-Rui'riM, 7Vii0(j&(dJ Jlr.erc^.,TorinollJ93,p.898agg.;
50 I. — B Contado e la Gittà nel xn secolo
documento del 1226 che ricorda fatti di 30 anni addietro, relativo
ad una lite fra il Capìtolo di Pisa e l'Abbate di S. Rossore per la
cappella di S. Maddalena di Barbarìcina che i canonici affermavano
trovarsi compresa entro la circoscrizione ecclesiastica della Chiesa
cattedrale pisana, ciò che importava l'obbligo del cappellano dì an-
dare a battezzare i fanciulli nel Battistero della città. ^) I testi son
favorevoli ai monaci. Dicono che la Chiesa era stata costruita 60
70 anni addietro e dal suo popolo era stata in questo tempo tre
volte abbattuta e riedificata, per sfuggire l'Arno che si avanzava
sempre dalla sua parte. E gli operai lavoravano sempre a spese
del popolo, qualche volta con l'aiuto dell'Abbate che metteva di
suo denari e pane e ^ino. Un teste dichiara aver carreggiato le
pietre coi buoi. Quando si fece l' ultima ricostruzione, uno del
popolo, Bonaccorso di Donato, Pasquale ed un terzo andaron dal-
l'Arcivescovo per invitarlo ad andar a mettere la prima pietra; esso
andò, ricevè dalle mani di Bonaccorso una pietra e la pose nelle
fondamenta.
In quanto all'elezione del cappellano, un teste dice che l'at-
tuale vi era stato messo dall'Abbate, presenti Bonaccorso di Gual-
lalta, Bonaccorso di Donato e Sabatino e Capitani del popolo di
S. Maddalena » . (In cappellano era stato rimosso perchè mal accetto
al popolo; altri eran stati messi solo se a lui andavano a grado,
dopo averne sentito il parere. Un teste dice addirittura che i cap-
pellani erano eletti dall'Abbate e dal popolo ; ed un altro, già prete
nella chiesa in questione, racconta: un giorno, nel chiostro del
monastero, il popolo della cappella venne dinanzi all'Abbate ed alla
presenza sua e dei monaci elesse per eappellano prete Ranieri che
allora dimorava nel monastero : l'Abbate confermò subito la scelta
e poi tutti insieme condussero l'eletto nella cappella; l'Abbate lo
mise in seggio e lo investì, col libro e con le chiavi, dello spiri-
tuale e temporale. E quelli che avevan fatto tale elezione erano
stati otto « rustici » che il teste nomina, più altri che non si ri-
corda, come non si ricorda chi di loro proferì reiezione; solo che
*) Arch. Canonici, Pisa. perg. 9 febr. 1226.
Ritdimentnti coniimità rurali 51
l Olio di essi '(lir qiU'Sto parole: lo, nd onore di Dio e della
B. Maria Maddalena e di S. Rossore o dell'Abbate p del popolo di
8. MapÌo, eleggo te, prete Rauieri, a Dostro cappellano e rettore e
damando a voi Abbate che ce lo confermiate. Rimosso dopo tre
anni dall'Abbate stesso prete Ranieri, per una lite die ebbe col
nobil uomo Ousfredo cont« dei Suffredijighi, un giorno, mentre i'
I teste era andato da S. Rossore a Limite in Val di Serchio a ce-
I lobrar la festa di S. Giovanni, molti del popolo andarono all'Ab-
I bate, elessero quello e ne Hceveron la conferma. E quaudo il di
I appresso ritornò, sì vide venire incontro il parrocchiano Bonatv
I corso di Donato che gli disse : Ti sia noto che ieri, io ed altri
Lqnattro (compresi fra gli 8 precedenti) ti eleggemmo cappellano
l.dkraDt) all'Abbate. Passati otto dì, nel chiostro, Bonaccoreo con
■ tatta sulennitti, alla presenza dei monaci e dell'Abbate, dà al neo-
I aletto la comunicazione ufficiale; dopo di che l'Abbate, L'hiestogli se
faccettava, fu preparare il tesoro della cappella e lo affida agli uo-
^■ini perchò lo portino in chiesa, in mezzo a canti e suono di
P Dei capitani ~ capitani t< non consoli — si fa menzione solo
luBa volta, ({nando cioè si parla dell'ultimo cappellano: segno che
IIb turo croaztone ò recente; ed anche non regolare e continua la
Kloro nomina ed il loro ufficio. Ma f ra ì 15 uomini o poco più,
■ qtiantì sembrai) costituire il popolo di ^. Maddalena, giù appare
■BVTeouta una selezione o un elevamento di alcuni ; (|ualcho volta
■ non tutto il popolo ma tre quattro eleggono il cappellano: sono
l'I boat hoinines che si trasformano in capitani quando un voto defili
E'Sltrì lì designa all'ufficio per qualche speciale incombenza. E fra
I questi pochissimi che si sono inuulzuti sugli altri, uno ve ne b che
■i^iar sempre alla testa di tutti: Bonaccorso di Donalo. Oltre a
|;Voncarrere con gli altri alla elezione, egli va ad incontrare il nuovo
■dwìgtiato per comunicargli il voto del popolo, ]>oÌ ufHcialmeuto
niiiiiova reiezione dinanzi al consesso dell'Abbate e dei monaci ; è
fc«Oa tetta della piccola deputazione che va ad invitar l'Arcivescovo,
Jr tfi l'Orge la prima pietra. Tutti questi nomini sou detti rustici o,
bapcliò Don si dica esplicitamente, coltivau certo terre dell'Abba*
52 I— n Qmiado e la Città fèel xn secolo
zìa o dei Canonici alla quale ed ai quali apparteneva quel tratto
di terra, in gran parte boschiva, dalla città al mare; ma il fatto che
si fa menzione di un servo di Bonaccorso di Donato, indica con
quasi certezza che questo è divenuto anche proprietario di una
terra che altri lavora per conto suo; come pure il fatto che non
si ricordan mai i signori o il signore della terra dimostra che que-
gli uomini, in quanto costituiscono una comunità ed esplicano col-
lettivamente una qualimque azione, sono pienamente autonomi e la
loro comunanza si è sviluppata al di fuori dei rapporti di dipen-
denza dal signore; qui non vi è neanche il castello che renda più
complessi tali rapporti. Il diritto alla elezione del cappellano, am-
messo per consuetudine, essi lo esercitano con l'Abbate: ma se prima
gli uomini non facevano che presenziare e consentire la scelta fatta
dall'Abbate, ^) poi intervengono attivamente ed in ultimo pren-
dono essi r iniziativa dell' elezione quando la sede è vacante.
Prima l'Abbate eleggeva e chiedeva l'approvazione del popolo ;
ora il popolo elegge e chiede all'Abbate la conferma: la posizione
reciproca loro, come si vede, è cambiata in tutto. Anche a questa
modificazione di rapporti non manca naturalmente chi si oppone;
ed il xn secolo ò infatti pieno di contese di simil sorta; o perchè,
essendo cresciuta assai la popolazione ed essendosi moltiplicate
le chiese erette col concorso di tutto un popolo, chi esercitava i
diritti di pievania difficilmente si piegava da principio a riconoscere
una personalità in queste accolte, non ancora organizzate, di con-
tadini ed a cedere o partecipare a loro tali diritti; o perchè una con-
sorteria nobilesca che esercitava il patronato e costituiva attorno
alla chiesa, retta per lo più da uno dei propri membri, una piccola
società organizzata a scopi politici, non rinunciava a tal diritto che
per essa era simbolo e mezzo di unione spirituale e materiale di
fronte alla organizzazione del popolo della chiesa stessa. *) Di modo
^) Di questo primo diritto si trova cenno in parecchi doc. del XII
in cui il rettore delle singole parrocchie è eletto dal pievano «cum vo-
luntate populi illius loci > .
*) Nel 1208, in seguito air interdetto messo dai Canonici su prete
Sismondo, Cappellano di S. Salvatore di Putignano, per aver diacono-
/ Comuni tUlls villt 53
che la prima palestra ove i cont&dini ni addestrarono a coiitendere
con altre pin antiche e più salde autorità, fu la chiesa. 1 parrocchiani
eleggono sindaci e procuratori per trattar al bisogao dinanzi ai
messi papali tali cause ed ottener il pieno diritto di far ciO che
a^ìpartiene ai veri patroni e che ai patroni potenti, alle consortorie
gentilìzie, non era vietato. ') E) dove gli interessi della chiesa ed ì
suoi diritti vanno a male e son trascurati dal Rettore, il popolo si
maove a ribellione e minaccia. *)
Questa tutela sui beni della chiesa era esercitata dalla comu-
nità intera o da un consiglio, probabilmente non fisso, di parroo
chitni che assistevano il Rettore nei suoi atti e consentivano le
alienazioni,*) piìi o meno come avveniva in città con i Consoli e
l'Arcivescovo; oppure, se un cappellano voleva vendere o permo-
tare, chiedeva uno speciale mandato dal pievano o dai parrocchiani. •)
l
Minto 1 diritti batteaimall della cnnonlcn ed alla sentenza dell' Arclve-
aeovo, eeao prete • col consenso e prenenza di quei della Cosa del Putl-
pianesf e di altri per la chiesa di Putignnuo • tA un compromoMO con
l'ArclT. Aticu. Canonici, Pisa, perg. 30 apr. 1'208, 19 marzo 1208.
') Cosi nella caiua che §i dibatta noi 1191 dinanzi ad nn dele^to
papale, fì-a il sindaco del parrocchiani di S. Giusto di Patrignone sul Ser-
cklo, vicino a Ripnfratta, ed il Sindaco dei Canonici di Pisa. Il primo hI
appella alla conanetudine ed al diritto ; l'altro prova che parte della (erra
dove 6 edificata la chiosa era stata venduta ai Canonici. La sentenza è
che parrocchiani e Canouicl siano compatroni ed eleggano insieme 11
capponano; Arch. Caxokici, Pisa, perg. 22 luglio 1193.
') Al principio del XII sec., il pievano di Riparbella, snlla destra
della Cecina, polche i vicini monaci preteudevau le decime e la sepol-
tura dei morii e la chitua deperiva, vide • se a parrochianls proprils
ttac de causa seditionlbus et crebris ininrijs lacessirl ■ HraATORi, Ani.,
m, Elxcerpta, col. 11304(1, an, 1126.
*) Giovanni pievano di Pomario • Consilio 4 meorum parrochianorum
M eontm testimonio > per II bene della pieve vende nn pezxo di terra;
!~AMcn. MiraaA arciv., Pisa, perg. n.°G13, 20 Tebr. 119(i. Ed a Vada, nel
'■USO, un delegato pontIBcio che aveva a^-nto incarico di provvedere alle
Tandile del beni che faceva il monastero di S. Felice per pagare j de-
^tl. elegge 4 persone di Vada e Rosifrnano, i dne luoghi ove si sten-
devano i possessi dell'Abbazia, per invigilare. Arcb. Canonici, Pisa,
perg. 2 giugno 1190.
') Abch. Cakonici, Pisa, perg. 20 ott. 1180. Il cappell. di S. Giotto
|,al Poioo fa permute col Canonici.
54 1. — Il Contado e la Città nel xn secolo
Questo dipendeva dai diversi titoli di diritto di patronato che la
Comunità aveva. ^) Così le vecchie tendenze corporatizie, uccise
dalle istituzioni coattive deirultima età imperiale di Roma, man-
tenutesi fiaccamente attorno alle chiese, *) specialmente del contado,
ove r isolamento e quindi la coerenza dei piccoli aggregati sociali
era maggiore, rifioriscono vigoroso e si integrano, ser\'endogli di
base, nel comune rurale, sorto come spontanea creazione di bisogni
nuovi della società. ')
Ma al di sopra di quelle comimità rudimentali del tipo di S. Maria
di Barbaricina, viventi in un compiuto isolamento, ve ne è un' altra
numerosissima categoria, che, pur nella piccolezza loro, mostrano
subito uno svolgimento più largo e dopo aver acquistato la mag-
gior sonuna di concessioni e di diritti e ha maggior partecipazione
ai diritti dei signori, sono animate da una tendenza federativa che
è determinata da ragioni topografiche o dalla antica comune dipen-
denza patrimoniale ad uno stesso signore, o dalla egual condizione
di fronte ad un castello che offra rifugio entro le sue mura, e giovi
a dar maggior forza a tutti i piccoli organismi. Dico dei Comuni
delle ville. Anche qui ò una vecchia comunanza creata da neces-
sità estrinseche e dal diritto signorile, entro la quale penetra, av-
vivandola, un elemento contrattuale volontario.
Qualche documento ci presenta come im consorzio fra tutti i
comuni delle ville di una pieve e talvolta anche di due pievi. Così
nel 1204 è definita dal capitano di Val di Serchio ima causa mossa
da 18 € consules villarum de pleberio S. Julie prò se et consociis
eorum » contro altri consoli di altre ville fra l'Amo ed i monti
pisani. Olivete, Lugnano, Cucigliano, Vallo e S. Giovanni della Vena,
*) Su questi diversi titoli Juris patronafiis, cfr. Friedberg-Ruffini,
Tratt. di dir, eccles., p. 506-7.
*) Tamassia, Le associaz. in Ifulia nel periodo precomunale, in Arch,
giuridico, LXI, 1898, p. 124 sgg.
') In Toscana, sino al secolo scorso, quasi la metà dei benefici par-
rocchiali seguitava ad esser o di data della comunità (nomina del par-
roco fatta dalla legale rappresentanza del Comune) o di data di popolo
(fatta direttamente dai parrocchiani). Scaduto, Stato e Chiesa sotto Leo-
poldo I, Firenze, 1885, p. 228.
Cotuorzi di Comuni delUi villei
55
I
I
per <»rtfi prestiuioni d'opera iielte vie, argini e fosse, cho gli iiltìiiii
krrcbbiTO dovuto compiere « ex tuitiqoa et inveterata consuetu-
dine » ; ') tutti i vari Comuni delle colline fra Pisa e Livorno ©
quelli del pian di porto appaiono assai spesso confederati ed i loro
Consoli a^seono di acconto per questioni di interesso collettivo. *)
Unione simile di più comnuità corrisponde a quella di tutte le
TÌlle del territorio di un castello che già abbiamo visto a Mor^
rona, dove sembra anzi che esse formino un solo comune ; *) lo
Stesso fatto ohe in piti ristretti confini si osserva nelle due ville di
Sozzano e Toia, a nord-est del lago dì Massaciuccoli, al confine di
Pisa e Lucca, ove l'una ò aggregata o subordinata all'altra ed i
tre * consules do Bozzauo » agiscono < per so e per il comune di
fiozzano e 'foia. *) Si potrebbe anzi dimostrare l'esistenza, fra pio
coli Comuni, di quelle stesse consorterìe che fra individui e famiglie :
pagano in comune le date e le prestanze a Pisa, &nno in
cornane f servizi rusticani, si riuniscono insieme a parlamento ed
insieme eleggono Consoli od ufficiali cho agiscono collegialmente
tutti i vari Comuni o meglio per tutte lo diverse frazioni di
ODO Messo Comune, fra le quali, tuttavia, una sembra predominare
Bd esiier come il centro di rannodamento e dà il nome alla co-
■DUnità, Questo vincolo federativo si stringe e si scioglie a piacere
defili interessati, *) ed 6 rivolto, probabilmente, allo scopo precipuo
*) ABomvio DI Stato, Pisa, Perg. Primaziale, 24 aprile 1306.
*) ■ Consnlea collinarnin et plani portns • trovo nel 1255 ; Akch.
Hkrsa abciv., Pisa, perfr. n. 831, IK marco 1255.
*) Una villa, come parto di un Coninnc, ci è indicata anche dalla
(!qire«Blone • terra in comuni de Castellina (delle colline pimne) in villa
tie Borgo* che trovo in un documento dell'Aitcn. Mk.nba ARciv,, Pisa,
. 910, ■
. 1275.
*) Nel 12S4. tre sindaci di Masna^osiui da una parte ed i tre cAnaoIl
protDMtono osservare il lodo di un arbitro da essi eletto. Non si intende,
■«Uà frase tconsolos prodicle vicinio prò »e et singulis de Bozzano et
Toia >, se por * vidnia > si debba intendere il solo Comune di Bocwno
' e l'anione del due Comuni. Doc. cU. p. 24, net. I.
') EcCT. in ria.i»uni«, due documenti die danno una idea chiara di
ì' ^ rapporti Tra due o più conmnitA rurali. Il 2 manco 1252 I^etro, Cou-
(•Dln del Castello di Montanino, col consenso di 1 1 nomini ; e Guitlone
56 1. — n Contado e la Oitià nel xn secolo
di sottostare con minor disagio agli oneri fiscali del Comune pisano.
Questa tendenza a legare più ville di una stessa pieve e di imo
stesso castello si rafForzerà in molti luoghi, nel XIII, quando l'or-
dinamento amministrativo e militare imposto dalla città al contado
mirerà ad accentrare le amministrazioni di tanti piccoli Comuni in
uno solo, quello del castello, dove risiede il rappresentante della
città; e non solo le amministrazioni ma anche gli abitanti, certo
per misura d'indole militare. ^)
Verso la metà del XTT, il Comune con uno o due Consoli è già
diventato l'assetto definitivo di tutte le ville del contado pisano.
Attorno a Pisa i documenti ci ricordano Salviano, verso Livorno,
S. Biagio di Cisanello, S. Giusto, S. Giovanni a Ghezzano, S. Mi-
chele a Ghezzano, Colignola, Mezzana, S. Vittore di Campo, Cri-
spignano. *) Abbiamo anche ricordo di rilettole, ') con 4 consoli e
console di Colle col consenso di 4 persone, si accordano che per lo in-
nanzi < comime et homines castri Montanini sit et permaneat sive sint
et permaneant per se di\'isnin et separatum etc. a comuni et ab univer-
si tate hominum de Colle a data et datis et pre^tantijs et ab omnibus
aliis servitiis faciendis » né Guittone e gli altri « teneantur ire ad con-
silium sive parlamentum comunis de Montanino » e viceversa ; ed ogni
Comune « consuletur.per se divisim et non insimul » e cosi per tutte le
altre cose, < oste, cavalcata et omnia alia scrvitia comunis pisani » se-
condo la parte che a ciascun di loro sarà imposta. Arch. Mensa arciv.,
Pisa, perg. n. 815. — Il 5 grennaio 1264 la società si stringa di nuovo,
con raggiunta di un terzo membro. Diciassette uomini di Montanino,
della Villa di Colle e di Bileuli (?) « de curia dicti castri » adunati a
parlamento nel luogo solito, convengono « solvere datas et prestantias
et facere omnia servitia coni. pis. et dicti com. de Montanino et simul
consulere et omnes officialcs dicti com. eligcre et non separa tim » non
ostante altri accordi precedenti che dichiarano irriti e nulli. Ogni anno
gli uomini di questo Comune eleggeranno due Consoli, cioè uno di Mon-
tanino e l'altro alternativamente di Colle e di Billculi, e tre consiglieri,
uno per ogni terra. Solo per il presente anno si elegga un Console « qui
debet consulari totum Communcm > . Fatto nel castello di Montanino.
Arcu. Mensa arciv., Pisa, perg. n. 885.
*) BoNAiNi, Statuti, I, Breve Comm. I, cfr. le rubr. LXXIIII e XXXX,
sii Asciano e Calciuaia.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 24 apr. 1205.
3) Arce. Mensa arciv., Pisa, perg. n.® 625, 24 nov. 1220.
I
Loro atUmtà eolMliva 57
10 consiglieri; Arena ') e Macadio *), con un Console ciascuno; Ri-
guli wn 60 nooiini fra i la ed 60 anni (una popolazione qnindi
fra i 150 o 200 abitanti) e 2 consoli; *) Areto, Modk'A, Cafoggiu, *)
ciascQQO con no Console, tutti in Val di Serchio; più altri al con-
fine lucchese o dentro il territorio Inccheso ma aventi relazioni varie
con Pisa: cosi Qiitesa, Massagrossa, IStiava, Toia, Bozzano '). Nel
Tal d'Amo di sopra, a pochi chi), da Pisa, abbiam notizia, in questo
primo «ecolo, di Olìveto, Liignaiio, Cucigliano, Valle, S. Giovanni
della Vena; *) poi Oratoio e Fagiano, con due Consoli; Titignano e
Grigliano con un Console. ') t Couaules, ville universitatis et comunis
tiominum > è l'espressione che designa questi Consolle questo
oomunità, in molte delle quali, come giA dicemmo a proposito di
Casciaula, predomina la classe dei piccoli alloderì. legata tuttavia
da qualche rapporto di dipendenza fendiile per terre comunali avute;
in altre che sono antichi possedimenti della Mensa arcivescovile, la
popolazione ha ottenuto a livello la terra ed ha conquistato la piena
libertà personale, con l'obbligo del giuramento di fedeltà all'Arci-
Tescovo, loro domimta; ma al principio del XIII la terra sembra
tmuta in una semi-proprietà dai coltivatori che ne dispongono, la
Tendono, la comprano, facendo poco conto dei diritti del signoro.
Anche in qualche villa — ma & più ruro — esiste una consorteria
Lombardi : cosi u Fagiano. *) Moltissime hanno in Icx-azione o
fendo, estensioni di terra prativa e boschiva per un certo spazio
tempo che va dui 20 ai 100 anni, con obbligo d<>l giura-
into da rinnovarsi ogni anno da tutti gli uomini fra i 14 e 60
SO anni. Notevoli, sotto tal riguardo, i rapporti dei Comuni
Quìesa, Bozzano. Toia. Massagrossa e Stiava, verso i nobili pì-
') Altea. BoKciosi, Pifta, perg. n,* 129, la luglio 1191.
•> Aaon. m Stato, Pisa, Ptrg. Cf^loàa, 2« Apr.1193,
*) Arch. CAXomfi, Pi«a, perg.» die, 1S33.
•) Akch. hi Stato, Pia», Perg. Ctriiuui, 19 maggio II87.
») Akcii. di Stato, Luc<«, 1, e. p. 24, noi. I; Ib. GipiMi, 2H- 29 aett.
tJìi 1 die. 12T3 ecc.
^ Dot. di. p. prwred., notii 2.
^ Aacn. Canonici, Pisa. |icrg. S e 19 apr.1229, e S9 giugno 1203.
■) •Terra Lambardorum de Poaluto» si trovava « Ugiaao. Akch.
[«■Crv,, rioit, iwrg.1232.
58 1, — n Contado e la dita nel xn secolo
sani Pellari ed Orlandi. Questi ultimi avevano avuto in feudo da
Enrico III, confermato poi da Matilde nel 1112, *) una vasta esten-
sione della selva Paratina o Palatina, nella marina lucchese, in quella
stretta striscia di terra che allora, fra paludi e bassofondi, frangiava
la base occidentale dei monti lucchesi. Questa selva, con annesse
terre coltivabili, trasformatasi da possesso feudale in allodio della
famiglia, i signori la infeudano a varie riprese, nel XTT e XIIT
secolo ed in distinti appezzamenti, ai Comuni sii ricordati, posti tutti
nel territorio di Lucca: libera facoltà agli uomini delle ville di far
legna per proprio uso — non donarne o venderne — ; tenervi be-
stie e cacciarvi, cavare e raccoglier robbia e quilica; obbligo di dare
il 4® dei carboni che vi farebbero, come piu^ delle frutta, biade,
legimii e delle legna che porterebbero a vendere a Pisa; un 6* della
robbia e quilica ed im 4® degli avanzi delle navi naufragate rao-
colti sulla spiaggia del mare. Le liti che potevan nascere fra i vari
Comimi per queste terre, dovevano esser rimesse in arbitri appar-
tenenti alla famiglia dei nobili ctamquam in eonum dominis».
Passaron quelle ville dai Consoli al Potestà e seguitò immutato
questo rapporto : i rappresentanti dei vari Comuni agivan talvolta
insieme nelle loro relazioni con i Pellari ed Orlandi, costituendo
una associazione di comunità agricole contrapposta alla consorteria
dei nobili che avevan pur essi i loro Consoli, Potestà e Consigli.
Legami simili fra due o più Comuni no troviamo fra Modica e
Lame che hanno dairArcivescovo pisano un pezzo di padule nei
confini di Yecchiano; mentre un altro pezzo è tenuto egualmente
da Modica, Lame e Yecchiano. I Consoli dei vari Comuni agiscono
insieme in riguardo airArcivescovo, insieme ricevon la concessione,
prestano i giuramenti di fedeltà e promettono il censo annuo ed i
servigi. ^ Altra volta non boschi o pascoli ma la concessione della
pesca negli stagni — frequentissimi attorno a Pisa — legava più
comunità nei rapporti verso un signore. Così Fagiano, Oratoio e
*) OvERMAXx, Grdfin Mafhilde von Tuscie?ì, Innsbruck, 1895, Rege-
sto, n." 127 e Miratori, .1/?/. I, 313.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa; perg. 28 apr. 1269.
Dati glatistiri e demografici
59
¥
I
TitifTiiuiio, poco lungi da Pìsii, siillu via fiorentina, elio banuo a peti-
Mone d&i Canonici l'uso di nna poscaia; ma anche 1o stagno, come
lo tvrro L'omiuiuli, o perchè venuto in proprietà del Capitolo quando
già vigeva la coiisuotiidiue di quegli uomini dì pescarvi; o perchè
passò qualche anno senza che i Canonici facesser valere i loro di-
ritti, più ancora perchè ì diritti dei signori sulle cose svanivano
po' per volta insieme con quelli sulle persone, veniva cunside-
.'TBto proprietà dei Comuni che nò volevan riconoscerlo dai Canonici
né pagarne il censo, aa-ampando la proscrizione. ')
Non sarà inutile qualche dato demogratìco su queste picoole co-
munità: quelli che prestan giuramento — fra i 15 ed i 60 anni,
sana 'A9 H Miuìsarosa, compresi i tre consoli, nel 1202: sono 36 nel
127Ì. Pure una trentina circa a Quiesa nel 1271; 59 nel 1304 e
nel 1336. A Sozzano, soii 118 nel 1304, 99 nel 1336. Son 31
■ Stiava nel 1271. La popolazione ò dunque, salvo eccezione, in
Mcrescimi'-nt4i dal XII al XIV. Dati statistici sulle terre dì una villa
noi li abbiamo a Filettale, sul Serrhio, di fronte a RipaErattu. Questa
6 tuia delle comunità del contado pisano .soggette alla piena giu-
risdizioi»; anùvescu\-ile : nessuuo dei diplomi imperiali alla chiesa
pisana parla di tale giurisdizione ; la quale perciò era derivata dagli
ilichi diritti patrimoniali, mantenutisi e trasformatisi anche quando
uomiui, affrancandosi economicamente, poteron mutare la grave
indizione di licioni in quella di lìberi elio hanno la quasi pro-
iett delle terre, in riguni-do alle quali, nei contratti di affitto e
oompra-TOndita, seguono una < auti(|uam coiisuetudinein nostro
I Consoli sono obbligati sottoporre al tribunale arciveHCo-
lle l'ftccusK CiautTO quelli che violassi^ro i putti leganti la Cumu-
air Arcireiicovo loro thminus e riscuotere a suo benefizio le
L» le multe. Nel territorio di Filettole vi sono anche terre di
Itri tumori, dei cui diritti si fa riserva nei giuramenti doli* Arci-
) AKCH-CAKoma, Pisa; perg. 8 apr. 1239. Il sindaco dei Canonici ed
li di Fagiano ed Oratolo eleggono due arbitri per le liti che hanno.
n lodo é cbi^ i Cnunuifi (asinino )M>si-are e ^W uomini dinn fì soldi annoi.
Sqpie U conc4MsÌoiie del diritto ai CoumIì di Oratolo, di Tilignano e di
60 I. — iZ Ckmiado e la Oittà nsl xu secolo
vescovo. I Consoli hanno a fianco 10 Consiglieri che essi stessi
eleggono. Abbiamo del 1219 una serie di disposizioni da quelli ema-
nate, le quali non sono imposte o dettate dall'Arcivescovo ma
stabiliscono i doveri degli uomini di fronte airArcivescovo stesso,
cui si riconosce la facoltà di modificare, aggiungendo o togliendo,
questi capitoli; come pure stabiliscono i rapporti reciproci dei co-
munisti. Si vuol fissato a 10 lire il valore di ogni stioro di terra
che renda uno staio di grano: si impone il rispetto alla consuetudine
locale nella vendita delle terre già concesse in affitto; si dannole norme
per i pascoli comuni. Sono poi ricordati dei e compositores > eletti
a bella posta per far ricerca delle terre che ciascuno ha e che deve
denunziare integralmente ai Consoli nell'atto di prestar il solito giu-
ramento.
Le persone sono 64 ; giurano e dichiarano il numero degli stiori
che tengono: in tutto, 790, da un minimo di 1 ad un massimo di
63, posseduti da tal Marco Paliceti e prò tote sua domo > : è una
consorteria nobilesca. Fra gli altri, vi è un magister Moricone con
7 stiori ed un ser Ugolino — probabilmente un giudice — con 6
stiori. La media di ciascuno ò dai 15 ai 30 stiori: fissato il prezzo
di uno stioro a 1. 10, abbiamo im valore fondiario complessivo di
7900 1. Oltre i 64, altri 8, giurano senza dichiarare la propria terra:
sono privilegiati dalle imposte — poiché certo questa specie di
catasto ha pure uno scopo fiscale — o sono nullatenenti. La dichia-
razione di proprietà di una donna (7 stiori), la quale per altro non
giura, ò fatta dai Consoli; dei quali ciascuno ha, rispettivamente,
24, 12, 11, e 14 stiori di terra. Di essi si dice che chodie (24 nov.)
exiverunt de oonsulatu diete ville»; mentre l'ordine al notaio di
compiere il rogito ò dato anche dai Consoli nuovi e qui hodie in-
traverunt» che hanno ciascuno 14, 49, 12 ed 11 stiori. Vi sono
poi in fondo altro 19 dichiarazioni di terre, ma nessun giuramento:
la chiesa di S. Viviana, ove si compì Tatto, ha 70 stiori : S, Mau-
rizio 10; altri dai 2 ai 24 stiori, Son certo persone non facenti
parti della comunità: chiese e forestieri. ^)
^) Arch. Mensa arciv., Pisa; perg. n.<> 635; 24 nov. 1220.
Eitxiotió di silmmi e guardiani
61
La proprietà o diritto d'uso di terre boschive, geuorale a tulle
qaest4? comunità agricole, ci richiama uo' altra attività lasciata ad
esse liberameute o da esse ambita: l'elezione dei silvani e guardiani,
che il più delle volte i signori della seWa, di buona u mala voglia,
dovevan &re insieme con gli uomini del luogo. Cosi a Massagrostia,
ael 1 197, si conviene che i silvani siano posti in comune dagli uomini
di l1 e dai nobili consi^rti di Pisa, sc^ti ira, persone della villa, con
l'ubbligo di far buona custodia o dare annualmente i redditi del bosco
metà al Comune, metà ai signori. ') Qui i silvani uniscono insieme le
Rttribuzìonì di custodi ed amministratori dei boschi, due uffici che
altrove si vedono distinti, in si^ e nelle persone che li esercitano. *)
Quei di Rigoli, invece, souo in lunga lite con i Canonici — ai quali
KnrìtM) V aveva douato la corte di Rigoli — per la guardia dell»
lacalilà Garliano; lite per la quale i 55 uomini della villa, fm cui
Kfui bbbro, 1 fornaio e 2 calzolai, eleggono due sindaci per aitarla
'^dinanzi ad un inviate papale. ^) E ad Areto, come già vedemmo,
il cuDlrasto è fra certi proprietari di terre che kan costituita come
ujia associazione con Kuoi sindaci e procuratori, ed il Console e gli
QOiniiu della villa. 'A\ accordano che questi ultimi avrebbero eletto
i uabggiari, alla presenza dei proprietari, e fatto loro giurare di
oasiodir le terre di tutti, vigno, prati, biado, uve ecc. *) Altre volto
\1Ì cafaggiarìo o guardiano, eletto dai Consoli della villa, è investito
I signore del luogo. Co9l a Salviano. Questa villa ^, insieme con
lo, alla cui curia è sottoposta, feudo deL Marchesi di Lunigiana
i tengono l'amministrazione dei due luoghi. Nel 1180,
r onore dei loro signori Marchesi e per vantaggio della curia
I Liroroo e di tutto il popolo dei Livornesi e Salvianesì > danno
*) 19 agosto 1197. Anche a Stiava i due Silvani sono eletti dal Pots-
k dei nobili o dal Consoli del comune, che afBdan loro goncralo am-
■Mllilatraitoae ed obbligo di dar i frnUi parte al Qastaldo ai^iorile, parte
t quiUo del Comune. Poi 11 Potestà fn Gostaldo uno di SUnva. L. e. p. 24.
rt. 1.
•) L*TrB8, Dir. CoMUft., p, 868.
*) Akch. Caxonici, Piaa ; porg. 3 itlc. 1233. Ln lite era accesa anche
I ISSSi perff. 10 loglio I2m.
*) AacH. Dì Stato, Pisa; l'erg. Cerlo»a, 19 maggio IIST.
62 1, — n Contado e la Città nel xn weolo
a 2 consoli di Salviano facoltà di eleggere il cafaggiaro che poi
sarà da essi Marchesi o da' loro nunzi investito e de guardia». Ed i
gastaldi ricevono e per so, per i Marchesi e per il Comune di Li-
vorno » la assicurazione che anche i campi dei Livornesi, trovan-
tisi nei contini della guardia di Salviano sarebbero stati custoditi
gratis, mentre i Salvianesi avrebbero rispettato il diritto solito a
darsi ai cafaggiari di Livorno, di 6 quarre di grano. I gastaldi
promettono investire il guardiano, senza pretender vitto e spese,
nel caso uno di loro si trovi a Salviano e prò negotio curie. *) Li
geuenile, il diverso modo di elezione dei guardiani corrispondeva
al diverso grado di autonomia delle comunità e al diverso titolo con
cui tenevan le terre. In luoghi soggetti a giurisdizione arcivesco-
vile, come Riparbella, Consoli e Consiglieri eleggono gli elettori di
2 campari i quali poi giurano il loro ufficio in mano del castellano
dell'Arcivescovo a M. Vaso, dando un mallevadore. *)
Vi è un' altra serie non piccola di Comuni del contado che hanno
una importanza maggiore e sono anche di un tipo notevolmente
diverso da quello delle ville, come risultai chiaro da quanto di-
cemmo a proposito dei castelli e dei Lombardi. Sono quelli ove è
la sede e il centro deiramministrazione deirArcivescovo o del si-
gnore laico o, più tardi, del Comiuie pisano ; ove la popolazione è
di\-isa in un borgo ed in un castello, oltre quella disseminata nel
territorio, risiedente sui campi; ove si sviluppa una certa floridezza
di traffici interfluviali o marittimi ed ha luogo uno svolgimento di
classi sociali non affatto nidimentale, e trapasso dai Consoli al Po-
testà ed in taluno anche agli Anziani del popolo, con lotte e gare
interne che danno T immagine, a chi le osservi da lontano, dopo
tanti secoli, di quei piccoli fuochi ardenti e scoppiettanti per ima
vasta campagna nelle calde notti estive ; ove la vitalità si manifesta
anche in zuffe frequenti e guerricciole spesso trasmesse da una ge-
nerazione ad un' altra, fra Comune e Cernirne : in scosse e convul-
sioni rivoluzionarie contro il Comime cittadino e le sue fiscalità e
*) Arch. di Stato, Pisa; Porg, Certosa, 5 maggio 1181.
•) Abch. Mensa arciv. Pisa; perg. n.® 891, 12 genn. 1266.
/ Comuni dei Castelli; Casciua
63
Ksso aiicora coutro rAreivesTOvo se egli vauta diritti piiiris-
liouitU e tribiitiiri : iti uiia partecipazione spesso dìrettii eil efficnce
B discordie cittadine: iti dediziijui o resistenze ai nemici esterni di
PiftB. Bicordiaiiio Calci, Vicopisaiio, Cascina, Bientina, Buti, nel Val
d'Arno; S. Gervaaio, Hontupolì, Forciiii, Peccioli, Morrona in Val
d'Kra; Piombino, Vad.i. Kosignauo, Castiglione della Pescaia e poi
LÌTumo. lunf^o la custicr» Majìttiina; ai quali possiamo a^giuugere
anche Lari, M. ^M:udaÌo, Kiparbella, Vignale, Palaia, Bibbona, Sega-
lari iwc.. nella pianura al Sud dell'Aruo, fra ì'Bm «1 il mare. Molti di
questi castelli son di origine recente e cominciano ad apparire nelle
carte pipane e Incchesi fra il XI e XII secolo, quando il diritto di
fortifioure, nulla città e nel contado, con o senza privilegi impe-
riali, era diventato diritto di tutti ed i Vescovi speciabnento ne fa-
cevano lorgliissimo uso; ') sorgono per lo più con un procedimento
cbe non b senza molta importanza per la condizione giuridica degli
aomiiii del contado o por le loro cominiità e che ricorda un po' quello
cui quale Enrico I di Germania, concedendo in feudo estesi appez-
zamenti di terra ai snnì cavalieri, col patto che vi edificassero,
muniva i contini del regno di castulU e città forti per fronteggiar Un-
■g^ri e Slavi. *) Il Vescovo — per lo più era un signore ecclesia-
1 — foceva un patto con gli uomini di una corte: ossi proste-
) l'opera loro e con essi quanti si fossero votnti associare al
v; in cambio prenderebbero dimora nel castello e nel borgo
t rieererobbero in fendo una terra cbe essi si dividerebbero,
lodone un censo annuo. Erano cosi messi in piìi stretta unione.
ofcbft, ìd caso di morte di luio dei consorti, gli altri ne erano erodi;
I dotine non potevano, maritandosi, portare ad estranei il diritto
I feudo, senza il iH)nsen8o del signore; come non potevano alle-
I se non dentro il cerchio dei vicini. Era. in fondo, una spe-
Btie di fèudo castrense, burgUhn. corno dicono ì Tedeschi, che non
■ttmpnradeva il servizio militare fuori del castello, ma solo la cu-
■) Saltiou, Rtùr'ui delU immunità e delle giimHcie itrlit cMete in
la. In Alti f Mem. Six. xt. l'.ilr. di MoiU-mt r Parma, s. Ili, pp. 13-17.
*> I.HAMA-STKaSKCttt, Deultche wiriKhafUgaichichIr, 11, I>p-lÌ9, Bgg.
64 I.—B Contado e la Città nel xn mooIo
stodia del medesimo. ^) Naturalmente, tale obbligo portava con sé
un principio di ordinamento militare che legava i comunisti come
in un vincolo di cconviventia belli >. Si ha, in tal modo, la crea-
zione artificiale di un ente nuovo che non tarderà a prender le
forme del Comune; e talvolta il Comune preesi^te già ed il patto è
stretto con una collettività tutta quanta; vuol dire che la nuova
condizione ne modifica l'indole ed i rapporti intemi ed esterni.
Cascina, a 10 chil. ad est di Pisa, sulla sinistra dell'Amo, è nel
XI una corte del Vescovo di Pisa. Xella prima metà del XII, quando
forse già vi si è sviluppato il Comune retto dai Consoli, l'Arci-
vescovo Balduino affida agli uomini di Cascina la costruzione del
castello e del borgo e nell'ottobre del 1141, compiuta l'opera, in-
veste feudalmente 10 Cascinesi e prò se et prò eorum consortibus
quicumque ipsi sibi adsociaverint in costnictione castelli et borgi
de Cascina » con 6 stiora di terra nel borgo da dividersi come vo-
levano, pagandone un censo complessivo di 53 lire. Non potendosi
intendere le 53 lire come semplice riconoscimento del diritto del
signore, ma come compenso del godimento della terra, questa co-
stituiva uno di quei feudi ignobili o rustici assai simili alla con-
cessione livellaria o enfiteutica. *) Tutti giureranno fedeltà all'Ar-
civescovo, il quale si obbliga di non esiger composizioni pecuniarie,
né costringere essi al placito se citati in giudizio da forestieri. •)
^) In Lombardia un solo esempio di senizio militare in fèudi simili
trova il Lattes, Dir, Cansuet.y pp. 385, dovuto ai signori di M. Chiaro.
*) Calisse, Feudo, in Digesto Italiiino, p. 136. Vero feudo era invece
quello di Enrico VI agli uomini di Fucecchio, col diploma del 1187, con-
cedente ad essi ed a quanti sarebbero andati in avvenire ad abitare il
castello e le pendici del colle di Fucecchio, poter fabbricar esso castello
e tener tutti i casamenti del castello, senza censo; solo che se alcuno
avesse voluto vendere il suo, venditore e compratore avrebbero pagato
12 den. per lira. Nessun possesso o ragione sarebbe stato tolto senza le-
gale giudizio ; né i feudi presi al possessore se non per giudizio dei pari
della Curia. Rena Camici, Serie dei Duchi ecc.
5) Arch. Mensa arciv., Pisa. perg. 27 ott. 1142. L*Arciv. li investe
«quod non tollet eis guadiam vel bannum uec coget eos ad placitum
per aliquam porsouam que non sit jurisdictionis et districti, nec alber-
gariam super eos faciet». Della interpretazione esatta di questo passo
I
Bùmtina 66
Nel raso dì reato da parte loro o di altri soggetti a giurisdizione
arcivescovile, se dentro 30 di « per consulatum eorum vel per lau-
dfttioaem vicinorimi emeiidiitum uon fuerit • avrebbe egli fatto render
giostizia. ') Nel c&so poi rbe imo lì offenda e non voglia sottomettersi
ftUa f^U8tÌKÌa arcivescovile, — e qui assai probabilmente si intende
di (òrecitieri su cui Ì vicini od i Couaoli non avevano alcun potere
coattivo — i Cascinesi < potestatem habeaut se ^indicaudì ita ut
salvi fiatit>.
Co^ son divenuti feudalmente dipendenti quelli che eran tali -
por puro diritto patrimoniale; deirantìca condizione qualche avanzo
rìiiuuii.s ma per poco tempo; tiella seconda metà del XK secolo
non appar più traccia dì diritti giurisdizionali dell'Arcivescovo a
Cascina, la quale, nel XIll, ha anche essa i suoi Lombardi elle
sona certo una parte dei primi comunisti costruttori del castello ed
investiti feudalmente del medesimo. *)
Non molto diversamente a Bientina che pure ha maggiore im-
portanza, situata come ò ìu un puuto ove Pisani e Lucchesi venì-
TEDO inevitabilmente a cozzare nelle loro guerre. Nel I1I6 il mar*
diese Rabrtdo, con uno di quei contratti presenziati e ratificati dai
BMt ■OB ilcuro. Potrebbe anche intenderai ch« l'Arcivesuivo non li co-
Mringnrà al placito ecc. per messo di ministri forestieri ; la tal caso, mi-
nistri arciTescovili aou potevano essere se non i Consoli dì Cascina, do!
cui diritti li sarebbe in qui;sto modo fatto riserva. Sul • bnnnum tollere •
•fr. Fiatati, Fontchuiìgeii eie, I, p. 95. Escluso poi che la ^lorisdlKione
■nlveteorile a Cascioa ai estendesse ai delitti ed al ju» aamjuiHi*, è da
inunden il • distretto • nei senso che vuole il Waitz, Deulsrhe Verf/u*ungg-
gnekIeAte, IV, 269, di diritto alle pene pecuniarie del castello e di ter-
ritorio dove esso vi^. Per la • guadìa vel bannnm >, cfr. Lattbs, Dir,
Onwuel., p. 376-7. Qai • fcuadia • nppar sinonimo di ibannum •, pagato
dal colpevoli di contravvenzioni. Più spesso è riconoscimento dì aogga-
slone e proni«Hwi di adempierne i doveri, come residuo di tempi in cui
per i^nrar fedeltà ai signori e fare obbllgaiioni con eguali si consegnava
tua fMtaca od altro senza vnlnr<-i • wadinm darò i.
't Qualche altro esempio di cause civili risulte fra I vicini, di rnmnnn
accordo, e dal gastaldo se qnolli non si accordavano, trova in Iiombar-
t U Laites, Dir. CuMael.. p. 8ìi.
è espressamente dichiarato
nel dee. che ci dà tali notizie. Muratori, Ani,, III, col. 1133-4, 18 giu-
gno 1121. « Hec sunt sacramenta de usa et curte et de distrectu de Blen-
tina etc. » che fa giurar TArcivescovo Attone. Sul significato della stessa
parola in altri luoghi, cfr. Lattbs, Dir, Consìiet., p. 380.
3) Lattbs, Dir. Consicet,, p. 383.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. 4 maggio 1138.
^) V. nel Baluzio, Miscellanea, voi. Ili, 132, la lettera senza data dei
monaci ad Enrico II.
*) Jaffè-Lowbnfbld, n. 11580, 14 sett. 1168-9. Il Papa ai Canonici.
') Jaffè-Lòwbnfbld, n. 11741, 16 marzo 1170.
Bientina 67
signori hanno nei confini di Bientina: così ad esempio, cerca distrug-
gere gli allodi per mezzo di compre e di permute e mentre acqui-
sta nel castello le estese proprietà dei Lombardi di S. Cassiano, ^) si
studia di usurpare il placito, il bando e Talbergaria sugli uomini
deir Abbazia. Sembra che per qualche tempo, forse durante i disor-
dini provocati dall'Abbate scismatico, l'Arcivescovo Ubaldo sia riu-
scito nei suoi intenti; ma nel settembre 1177, due arbitri eletti dalle
parti sentenziano a favore dell'Abbate, non ostante che Ubaldo ne-
ghi all'altro il diritto di agire in giudizio per gli uomini che son
nelle sue terre « cum sint liberi homines licet et in terris eius ha-
bitent, prò quibus agore sino mandato lex non permittit». Argo-
menti che nulla valgono di fronte alla « consuetudo regni » , ai
privilegi imperiali ed alle concessioni del conte Ugolino dei Cado-
lingi che l'Abbate mette innanzi. ^) In questo intervento dell'Ar-
civescovo è rispecchiata la generale tendenza del Comune cittadino
di sciogliere i legami degli abitanti del contado, togliendo ai signori
patrimoniali l'esercizio dei poteri pubblici sui risiedenti delle loro
terre e riconoscendo la personalità delle loro comunanze ed il di-
ritto loro di farsi rappresentare dinanzi ai tribunali da persone che
esse stesse abbiano designato. E chiaro che qui non abbiamo più
servi della gleba, ma liberi associatisi ; e forse la loro opposizione
*) Moltissimi sono gli acquisti ; il maggiore è quello fatto per mezzo
di una permuta coi Lombardi di S. Cassiano a cui si cedono molti pez z
di terra a S. Cassiano, ricevendo in cambio larghe estensioni di colli e
paludi nei confinì di Bientina, da Buti a Vicopisano. Arch. Mensa arciv.,
Fisa, perg. 5 marzo 1184. In generale si cerca di accentrare la proprietà
in pochi luoghi, perchè possa servir di fondamento ad una piena signoria
patrimoniale, alienando quella spezzettata, più difficile a conservare. No-
tevole, sotto tal riguardo, fuor di Toscana, il patto che il Vescovo di Cre-
mona fa con i Consoli di Fornoyo, nel 1189, per assicurarsi la proprietà
esclusiva nell'ambito del castello: gli alloderi cedon l'allodio al Vescovo
e ne ricevono un sedimen o feudo entro il castello, come gli altri abitanti,
e fuori un terreno in proprietà ed un altro in feudo. Cod. dipi, cremonese^
I, 176, n.« 476; Lattbs, Dir. Consuet p. 392.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. 28 sett. 1178. E interessante la
disquisizione legale; si discute sulla interpretazione larga o letterale del
testo della legge.
68 I.—n CofUàio e la Oittà nel xn Meolo
alla giustizia monacale provoca Y intervento dell' ArcivescoTO che si
atteggia a paladino della libertà oppressa. Ed ecco che nel 1179 ci
si presentano il Comune ed i Consoli di Bientina che tuttavia hanno
già molti anni di vita. Benivieni e Pietro Consoli, per sd e per i
due colleghi e per tutto il Comune e per utile dell'Arcivescovo
Ubaldo, della città di Pisa e del loro Comune > chiedono a quello
una estensione di terra nei confini di Bientina e in uno loco et in
una vicinantia » non lungi e ad oriente del ponte, ove essi possano
abitare in concordia, con le feuniglie e le masserizie loro; non si
parla di pagamento di censi, ma solo del giuramento di fedeltà che
essi e successori faranno agli Arcivescovi e dell'obbligo di custo-
dire il luogo ad onor loro e di Pisa. Le donne potranno, in man-
canza di maschi, ereditare il jus feodi ma non portarlo in dote ad
estranei ; né ad estranei potrà essere alienato. Anche qui dunque si
ha im circolo chiuso di vicini. Avranno facoltà di alzar case su
questa terra, riservato all'Arcivescovo il diritto di acquistarle ove
ne sborsi il valore; esse tuttavia sembran considerate come allodi,
poiché non si pongono altri limiti alla libera disposizione loro. Tatto
questo promette Ubaldo osservare ai Consoli, agli altri buoni uo-
mini ed al Gttstaldo arcivescovile di Bientina; e si vede qui il ca-
rattere che il rappresentante del signore \iene a prendere in questi
antichi domini patrimoniali: costituisce quasi un collegio insieme
con i Consoli e tratta per la Comunità e per i suoi interessi, di fronte
al proprio signore, quasi che l'associazione degli agricoltori liberi
lo abbia assorbito e ne abbia fatto un rappresentante proprio. E av-
venuto dunque un cambiamento di residenza di tutta la comunità
da un luogo all'altro. Non ostante l'Arcivescovo prometta ai Con-
soli che € conservabit eis totum et tenebit fìrmum totum jus quod
eius antecessores comuni eorum fecerunt » , non sembra tuttavia che
questi uomini abbiano fin qui risieduto su terre della Mensa pisana:
risulta dal complesso di tutto il documento; ed io credo appunto
si tratti, per una buona parte, dei e liberi homines» dell'Abbazia
di Sesto su cui gli Arcivescovi lianno, in odio all'Abbate, eserci-
tato per lo addietro alcuni diritti; che il lodo del 1178 ha ricono-
sciuto dover sottostare alla giurisdizione del monastero e che ora
Bientina
69
I
ivfiBCOVO, dopo aver rìconosfiiito In loro oomumtà ed averli
il sigQore, awoglie in massa nelle proprie terre di Biea-
ABe altre concessioni ora aggiunge quella di una terra bo-
liva, detta dei Colli, del valore dì 60 lire, dietro 12 soldi aiiaui;
che ben presto subisce la sorte di tutte lu altre simili : nel
i, infatti, a Pisa, i giudici dei forestieri debbon decidere a
1? deirAreivescovo una lite fra i Consoli di Bientiua ed il sin-
delta Mensa sulla proprietà dei Colli e sul pagamento del censo
e dei frutti, ') In ultimo, il Visconte arcivescovile investe corpo-
ralmente tutti i Bientinesi e li mette in possesso del pezzo di terra
«jnre foodi»; ed essi giurano singolarmente di esser, entro il !•
gennaio prossimo, nel luogo stabilito e non lasciar abitar altri nei
eonfini dì Bientina senza licenza dell'Arcivescovo e senza che presti
lo stasso loro giuramento di tener la terra ad onore della Chiesa,
dei Consoli e del popolo pisano. Giurano ì 4 Consoli e gli altri < de
popnlo*; in tutto, 112 uomini da 15 a 60 anni. *}
Intanto possiamo seguire la ascensione graduale compiuta dagli
uomini di Bientina in me;^zo secolo: nel 1120 essi coltivavano terre
dell'Artùvescovo a cui davano censo in denari ed in frutti del suolo,
sottostavano al suo placito e gli fornivano le albergane ed altri
ili contributi di generi alimentari ; prestavano il < magisteriam
udificationc > ed il « laborerium in castello * ; gli abitanti poi
Ile terre dall'Abbazia eran sotto la piena giurisdizione dell'Abbate,
abbiamo una comunità autonoma, dipendente solo per diritto
per un libero patto che se impegna i Bientinesi non im-
menu l'Arcivescovo, obbligatosi ad una multa pecuniaria di
ì. se dentro duo mesi non adempie i patti; nulla si parla dj
placiti ed albergarie e prestazioni obbligate di lavoro ; non appare
nelle mani dell'Arcivescovo nessuna potestà punitiva che 6 dinsa
iaTeco fra i Consoli dì Bientina ed il Comune di Pisa a cui quello
'e ricgrrere nelle controversie che ha con gli antichi coloni.
Data questa separazione netta che abbium visto fra gli uomini
') Akcb. Hhnka arciv., PIm, p«rg. a.' U5, ann. 1904.
•j AacH. MasBA ariiv., Pisa, pcr^. 25 Tebb. 1179.
70 I. — i2 Contado e la Città nel xn secolo
delle diverse signorie entro i confini di uno stesso castello, pos-
siam credere che altre piccole comunità sorgessero nei vari do-
mini di Bientina; strette tuttavia da questo stesso legame delle
terre boschive e pascne che prima dava unità ai possessi dei vari
signori e che ora favorisce il fondersi talvolta dei molti piccoli ag-
gregati sociali, raccolti nel territorio di un castello, in un maggiore
organismo politico. Quando la comunità di Bientina trapianta la sua
sede pili verso oriente, tale unione degli uomini di domini patri-
moniali diversi deve essere in parte già a\^enuta: ed il di più, il
€ populus » di Bientina già si è cimentato in guerra con gli uomini
del vicino Monte Calvo e ne ò andata semidistrutta una selva che
TArcivescovo di Pisa e l'Abbate di Sesto si contendevano. ^)
Due anni dopo Tatto di costituzione del Comune bientinese in
terra arcivescovile, ad oriente del ponte, troviamo ricordato un ca-
stello nuovo di Bientina: *) si è ripetuto, certo, il fatto di Cascina,
con relativo aumento di diritti e di forza da parte del Comune. A
Bientina, posta in ottima posizione, sul punto d'incrocio di molte
vie e canali navigabili, in mezzo ad una zona agricola assai feriale,
si tengono nella piazza del borgo mercati frequenti; oggetto note-
vole di traffico e di ricchezza sono i prodotti della pesca, abbondantis-
sima nel lago di Bientina e negli stagni intorno, di proprietà del Co-
mune dell'Arcivescovo di Pisa che ne affitta l'uso a privati del
luogo alla comunità intiera; ^) — motivo anche di liti fra i vari
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. 28 sett. 1178. Arbitrato della lite.
I custodi arciv. avevan custodito la selva da 40 anni a questa parte
« usque ad tempus guerre inter illos de Bientina et illos de M. Calvo » .
Dopo non più « partim quia Silva erat devastata, partim propter timorem
guerre » .
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n." 469, 6 die. 1182. Una terra
«in loco et finibus castello novo de Bientina».
3) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n.^ 652, 18 die. 1226. Delimita-
zione dei confini < inter publicum et prìvatum * della piazza di Bientina
«ubi consuevit esse forum sive mercatum Blentine». Per gli affitti che
r Arciv. fa delle fosse pescherecce, cfr. Arch. Roncioni, perg. 29 ago
sto 1195: per la 4.* parte di una fossa riceve 20 1. annue e 5 verrocchi
di anguille.
Bientina
71
I
I
Cornimi sitnati attorno attorno sulla rive del lago ') — mentre fa
riscuoter direttamento il ripatico delle barche che scendon verso
l'Arnu o, movendo da Pisa, risalgono verso l' interno, cariche sp^
cìalmeote di sale, ferro, botti e terraglie, cacio, materiale da costru-
zione ecc. *)
In pochi anni, il Comune di Bientina fa dei grandi progressi,
specialmente nella struttura sociale del suo popolo. Anche in inez20
ad esso cominciano a cozzare gli interessi contrastanti; auche il
suo piccolo mondo è agitato dalle passioni politiche che sono di
tatti gli nomini agiati e liberi. La popolazione si differenzia, pochi
3Ì innalza» sui molti e il desiderio di predominare porta con so
opposizione ul signore; di modo che verso la line del XII vediamo
entro i]uesto antiche corti signorili combattersi una lotta che ò
mezzo lotta civile e mezzo lotta per una maggiore libertà; vi ò
nn nucleo di persone che volendo prevalere sugli altri son portate
Daturutmente a guidare la ribellione contro l'Arcivescovo, Esse eri-
goni) torri nel castello arcivescovile o attorno ad esso, nò vogliono
abitare entro il eustello stesso, nell'abitazione feudale del signore
ecclesiai^tìco, ma starsene fuori, sui propri allodi ; fanno leghe e con-
giure e danno la spinta al moto autonomista di fronte all'Arcive-
scovo di cui insultano i nunzi, laici o chierici, o manomettono i beni
ed i diritti, ricorrendo anche agli incendi dolosi, senza por mente
■Ilo ire sue ixl ul richiamarsi che egli fu al loro giuramento di fede
per costringerli a ridursi ad abitare nel castello, a non erigere piii
tonri, a sciogliersi l'un l'ultro dulie speciali obbligazioni strette
OOD ^nnunento. ') È questa la organizzazione dell'elemento aristo»
') ArCu. di Stato, Firenze, Diplomatico. Prrg. Dimtina, nn. 1296.
CaVM fra S. Maria a Monte o Bieutiua \mìt il Ingo di Suato.
*) Ak(-h. Menna ahciv., Pisa, [lerg. n." Wi, 13 irutrao 12O0. Deposto
Ifindlxiario pei diritti di ripatico detl'Ardv. Si porla di ripatico cdeno-
Wbua ountibus sursuni cum buctibus riti voais ttc.tllibus, ani vena ferri,
aiw per Arnum vndaut, aivi- por roveam in palude*.
'f Arcei. Mknsa akciv., l'Isa, perg- n." 'tò&, '2\ nov. 1200. Non al-
siao torre o edificio • In castro» di Bi<^ntina o vicino ad esM) •altina
qwuD aint duniUB vel turres quo iiiodu ibi Huot altìorea etc. Itein preci-
I phnn» vobis oiiintbiu (?t (iuii(uii viMtrum hu)i eoUnni NAvrainenlo ut ni te
72 I. — B Contado 6 la (Stia nel xn secolo
cratico che si accompagna, là dove non ha dato il primo esempio
e l'impulso, come notammo a proposito dei Lombardi, alla organiz-
zazione del popolo; e come combatte l'Arcivescovo, cosi dà saggio
della sua violenza anche entro il Comune: sono questi ribelli, senza
dubbio, che usurpano un po' per volta le rive dei canali e delle fosse
pescherecce, appartenenti alla comunità, ove gli uomini di Bientina
sogliono distender ad asciugar le reti e costruir i loro apparecchi
per la pesca; essi occupano l'area pubblica della piazza ove si tien
mercato, fino che il sindaco dell'Arcivescovo invoca, a delimitarne
e ristabilirne i confini antichi, i giudici pubblici e gli arbitri di
Pisa. ^) Il potere arcivescovile, appar chiaramente, è quasi aflbtto
tramontato.
È quello stesso che avviene in Vic-o, alla base dell'ultimo sprone
orientale dei Monti pisani; a Vada ed a Rosignano in Maremma,
altre terre soggette al placito ed al fodro dell'Arcivescovo che ri
ha acquistato, fra il XI e XII secolo, buona parte del suolo dentro
e fuori il castello. ^ A mezzo il secolo XII, il ricordo che gli
Annali pisani fanno di una galera dei Vicarosi ci dice come anche
le terre dell'interno fossero trascinate a partecipare nella misura
delle loro forze all'attività marinaresca da cui la città maggiore
traeva forza e ricchezza ; e certo questa nave da battaglia era ar^
nemini in compagnia aliqao sacramento, quod de hinc ad dominìcam
p. V. vos ad invicem absolvatis et ut a modo in antea quamdiu vixeritis
aliquam compagniam vcl rcxam sine nostra vel successorum licentia non
faciatis». Il doc. è pubi, dal Mattbi, Hùit. l'acci, pis,. Voi. I, App.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n.^ 652, 18 die. 1226.
«) Muratori, Ani., HI, col. 1143-4, 1 sett. 1130. L'Abbate del mo-
nastero di Marturi vende a Ruggero Arciv. quanto ha < in castro de
Vico. . . . infra castrum et de foris et in carte eius > più quanto ha da
Camugliauo e da Montecchio, dove sfocia V Era, al mare, per 3500 soldi.
Per la storia* della proprietà terriera nel M. E., aggiungo che quei beni
acquistati nel 1130 dall'Arcivescovo erano stati nel X sec. allivellati dalla
Mensa pisana agli antenati di un Marchese Alberto di Lombardia (Mitrat.,
Ant, diss. 7', an. 976) e da questo donati nel 1061 all'Abbate dì Mar-
turi (Murat. Ant,, diss. 6.'), il quale appunto fa transazione all' Arci-
vescovo di quanto aveva e ex parte liberti march ionis». Altri doc. mo-
strano lo stesso per Vada e Rosignano. Arch. Mensa arciv., Pisa, perg.
1 febr. 1147.
Vico
73
mata da quelle consorterie dì Cattaui di cui un documento del 1119
l'i mostTA l'esistenza a Vico, possessori e proprietari di terre, case
e servi nei castelli di Vico, Buti, Cintoia, Sfarti ecc. ') Gli sforzi
, in due parlamenti tenuti a
^^Tico ed a Pisa. ') t chiaro che la personalità del Comune pisano
^■sl viene innalzando, e la su» attività esplii^ndo senza veli e senza
^■itiuioni giuridiche, nel pieno dominio sul contado. Di fronte al-
^■riotiiiut contradizione di un diritto senza la forza, quale ora quello
BUiir Arcivescovo su motte tvrre, tal diritto doveva ineritabilmente
V AacH. RoMcioNi, Pitta, p«rg. n.' 59, 83 aett. 1120.
*) MraAToKi, Ant., Ili, Excerpta, 31 die. 1166 . Miliatur (l'Arciv.) in
jMMMMlane toiiiu juris placiti de Vico et §it In ea poasesaione Ut homi-
DM de Vico sub d. Ardi, placitari debennt «t nostra jtiri civili in poases-
toriojadidOHeinptrriwlveranaeos [lotiorexifitat •. Alla definixÌon«d«lla lEtu
•OB proMnli nn Console, dui irìuilici e dei cnuHÌdic), ud concistoro presso
S. Frediano.
*) Annali fiu.. an. Ufil, Si noti come l'Annaliat», che narra secondo
■yU ooMsravB i hiti, non faccia mcnsioDO affatto d«lt' Arcivescovo, ma
i del popola pisano e del magistrali civili del Cornane: era qu«stala
alta o qsetla dei docuiiieutì ove le rormtile notarili son lar^e no) ri-
Mnto dei diritti arcìvMCoviliV È una dlatlnsione questa che bi-
Briglia aia fatta ad o^ì passo da chi ricerchi la storia dnf Comuni, sotto
' ~ » di scambiar le ombre vane per entità corporee. Il medio ero CO-
« A l'età tipica del fatto che sì sostituisce al diriUo antlw, — pur
t le formo citeriori — e vrva un diritto nuovo.
74 I. - ii^ Contado e la Oittà nel xn secolo
passare a giielli che potevano in modo diretto ed efBcace eserci-
tarlo, cioè al Comune pisano ed al Comune di Vico che si dividono
le spoglie. Scaduta ogni giurisdizione arcivescovile, la comunità
del luogo dà T attacco ai beni ed ai diritti utili della Mensa nei
confini del castello: vi ò sulla sommità del colle una torre detta
di S. Maria, in mezzo alla piazza, oltre delle terre con edifici
presso la pieve fuori del castello, di fianco alla piazza del mercato.
I primi usurpatori della torre sono i ragazzi che vi Saigon su ad
uccellare, come in luogo pubblico ; poi della torre e dei fondi prende
possesso il Comune perchè posti < in castro et jorisdictione castri
de Vico » e per altri speciosi titoli di diritto che sarebbero ridicoli
se non manifestassero la irresistibile tendenza anche dei piccoli
Comuni di eliminare dal proprio seno ogni elemento estraneo
e di raggiungere la maggior somma di autonomia consentita dalle
leggi della città. Anche qui vi ò un partito, rappresentante un
complesso di interessi, che dà V impulso a questa lotta e determina
razione di tutta la collettività. Approfittando, al principio del XTTT,
che TArcivescovo era andato in Sardegna, un Pietro Tepertinge
di Vico — il nome lo caratterizza a suflBcenza — e convocatis
quibusdam vicanis publico dixit: modo cum Arch. sit abseus et sit
in Sardinea, possumus apprehendere turrim S. Marie et facere inde
quod volumus et non erit qui contradicat nobis. » ^) E la occupar
zione seguì inmiediata, complice il Potestà che in Vico rappresen-
tava il Comune pisano.
In quanto a Vada e Bosignano, il diploma di Corrado che ne
lasciava airArcivescovo il fodro, il placito ed il ripatico, aggiun-
geva anche le terre che vi possedeva la Marca di Toscana^; a compi-
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. n.® 732, 26 ottobre 1238.. Gregorio
Papa all'Abbate di Mar turi perchè esamini la questione dell* Arciv. che si
lagna < quod potestas, consiliarij, et cominunis de Vico» occuparono le sue
cose in Vico. Il doc. è pubi, dal Mattei, IILst, Eccl.pis,, I, Append.
2) In una lite del 1199 fra l' Arciv. ed Ugo di Cacciabate di Casti-
glione, quello accami)a un privilegio « in quo continebatur quod regali
largitione concessit et donavit (Corrado II) pramatica sanctione secer-
nendo inter cetera placitum et fodrum de Vada et Rosignano et omnes
mento di altri diritti che lu Mensa pisana già vi giideva dal prin-
cipio del Xn sec., ') allorcliè ogni casa dentro il castella dava 2ò soldi
di fodro ogni 3 anni, oltre contribuzioni di generi alimentari da porte
dei coltivatori. Questi dne Comuni, vicini e confinanti, procedono
per molto tempo con sorti eguali, pur combattendosi essi per i diritti
d'uso dì una selva ohe i Vadesi, cui sembra essa appartenesse,
ati'vano in origini» concosso per pubblico strumento al popolo di
Rosif^nuiio e che poi negarono, intendendo che la com^ssiuue fosse
stata « precario rei pretio>. La causa, delegabt dall'Arcivescovo
a due giudici del (>>mune pisano nel 1142 e discussa alla sua
presenza, è risoluta a favore della chiesa e del popolo rosignaneso.
Dopo di che, presenti l'Arcivescovo stosso e due Consoli di Pisa,
i 3 Consoli di Vada investono feudalmente del diritto i 4 Consoli
di Rosignono, obbligandosi, in caso di violazione della sentenza, a
pagar 50 lire, metà all' Arci ves<^iovo, mota al Comune di Rosìgnano.
Ecco il condominio pienamente esercitato sn beni da principio di
concessione arcivescovile*) ed estendontesi poi su tutti gli altri
diritti e proprietà: [wrchò estranei possano mettere giumenti a pa-
Rcolar nei prati comunali, debbono consentirvi insieme il gastaldo
arcÌToscoTÌlL' e gli abitanti del castello; tutti gli atti di delimitazione
dì confini, di elezione di guardiani e cafagìari ecc., sono compinti
I in oomime. 1 Curiy»so 6 il procedimento per fissare i confini in ubto
Ei fta due castelli, come ci è mostrato a Rosignano e Casd-
« snpradictia in daobos curijs Marchiae prrtinentvs • Anca. Mehba
rr., Pìm. iterg. ti." 54.t. :iO affoslo l^UO. In altra tiu; iùiuilc ei cita di
> ta]«< priviloiflo ipcrg. N." 54D, an. 1302), ed «I plnciio e fodro è
Kad^nnto il ripatico, ciò i:)il> é tonrcrmato da altri doc.
'} Una iiiFhEL-^tii diti Ìì2a sui diritti giurÌKdùùoiiali e fiscali dol si-
ira dulia flirto e casK-llo di IIosì^aho dui tuiiipo di (ìoUVedo e Boa-
Rtrki', è cnmpjuut alla prisÌgnBno et de Corte > .
*ì Altrovti il ImHCc b dotto • netnos coiiiunìs do Itosìgonno et d. Ar-
Uep. • Akch. Mkmka arciv., Pisa, prrg. N.° 580, 1 loglio 1207.
'ì Arcu. Mevia aHcip., Pisa. perg. N." 4»5. 27 niarso II86. TmIÌ
NT la Uti^ fra l'Aruiv. e Cai-ciaiwtf di Casili^lioui^. L'atto notarile È ro-
dato pw mandalo del gìudic* u df i Consoli pi»nni.
76 I, — n Contado e la OUtà nel zn secolo
glione. Fra gli uomini dei dae luoghi si eleggono dei cterminatores»
e dopo che essi hanno compiuto il loro lavoro va l'Arcivescovo a fare
un giro sulla linea di confine, seguito da tutti i Rosignanesi. Messi
i pilastri che servon da termini, < homines de Rosignano et homines
Arch. » giurano non oltrepassarli ; ma perchè la cerimonia e la di-
sposizione del signore rimangano più impresse, V Arcivescovo < in
memoriam eorum (dei confini) faciebat verberare pueros saper
terminos » . Altrove, quando i diritti di giurisdizione arcivescovile
sono stati tutti messi da parte, troviamo che per ristabilire i con*
fini antichi di un luogo o possesso pubblico, gli arbitri e giudici
della città, col consiglio dei Consoli della terra, eleggono un certo
numero di vecchi e de melioribus » e li fanno giurare di dir la
verità. *) L'espressione sopra ricordata ed assai frequentemente ri-
petuta di € homines de Rosignano et homines archiepiscopi > mo-
stra chiaramente i due ordini di persone che ora sono in Rosignano.
I primi, proprietari e vassalli, son pienamente liberi, solo soggetti
al placito ed al fodro per titolo di diritto pubblico ; abitano il ca-
stello e da soli, come sembra, costituiscono il Comune, *) esclusi i
coltivatori di terre arcivescovili o di altri signori — fi^ cui i conti
Gherardesca *) — sparpagliati attorno nel territorio, soggetti a pre-
stazioni servili ed obbligati a ridurre nel castello, nelle mani del
gastaldo, le biade per il padrone della terra. A Yada e Rosignano
i conflitti con l'Arcivescovo sono più aperti e risoluti che altrove
perchè la terra non è Tunica forma di ricchezza, né i prati comu-
nali l'unico principale oggetto dell'attività collettiva, né agri-
coltori e Cattaui i soli abitanti. Il fiume Fine, presso Rosignano,
nella valle percorsa ora da un tratto della ferrovia mediterranea,
era allora solcato in su ed in giù da legni che facevano il piccolo
*) Dee. cit. di Bìentina 18 die. 1226; v. sopra, p. 71, nota 1.
*) Bonaccorso di Ncricone « consul castri comunis de Vada » Arch.
Mensa arciv., Pisa, perg. N.<* 632, 14 luglio 1222. Ed il permesso airoso
del pascolo è dato dal gastaldo « et aliis de castro Rosignano > Doc. cit.
p. 75, nota 3.
^) Maccioni, Difesa del d*)minio dei conti di Donoraiico cit., I, 22,
doc. 1177. Donaz. del Conte Ranieri all'Abbate di San Felice di Vada.
Vada e Rosignano
77
I
commercio rìvieraacu e quello fra l'intorao e le coste. Né solo legni del
luogo, mu anche di Oonovesi che pagunuio una tassa di ancorag^po
o di ingresso, fauriaticum. alla bocca del fiume, — diritto t^pettante
ai sifruori del vicino i«8tello di Castiglione elie avevan terre lungo
ona riva del fiume, dalla foce in su - ed una tassa di ripatico quando
giungevano ad un pouti^ presso Rosignano, divisa a metà fra quei
signori stessi e l'Arciveicovo ; accapigliati sempre in lunghi cod-
trasti per questi diritti fiscali, por i confini delle duo terre, per i
boschi comunali, per i prati ove lo mandrie di pecore garfagnine
scendevano a svernare, pagando la tassa di pascolo. ') Nel 1203,
la litu per il ripatico ed il pedaggio vien portata davanti ai pub-
blici giudici di Pisa e la sentenza data da essi e pronurnsiata dai
giudici di appello d& ragione all'Arcivesciivo. *) Oggetto di larga
esportazione da Vada e da Rosignano dovevano essere il sale, dato
du quelle saline sin duU'età longobarda ed il grano: sappiamo anzi
che le Maremme erano appunto uno dei principali luoghi di rifor-
nimeuto dei Genovesi, quando la guerra aporta con Pisa non chiu-
devaloro in foccia le porte di quel granaio di Toscana.')
Tale allargami dei mercati strettamente locali, promosso dal
crescer della popolazione, favorito dalla aci^oncia posizione, fu anche
piò appariscente a Vada, fornita allora di un discreto porto, il mi-
glioro farse, insieme con quello di Piombino, su tutta la strìscia
CMMtiflra da Pisa a Cìvitaveci-hia ed esposto quindi agli assalti dei
0«D0Te^ sin dalla fine del XI secolo, sin da quando cioè la spiaggia
't ARra. ME^tBA arciv.. Pina, pcr^. N.» 5S8 e 5^, 30 agosto ISOO.
Vgo dì CaccUbate, di C&ntigUono, soleva dare • pascua pecoriboa Oarfa-
ptJnensium et luercedem prò eis rccipere, et rauciaticain lif^uarum januen-
■Inin intrantìum faucem Finis usqae ad pontem >. Anch« Annali. IITS.
<) Arck. Mensa arciv., Pisa, perg. N.° 551, 35 manto 120S. il Con-
•ole dì giustizia, per il Potestà, meitte il sindaco arcivencovile in poaseaso
«tu huce de Fine et in porto Banardi (Barattoli?) otc., prò ripa et po-
dista el jurp ripaglj oi ripe castri de Rosiguauo et eius cune et de lolis
BOttBiiibiu ditti cuitri de Roni^^iiauo >, i- nel i>ortico della pifve, frv
anni it Causoll dtlln terra, comandn ad Vga Cncciabatti di no» moU-j^tnr
l'AniveiteoTo nel ripatico • lolltiiido alìquid homìnibaa ountibus ad snpr.
aaurum cuin merdbuit • .
*) Gli Annali //enuc. porUuo spci«o dì navi granarie tornanti i de
Kaiitiinla. •
78 I. — // Contado e la Città nel xn secolo
toscana cominciava ad ontrar nell'ambito deirattività marinaresca
di Pisa ed averne amici gli amici, nemici i nemici; ragione per
cui la terra aveva cercato ed ottenuto protezione da Pisa, ^) che nel
1164 vi fece iniziare la fabbrica di un più forte castello, rimet-
tendo agli abitanti, per 15 anni, la data che pagavano alla città. ^)
L'umore battagliero dei Vadosi esplodeva pur esso contro l'Arci-
vescovo per il possesso della selva Asca, fra la via maremmana ed
il mare; e per decenni intieri son lotte continue, appena interrotte
da brevi paci: vi sono sentenze dei giudici di Pisa, contumacie
dei Consoli vadosi, non osservanza da parte loro di lodi pronun-
ziati da arbitri eletti in comune, danni ed ingiurie al monastero
di S. Felice ed al pievano di Vada autore di un lodo sfavorevole
ai Vadosi. I nunzi arcivescovili sono esposti a mille ingiurie, non
si permette all'Arcivescovo di prendere possesso delle terre aggiu-
dicategli da lodi arbitrali e da sentenze di giudici ; il Comune di
Vada è scomunicato, i Consoli si appellano al cardinale di S. Marco,
legato apostolico, contro i lodi e lo scomuniche, mentre l'Arcive-
scovo non vuol riconoscere nei Consoli stessi il diritto di trattare
per la comunità, quantunque asserissero fermamente di essere Con-
soli ed < ex abundanti » esibissero l' istrumento fatto dalla comu-
nità € ad campanam pulsatam » nell'atto di eleggerli procuratori. ^
n legato finalmente li condanna a risarcire i danni e stare agli
ordini della Chiesa pisana per tutto quello per cui avevan rice-
vuto scomunica, dalla quale poi sono assolti l'anno appresso, 1228,
quando il legato pontificio in Toscana fa conchiuder pace *) — tutta-
*) Questo credo debba intendersi nella carta di pace fra Genova e
Pisa nel 1138, Bonaini, Dipi, pis,, pag. 11, 19 aprile 1139. Se i Vadesi
non indennizzeranno i Grenovesi dei danni che eventualmente potranno
loro fare, noi Consoli pisani «expellemus eos a fiducia nostra, dicendo
pubblice ut nuUam habeant in nobis fiduciam » finché non osservino la
nostra sentenza di indennità. Vedi la parola « fiducia » in senso di prote-
zione chiesta e concessa, garanzia, promessa di sicurtà ecc. negli Annales
lanuenses, e d. Belgrano, I, p. 176, 181-2, 185 ecc.
2) Annali pis., an. 1164. L'opera è finita nel 1179.
3) Per tutto questo vedi Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.<* 480,
11 lugUo 1184; N.o 481, 11 luglio 1184; N.<» 632, 14 luglio 1222; N.o 633,
22 febr. 1222; N.o 649, 19 agosto 1226; N.o 662, aprile 1228.
*) MvTrar, Hist Ecd. pis, I, App. p. 83, 4 marzo 1228.
Vada e Rosi'jrtano 78
k non duratura ') — fra i Vìwlesi o l'Arcivewiovo, In mezzo a tanti
tDtrosti, rotta ngai tradizioue autoritaria, oauFragava l'autorità
tiva dell'Arcivescovo in quelle terre, dove ormai era venuto
lenn ad es.sa riudii^peiiRabile foudameiito reale, dacché^ le pro-
liet& della Mensa, od usurpate dal ('«muue di Yada o concesso
1 feudo trasformat" da terre senili a livellari o vendute ad
TÌroltorì ed a mereaiitì, si orano straordinariameute assottigliate,
I tempo stosso che la comproprietà dei boschi era scomparsa
conoacondo ciascuno la sua parte, e si eru rotto cosi l' ultimo legame
fra il signore antico ed il nuovo euto giuridico. Veniva meuo laggiìi,
in mezzo al fervore dei piccoli traffici, anche il valore della terra:
due appezzamenti di terreno comunale che i sindaci di Yada nelle
liti con l'Arcivescovo volevano dargli, in cambio di 200 lire che
iin lodo arbitrale gli aveva assegnato come indennizzo di danni,
aono nel 1 225 rifiutati perchè, dice l'Arcivescovo, ora valgono meuo
dì 70 lire « cum etiara terre majoris bonitatis et majores illis duo-
bus petijs torre iu illis partibus et contiadis sint habite et empte
satis prò minori pretio ab inde tempore infra. » *) Decade, iu i!on-
M'inuMiza di ci""!, ancho il mouitótero di S. Felice, una volta eon-
idilerato fra i maggiori in Toscana ed ora, alla Une del XII secolo,
coWrMlo a vender le suo terre per pagare i debiti.
E chi si avvaotagcia dell'eredità ? Il suddiacono fìualando, ca-
Psonieo di Pisa e legato pontifìcio, elegge sul luogo una commis-
me destinata ad invigilare sulle alieuazioui : Mattolo di Rosignano,
mcredi, Torcioue ed Adalardo di Yada. *) Forse sono i < boni
'} Pochi anni dopo, il Comune di Vada muove tlte all'Arciv. dioand
Istallo Impi^r. di ToHcana, Paudolfo di Fa!Anella, sempre per le stesse
l WarrBi, ItUl. Eecl. pi».. 1, App. p. 97, doc. an. 1240. L'Ardv. pi-
B li appella a Papa Oregorio (Akch, Hbkna arciv., Pisa, N.< 761, 80
, isti) e nel 1342, dinanzi all'Abbate di S. Michele in Borfp), delo-
{CHto del Vesenvo piittoiese cui il Papn aveva affidalo la dolìnizlone di tali
quastioni, il sindaco arcìvesroTÌIc pmluce altri rlehlsmi perchè I Vadeai
■MB diolcsttno Ift solva o diano 1^ 1. por quanto erano stimati 1 frutti
«In 17 anni si crebbero potuti roeeo^lierc da casi boschi e eorle. Arcb.
'., perg. N." 770, » gena. 12i2.
*) Arch. Messa akciv., nsH, perg. N." G4^, IU agosto t836.
^ Amcu. Camosici, Pisa, perg. 2 giugno 1190.
80 l. — n Contado e la Città nei xn secolo
homines > della comunità esercitanti per essa un diritto, come già
sulla chiesa pievana e sopra i suoi beni ; sono forse anche creditori
del monastero, come tale era lo stesso canonico Guatando, di Pisa,
per 400 lire, per le quali l'Abbate gli aveva impegnato le terre poste
nei confini di Rosignano. ^) È questa un'altra arme con cui la città
assale e sgretola alla base i vecchi organismi del contado, scossi dal
disquilibrio che nei rapporti economici porta il XTT secolo. Se ne
avvantaggiano la città stessa e le terre minori del contado per le
quali il tempo del maggior fiorire e della maggiore autonomia di
fatto è quello appunto che sta fra il rapido decadere dei signori
laici ed ecclesiastici e lo stabile assetto che il Comune cittadino dà
al suo territorio, nella prima metà del' XUI secolo; un periodo di
incertezza in cui, fra il cozzare dei grandi e potenti, i piccoli si inge-
gnano di farsi strada e tanto più ne percorrono quanto più quelli
sono affaticati a combattersi. All'Arcivescovo di Pisa non rimane
sugli uomini di Vada se non il giuramento che essi annualmente
gli prestano di non offenderlo (!), di salvare e custodire i suoi beni.*)
Nella prima metà del XIU sec. questo Comune conta intomo ai
500 abitanti e circa 150 sono gli uomini fra i 18 ed i 60 anni che
partecipano alla vita pubblica, eleggono i Consoli, si adunano in
Parlamento nella piazza della Pieve di San Giovanni, di fronte al
mare. Vi predominano i pescatori e bottegai (apotecarij) e vi sono
anche dei fabbri, ed esercenti arti liberali ; ve ne sono di indigeni di
Yada e originari di terre attorno, trasmigrati in quel castello, più
aperto ad attività diverse. In questo tempo non vi si trova traccia di
consorterie nobilesche ma parecchi di quei 150 portano il nome di
€ Lumbardus » ed è forse un avanzo di associazioni disciolte di Lom-
bardi, quelli stessi che abbiamo visto in tanti altri luoghi.*)
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.^ 503, 29 giugno 1192.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.® 747. 16 marzo 1240.
5) Tutto questo risulta dal doc. cit. nota preced. che ci mostra i co-
munisti < publice in parlamentum per sonum campane cohadunatì prò
bone pacis et prò utilitate dieti Comunis > dar piena balia ai tre Consoli
di giurar per il Comune fedeltà all' Arci vescovo « super animam ipsorom
Consalum > . Poi ciascuno dà per conto proprio ai Consoli tale balia « in-
CnM
SI
ì
Osseniamf) ora mia comunità, quella di Calci, ove dì diritti
|iurisdizioua1i dell'Arcivescovo non si parla mai ed egli vi possiede
nlo dei beni patrimoniali fra cui un < castellnm minoretn > forse
Kinto murato con dentro un palazzo e la chiesa di San Ni-
M>la: ') vi esercita per dì piii il patronato sulla chiesa piovana,
■aita, cou annessi il c-ampanilc, l'ospedale, il cimitero e l'orto,
[ terra della Mensa arcivescovile, al tempo di Daiberto. *} 11 Co-
nano di Calci si trova, verso la metà del XII, nel suo pieno
' svolgimento, con un collegio di 6 Gongoli, un numero cioè che nel
contado non si trova in alcun altro luogo: e questi Consoli appa-
iono come i savi e gli interpreti delle consuetudini locali. La for-
mula che li designa ò (juasi identica a quella con cui a Pisa sono
chiamati i giudici pubblici : < Consules calcisanorum electi ad can-
sas publicas vet prìvatas secundum usum et rationem nostre cìvi-
Ulìs diSintendas >. Essi hanno una « nostra civilis constitutio > ove
Ò fissala la pn>eedura dei giudizi, ed un notaio pubblico oenton-
tiarom atqno laudationum aliorumque controctuum publicns scriba >
u« redigo in iscritto i deliberati ed i giudizi. '■) Hiinno due curio
diverse nelle duo frazioni e nei due popoli di cui sembra comperai
il Comune di Calci, cioè nella parrocchia di S. Andrea di Lama,
più ad oriente, verso il sasso della Verruca, *) nella villa ove è la
mper aiiimam sntkm > È notevole che il con feri me ntA dei poteri t
btio io 4 giorni consecutivi ; nel primo, che é il ifiorno del piena por-
laineDto, vi son 101 nomini, nel secondo 16, nel terzo H a a«l qiurto
altri i.
■) Alien. Mbksa ARciv., PisH, |>or^. 30 genn. 1229. Terra in Cald
prosso la chiesa di S. Niccola • do castro minori in loco dìcto nri coslcl-
laiB mlaorem>; speaso poi ai ricorda, la chiesa di S. Nkcola di Cale!
«do eutello archiepiscopi'. Nel 1081, il vescovo Gherardo Tn un livello
e In Itimi de cast, de Calci*; perg. IT sett. 1081. Anche oggi, risalendo
1» incantevole valle di Calci, si vede un grosM edillclo cnl é i.-onwrvato
1] nome di caatcllo dell'Arcivescovo.
■) AkCH. Mbroa *Rciv., Pisa.pcrp. 27 genn. 1174. Dichiarazione dei
diritti orciv. da porte dei Canonici di Calci.
^ Aitai. Kosciom, Fisa, N." Si, 17 nov, 1166.
*) Doc dt, noi. prpc. fe un giudicato • in curia S. Andrre do liunn ».
jM. a. «. I
82 I. — /2 Ckmtado e la OUtà nel xn 9»60Ìo
chiesa piovana di S. Maria in Guigliarada, ^) con la sua « vìcinia»,
come ne son chiamati i comunisti che formano una salda unità
attorno alla chiesa e compaiono in giudizio dinanzi ai Consoli, per
una questione di interesse temporale della pieve, insieme col pie-
vano ^ il quale in tal modo appar come un rappresentante della
comunità: carattere che dimostrasi anche più spiccato là dove non yì
sono ancora (Consoli ed il pievano quindi compie gli atti civili che
altrove il gastaldo signorile o i Consoli.*) Dalla parte di Caprona,
i Calcesani godono diritti d'uso sopra un prato aderente ad altra
€ terra hominum de Calci > . Quel prato è allodio di certi privati;
ctamen Calcisani prò suo com. ex antiquo et longissimo tempore
herbam et pascua prò suis bestijs et guarìgangam in ea habebant
et soliti fuerunt habere etc., et eam terram semper defendere pre-
dictos (proprietari) iuverant». I quali argomenti non valgono
quando, nel 1178, 5 arbitri eletti dalle parti si pronunciano contro
l'antica consuetudine. *)
Resta a dire brevemente di Piombino, il maggiore forse di tatti
i Comuni del contado pisano; anche esso favorito nel suo sorgere
dal decadere di un potente monastero di origine gentilizia, S. Oiu*
stimano di Falesia, fondato nel 1022 dai Gherardesca, ^) sopra terre
di proprietà della famiglia. Al principio del XTT, apparteneva al
monastero parte del castello, della rocca, delle torri, del poggio, delle
^) Aroh. Roncioni, Pisa, N.<> 96, 25 luglio 1169; una sentenza dei
Consoli, «data in curia S. M. a Gailiarada>.
^ Arch. Roncioni, Pisa, perg. 26 marzo 1160. Lodo di 5 Consoli
di Calci nella lite fra la chiesa pisana di S. Pietro in Vincoli ed Ugo
prete di S. Maria in Guigliarada «com sua vicinia>.
') Nel 1174, il Console pisano che va per la Valdera a riconsegnare
ai rappresentanti di Lucca i castelli che secondo i patti della pace le deb-
bono essere restituiti, scioglie gli uomini dal giuramento di fedeltà, pren-
dendo in mano o il gastaldo o il Console o il pievano della terra. Mem.
e docum. liicch,, IV, II, N.^ CXXXIV.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 4 agosto 1179.
^) Muratori, Ani.f IH, p. 1076. Il Conte Ugo, Gherardo, Tedicio, Ro-
dolfo ed Enrico, tutti figli del morto Conte Teodorico o Tedicio, ne sono i
fondatori. L'instr. è redatto nel loro castello di Settimo, vicino a Pisa,
sull'Amo.
Piombino
83
case e terre di Piombino dentro e fuori il castello : di queste pro-
prietà, *cum omni iure et distrietii s , l'Abbate nel 1115 cede 3 parti
al giudice Ildebrando, procuratore dell'opera di S. Maria, alla pre-
senza di Consoli, Visconti e giudici di Pisa insieme coi quali Dde-
brando aveva fatto gli accordi preliminari; ricevo in cambio un pezzo
di terra presso la chiesa ed il monastero di S. Nicola di Pisa e 150
lire: ') aitre due parti l'Abbate ne dà in permuta nel 1135 all'Arci-
vescovo Uberto, *) o al Comune che dir si voglia il quale, appunto
in seguito a tali acquisti, possiam credere che mettesse un presidio in
quel castello, come sentinella avanzata nel territorio di Populonia,
se nel 1125 e 1126 i Genovesi assalirono e preaero la terra, incen-
diarono nel porto una nave pisana carica e fecero prigionieri gli abi-
tanti. Rimanevan tuttavia ampi diritti giurisdizionali, possessi feudali
ed allodi nel castello e nel territorio di Piombino « tam in terra quam
in mari vel in insula aliqua » i quali, verso la metà del ìfTT secolo,
eran posseduti « sive iure alodi sive feodi, aut tenimenti » da una
Calcisana, moglie del marchese Alberto di Corsica e vedova di Ver-
naccio, forse cittadino pisano, come pisana era essa, uscita dalla casa
turrita che suo fratello TJghiccione possedeva presso la porta S. Sal-
vatore ; diritti e possessi ad essa pervenuti non so se dal padre o
dal morto marito, per cessione o infendazione dell'Abbate o dell'Ar-
civescovo.
Ma dentro questo casteDo già da un pezzo è formato un Comune
che si sforza, di mezzo ai vari signori del territorio, di acquistare
una personalità e che prima entra come da pari a pari nel con-
sorzio loro, poi li soppianta. Nel 1177 si trova detto che i Piombi-
na! « a longo, longissimo tempore libere et sine aliqua degazia et
datione vel exactione vel ripatico venerunt Pisas et exierunt cum
mercibus et rebus etc. > e questo privilegio spettava loro di diritto,
« cum in alienatìone castri Plumbini facta ab Abbate de Falesia pi-
sano Archiepiscopo et consulibus pis., proraissum et conventum
fuisset ipsi Abbati prò se et populo de Plumbino eos nullam dega-
'J MUKATORI, Ani., Ili, p. lin-9, 26 sett. 1116.
*) Mdeatori, Ani., lU, p. 1165, 22 gonn. 1135.
84 L — n Contado e ia Città nel zn seeoh
tiam dare debere >.0 Quando, nel febbraio del 1150, Galcisana
ed il marchese Alberto alienano i loro diritti sulle persone e sulle
cose del castello e distretto di Piombino, gli chomines et habitatores
castri et rocche et curtis Plumbini > appaion fra i concessionari, in-
sieme con la Chiesa pisana e l'Abbate di S. Giustiniano. Oli abita-
tori certo già costituiscono un ente collettivo che reclama la sua
parte di diritti e raccoglie la sua parte della liquidazione feudale.
Naturalmente, dietro la Chiesa, l'Abbazia ed i Piombinesi vi è il
Comune pisano che appare come l' ispiratore e la forza motrice di
questa quasi rimanipolazione della materia greggia: infatti, l'alienar
zione è compiuta a Pisa, nella torre di Ughicciono, fratello di Cal-
cisana, alla presenza di Carpino giudice del Comune e auctoritatem
interponentis > , di Gerardo provisore e di due altri cittadini che
danno a Calcisana, in vece dell'Arcivescovo, dell'Abbate e dei Piom-
binesi di cui forse son procuratori, una coppa d'argento per 3000
soldi lucchesi. *)
In seguito a queste transazioni, poichò il Comune pisano pone
subito piede saldamente in quella importante terra per esercitarvi
senza ambiguità e senza incertezze la giurisdizione, all'Arcivescovo
pisano rimano solo la proprietà di alcuni immobili, fondi, case e
torri, in gran parte dati in affitto, certi diritti fiscali sulle date e
ricolte del castello,^) il pedaggio ed il < jus staterae > di Piombino^)
e le due isolette prospicenti di Cervo e di Palmaiola sopra cui
affittava il diritto di tagliar palme; ^) proprietà e diritti pei quali i
^) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.<* 495, 29 die. 1188. Definizione,
davanti ai giudici di Pisa, della lite fra i Consoli e popolo di Piombino ed i
capitani della degazia.
*) Muratori, Ani,, III, col. 1165-66, 25 febr. 1160.
') Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.« 518, 17 die. 1199, ove si ricorda
ciò che ali* Arciv. < pertinet de castro vel in castro Piombini et curia et di-
strictu et pertinentia et de data, recoUecta et omni introitu super, castri et
eios curia > . Un atto di rinuncia è fatto < in castro Plumbini in quadam
domo arch. que est iuxta turrim dicti arch.9; vi son terre arcivescovili
€ cum turre et domo super se in castro Plumbini ecc. » .
*) Arcu. Mensa arciv., Pisa, perg. 11 genn. 1259.
^) Arcu. Mensa arciv., Pisa, perg. N.<> 458, 30 ott. 1180; 11 gen-
naio 1259.
Piombino 85
t*ionibÌDesi che ne esercitano quasi del tutto il dominio utile so-
rtano nel Xin set.',, a prestare all'Arcivescovo il giurameoto di
fedeltà ') ma che sin dal principio di quel secolo non sfii^ono alla
sorte comune che attende tutto quanto è di spettanza temporale del
ugnore ecclesiastico e son presi di mira dalla comunità di Piom-
bino,*) già prosperosa con i suoi traffici e con i suoi privilegi com-
merriali che liberano da ogni dazio e ripatico i legni piombinesì
naviganti per Pisa e da Pisa. Scoppia, è vero, aspra contesa nel
1187 fra i Piombinesì ed il Comune, impersonato nei due capitani
della degaxia o dogana di Pisa, Sigerìo e Parlaselo, i quali non
TOglion sapere di tali privilegi, ormai contrastanti con la eguaglianza
L tutto il contado negli oneri verso la città e, dopo aver sequestrato
I merci di Piombinesì, vogliono costringerli a pagare tutti i di-
i di eotratura e di uscita, accampando la illegittimità della con-
I all'Abbate di !^. Giustiniano ed agli uomini del castello,
t'did Consoli, non autorìz7,ati a compiere obbligazioni per un
< eccedente i termini del loro ufficio, senza previo consiglio
l Benato e dei 8a\i, e dichiarando essere « indecens » pretesa
^Flumbinensos liberos esse debere u prestatione et decatie datìone,
i qua etiam niillus Pisanonim cìvis liber et absolutus esso potest. >
I i irò giudici pubblici chiamati a risolver la contesa con l'esame
delle ragioni e dello testimonianze dei due Capitani, per la degazia e
per il Ckmmne pisano, e di quelle del Console di Piombino, Villano,
Eaè e per i soci, danno ragione ai Pìombìnesi ed ordinano la
ituxione delle merci pignorate. ^)
•) AKcn. Mensa arov., Pisa, pfqnandn vadit Plumbinam ad
ipftradum sacratn. fldelilHtis ab homlnibas de Plumblno*.
') AscB. Heksa ARcrv., Pisn, perg. K.° H2H, 1254. U PolMtà pisano
oonunda al vicario ed a^li uomini del Comane di Piombiiio di non far
ilanul CI novità sui beni dpIi'Arciv.
») Akch. Mbnsa ABciv., Rm, perg. 495, 29 die. ns8. Il 30 maggio
n, U Console di gìustisln, nella »ede aiesra delln dogana, raettn nn
B di bombino in {ioss') appar chiaro se i Consoli vi fossero eletti dalle comunità
da Pisa, se vi eran sorti con moto autonomo o importati dalla
*) La convenzione fra Pisa e (Genova del 1137 fa delle riserve sol
commercio del ferro «sahis nostris (di Pisa) vetitis factis de ferro a
Corvo usque ad Argentarium» Bonaini, Dipi, pis,, p. 11, N.® 12, 13
apr. 1138.
') Le carte di sicurtà che Daiberto ed i successivi Arcivescovi fanno
ai « fabri » di Pisa, (parola generica per artigiani, costruttori e meccanici)
accennano a quei luoghi come i più frequentati dagli artefici. Vedile
pubb. negli Statuti, III, app. al Br. artis fabrorum, p. 890-94. Che nel XIl
sec. anche dalle regioni padane andassero a lavorare nell'isola appare
dalla Vita S. Ravxerii pisani, negli AA. SS. 17 giugno, I[I, p. 462.
3) Statuii, I, p. 5.
hola d' Elba
87
là; questa tuttavia redigeva il Breve a cui i Consoli isolani do-
n'ano giurare. Anche qui, in ogni modo, la formazione del Co-
ttone non dovè procedere molto diversamente che altrove. Anche
"qxii dne elementi sociali diversi vi collaborarono, come già abbìiun
vistu e detto di tante terre del contado pisano, a proposito dei Lom-
bardi: cioè il popolo da una pai-te, le consorterie gentilizie dell'altra;
più o meno unite, in pace o in guerra, associate nell'ente Cornane
e rette dagli stessi capi o formanti due piccole comunità distinte e
pur vicine sopra una atessa terra. Né credo trattisi di altro, quando
noi troviamo ricordo di im Lotterìngo da Moutemarcìale < capita-
ueus et siudicus parentadi Tassìnghi et Salicinghi > *) e di nn Nar-
poleone da Capoliveri d'Elba che agisce »pro ipso comuni et prò
parentado do CapoHbero. > •) I e parentadi » dei Tassinghi e dei
Solicìoghì son carichi di debiti, nò trovan via migliore per libe-
rarsene che vendere a duo fabbri, Benivieni e Giulio, ie selve che
possiedono nell' isola. La condizione speciale dell' Elba formante,
corno isola, una ben definita unità; ed insieme l'ordinamento am-
ministrativo e giudiziario stabilitovi da Pisa fra ìl XII ed il X TTÌ
secolo, con im Capitano da cui l'isola intiera dipendesse,*) coutrìbui-
tiooDO egualmente a costituire fra tutte le varie comunità dell' Elba
I di quelle federazioni o leghe o consorzi, che già notammo in
raferma fra molte viìle diverse, ciascuna con suoi propri Con-
i e propria amministrazione, ma unite, con sindaci e rapprosen-
Bti c-omuui in certe contingenze e specialmente nei rapporti eoa
rcìvescoro e col Comune pisano, nel modo stesso che erano unite
llla egual dipendenza di fronte a loro. Vi sono c«el dei « procu-
loreB et sindaci Communium ot bominum Ilbe > eletti per dareal-
rcivescovo l'annual tributo feudale dei falconi; un tributo che solo
i nell'Elba inc4)ntriamo né sappiam precisamente per qual titolo a
"Òon qnale origine. Sembra anzi qualche volta che tutta l'Elba formi
oom» on aol Comune pel quale agiscono i Consoli < singuli ConsuloB
') Abob. RoMCiONi, Pisa, perjT. N.° S&9, 3(i ott. 1234.
*) Abch. Mbxsa aeciv., Pisa, perg. 15 mR(rfHo 12fiO.
*) Sa «)ó, PiN-riiR, n (lominm fiis, ìitU'Elba net xiv tee., Dogli Sfudi
. del CriveUucci, Vni, p. 17.
88 I. — n Contado e la OiUà nel xn secolo
de Uba prò Gommimi de Dba ; ^) > ed insieme coi (Consoli, coi sindaci, con
i camerari e consiglieri dei singoli Comnni, appaiono anche, a trattar
unitamente con essi, due Consoli, un consigliere, un camerario ed
un sindaco e totius insule Ilbe. ') > 1 quali nel XTTT sec. costìtoi-
scono, con tutta probabilità, una amministrazione centrale residente
a Capoliveri, a fianco del Capitano di Pisa. E come le comunità,
così le consorterie che vi si trovano — le quali pagano anche esse,
e forse per conto proprio, il tributo dei falconi — sono unite da un
vincolo che le comprende tutte e tutte le fa solidali. Nel 1259,
Aliotte d'Elba csind. et proc. communium et parentadum de liba»
dà all'Arcivescovo 60 lire per 35 falconi che da molti anni addietro
non eran più stati ofierti e per i quali una sentenza dei giudici a
cui era stata sporta querela^ aveva fissato un corrispettivo in de-
naro. ') E ne davano, annualmente, due il Comune di Marciana,
due quello di Campi, uno Laterano e Piedimonte insieme, uno Car
poliveri, uno Rivo, Montemarciale e Crassula.
Vada, Rosignano, Piombino, TElba danno per un paio di se-
coli alimento alla marina mercantile e militare di Pisa.*) Il contri-
buto di uomini non poteva esser grande, invero; ma la costiera
pisana, scarsamente abitata in quasi tutta la sua estensione, di-
ventava popolatissima nell' estremo suo lembo nord, sulla riva si-
nistra dell'Amo, dove poi sorse la città di Livorno, allora piccolo
castello. Qui si estendeva il piano del porto pisano, popolato di
chiese e di innimierevoli ville fin dal X ed XI secolo, cioè Ca-
faggio, Ginestreto, Limone, Lugnano, Montemasso, Macchia, Oliveto,
Orciano, Pratuscello, Popogna, Salviano maggiore e minore, S. Qui-
rico, Scotriano, S. Lorenzo in Piazza ecc. ecc.; chiese dipendenti
nel XII sec. dalla pieve matrice di S. Giulia e S. Giovanni, nel
castello di Livorno, come le ville tutte eran raggruppate attorno
*) Arce. Mensa arciv., Pisa, perg. 650, 22 agosto 1226.
*) Dal Borgo, Dipi, pis,, p. 21, 12 maggio 1290.
3) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. 15 aprile e 6 agosto 1260.
*^ Sulla CosUi del Tirreno su^ìeriore e Porto Pisano ha raccolto molte
notizie, non sempre tuttavia con l)Uona critica, A. Main, Livorno, 1888
e 18iH), sia nel rispetto geografico, sia storico e commerciale.
Livorno 89
al castello stesso dove risiedeva il gastaldo dei Marchesi di Toscana
cui quella terra ed altre vicine appartenevano allodialmente. ')
Dai Marchesi, Livorno passa, per dono di Matilde, all'Opera del
Duomo; da questa, nel H20, sUa Chiesa arcivescovile ^ che già nel
piano di porto aveva larghi possessi, specialmente di terre boschive,
estesissime sulle due rive dell'Arno inferiore; *) dalla Chiesa arcive-
scovile ad altri potenti Signori, ai Marchesi di Luuigiana e Corsica.
Poiché anche in questo punto del litorale, con il decadere e lo smem-
brarsi delle antiche storiche Marche del IX e X sec, sorgono sulle
loro rovine numerosi i feudi minori, come numerose le comunità
cittadine e rurali. E non solo i territori ed i beni allodiali e feudali
dei Marchesi si frazionano, ma anche i loro titoli che si trasformano
da titoli di ufScio in titoli di nobiltà ; di modo che, fra il XI e XII sec,
pullulano lungo la costiera dalle Alpi alle Maremme e su per lo
schienale degli Appennini, dalle Alpi Apuane ai monti liguri, i Mar-
chesi ; rampolli più o meno vigorosi delle famiglie marchionali pie-
montesi, liguri e toscane, discendenti da pochi ceppi e forse da uno
o due soli *) ed ordinati in consorterie nobilesche che esercitano par-
ziali o intieri diritti di sovranità sopra territori vasti talvolta come
vere e proprie signorie principesche, quando non conservano, insieme
con i loro antichi rappresentanti, i Visconti, diritti fiscali nelle città
') Sn ciò vedi Vivou, Annali di Livorno, 1842, I, p. 39, 43, 80 ecc.
Egli conta nel piano de) porto, al principio del XI sec, 72 villaggi e ne
calcola, non so su qnali dati e quanta esattamente, da 130 a 150.000 la po-
polazione. Qui nel XII e XIH sec. sorsero anche 6 monasteri e 17 ospe-
dali. Per la posizione della chiesa di S. Giulia, cfr. Arce. Mensa abciv.,
Pisa, perg. aan. 891 • Eccl. S. Julie que sita esse videtur in porto pi-
sano*. Essa è . in porto pisano, prope LÌvorna>. Vivoi.r, Annali cit.
1. p. 80, doc. del 1017, ove ricordasi ancte i! ■ castoUum ubi dicitur
Li verna • .
'J Muratori, Ant. Ili, p. 1131-2.
') Perciò uel XIII e più nel XIV, con l'affievolirsi della vita del
porto pisano, quei boschi divennero covi di laalaudrini. Cfr, Statuii, I,
Br. Communia, p. 236.
*) Su ciò Desjsfosi, Delle Marche d'Italia, in Bivista Universale,
ann. 1869, p. 35, 37, 39 sgg.; idbm. Sui March, di Massa in Lxmigiana,
in Arch. Slor. Ital., S. IV, T. X,.18H3, p. 328, ove trovasi svolta la dot-
trina sulle Marche già divinata dal Mitratori, Ant. Estensi, voi. I.
90 I* — i7 Contado e la OiUà nel zn secolo
— come a Oenova fino al Xm. secolo ^) — comprese nei primitiTÌ
marchesati.
Aveva appena TArcivescovo pisano acquistato il castello di Li-
vorno, ed ecco che lo infeuda, di buona o mala voglia non sappiamo,
ai fratelli Marchesi Guglielmo, Francigene, Oberto e Brattaportata,
membri della casa marchionale di Lunigiana e discendenti perdo
di Oberto, già Marchese di Toscana al tempo di Ottone I; costoro
hanno pure giurisdizioni nella Corsica di cui sì intitolano, essi o i
loro discendenti immediati, Marchesi ; ^ al qual titolo aggiungono
l'altro di Marchesi di Livorno e lo conservano per molto tempo,
insieme col possesso della terra, non ostante le dichiarazioni di nul-
lità che Corrado e Federico I fanno della concessione feudale dell'A>
civescovo;') non ostante che momentaneamente, per bisogno di da-
naro, vendano nel 1146 il feudo a due cittadini pisani, Sismondo
e Conetto, riscattandolo tuttavia dopo due anni ; ^) di i^odo che dalla
regione Apuana, dalla Corsica, dalla Sardegna dove alla fine del
XU sec. Guglielmo Marchese conquista il giudicato di Cagliari;
dalle isolette della Gorgona e di Montecristo di cui si concilian con
larghe donazioni i monaci benedettini,^) da Livorno e da Piombino
ove il marchese Alberto diviene, come già vedemmo, marito di Cal-
cisana signora di buona parte del castello, questa consorterìa mar-
chionale esercita per un certo tempo una azione preponderante sui
paesi marittimi del Tirreno settentrionale, dalla Corsica alla Toscana.
^) SiBVEKiNO, Genueser Finanewesen cit. p. 1 sgg, 21 sgg., 63 sgg.
*) Dbsimont, Sui March, di Massa in Lunigiana cit., p. 316, 337;
Cambiàgi, Storia di Corsica, 1770, I, p. 85-6.
') VivoLi, Annali cit. I, p. 115. Corrado Imperatore a Balduino Arciv.
cPreterea irritum decernimuB feudum de Livorna concessom irrafciona-
biliter Marchionìbus etc.>; idem, più tardi, Federico I; Ughblli, III,
p. 483, 11 marzo 1178.
*) Muratori, Ant, III, p. 1161-2, 26 sett. 1147.
^) Cambiàgi, Storia di Corsica cit., I, 85-6; Annales Camaìdulenses,
I, 178 sgg., 405 ed app. 37-8, 47, 169, 248, 276, ove son pubi., sotto g^
anni 961, 1002, 1018, 1021 dipi, di donaz. di Principi e Marchesi al mo-
nastero di S. Mamiliano di M. Cristo. Son copie di doc. certo autentici
ma non più antichi del XII e XIII scc., come già il Muratori, AnL, II,
1066, opinò.
Livorno
01
Per oltre un secolo, i documenti ei ricjDrdano la t curia marchio-
nani » o i gastaldi loro di Livoruo e Salviano, o i feudi di terre
o case concessi a persone del luogo ed anche a cospicui cittadini
di Pisa. ') Vero esercizio di giurisdizione non appare, altrimenti non
sa intenderebbe come i Marchesi potassero rimanere a Livorno, pro-
prio sul porto di Pisa, tanto tempo, senza contrasti con il Comune
pisano; ma appartengono ad essi le case e le terre, di modo che
gli abitanti o dipendono patrimonialmente oppure per semplice ti-
tolo foadale: questi ultimi, perciò, vale a dire proprio gli abitanti
entro il castello, son del tutto lìberi e solo giuran fedeltà per il feudo
che hanno singolarmente e per la terra pascna e boschiva che hanno
collettivamente dal signore. È lo stesso rapporto, in fondo, che vige
tr» l'Arcivescovo di Pisa e gli uomini di Piombino, Rosiguano e
Vada: si tratta sempre del dominio utile, dell'olbergaria e del placito
che il signore possiede.
Anche qui a Livorno, nel XII sec,, gli abitanti Uberi costituiscono
ima ( università» * formata in maggioranza di marinari — e certo
numerosa perchè il Comune pisano favorisce il trasferirvisi degli
abitanti dalle terre dell' interno,') — la quale divide con i Marchesi
i diritti di possesso, nel mudo stesso che i gastaldi signorili agi-
scono per il signore ed insieme per la Comunità di Livorno a cui
ò aggregato il < populiis > di Salviano che pure ha Consoli a sé
ed ò come una fraiiione del < poptilus • di Livorno da cui si in-
titolano la curia ed i gastaldi marchionali che vi risiedono per
r ammiuistrazione e per la tutela dei possessi e dei diritti che i
<; Aiu'u. t>i Stato, Pisa, l'ety. Oerlosa, 5 maggio 1181 ; 22 apr. 1200;
S mano 1243; 6 die. 1246, < intrntura • alla curia dei Marchesi che deve
pagare un jiisaiio rìccvento il l'eudo; li genn. 1259, tre livorueal • qui
ntnt «le tidehbiu march, et lie pitribus curie Liburnl >. l'erg. S. Miehelt,
9 genn. 1244; l'Abbate riceve un feudo dal march. Gnglicimo di Musa
per ȏ e marchesi coii.wrti.
•1 Statua, I, Br. Commnnis, p. 178. Oli abiUnlì di Livorno non
hanno obbligo categoria» di assistere al parlamento, ■ cum ip§l sint
bwninH marinarìi ec paruin In eoram terra morantur • . Si prometto
fraorliigU da preetanze e date a chi vi si recherà con la famiglia: e per
qQMU ai deroga anche alte altre disposizioni teadcnti a rollare o ue-
»dire il cambiamento di residenza degli abitanti del contado.
92 I. — i7 Contado e la città nel zn Moofe
Marchesi hanno nelle due terre. ^) I due popoli hanno una stesa
distesa di pascoli dove va il loro bestiame e quello dei signori di .
Livorno i quali tuttavia, con la progressiva emancipazione ed or-
ganizzazione delle due piccole comunità, vedono ogni giorno più
restringersi i loro diritti sulle terre pascne, nelle quali si giunge
financo a determinare e limitare il numero dei capi di bestiame che
loro è concesso di mandare al pascolo: sembra quasi, alla fine dd
Xn, che i concessionari non sian più gli uomini di Livorno e di
Salviano, ma i Marchesi stessi. ^ È già assai innanzi, come si vede,
il processo evolutivo per cui le terre di uso collettivo passano piena-
mente alla Comunità la quale o le amministra direttamente, impo-
nendo una tassa a chiunque vuol mandarvi bestie a pascolare o
le affitta a società private; Tuna cosa e T altra vediamo appunto
a Livorno nel XV secolo. *)
A tutte le altre comunità costituitesi in ogni villa attorno a
Livorno ed al porto pisano, dipendenti dalla pieve e dal castello
di Livorno neir ecclesiastico e nel temporale, già abbiamo accen-
nato, quando parlammo del trasformarsi degli antichi rapporti ne-
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Certosa, 5 maggio 1181. Tre
dei Marchesi Guglielmo q. Alberto e Guglielmo q. Gerardo, « per onore
dei loro signori e per vantaggio della Curia di Livorno e del popolo
livornese e salvìanese > danno ai Consoli di Salviano il diritto di eleg-
gere un cafaggiaro. Ai gastaldi, poi < per sé, per i Marchesi e per il
Comune di Livorno» i Consoli dichiarano certi loro obblighi.
') Vari doc. dal 1190 al 1199 ci dan notizia di una lite fra i Comuni
e Consoli di Livorno e Salviano da una parte, ed i Marchesi di Corsica
e Livorno, Guglielmo di Palodio, Guglielmo giudice cagliaritano, Guido
di Guglielmo e madonna Lotteringa dall'altra, i quali pretendono do-
vuti a loro i pascoli fra T Ardenza, la torre del Magnale e Porto pisano.
Cinque arbitri sentenziano spettar loro solo il diritto di tenervi 165 pe-
core ed altrettante a Lotteringa. Cfr. Vivoli, Annali cit., I, p. 140; Tab-
GiONi, Relaz, d'alcuni viaggi in Toscana, Firenze, 1788, T. II, p. 256-7.
') Statuti e Prouvisioni del Castello e Comune di Livorno (1421-1581);
ed. P. Vioo, Livorno 1892, p. 130. In una provvisione fiorentina del
10 ott. 1482 si ricordano i < pacta et con venta (del Comune livornese)
cum sociis Magone (Maona = società a scopo di traffico o, in generale,
di lucro^ conductoribus pascuoruni Cora. Libumi etc. ». Nel 1478 (ibid.,
p, 111, cAp. XXXV , si stabilisce la tassa che ogni persona deve pagare
al Comune se vuol mandar bestie nei pascoli.
Piano diporto 93
oeSHtu-i fira ville e castelli in rapporti volontari, vedendo molti * coa-
Bules villarum de pleberìo 8. Jiilie > agire golldatmente nel dirimere
ceri*? differenze con altri Consoli di altre ville. ') 8. Giulia è, come
gih abbiamo detto, il titolo della chiesa di Livorno e della sua pieve
rhe abbraccia il Piano di Porto e le colline a sud-est, per coi i
e Consules villarum de pleberio S. Julìe > sono una cosa sola con
i < Consules collinarum et plani portus i che un altro documento
ci ricorda, costituenti come un collegio. *)
Nella 2.* metà del XII secolo, non mania ueanebe chi bì in-
titola t Comes de Planu de Portu > ; ') titolo che non sappiamo se
pogf^ aopra un diploma imperiale, sopra un' arbitraria appropria-
zione o sulla disuendeiiza da qualcuno dì quei Conti che nel X se-
colo nppaiono più di una volta in Pisa, come un ufficio non ere-
ditario. *) La sede di questi Conti, che certo non hanno nulla che
hre con j Oherardesca, è Montemasst, un castello pur esso dei
colli livornesi che al principio del secolo viene in posaesso di
Lamberto, Guiliccione e Ranieri, tigli di Ubaldo, con tutta proba-
bilità cittadini pisani, ") i cui discendenti, pai, prendon titolo co-
mitale, per quanto anche essi non sembra che riescano ad acqui-
staro so non la bassa giurisdizione ed il dominio utile del castello
e del suo territorio. Ed anche i beni, con l'entrare del XHI sec.,
Tao perduti, per vendite u alienazioni diverse. *) La Comunità di
') Vedi sopra, p. 54-6.
*) Ahoh. Mbmsa AKdV., Pisa, pcrg. N.° 631, ann. 1S54. Precetto
dei Connoti pisani ai Consoli delle colline e porto.
*) Aacn. Hbkha ahciv., Pisn, perg;. N.° 492, 11. fcbr. 1187. È pro-
amie ad un coiitrntto arci vcj^co vile.
*) Proprio Dol porto pisano, un • Rodulfus Comes q. Gbiaolfi > riceva
Bol 949, con iiu contratto stipulato iu Piita, delle terre a livello dal
Zenobio e le decime delle chiese vicino al porto. HtnuToai, Ant,
Excerpta, doc. auu. 949.
^> Hl'utoki, Ànt., Uì, Excerpta, p. 1211-S, 18 die. 1140. Piuano 6
qne] Ranucvlo di Bocdo ehe iiel 1177 una sentcnsa dei giudici metto
di UUB part« delle ricolte del cautello e borgo di Hontenasu.
AaCB. DI Stato, Pisa, /'«y. Pritmaiale. 28 luglio 1178.
*) Arch. di Stato, Pisa, Pcry. S. Bernardo, 6 luglio IW». U Coatv
TBfrino figlio del Conto Ubaldo vende un terzo dei mioi ben! di Hon-
ftm. Ex
94 I. — iZ Contado e la Oitià nel xn secolo
Montemassi compie T opera poiché invade, gaasta ed incendia i
boschi del signore e dei suoi consorti. ^) Di modo che, nel 1263,
il Conte Ubaldo che già qualche anno prima ha &tto rinuncia dei
suoi beni ultimi alla badessa del monastero di S. Croce a foce d'Amo,
per un corrispettivo di 18 staia di grano e 18 barili di vino annui, *)
discende alla condizione di sindaco e procuratore dell' univer^
sita di Montemassi e Yalignano, una villa vicino che & comune
con Montemassi; ed è il Console Donno con altri 8 comunisti
€ qui omnes sunt major pars hominum dicti Comunis > che lo
eleggono a tale ufficio per trattar gli interessi loro davanti a tutte
le curie civili ed ecclesiastiche di Pisa. *) Curiosa evoluzione di
im Conte e signore di castelli, nella quale vedo rispecchiata la sorte
di buona parte dei diritti signorili o dei piccoli feudatari del con-
tado, i quali, minati dalle comunità, o sono abbattuti pienamente
si trasformano in eletti e rappresentanti, con diverso carattere,
delle comunità stesse.
Tale è la condizione del contado, a tale stadio è giunto del
suo sviluppo, quando la città vi distende sopra, a grado a grado,
la sua piena giurisdizione, prima indirettamente, sopra singole terre
più che suir insieme del territorio, come per diritto patrimoniale;
poi direttamente, legalmente, e come ente pubblico. A mano a mano
che questo processo si compie e la sovranità territoriale si afferma,
il contado acquista unità, diventa più omogeneo, vi dispare la molti-
plicità e varietà delle giurisdizioni ; i più vicini fra i vassalli cado-
lingi a cui eran passati molti beni dei Marchesi, debbon giurare fedeltà
temassi per 1000 soldi pisani. Cfr. anche perg. 5 fcbr. 1218 e 26 noT. 1236;
nel 1255 il Conte Ubaldo, tutore di uno di Livorno, risalta debitore del
pupillo, davanti ai giudici di Pisa ; perg. 20 genn. 1255. Spesso di questi
Conti si dice: Conte Tegrimo o Ubaldo da Pian di Porto.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, S. Bernardo^ 10 febr. 1249. Paga-
nello banditore di Pisa, per ordine del Potestà, rende noto che nessuno
faccia < dampnum vel guastum sivc incendium vel invasionem in bosco
dominorum de M. Maximo et eorum consortum».
•) Arch. di Stato, Pisa, Perg. S, Bernardo, 15 maggio If&S»
') Arce, di Stato, Pisa, Perg. S. Bernardo, 17 genn. 1263.
Il Ctmlado al Itmpo di Federieo I
05
a Pisa; i Cattaui di Qarfagnaua e Versilia investiti anche essi, in gran
parte, di beni delia eredità di Matilde, ') debbono assoggettarsi ora a
Pisa ora a Lucca; le proprietà della Corona, le eredità matildiue e ca-
dolingie ohe avevan diviso buona parte della Toscana quasi in due
domini patrimoniali sì sfasciano e le rendite sono usurpate dalle città,
salvo chieder ed ottener poi un diploma imperiale che medichi la
illegalità con una concessione più privata ohe pubblica, *) — poichò
sono ancora di natura giuridica privata i diritti che l'Impero vuol
far valere sulla eredità di Matilde ') — agevoli il costituirsi della
8o\Taniià territoriale del Comune ed il trasformarsi del carattere
del Comune stesso e delle istituzioni comunali.
I venti anni che precedono il regno di Federigo I son quelli
ohe vedono il più grande scempio, da parte delle città e dei vassalli,
dei beni e delle rendite imperiali che poi il Barbarossa vuole, e
per un po' ri riesce, rivendicare e ridurre ad unità amministrativa;
um lui, nel tempo stesso, comincia a farsi strada il concetto che
quella eredità spetti all'Impero come tale, e non sia un privato
patrìmooìo dei tjalici e degli Huhenstaufen. Vero is che dì beni
di uU natura Pisa ed il territorio non ne contenevano molti; il
oealro maggiore dei beni della Marca e del Fisco imperiale, una
Tolta distinti, ma confusi poi sotto gli ultimi Marchesi, era la re-
gione del basso Po, attorno a Reggio, Modena, Guastalla, Ferrara,
Uontora, Bologna, *) dove perciù le usurpazioni delle città furou
madori, come più vivi i contrasti fra esse e gli Imperatori. Non
nltìnta uogione del carattere relativamente pacifico dei rapporti fra
') Otkbmaxk, Grafin Mathitde von Tiueien. Ihrt Betiltungen. Inna-
bracli, 1896, p. 2T-9.-
*) Talv 4 certo la concessionv di Iy>tarÌo del 1133 ; in tutti i privilegi
imptirÌAll a Pioa si fa poi sempre noti» distinzione fVa i buni della Corona
«d il contado ceduti alln città.
•) OvmuiAXtc, Gradii MaIhUilf, p, 46, 66, 6H, GO igg.
') Cfr. U corta che I'Ovicrmak» ha ineaoo in fondo al suo libro, ove
KKi segnati ì pOBsrasi n>udali od allodiali della caaa di Cauotuia iu Italia.
Ottona di Prìxinga, parlando di^i beni di Matilde che Federico raduna,
poi dÌ»tratU nuovamente dal Duca Guelfo, dice chti dcllA • i>ius tvrrao
oopiou ma^tudo > potevan rorsi una idea adeguata solo • qui ripu
KiUonl pervagati tiunt >. PiutTZ, XX, p. 450, nan. 1150.
96 I. — iZ OofUado e la Città nel xn secolo
le città di Toscana e Federico I, fii certamente questo scarso valore
della eredità di Matilde in quella contrada.
Ci siamo indugiati un po' a lungo sul contado; ma era nece^
sario, prima di entrare nello studio delle istituzioni cittadine; n^
cessarlo per l'importanza dell'argomento in so e per la luce che
ne viene alla storia della città. Non che io creda con un recentis-
simo storico del Comune fiorentino che < in làndlichen Bezirken
die Bewegung (nach Autonomie) ist jener (della città) nicht nur
àhnlich, sondem ihre wesentlichen Ziele sind die gleichen; sia ist
ihr Abbild in verkleinerten Masstabe und in engerem Bahmen » . *)
Certo, dovunque vivano degli uomini, questi aspiran sempre alla
libertà, alla felicità, alla ricchezza ; ma una tale eguaglianza negli
scopi generali dell'attività individuale e sociale non porta egua-
glianza di istituti. Un aggregato di 100 uomini che coltivano la terra
non si ordinerà e non si svolgerà mai come una società di migliaia
di persone che vivono di commercio, di guerra e di industrie; saran
diversi i mezzi per raggiungere quella autonomia, come diverse le
condizioni iniziali; diverso il grado di autonomia, diversa la col-
tura, diverse quindi le istituzioni interne e l'attività estema.
Mancava in quei raggruppamenti economici del contado un vero
colore politico ; era possibile e facile là dentro raccogliere il voto
di tutti per ogni più piccolo partito da prendere; non vi era da
esplicare una complessa azione guerresca e diplomatica che richie-
desse organi stabili di governo; la piccola comunità non era car
pace, da principio, di compiere quello sforzo ideale che crea l'ente
e Comune > o e Stato > al di sopra ed indipendente dai singoli che
lo compongono, di trasformare cioè la dorfmarkgenosseìischaft ger-
manica a cui si possono in parte confrontare le prime comunità
italiane del contado, nella universitas romana, *) togliendo la con-
*) Davidsohn, Geschichte, p. 323.
•) n Màurer, Greschichte des Markenverfassung in Deufschland, Er-
langen, 1865-66, 1, p. 83, 99 sgg. ; II, p. 249 sgg., 257 sgg., spiega a lungo
la differenza fra i due istituti e come dal primo si passò al secondo, seb-
bene anche della dorfmarkgenossenachaft ogni traccia non sia neanche
oggi, in parecchie contrade tedesche, scomparsa del tutto.
Caratìtri aptàfici del Comune rurale
87
I
fusione degli elementi diversi pubblici u privati, iiisita nella an-
tica proprietà germanica che risultava dei concetti della moderna
proprietà fondiaria privata e della moderna sovranità, oggi ben
distinti ; ') vi mancava anche, nei primi tempi, fra le persone co-
atUwnti (non i Lombardi, quindi) il Comune, un gruppo più o
meno numeroso, elevato sugli altri e capace di organizzarsi a classe
di governo, come avvenne nelle città: perciò il consolato non è qui
contemporaneo al Comune, ma rappresenta una fase alquanto po-
steriore del suo svolgimento ; esso sorge quando si accresce il nu-
mero dei comunisti e vi si forma una naturale selezione che porta
ì pili riccbi a dirigere gli interessi collettivi.
Questo dunque è per me indubitato. Ma i legami e le correnti
ecambievoli &a la città ed il contado sono ciò non ostante stretti
e viTaci. Non una querce enorme por grandezza e forila espan-
8ÌTa in mezzo ad un territorio incolto e brullo ; ma uua foresta
di grandi e pìccoli alberi, di vario sviluppo, che vanno dull'ar-
bosto sUa pianta altissima u ramosa che si fa scorgere e sentire
da lontano, quando il vento si caccia con forza entro il suo fo-
gliame; e tutti costituiscono uua unità ed hanno la vita complessa
bosco con ricambio continuo di pollini e di succhi: questa
'immane mi richiamano, &a il XI ed il XTT secolo, il contado e
It città, pur con molta autonomia dì sviluppo l'una rispetto &I-
.l'aJtro, specie nella prima metà. A mano a mano che la vita to-
'•■le si rafforzava nei piccoli e grandi centri e la Uarca perdeva
.Iona e coesione^ tutti, città, Yescovì, nobili dei castelli, aggregati
comunità rurali prendevau qualche cosa, rivendìcavan qualche di-
ritto, compievano qualclie usurpazione: mancando il poterti legale,
•) Cfr. sa dò anche la bulla usposiaionf del Ranbu-k^tti, Concello.
nottmeUmlti del dimtaruo pubblico, in Biv.p. leneierae t/iurid., voi. XXV,
p. 186 i^^., 327 sgg., S36 sgg. Solo che io yorre! uu po' modificata a
qiuud rovMciaM una stia proposizione, là dove dico (p. 2313) cho ■ col-
_ Valfennarsl della dittiiiKionc fra diritto pubblico e diritto privato, la di.
tra Tana (ioti, novraniià tcrrìiorialo) e l' ultra ( )>oU. proprìeti
1 prìraU) sì è fAtta profonda • , Neil' Italia coinnnali\ la lioconda
B procede ed affretta In prima.
Amt. a. a. r
98 I. — iZ Contado e la città nel xn secolo
la forza prendeva il posto del diritto e si trasfonnaTa in esso.
Yuol dire che, fra tante forze concorrenti, prende il disopra k
città che, alimentando il lusso di baroni e prelati del X ed XI
sec, raccogliendo in sé e capitalizzando buona parte della loro
ricchezza agricola, ha già posto le basi del dominio politico e co-
mincia ora, con le armi e coi denari, coi trattati e con i diplomi
imperiali, a ristabilire l'unità; perciò Comuni rurali, signori ec-
clesiastici, feudatari laici sono arrestati nella rapida marcia e rivolti
a beneficio della città o disarmati e messi da parte quando essa
ne ha ricavato tutto l'utile possibile. ^)
Che cosa dà il contado al Comune cittadino nel XTT secolo?
Questo si arricchisce degli elementi vitali di tutti gli organismi
che lo circondano e cresce con caratteri e fisonomia diversi se-
condo che questi elementi sono ricchi o scarsi, di un tipo piut-
tosto che di un altro; di modo che esso, sotto certi riguardi, sembra
come il prodotto della vita che ferve intomo, la risultante delle
forze che il contado ha nutrito. H territorio pisano è esteso e fer-
tile; ricco di bestiame, di frumento e di metalli. Ebbene, gli ef-
fetti sulla nostra città saranno grandissimi; basta, a persuadercene,
pensare ad altre città in cui è evidente la sproporzione fra gli abi-
tanti entro le mura e l'ampiezza del territorio, come pure fra quelli
e la quantità dei prodotti del suolo. Qui le questioni annonarie
acquistano una importanza eccezionale e la politica del Comune,
i suoi trattati di commercio, le relazioni coi vicini son regolati nel
modo che possa dare a quelle ima più agevole soluzione; qui, più
che altrove, il fulcro della vita interna della città è il contrasto fra
nobiltà terriera e borghesìa industriale, fra produttori e consumatori.
Firenze, ad esempio, deve importar dal di fuori carni e grano, per
non citar se non i prodotti primi; ora, questa è certo una delle
cagioni del più lento sviluppo demografico della città, la quale,
pur destinata a maggiore avvenire, ha bisogno di oltre un secolo
per raggiunger l'ampiezza e la popolazione di Pisa la quale invece,
*) Sui Eapporti fra città e campagna prima e dopo il 1000, leggo ora
le buone osservazioni del Salvioli, Palermo, Beber, 1901, p. 78 sgg.
Axicne dei contado mila città 99
grazie al contado ed alle aperte vie del mare, può in pochi decenni
quadruplicarsi; questa è anche una cagioue — insieme con la postura
più a sud, pili vicino cioè ai luoghi donde muoveva, apostando verso
l'est ed il nord-est il suo centro, la civiltà medioevale — della preco-
cità di Pisa rispetto a Genova, posta in un distretto montuoso e sta-
rile e addossata ad un alta muraglia di monti che la tagliava fuori dai
piani fertili del Po ; come pure dell'esclusivo carattere marinaresco
di cui è improntata per parecchi secoli la storia genovese ove tutto,
classi sociali, movimento dei partiti, politica esterna, prende la sua
mipronta dogli interessi marittimi e dalla configurazione del ter-
ritorio. Pisa, favorita nella conquista definitiva e nell'ampliamento
del contado dall'Impero, inizia una tradizione di politica imperiale
che vivo quanto la forza della città; i Qenovesi invece, sollecitati
da Federico I a prostare il giuramento di fedeltà, rispondono che
essi all'Impero non debbono un palmo di terra e quanto possie-
dooo lo hon conquistato, navigando e combattendo, ì padri loro.
Pisa ha un territorio pianeggiante; non vede od est od a sud
se Don basse colline e, dopo queste, la immensa pianura marem-
muia: ebbene, le conseguenze non sono per essa meno palesi ed
importanti: Pisa non deve nel XII secolo spendere il meglio delle
ne energie ad invigilare i feudatari intorno; non ha bisogno che di-
p 'ptoini imperiali vietino la costruzione di castelli entro il circuito delle
^■( o delle 10 miglia come a Lucca ed a Siena, ') uè che i diplomi
^^^ noi conosciuti, concedendo o confermando i diritti del Comune
^HibI contado, sottraggono mai qualche feudatario alla sua giurisdi-
^Hilone; mentre altrove, come si fa riserva dei monasteri, cosi dei più
' ftotanti ai^uori ; ') nel tempo stesso si deve in parte a questo fatto del
Doo team il contado pisano spezzettato in molte siguorie fendali
patrimoniali, se i privilegi imperiali al Comune Io compresero
tutto, senza riserbarae una parte all'Impero, come invece accadde
m Siena ed a Lucca. *) I centri della feudalità son lontani da Pisa
') 9rvit.rr, Acln Impcrij ined., a. 89, «nn. 1116; n. 9tì, ann. I133|
. ISl.ann. 1158,
*) FicxER, F.ir»rhiiiigéii. I, 24:.'.
•^ FiCXEK, Fortchui^'-n, I, ^ì'J-'ò.
100 I. — Il Contado e la OiUà tèsi xn secolo
ed il territorio è caratterizzato in gran parte dalla presenza e fre-
quenza dei piccoli vassalli, dei cattani o Lombardi che nel XTT
emigrano in città ed arricchiscono le file di quella aristocrazia cit-
tadina signora del consolato e dedita ai traffici di mare. E la pa-
cifica conquista — se cod si può chiamare — che il Comune &
dei pochi grandi feudatari di Maremma, non per forza di armi ma
per virtù dell'attrazione che esercita su di una larga zona all'in-
torno, spiega la alta posizione che in Pisa acquistano ben presto
i Conti Gherardesca, alleati e collaboratori più che sudditi del Co-
mune e non disarmati delle zanne e degli unghioni dopo una lotta
faticosa; spiega il diventar essi centro di un partito, il carattere
personale che i contrasti sociali prendon nella città sin dal XTTT
secolo, il rapido attecchirvi dei primi germi della Signorìa. Se noi
osserviamo i &tti ed i documenti delle città di Lombardia del XI
e XTT secolo, vediamo forvisi sempre menzione di capitani e val-
vassori, di ccives maiores» e «cives minores»; parole che indi-
cano distinzioni nette fra classe e classe sociale. In Toscana, assai
meno; a Pisa pochissimo. Qui la popolazione che forma il Comune à,
durante quei due secoli, inclusa nella generale denominazione di
e populus > € cives > . È che in Lombardia vi è nelle città un ele-
mento feudale numeroso, organizzato e ben distinto, non solo per
origine ma anche, e più, per interessi, occupazioni ed indole, dal
resto della cittadinanza, dal ceto mercantesco ed artigiano che sono
il nucleo del Comune. A Pisa, invece, i piccoli cattani che volon-
tariamente costretti si inurbano, si confondono nella massa più
elevata della popolazione, quasi convertiti in muscoli e sangue dalla
sua potente forza trasformatrìce ed assimilatrice; gli altri maggiori
feudatari sono poche spiccate individualità più che ima classe so-
ciale e fanno sentir la propria azione in un modo assai diverso.
Questo spiega anche, attorno a Pisa, il precoce sviluppo dei
Comuni rurali, più tardivi invece in Maremma ove non erano ancora
pienamente costituiti quando la città vi penetrò esuberante di vita,
dopo il diploma fridericiano : e la precocità si accoppia con un fatto
singolare: sorgevano queste comunità rurali circondate da mille
nemici, insidiate da tutte le parti, perchè dovevan liquidare i loro
Vita giuridica nel Contado 101
conti con i Vescovi e coi Lombardi, coi ministri imperiali e mar-
chionali; metter da parte diritti pubblici, feudali, patrimoniali;
modificare i contratti dì lavoro e mettere in iscritto, con tutta pr^
cisione, corroborati da minute sanzioni di legge, i nuovi patti;
acquistare la libertà della persona e quella politica, il rìc«noBCÌ-
mento livellare o feudale delle terre servili ed il riconoscimento
giuridico delle loro associazioui. Tutto questo le travolgeva in una
quantità di liti, dinanzi a tutti ì tribunali laici ed ecclesiastici; ri-
chiedeva tuia aziono arbitrale contìnua fra uomini e signori, ed
istituti diversi di conciliazione e di arbitrato, aveuti lo scopo di
creare, al di fuori dello strotto diritto, una giurisprudenza di equità,
corrispondente ai progressi morali e materiali delle popolazioni ru-
rali. Acuivano quegli nomini, per l'azione di tal tirocinio, il senso
giuridico; sì familiarizzavano con l'uso delle formulo legali o dal
fermento vivissimo di riforme e di mutamenti veniva su l'impulso
Ti^so il diritto, verso una costruzione più solida del medesimo.
Uoltissìmi documenti del XH secolo ci presentano Consoli di pic-
coli Comuni rurali richiamarsi con la massima disinvoltura alla legge
romana o alla longobarda, citando talvolta la legge speciale al loro
caso; alla «consuetudo regni* o alla < coasuetudo feudi >. Che
arreniTaP Notai e giudici di terre del contado rappresentano fin dal
XII soc una parte notevole della immigrazione nella città e motta
parte degli istruinenti privati sono redatti da loro. Questo fatto
•asamerà pmporzionl graiidissime nel XIU secolo, ma fin da ora
caso ò degno di molta considerazione.
A parte giudici e notai; ma da tutto quel che abbiamo detto del-
l'azione del contado sulla città si deduce un'altra constatazione: per
DeBSUD luogo di Toscana la conquista dei territorio fu cosi &cile e
l'osi r^ida come per Pisa, iu quella vasta pitmura dove la città po-
terà spaziare con l'occhio, prima di lanciarvisi a volo. E questo fatto
ooD riuscì senza conseguenze per la storia futura del Comune pisano.
La giovinezza di Firenze passò fì-a i contrasti con i nobili incastellati
fine ad un trar d'anx> dalie sue mura: i conti Guidi t> gli Alberti
averao caHteliu nelle colline intorno, dominavano l'Arno col pos-
aean di Monte Croce, a monto della citta, e di Empoli, Lastra, M.
102 I. — i2 Contado e la Oittà nel xii secolo
Orlandi, Capraia, M. Gascioli, Signa, a valle di essa; eran piazzati
nelle vie maestre che portano alle città vicine, a Poggibonsi, verso
Siena, a Montenmrlo verso Pistoia. Ed i Fiorentini fiiron costretti
ad nna lotta di tutti i giorni, vicino alla loro città ; ma il popolo,
cacciando o frenando i nobili del contado, acquistava la coscienza
e la fiducia di poterlo fare agevolmente anche nella città e si li-
berava da ogni fascino che la nobiltà della stirpe esercita su chi
è giovane alla vita civile. L' essere poi la conquista del territorio
lenta e faticosa, fece sì che le vie dei commerci si aprissero in coi^
relazione allo svilupparsi delle industrie cittadine che è di per sé
molto lento: e così la potenza e la ricchezza del Comune venivano
sorgendo più armonicamente e sopra una base più solida di quella
delle città ove il commercio prevaleva di gran lunga sulle altre
attività e dove, se il salire era rapido, anche la discesa, come con-
seguenza di inevitabili e talvolta imprevedibili fatti estemi, poteva
essere rapidissima. Perciò l'Impero non rappresentò nulla nello svi-
luppo di Firenze, se non forse l'alleato di questa nobiltà che essa
combatteva.
Ed ora V altra domanda : che cosa dà il Comune cittadino al
contado, in che si esplica la sua azione benefica? Ahimè! non
gli dà molto né la sua azione risulta gran che vantaggiosa alle
comunità rurali. Fin d'ora é il caso di ripetere le parole del Vii-
lari: il Comune medioevale non seppe intimamente associarsi le
campagne, legarle alle sue glorie ed alle sue fortune, in modo che
dalla politica eguaglianza delle classi cittadine e rurali la città
uscisse ringagliardita ed il Comune si tramutasse nello stato mo-
derno. Le aristocrazie e le democrazie, le corporazioni di artigiani e
di mercanti se anche cercaron migliorare le condizioni dei conta-
dini, sdegnarono tutte egualmente accomunarli a sé nei diritti po-
litici, mentre caricaron loro addosso una soma pesante di obblighi *).
Questa condotta, tuttavia, non appare in tutta la sua crudezza
se non nel XIII e XIY; per ora osserviamo solo un graduale
imporsi della città sul territorio di cui monopolizza sempre più la
^) ViLLARi, / primi due secoli della storia di Firenze, Firenze, I, 314.
Azione delta eittìl sul Omlado
103
gin ri sdizione e lo sorgenti maggiori di ricchozza, pur in mozzo a
disposizioni realmente vantaggiose alle classi agricole ed alla coI>
tara dei campi. E si comprende benissimo come le comunìtii rurali,
passando da nn abbazia in isfacelo o da nn Vescovo senza armi
da uu feudatario carico di debiti alla città esuberante di vita,
ambiziosa di dominio, per la quale era questione urgente regolare
por il suo meglio la produzione agrìcola, si vedessero arrestate
quasi d'un colpo nel proprio sviluppo, in balla del pia forte e
quiadi impedite di ripetere un'altra volta il giuoco di invocare
r tuia contro l'altra le varie forzo che dominavano o aspiravano a
dominare il contado. Le comunità che non si erano ancora pienamente
lìbvrate da tntti gli oneri antichi personali e reali, seguitarono od
esservi soggette, ma a benefizio della città; e se, quando necessità
politiche ed ocoiiomiche lo richiedevano, essa promosso V immigra-
xiane dal contado e facilmente concesse la cittadinanza; poi, col
c«!ssare di tali necessità, chiuse risolutamente le porto in faccia ai
rustici, aè volle che abbandonassero quei serWgì della villa che, al
di fuori dei militi, ') tntti egualmente, proprietari, coloni e livel-
lari, dovevan prestare. *) È chiaro che ora la città ha preso nello
campale la posizione stessa degli antichi signori e vuol ovviare
agli stessi pericoli di abbandono dei campi che già avcvan pro-
mossa !a trasformazione -
bligano di rimanere in perpetuo sul fondo — a quella servitù della
j^eha, più o meno larviita, di cui avevan con tanti sacrifici e con
K. •) Statuti. I, Br. Commauis, p. 316; cfr. anche ihic). II, Constit.
Iwm», p. 1000.
•) Statufi. II, Constit. usujt, p. 1000. • Hac consti tn ti one perp di
Bologna e la corriapoodeute legge fiorentina, tanto più ampia.*)
3da nel contado la linea dì condotta è diversa e l'obbligo di Don
Abbandonar le terre dei cittadini è incondizionato ; tutta la vita iD-
terna delle comunità ed i rapporti loro con Pisa cominciano nel XTT
ad esser regolati in modo da ridurre al minimo le autonomie localL
Si capisce: la città vuoto che ogni Comune rurale sia, nella ristretta
cerchia della sua aziono, uno stnimento docile di polizia fiscale; ha
bioogno di chi riscuota le tasse senza che si debba stipendiare
una numerosa burocrazia di impiegati, proteg^^a i campi dei citti^
dilli rìHpoudendo dei danni eventuali, curi la polizia campestre elejs;-
gendo e mantenendo a proprie spese guardiani di vigne o di solve,*)
^ costodisca e fama le vìe, gli argini ed ì ponti, presti l'opera gratuita
I riattameuto dei castelli che son come sentinella avanzata per la
h dol Comune signore; faccia eseguire tutte le disposizioni sui
ycives silTatìci > perchè non sfuggano alle imposte ed ai servigi
l'ima dell'altra maniera; invigili le diverse culture dei campi
b queste corrispondano ai bisogni ed allo richiesto del mercato
idioo, si seminino cioè fagiuolt dove prima siano stati miglio o
tiico; 8Ì piantino cavoli, si mettano da ogni famiglia almeno 6
tote fruttifere all'anno nei campi propri o tenuti in affitto; ') vuole
•) Statuti. I, Coatitntum upua, p, 9tt2. Si vuole inoltra l'hi? • aacrip-
1 filli, vel tilie minimn impedlnatur, nisi post mortem parentnm
llXZX sub eadem ascriptiono morati fuerint • ; e che < si quia In
la cum «uà mikssorìtiit suprn «e et non cum domino per annoa
■Ut nSvi» habilavi^rit, tiulia colonarin vel ow-ripckla vel alia simili
bdietlone ab iill<[UO opprlmatur noe allo modo inqnlolvtar predkta pre-
riptloae centra minorem XX annis mìnime corrente.
*) Statuii, I, Br. Communis, p. 243 sgg., 24T Bgg.
») SfaluH. I, Br. Communis, p. 117, 108. 202 215, 2-20-1, 327, 238-48
; Ibid. Br. Coiisnlam, p. 6 e 39; ibid., II, Constit. osus, p. 954^.
Mt« minate dlaposloloni ]>er la distrìliiLeionc dolln colture sono di ratti
1 Statati comunali. È una inerenza continua, mìnuxiORa del Comune
t qnalv Tcmiva ■ Itmiuro o^i libertà d'asionc do! coltivatori e dei pro-
IgcMBrl non solo del contado ma anche della citU. Ctr. PatiLHANw,
^triaehaftaiioKlik dt., p. IO; BanTAtiMiLLi, Dtìte iHcende dUVagricol-
I in tlaUa. Pìrunns, IHHI, n. 173.
106 l. — n Contado e la Città nd xn secolo
sfruttare le consuetudini antiche delle vicinie e la solitarietà dei
vicini di fronte ad estranei, per render tutta una comunità respon-
sabile dei reati che avvengano entro il suo distretto, costringendola
a dare in a£Btto o coltivar per proprio conto quelle terre che il pa-
drone fosse impedito per manco di sicurezza personale di coltivare,
passandone a lui i frutti; vuole anche fissare ed inunobilizzare la
popolazione di ogni comunità, ostacolando il trasferirsi dall'una al-
l'altra, ^ a meno che la nuova residenza non sia un luogo di mare,
Livorno o la Maremma, dove invece il Comune promuove rammas-
sarsi della popolazione.^ E poiché tutto questo non potrebbe £Eurlo
se avesse di fronte a so degli individui isolati e disgregati, cosi rico-
nosce subito le comunità agricole con i loro Consoli, pur mettendo
questi, per dir così, nella condizione di pupilli, la quale poi si va
sempre più aggravando nel XIII secolo; e dove la città, nel suo
cammino, non trova comunità organizzate e capi che le rappresen-
tino, li istituisce essa senz'altro. E quello che fa dopo il 1162, spe-
cialmente nelle terre della diocesi massense aggiunte dal diploma
imperiale air antico contado pisano che aveva il suo probabQe
confine alla Cecina. Sono preparate allora e condotte alacremente
namerose spedizioni verso il sud ed il sud-est, mentre il lavoro
ferveva negli arsenali per apparecchiare le navi destinate contro i
Normanni ed il conte Udebrandino di S. Fiora giurava fedeltà
ai Pisani. Due Consoli, Ranieri Gaetani e Lamberto Grasso, e con
essi Tannalista di questi fatti, visitarono tutto il contado fino a
Scarlino, Testremo limite sud, cpro justitijs et vindictis faciendis».
A Buriane, a S. Lorenzo, a Tignale, a Scarlino, a Castellina e in
tanti altri castelli di Val di Cecina, di Val di Cernia e di Val
d' Era, terre appartenenti ab antico agli Aldobrandesca, ai Vescovi
di Volterra, ai minori signori di Maremma, misero Consoli •) e li
fecero giurare, composero discordie fra Peccioli e Monte Cuccarì,
entrarono ad Agnano, terra dei Visconti, ed anche lì misero Con-
*) Statuti, I, Br. Communis, p. 209-215.
•) Per Livorno, Statuti, I, Br. Communis, p. 178-9; per Vignale in
Maremma, ibid., p. 179-80 e II, Constit. usas, p. 998-9.
3) < Consules miseront » dicono gli Annali pisani, ann. 1163.
Ammimatraxione de! Contado
107
li, « cosa che mai fino allora iì Cornane aveva potuto fare >.
Hai due Consoli, esclama l'annalista quasi rapito d'entusiasmo, mai
due Consoli usciron dalla città in suo servizio, che tanto glorio-
samoiite oporassero e tanto accrescessero il suo dominio.
Quantunque il carattere topoffrafico del territorio pisano con
parti nettamente distinte, il Valdarno, Val di Serchio, Valdera e
Uartttiraa dovesse subito suggerirne una divisione amministrativa
«u tal base topografica, specialmente per la riscossione dei tributi, ')
6 escluso tuttavia che fin da principio fossero istituiti nelle varie
parti del contado dei rettori stabili per l'amministrazione e per la
gin:jti2ia. Dobbiamo quindi credere che diu^sse parecchio tempo,
certo sino alla istituzione del Potestà che rese necessari dei vicari
stabili nelle varie circoscrizioni del territorio, il sistema di mandar
attorno un Console con dei giudici, una volta al mese, come già
Del 1164, a giudicar le cause maggiori, specialmente i crimini di
sangue, *) lasciando ai Consoli locali la bassa giurisdizione e le
multe al disotto dei iO soldi, eccetto una qualche maggiore am-
piez;;a di poteri concessa per via di privilegio ai Consoli di taluna
villa castello, *) ed a ricevere I' annuale giuramento di fedeltà dei
comitatini: rispetto cioò delle terre dei cittadini, pagamento delle
date e prestanze, osservawta dei divieti e disposizioni varie sul
lercio, quelle stesse che il Conte Ildebrandino, nel 1162,
iva giurato rispettare o far rispettare agli uomini delle sue
cioè « omnia deveta et banda » dei Consoli, — restrizioni
■Ha libertà di commercio dì certi prodotti e con certi popoli nemici
di Pisa — ed ordinan7,e e sentenze varie del Comune e dei suoi
E'
') Lo dimostra il Tatto che Del 1177 I Consoli, coDtraeDdo con l'O-
I di 8. Hvia un debito di 130 lire, olibligano tutu la data e uoileiu
I Valdarno che essi si impejfuaua di imporre e raccojfliiire ttìno alla
t di 130 I. iiuando rU{ieniÌo lo vorrà. Bonaini, D'fl. pa., p. 62,
\ ntt. 1178.
*) Statuti, I, Br. Consulnm, p. 14 • Unum de sotiia mela conaulibua,
buina mei cotuulatns tempore per measea siugruloa, ad parles pisane cl-
vllatis distrìctTW, t^um tribua de sapicntibua nostria, uno scllicet jurispe-
rivo et daobns de iisn acientibiut prò viiidictìsel jiutitlja facendis mittami,
>) Statuti. II, Consti!. uau£, 916-7.
108 1. —n Ckmiado e la OiUà nel m secolo
giudici; ^) ove si vedono i principi di una legislazione commer-
ciale estesa specialmente alla regione maremmana che fa certo,
dalla parte di terra, il primo e maggior mercato di esportazione dei
Pisani, come lo mostra anche l'obbligo imposto al conte Ddebran-
dino di non permettere sovrimposte di dazi, padaggi, ripatici ecc.
Non è difScile che, in questi medesimi anni, in molti Comuni del
contado che non passarono incondizionatamente e senza diritti sotto
la città, venissero redatti i primi Brevi o prendessero tal forma le
più antiche formule giurate orali o scritte, che legavano la comu-
nità al Vescovo od al signore laico. Tali Brevi, quando non eran,
come ad esempio quelli dell' Elba, redatti senz'altro a Pisa da una
commissione appositamente eletta, vi eran per lo meno approvati
e corretti, con la giunta di tutti gli ordinamenti speciali che la
legislazione cittadina sul contado a mano a mano veniva elabo-
rando. Del contado pisano nessuno di tali Brevi del XIT c'è ri-
masto ; ma non è difficile farci una idea del carattere che assume
alla fine del "X^TT e al principio del XIII secolo l'istituzione con-
solare nelle comunità del contado e delle trasformazioni che subisce-,
al qual uopo, se malamente ci posson servire gli Statuti tanto poste-
riori del 1286, se non forse per mostrarci le tendenze generali
della legislazione sul contado e dei rapporti con esso, quali fin dal
principio si eran venuti delineando a chiari segni, ci servono be-
nissimo invece i documenti del tempo.
Questi ci mostrano la attività dei Consoli del contado abbastanza
autonoma in riguardo ai diritti antichi della comunità, all'amministra-
zione dei beni comuni, all'elezione di Consoli e sindaci, alle contese
con altre terre vicine o con l'Arcivescovo ecc. ; i Consoli son più spe-
cialmente rivolti alle faccende inteme ; per le relazioni col di fuori,
invece, per rappresentare il Comune nella città, nei tribunali o nel-
l'elezione di arbitri, si eleggon di preferenza dei sindaci, che tal-
volta sono, personalmente, i Consoli stessi, ma con diverso carattere
giuridico, in quanto che hanno bisogno di una speciale delegazione
per trattare lo speciale fatto in questione. E questo sdoppiamento
^) Annali pisani, ann. 1163, maggio.
UffieiaU della eittà nel Contado 109
I una sola persona giunge at piuito che i Consoli con il popolo,
lU'atto che aono eletti sindaci, si impegnano di mandare in ese-
uione ciò che i Consoli stessi, come sindaci, concorderanno con
""altri.') K nel 1227, durante l'aspra lite dei Vadesi con la Mensa
pisana, richiamandosi i Consoli contro un lodo del pievano di Vada
che ritenevano ingiusto, «fuit obiectum (dall'Arcivescovo) quod
isti non sant Cousules et si essent non possuut petere vel agero
prò UDiversitate illa vel Communì sine speciali mandato».*) Nelle
liti dì possesso fra comitatini e cittadini, giudicavano generalmente
i «judices publici foretaneornm » ; e quanto sent^fnEe io ho visto
er&n tutte favorevoli ai cittadini ; non voglio niente affatto dubi-
tare della giustizia della loro causa, ma la cosa ò per lo meno
ttntna. Anche nelle c^use che l'Arcivescovo ha frequentemente con
le comunità sulle quali vanta diritti, queste ultime hanno sempre
torto. Bolo che i giudici non transigono sui diritti della città ed ag-
giungono «salva specialiter jorisdictiane pisane civitatis » , *) Oli
statuti poi si davano la cura di proscrivere osservanza assoluta a
tutte le immissioni in possesso fattfi dai Consoli, in seguito ad una
sentenza dei giudici pubblici.*) In queste cause, l'azione del Consale
della terra dove trovavasi il fondo in questione timitavasi a presen-
sùre, solo insieme con qualche altro teste, la immissione in pos-
MMO che andava a fare, come ufficiale essenzialmente esecutivo, il
Console di giustizia o un suo nunzio, o il pubblico treguano, per
indine d«i giudici.')
Ahri officiali della città nel contado, di cui i documenti del XII
') AxcH, Canokici, Pisa, p^rg. 3 die. 1383.
•> Akcu. Hbnha arciv., Pisa, perg. N.' 6ti2, aprilo 1228.
*) AaoH. Mussa arciv., Pisa, perg. N." 642, 11 logUo 1224. Il Con-
•ole 4i giiiLKtìxiA mette il sindaco in possesso delia cario di Vada.
*) SLauti. 1, Br. Consnium, p. 8 e 27.
*) Oos) « Cirlglinno, ni^l 1202 (Arcb. C*!40!iiri, PigH, perg, 2D giugno
ISOS); ad Arena, noi IIW (AitCH. KoNCtONi, Pisa, perg. N.° 122, 19 loglio
Ulti); a Hacadio. noi 1192 (AttCH. di Stato, Pisa; ftrg. Certosa, 30
aprtte 1193); a Segalari nel 1183 (Arch. Msnba arciv.. Pisa, perg. N.' 477);
■ Ilo«lgDMio nel 1203 (Abcb. MuiaA Arciv., Pimi, perg. N.° bói,^ manto
110 1. — n Contado e la Città nel xn secolo
ci dan frequenti notizie e con un misto di funzioni esecutive e giu-
diziarie, sono i pubblici arbitri e giudici, destinati a regolare tutte
le questioni di vie pubbliche, ^) a riconoscerle se interrotte, liberarle
dagli usurpatori, curarne la manutenzione. Dalla cura delle rie, le
attribuzioni loro si estendevano poi anche alle piazze, per determi-
narne cioè i confini, quando altri ne avesse con usurpazioni ristretta
la superficie, ed in generale a tutte le aree pubbliche.*) Misuravano
inoltre l'estensione dei terreni, a richiesta di qualcuno che accu-
sasse altri di menomarglieli; ') ne fissavano i confini quando vi era
contestazione;^) ne stimavano il valore quando al compratore si
doveva sborsare raddoppiato il prezzo di vendita, in caso di con-
travvenzione ai patti del contratto da parte del venditore; *) misu-
ravano il terreno e davan la superficie delle nuove case da costruire,
forse per ragioni fiscali, fors' anche quando esse sorgevano lungo
le vie pubbliche.*) Per tutto questo, essi erano sempre acoompa-
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.» 620, 28 genn. 1219 «NosB.
et B. de Vico pubi. Pis. arb. et jud., cum ad arbitronun spectet officiam
in vijs in civitate et extra positis aptandis et apcriendis et disbrigandis
esse intentos etc. > Questo ufficio è certo posteriore al 1155 ed è in rela-
zione con lo stabile ordinamento del contado, perchè nel 1155, in città,
nell'apertura di una nuova via, non essi ma i Consoli appaiono; cfr.
Siatuti, I, p. 463-70, nota, doc. 26 maggio 1156. Ma non molto dissimili
dagli arbitri debbono esser quei 2 e pubblici divisores» che in calce,
dopo il sogno dei Consoli, si firmano e che altrove appaiano a divìder
terre fra contendenti, in seguito a sentenza dei giudici e per ordine loro
e dei Consoli; Arch. di Stato, Pisa, Perg, S, Michele, 18 nov. 1158.
•) Cosi a Bientina, nel 1225; Arch. Mensa arciv., Pisa, perg. N.* 662,
18 die. 1226.
') Arch. di Stato, Pisa, Perg, Certosa, 2 die. 1182.
*) Arch. Canonici, Pisa, perg. 15 apr. 1193.
5) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Certosa, 23 die. 1193.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Primaziale, 24 luglio 1220; deposto
giudiziario. Forestano da Caprona dice che quando Ermannino volle edifi-
car la sua casa a Caprona, sulla \ia pubblica e vidit arbitros pis. civìt.
videi. B. et E. et B. e^timadorem cum eo vcnientes ad dictum locom; et
tunc vidit B. dictum, parabola arbitrorum, eis prosentibus, figere palum
in via juxta petium ubi est dictum cdifìcium et \idit eum tunc distendere
ibi lentiain et hoc facto, supr. arbitri dixerunt supr. Hermannino ut edifi-
care t sicut tunc designa tum erat et sic edificari fecit. »
Otìoriganghi s terre patudote 111
jBati .
*) È (ycqaente il ricordo di terre messe a coltura di recente, nella
> metà del SU. Nel 1175 si ricorda una terra del Canonici sul-
i che da ■'ÌO anni «desinit esse palus et ex ea tempore cepit laborari
I miliura et granam et saginam»; Abch. di Stato, Pisa, l'erg. Ho-
naini, 93 ag. 1176. K rìeordata ana terra già palustre ed incolta poi
massa a grano ed a biade, verso U 1180 appartenente al Canonici. Abch.
Calcinici, Pisa, perg. 19 gonn. 1189. I monaci vallombrosani, poi, che
hÌ rran» nella so-conda metà del XI stanziati a Pisa nel monastero di
S. Paolo n Ripa d' Arno, proinovevano la coltura delle terre e ne colti-
Tavano anche • propriis manibus; > per le quali Eugenio Papa nel 1147
«•onwa 1 monaci da ogni decima. L'orig. del dipi. nell'Ajccn. Ronciom,
PI», perg. N. 74, S febr. 1147.
*) •Palus, gnarigangUB velflumen>; Slatuti, II, Constit. usus, p. 837.
*) Stntuti, 1, Br. Consulum, I1B2, p. 11 • gnarì ganga per me vel
> inveniani, et Inventa, disbrigare et terminare raciam>; cfr. pare
. Br. CommunU, p. 300 • luna eibanuitornm eie. et guariganga
1 et jura pisani communis. >
112 I. " n Contado e la GiUà nel xn secolo
luoghi, messi a coltura; poiché ora, pur conservando l'antico nome
etimologico, i guarigangbi appaion in gran parte terre tenute e col-
tivate da rustici ^) dietro un censo. Tale rivendicazione dai singoli
comunisti all'ente impersonale e Comune > — fatto generale e com-
plesso che rientra intimamente nella storia della costituzione e deUo
sviluppo del Comune *) — è compiuta sotto la spinta delle impe-
riose necessità finanziarie in cui, come già accennammo, si trova in
quel tempo Pisa per far fronte ad una grande politica ed all' or-
namento monumentale della città ; è compiuta per pagare con quelle
terre i debiti del Comune, secondo la proposta di una conmiis-
sione di 12 uomini nominata e prò bono civitatis»') la quale redige
una serie di disposizioni sui guarigangbi. Si elessero perciò, l'nna
dopo l'altra per una trentina di anni, altre commissioni di e ca-
pitanei et cognitores guarigangorum > *) per determinare cioè i con-
fini e per assegnare i vari pezzi di terra a chi mostrava i titoh
di diritto ; le quali agivano di conserva con altre conunissìoni di
3, 5 7 membri: e cognitores debiti et crediti communis» seb-
bene talvolta ne formassero una sola ; ^) di fronte ad essi era l'or^
ganizzazione dei creditori coi loro ccapitanei» i cui crediti il Co-
^) Arch. Canonici, Pisa, perg. 1 apr. 1200, ove ricordasi un pezio di
goarìgango che tenevano i canonici e coltivava un tale per 1. 18. Frequenti
questi ricordi. Si vuol considerar come gnarigango anche la terra dei cano-
nici di coi sopra, p. Ili, nota 3; sebbene questi neghino che fosse tenuta
< prò guarigango » ma chi 'vi andava a raccoglier erba ed a seminarvi,
o lo faceva abusivamente o col permesso loro.
') Il processo per cui V allmende diventa proprietà del Comune po-
litico, individualizzato sopra i suoi componenti e si raggiunge quindi
una compiuta distinzione fra diritto pubblico e diritto privato, fira do-
minio territoriale della città e proprietà privata dei singoli, è studiato
egregiamente dal Ranelletti, Concetto, natura e limiti del demamopub-
blico cit., p. 225 sgg., 228 sgg.
3) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Certosa^ 16 marzo 1199; si ricordan
gli € ordinamenta 12 electorum prò bono civitatis. »
*) Nel 1199 la commissione eletta dal Potestà Tedicio, si dice che ò
eletta « p di Pisa adoperati, forse, an-
che a questo ufi&cio. Disposizioni simili che rappresentano il fotte
nuovo deUe tendenze della classe dominante nella città, innestate
sopra la consuetudine antica dei diritti e semi-diritti del vicino sol
vicino, miravano certo anche allo scopo di consolidare la posizione
delle singole famiglie di coloni risiedenti sui campi; non tanto nel-
r interesse loro quanto del Comune che avrebbe più facilmente po-
tuto percepire gli oneri fiscali e personali dagli abitanti del contado :
ma si ingrossava nel tempo stesso la massa del proletariato agri-
colo, dei contadini e piccoli proprietari costretti a for i brac-
cianti e manuali ed accorrenti in larga misura fra le file di qud
basso popolo cittadino che nella storia dei Comuni si intravede
brulicare negli strati profondi ma di rado appare alla luce del sole
che non mai illumina la sua degenerazione fisica e morale ; ^ mi-
serie, tuttavia, anche dalle quali la città del XTTT seppe trarre forza
e ricchezza: né il meraviglioso e rapido sviluppo industriale sarebbe
avvenuto senza Tabbondanza ed il buon mercato della mano d'opera
entro le mura; due fatti che si son ripetuti quasi analogamente,
su più larga scala, nel nostro secolo che deve all' esodo dalle
campagne ed alla sovrabbondante popolazione della città, là dove
rofScina recluta le sue braccia, la meravigliosa civiltà industriale
che lo caratterizza. Forse opposizioni non mancarono a tal legge ; ed
un passo del 2® Breve dei Consoli potrebbe far credere ad ostacoli
plora contolit incrementa, et ex ipsis laborationibus ex paucitate petio-
rum et moltitudine foveanmi labor in damno versator, et terre infratti-
fere splnis et orticis cohoperte, inarabiles deserontor etc., sancimos etc.».
*) PòHLMANN, Die icirthschaftspolitik der florentiner Renaiseanoe dt.,
p. 12.
*) Solle condizioni degli strati inferiori della popolazione nelle città
italiane, specie ove le industrie e la ricchezza in alto eran più svilop-
pate ed il contrasto qoindi più vivo, cfr. Salvemini, Popolani e Magnat
in Firenze dal 1280 al 1292, Firenze, 1899, p. 34 sgg.
n Contado contro la Oittà 115
ed impedimenti messi da villani a torre dei pìttadini perchè non
passassero ad arrotondare più vaste proprietà donde essi fossero
esclusi o per altra qualunque ragione.') È anche presumibile che
le peggiorate condizioni di molti contadini in seguito alla legislar
zione della città, ubbiaii dato impulso fra i villani, al di fuori dolio
comunità agricole, ad un moto di coalizione che alla città sembrò
minaccioso e che essa quindi proibì.*)
Per Pisa, quindi, il secolo XJI si chiude con agitazioni nel
contado e congiure contro i Consoli e gli altri ufficiali della città
e specialmente contro < doanam vel partìonarìos prò doane > ') le
quali parole ci indicano già introdotto il monopolio del sale, distrì-
baìto dai < portionarios » nello varie terre del contado, in propor-
sione degli abitanti; agitazioni e congiure che sì mescolano con
quelle che nell» città segnano la nuova vita delle giovani organiz-
zazioni commerciali ed artigiano e la conseguente faticosa trasfor-
nuLZÌono degli istituti comunali, e prendono anzi da esse occasione
etl alimento. Si ricordi la bellissima pagina degli Annali genovesi,
anno 1169, dove si parla delle < rasse et fautiones > che scop-
piavan per i pivieri rurali quando entro la città più gravi si agita-
vMi quelle coutese civili, durante le quali il Comune, senza Consoli,
sembrava nave senza nocchiero : i contadini macchinavano * in
I) Statuti, 1, p. 33; < Terra» civiam, si viltaui ut alicui dari non pos-
1 Inbri^avcriut, et rcclaiuatlo inde mihi facla rueril ut oan non
nbrì^iit; iUos juraru faciam, et tantuni oÌr lollam vul lollcre bcUm,
quantum de conslmili terra in eadem villa posita recoUi^tor et atteri
p«rtl djib(] etc. >
f) Slaluti,!, Et. Consnlum, 1162, p. 13 • Compagni ns civium et viUa-
ttomm rgaas contra Conunanem honorem facuia cogaovero deslnum» ;
etr. anche ibid., Br. consulum, 1164, p. 36.
*) Statuii, II, Conatit. usus, p. 992-3 • ordlnamns, ut ammodo id est
F «b a. d. 1193, a die ommiam SS., nulioa civis pisnnos vel civltatifl
LfeaUtatar, vel aliqniii de comitato pisano audeal compa^iam vel bo-
nklam nU coiutpiratioaeni aeu coniuralionem conira Consnìes vel aliquem
rÌMBcialiinn, snu contra doaiiaiu etc. vel centra aliad commuiie clvitatia
fkeen» etc • Si ricordino anche 1 torbidi di Bientlna di cui ci dà notiila
on doe. d«l 1199 (ctr. sopra, p. 71) « di nitro U-ttìì glk da nni stadiale;
i quali praidovano ìmmL-dintn alimento dalla lotta contro l'Arcivascovo,
DM ri oollegano pure itile nuove cundizìnni del contado.
116 I.—B Qmiado e la OUlà nel xn secolo
cives qoandoque consurgere et dominos terramm jam incipiebaDt
decognoscere » ; di modo che questi abbandonavaii le loro campagne
per timore di damii ed offese personali: cnam insnltationes, homi-
cidia, farta, rapine, incendia per plebeia nostra sepissime fiebant
Merito enim cuiusque corporis membra patiuntor, cnm caput pati
sentitur » . ^) Ed anche qui, come a Pisa, l'odio dei rustici prende
di mira la persona dei Consoli e delle famiglie consolari, se nel 1164
il Marchese della Tolta e a quibusdam Tilissimis personis et paupe-
ribus fuit tempore vindemmiarum occisus in villa, qua tamqnam vir
consularis stabat securus etc. » *) Fiorisce lussureggiante la pianti
del delitto agrario; quello stesso di cui nel nostro secolo ci ha
dato co^ sanguinoso esempio l'Irlanda, al tempo della Landleagye,
Tuttavia, rilevando i mali non disconosciamo i vantaggi di tali
mutamenti per i quali, con evidente esagerazione, è stato affennato
che ripiombò sui contadini una più dura servitù della gleba a van-
taggio della borghesia cittadina.') I contratti agrari furono senza
dubbio migliorati e si affacciò allora in Toscana, dove ebbe più rar
pido sviluppo e florida ininterrotta esistenza, il nuovo patto colo-
nico della mezzadria. Con la maggior sicurezza del diritto dovevano
a poco a poco, nel XUI, sparire la servitù del suolo ed i lunghi
contratti livellari ai quali dovevansene sostituire altri di più breve
scadenza, l'afiBtto e la mezzadria, caratterizzate appunto dalla de-
terminatezza della loro durata;^) la mezzadria, prodotto complesso
di fatti e concezioni diverse, la quale sorge con il dominio territo-
riale delle città, con il cessare, nel possesso della terra, della promi-
scuità del diritto pubblico e privato, caratteristica dell' età feudale,
e col riaffermarsi quindi del concetto giuridico romano della libertà
^) Annales lanuenses, ed. Bblgrano, I, p. 219-20, ann. 1169.
') Annales lanuenses^ I, p. 168. Lo ste^, fra il XII e XUI see.,
attorno a Siena ; efr. Zdbkauer nella Cultura, N. 16, 1890 e negli Studi
senesi, IX, 47, 1892.
^) È ropinione più diffusa, già sostenuta dal Rumohr, Ursprung etc.;
e più di recente dal Kovalbwskv, Uavenémeni cìt.; dal SALVHanNi, Un
Comune rurale nel XIII sec. cit.
^) DiETZEL, Ueber Wesen und Bedeutung des Theilbaus in Italien, in
2kitschrift fUr die gemmmte Staaiswissenschaft, voi. XL, ann. 1884, p. 614.
La mrxxadrin
117
^
doli' iiidividiiii e del rappoi-to puraniento privato fra padrouo del
suolo coltivatore, diventu la forma tipica dell'agricoltura di To-
scana dovo la varietà topografìca, ultimetnea e geologica porta con
sd varietà ed iateasità di coltura, le due coudìzionì necessarie della
mezzadrìa. La quale, socialmente ed ei-'onomicamente, segua la deco-
doiua della feudalità SL-ouiitta dall' industrìalismo ed il passaggio
della terra a persone che non volevaa censi e vassalli ed armigeri,
ma solo abboudauti e vari prodotti del suolo ; segua il ritomo della
twra al suo ufBcio puramente economico privato o la mobilìeza-
ziouo della proprietà terriera, cii>ò la vittoria dell'economia mone-
taria sopra la economia naturalo su cui avavan poggiato tutte le
istituzioni feudali limitanti la libertà dell' individuo e della terra; *)
giuridicamente, rientra nel largo ambito del moto associativo e nella
storia della associazione libera che in questi secoli impronta di so
tutte le manifestazioni della ^ita sociale: ptHchè la mezzadria, svol-
^mento di precedenti forme coattive di colonia parziaria, è quasi
ana società che divide fra padrone e coltivatore il lucro ed i danni. *)
Attorno a Fisa, poi, in terreno paludoso e boscoso, la mezzadria
doveru ai^olerare la bonìfica del suolo, aiutare cioè la soluzione di
[Del problema tecnico-economico di mettere a coltura nuove terre •)
politicoHigrario di iissare volontariamente sul fondo rustico il col-
tìratore ora che, scioltosi dai vincoli feudali e patrimoniali, più che
nui e«so tendeva a migliorar Ir propria condizione. Questo com-
ta moKiiadria fu chiamata ad eseguire nell' antichità classica;*)
') PQHUtAKN, Di» Wìrf/uc/iafliiixililìlc cit., p. 3; cfr. anche, su quosU>
buunt; owen'azioni del Diktzbi., Ueber Wfjtm cit., p. (>13 sgg.
') E nota la disposixiano di Gaio; < Pnrtiarìus coloniis quasi societaiis
t, ci lacrum et dnmnam cum domino fundi partitnr • ; su cift Dibtzkl,
1 dt., p. 2b» ugg.
*) Parecchi doc. della prima metà del XIII prc«cntAno roatrntli che
1 Ut muto di alBtlo e di mozukdrla: cioè chi riceve la terra paf^a
\ di danaro per le coltivazioni gii avviato o di pronto rendl-
into,oeitie il grano; « per le nuove piantagioni, xpocialmente della vite,
I nd primi «nni, la metà del prodotto, più tardi ; ctr. Tr» gli altri
mm. del £\ srtt. ISììK, Ardi. Canuxii'i, Pira. pcrg. dì tal daU.
V DicrxKL, Ueb-r Wvm-i, cit.. p. 312-;t.
118 I. — Il Contado e la Città nel xn 9eeoio
questo stesso compito sì imponeva urgentemente ora nella prima
metà del XTTT, quando appunto attorno a Pisa ed in buona parte
della Toscana si mostrano i primi contratti di mezzadria. Scompaiono
i piccoli proprietari campagnoli che neanche il feudalismo era riuscito
a distruggere compiutamente in Toscana; la classe dei contadini di-
venta tutto un proletariato agricolo che abbandona i borghi e si
dissemina per le campagne, dando così l'ultimo crollo alla forza dei
signori feudali: ma la mezzadria rappresenta un certo equilibrio
ristabilito fira chi possiede la terra e chi la coltiva, fira il capitale
ed il lavoro di cui rende meno aspri i conflitti ed attua, almeno
formalmente, una certa eguaglianza giuridica che pure non dissi-
mula la prevalenza della borghesia cittadina: di questa boi^hesia
appunto, forza dei Comuni italiani, rivoluzionatrice degli antichi rap-
porti nella città e nel contado, il contratto di mezzadrìa fu per
buona parte creazione.
OonsoUto, UgiBlaziona statutaria e curie giudiziarie,
nella 2" mata del Zn secolo.
Sotto il consolato, Pisa spiega una somma di energie meravi-
gliosa: le discose dogli Imperatori, te brighe dei vicari imperiali
che, quando non sono zimbella delle città, possono sostenersi in
Toscana solo destreggiando.-^! nel mare infido della loro politica o
soffiando nel ftioeo delle loro discordie; le guerre continue con
Genova e Lucer altre città di Toscana ft tempo di fatiiTosu
preparuione, Pisa sembra raggiungere nella ricchezza, nella fio-
ronte vita delle colonie o uolla coltura il suo rigoglio maf^gìoro.
Ha allo spallo un territorio aperto itile invasioni di nemici che
ogni giorno bisogna combattorc, e verso il sud una regione ro-
Ktiera acarsamentv popolata, donde pochi marinai era possibile
trarre; ma tuttavia, nel XII seo., Pisa sta bene alla pari e talvolta
sopera, nel Tirreno e nell'Oriente, Qenova che pure non deve pen-
sare a difendenti da nemici dì terra e che distende il ma dominio
flopra una rivifra riccii di porti e di popolo rotto a tutti i travagli
120 II. — Consolato, legislazione staiutaria, eurie giudiixiane
del mare e direttamente interessato a deprimere i rivali della città
maggiore. ^)
I due campi più fertili di tale multiforme attività fnron, nel
XTT secolo — come anche nel secolo seguente — la Sardegna e
l'oriente, la Siria specialmente e Costantinopoli; qui ravarìzia dei
principi locali, a volta a volta violenta ed astuta, il contatto quo-
tidiano con Greci, Veneziani e Genovesi, misero in giuoco per
molte generazioni tutte le risorse, tutte le fiEtcoltà meravigliose di
quella ricca natura di uomini ; sonnecchiare e riposarsi sugli allori
un sol giorno voleva dir per essi perdere il frutto di dieci anni di
lavoro e poteva essere rovina irreparabile, tanta era la crudezza e
la continuità della lotta spesso selvaggia e senza quartiere, com-
battuta laggiù contro tutto e tutti, contro gli amici di ieri ed i
probabili nemici di domani, attizzata da tutti quelli che sono i
moventi, buoni e cattivi, dell'umana attività. La Sardegna era
stata la prima palestra delle libere iniziative degli armatori e mer-
canti pisani e genovesi e fors' anche la prima scuola di quella
politica astuta, subdola, varia da un giorno all'altro, di cui i (Giu-
dici eran maestri nei rapporti reciproci, ed in quelli con Pisa e
m
Genova, con Tlmpero e con la Chiesa romana, poichò per molto
tempo risola fii l'oggetto di tutto le cupidigie e di tutte le am-
bizioni; ma vi prevalsero nel XII i Pisani, più vicini ad essa e
sostenuti nelle loro imprese politiche e commerciali dalla primazìa
arcivescovile che la loro Chiesa esercitava sulla Sardegna: mentre
nella Corsica, dove pure al principio del secolo predominavan sui
Genovesi, — anche qui in grazia dei diritti arcivescovili sulle sedi
dell'isola — i Pisani, messi da prima in pari condizioni dalla bolla
di Innocenzo II del 1133 che ne spartiva i vescovadi e il dominio
in parti eguali fra lo due Chiese ed i due Comuni, perdevan poi
^) Sulla natura di tal territorio rivierasco, sulla dipendenza sua da
Genova, sulle forze che le poteva fornire, vedi Heyck, Genita und seine
Marine, Innsbruck, 1889, p. 142-56. Nella 2« metà del XIII, le due riviere
davano a Genova, in tempi ordinarii, circa 1400 uomini di mare, per 10
delle 120 galere che il Comune poteva armare; ibid., p. 166-7.
Omova e Pisa nelle isole del Tirreno
121
I
rapidamente terreno a vantaggio dei rivali. *) Questa bolla ò il primo
hcoiiosKimento giurìdico del domiuio di Pisa e Genova sulla Cor-
sica *) e creando per osso una obbligazione feudale verso il Pont^
fice con(x>rre per la sua parte a complicare sempre più i rapporti
delle due città fra loro, con l'Impero e con la Chiesa di Roma,
negli anni nou lontani delle lotte ardenti ira le due supreme Po-
testà ed a rivestire di una parvenza politica i contrasti essenzial-
mente commerciali di Pisa e di Genova. *) Per il dominio com-
mercialo del Mediterraneo occidentale, questa isola aveva una
gronde importanza; essa stessa poi era rìccliissima di materie
esportabili; aveva abbondanti miniere di argento, il più luccicante
miraggio dei Pisani e dei Genovesi che aspiravano ad uua piena
litK^rtà di sfruttarle e che se potevan talvolta trovare una formula
di cnnciliaKiono per tutte le altre questioni loro, non la touvavan
Dui per la Sardegna, una specie di palestra dove T esercìzio san-
guinoso delle armi era continuo anche se altrove esse posavano e
1» paco era solennemente conchiusa. Il trattato del 1149 infatti,
.quando Genova usciva stanca dalla spedizione di Tortosa e Pisa
stretta da Lucchesi e Fiorentini, nel tempo stesso che fou-
d^vu un'alleanza offensiva e difensiva fra le due città, stabiliva la
piena libertà degli alleati di Difendersi in Sardegna, senza pregiu>
dizio della pac«. *)
I) La Corsica forniva 8 pec ini in nule pe<.-« e loffiinine per i
( ofr. i venti dei poema baiuariuo, Mitratori, J{. I. S., VI, p, 112.
iqneail a l'isti l« scliiavo corse, nel XII ecc.; Arch. di Stato, Pina,
t. S. Mìdute, 6 maggio 1114; Pt-.rg. OUeetani, 7 apr. 1152; Perg. Ot-
, 12 sett. 1156; Arch. Canonici, 1 niAggio IlfiA. Per le più nnticliv
D di Genova e Pisa nella Corsica, vedi )l rricenlc libro di C. i>it
UM Rocca, Origiiw, lU la rimlUé che viva di vita
propria ed esplichi una propria attività, si dimostra ancora molto
fiacco e perciò* ogni anno vi può esser chi impedisca che si faccia
€ Compagna > e che si eleggano i Consoli, oppure metta la cosa a
partito davanti ai Consigli ; *) e son frequenti i periodi di vacanza
al governo, *) senza che per questo, salvo piìi accesi contrasti civili,
l'ordinaria vita della città si arresti o cambi direzione. D Comune
quando si trattava di metterlo nel regno dopo T incoronazione di Fede-
rigo I, oltre che il Comune, molti privati delle maggiori famiglie diedero
denari. Atti Soc. lig.^l. p. 315, e Annales januenses, I, an. 1164.
*) A Genova vedi i Brevi dei Consoli e della Compagna; a Pisa le
fonti parlano meno esplicitamente : Statuti, I, Br. Consulum, p. 9
< Ek)rum reclamationes qui sacramentum eonsolatui non fècerint etc.; >
ma che quelli fossero i privilegi di chi entrava a far parte del Comune,
risidta dalle carte di cittadinanza : una ne pubblica il Dal Borgo, DipL
pis,, p. 176, an. 1198. Questo carattere del Comune spiega la somiglianza
di formulario e di ordine fra gli atti pubblici e gli istrumenti privati,
già notata dal Lastio, Entwicklungswege des Handelsrecht, 1877, p. 58.
') Nel Br, Comjxigne di Genova del 1157 il giurante si obbliga non far
cospirazioni o congiure < de comuni compagna iacienda aut non, neque
de habendis consulibus vel consule aut non > ; ma sia fatto quel che vorrà
la maggioranza dei Consoli insieme con i consiglieri ; Atti soc. lig.^ 1, 183.
') In parecchi trattati che i Consoli fanno, implicanti certi doveri da
parte dei successori, si mette per condizione di adempimento « si con-
sules tunc fuerint in lanua »; Atti soc, lig.y I, p. 325: convenzione con
i Marchesi di Liguria, posteriore al 1156. Gli Annali Genovesi parlano
assai spesso di vacanze di gt) verno; anzi, appena batte la tempesta
civile, i Consoli scompaion come per incanto ed appare chiaro che le
lotte sono entro la classe stessa consolare; cfr. an. 1164, 1166, 1180 e
1187. A Pisa vedremo qualche cosa di simile. A Siena è caratteristica
la disposizione del Costituto, che le assemblee so\Tane, anno per anno,
deliberino qual governo intendano darsi; Zi>BKArER, Cosfit. del Com.
di Siena d^il 126J, Milano, 1897, prefaz., p. LVII.
Oarallere del Oomune marittimo nel xn aee.
135
1
9c^ui(Avu egualmente a vivere tu quella complessa orgaiiiitzazioiie
degli oomioi e degli interessi di mare, ') ondeggiante sempre tm
i due diversi caratteri pubblico e privato e partecipante dell'imo «
dell'altro. Ne scaturiva fuori una attività varia ed iutensaquant' al-
tra mai, dalle mille fH«;e e dai mille colori, capace di risolle-
varsi più vigorosa dopo uua ferita, quasi spìnta da sentimenti
personali e passionali di odio, di ambizione, di cupidigia; mobile
come U maro su cui trovava il suo campo più fecondo e da cui
traeva i caratteri suoi peculiari di Erouto a ({uelli delle altre città
dell' interno ; là sul mare, dove ogni pìccola flotta è quasi un Comune
ftotonomo, ogni nave un dominio indipendente, ogni armatore un
JOvrano che dà la pace e la guerra spesso a suo piacimento, l'azione
^•deUa attività marinaresca, libera per sua natura ed ìncxintro 11 abile,
doveva spiegare nello sviluppo vigoroso della personalità lunana e
degli individui, più forti talvolta del vincolo sociale e nella fisonomìa
particolare cbc assunse il Cetnime pisano tra gli altri di Toscana;
cagione anche questa, insieme con altre mfiltissime, della sua guerra
perenne con le città dell'interno, tonte volte coaliz/.ate tutte a suo
(Unno; cagione pure dell'ìmmediuto e totale sfacelo quando, cadendo
Firenze, sentì annullato la propria individualità. È, in fondo,
bisogno di tutte le città marittime, anche odierne, di aver Uberi i
iTÌmenti, dì non sentir troppo i legami con un più grande orga-
10 territoriale e politico: cosi Genova vnol oggi la autonomia
BQO porto, Barcellona 6 il centro del movimento separatista di
legna, le città anseatiche prosperano nella libertà che godono
fronte all'Impero germanico.
Tuttavia l'unità ideale del Comune, a cui pure convergono
sforzi in apparenza disgregati di quei navigatori, d grande e
le si eopriine nelle meravigliose moli della chiesa c^ittednilo,
') Propiinlarì di torri e di navi e mercanti erano i cninponenll 11
CoraODd; a Pisa si vede dai Brevi consol. e dal ^iuram. di citudinanxa
aoprti cit.; a O^nova, dal irinrAmento di chi entra nella « Compaia >,
riot ! non ricever nelin navo In persona o la nl^^^<* di ciil non giura la
Compaia, metter la torre n disposizione d<^i Consoli quando la chic-
a, non far società commerciali con quei di Voltabbio, Varaglne ecc.
126 n. ^ Consolato, legislazione statutaria, curie géudùoiarie
opera di un secolo ora compiuta, del Battistero e del Campanile,
nelle quali noi vediamo tradotto in forma concreta V alto spirito
delle cittadinanze italiane, la quiete serena della coscienza religiosa
imperturbata pur in mezzo alle più acerbe dissensioni politiche e
sociali, così per buona parte del XII sec. trova anche una corri-
spondenza di fatto nella imita delle istituzioni comunali, espressa
nel Breve consolare e rappresentata dal collegio dei Consoli.
Il Breve consolare. — Esso ò innanzi tutto indice di un assai alto
grado di morale indipendenza di fronte alla potestà deirimpero,
quantunque nella sua prima forma risalga agli inizi del XTT secolo,
una volta che attraverso le varie redazioni vi si conserva notizia
dei bandi emanati nel secolo precedente dai Vescovi Grherardo
e Daiberto;^) la quale notizia, tramandata per lungo volger di anni,
costituiva quelli che negli statuti posteriori si chiaman capitoli per-
petui, sottratti quindi alla ingerenza degli emendatori e fatti giu-
rare direttamente dai Consoli uscenti ai nuovi, poiché rappresen-
tavan come l'arca santa ove si custodivano le tradizioni politiche,
i privilegi del capo della Chiesa cittadina ed il diritto tralatizio del
Comune, accresciuti poi a mano a mano dallo deliberazioni dei con-
sigli, dair inserzione delle clausole fondamentali dei trattati politici
con altre città e da quella specie di memoriale che spesso un con-
solato lasciava ai successori, su tutte quelle opere di interesse pub-
blico che esso non aveva potuto compiere o iniziare,*) destinato
(quindi a dare al governo quella pratica continuità che la breve
durata dell' ufficio dei Consoli avrebbe potuto compromettere, spe-
cialmente negli ultimi tempi in cui nella loro classe si veniva
rompendo la omogeneità e la concordia.
Alla formula dei Consoli, nocciolo dello statuto, corrispondeva la
*) Statuti, I, Br. Consulum, p. 11 e 33.
') Annales JanuenseSf I, p. 38, 1154. I Consoli « multa Consilia qne
de utilitate civitatis invenerant consulibus venturis in scriptis dedemnt
quoniain brevitatc teniporis et solutionis pecunie impedimento, explere
non potiierunt • . Nei Brevi consolari di Pisa sono egualmente volta per
volta inseriti i progetti dei nuovi lavori di cui certo i vecchi Consoli
lasciavano lo schema ai nuovi.
■ Brem consulum i e t Breve pOpuU * 127
formiilft dei cittaxìini. Kra un RÌiirameuto reciproco quello che si pro-
iiunziitva dalle due parti, e che o serviva dì sug^llu u qualche grave
deliberazione press uel pubblico parlamento, come uel 1153 alls
seutouza pronunziata contro i Visconti,*} o costituiva il vero o pro-
prio < sacramentiim consulum » e < sacraroentum cousulutui > ,*) le
formule generali eon cui i Consoli giuravano il proprio ufScio ed
i cittadini si obbliguvaiiu di obbedire a quelli e sottostare agli oneri
della cittadinanza, relativi specialmente, come nsulta dal Breve della
Compaia di Genova, alla navigazione ed al diWeto di portar per
more nemici o non giurati del Comune, di far con essi società, di
annar galero senza il permesso dei Consoli ecc.;') di modo che, nel
ioro complesso, venivano a t'ormare una carta di obbligazione si-
mile a quella che giuravano i nuovi cittadini che entravano < in
oonsortio civitatis > come dice un documento pisano del 1197, con
parola che fa bene riscontro a < Compagna > genovese ; eguale era
in fondo il significato dell'atto giuridico: si trattava sempre detei^
luiuare doveri ^ diritti spettanti ad una persona di tronte al go-
verno e di fronte agli altri cittadini.*) Vuol dire che anche questo
«Breve populi» si sarti, come quello consolare, arrìci'hito delle
Statuii, I, p. lS-9. Doc. 28 otl. IIM : • Hoec omnia firma tenere
i eonsules caritornliter in communi pretorio juravero cU^; rucoli-
» popnlum in parlaiiitinto jurasso suprascripta firma teucre ctc.
P») OtsvimKì, Serie d'i Consoli, in Alti Sac. lìg., I, paff.272, docum. 114H
Kq>rila; convenziono Pi .'tn - Genova per 29 anni 'quando popa-
I pìsHDiu iuraverit obodire consnlibus de comuni et publico ncgutio
:. pipane) civilatis, faciemus i Bott. nos eonsules piiiani) pre-
1 aacrameata unicuìt)ae^comm iurare etc. • C(r. anche Siatati, I, Br.
1, p. 9. • Eornm reclamatioues qui sacramontum contialatui non
I leeone più eorrctla di tal Breve, noi Giornale ligustieo, anno
*) Qocato docnmenlo ili cittndìnnnxn, l'unico che possediamo, è nel
t. BoROo, Dipi, pi»., p. 180, an. 1198. La concessione è faiu ad Upic-
\ da Bientina. Una semi-cilladinanza è tuttavìa anche quella data
e di Calci che, per aver donato i suoi beni all'Opera, k liberalo
i dationti et omnibuii <>xactionÌbus civitaliH et ville • Abch.
luir., Piaa, perg. Vi luglio lllHì. La e^ndone dai aerviid ra-
■ Ih prima concessione ai nuovi cittadini.
128 n. — Canaolato, iegislaxkme siahUaria, mtne gitsdixiane
speciali deliberazioni, giurate separatamente dal popolo e dai Con-
soli, tanto relative a fatti interni, come quella citata sui Visconti^
quanto a trattati politici col di fuori, i quali talvolta constavano
addirittura di due partì ben distinte ma identiche nella forma e
nella sostanza: una la giuravano i Consoli, singolarmente, Faltra
tutti i cittadini oppure, in pubblico parlamento, uno solo di essi
€ in anima populi > cioè in nome di tutti, non appena il popolo
stesso gli avesse dato e parabolam > di poterlo &re.^) Di tale Breve
ima implicita menzione se ne ha forse nelle parole del docum. dt
del 1153 cconsulatus qui juret populo et populus juret ei» e da
princìpio esso è certo tutta una cosa con il Breve dei Consoli ; ma è
distinto da esso quando nel 1171, nel trattato di commercio chei
Consoli stringono con Firenze, questi esplicitamente giurano < in
Breve consulum vel rectoris has securitates mittere fEtciam et sic
firmas tenere, et in Breve popidi; et populum sic jurare Ssiciam. > ^
Io credo che questo e Breve populi > non sia altro se non quello
che a Genova, con espressione caratteristica, si chiamò e Breve Com-
pagne» come patto legante la universalità dei comunisti nei rap-
porti reciproci ed in quelli col potere sovrano; diverso perciò dal
e Breve populi > della seconda metà del XIII secolo, come il e po-
pulus > del perìodo consolare, cioè T insieme dei partecipanti al Co-
mune, è diverso dal e populus > che più tardi vien su al governo
col suo Capitano, cioè l'organamento democratico delle varie fira-
zioni della borghesia strette in determinate associazioni, di fronte e
contro l'organamento dei Magnati.')
«) Cfr. il trattato Genova-Pisa del 1150. Dal Borgo, Dipi, pis.,
p. 311-13. Anche la pace con 1 Cometanì, nel 1177, è giurata dai Con-
soli; poi un uomo «super animam populi dantis ei parabolam in pubi.
parlam. » giura che il popolo la osserverà; Muratori, Ant., diss. 49. E cod
infiniti altri documenti del XII sec. La formula ed il procedimento si tro-
vano analoghi in moltissime altre città d* Italia — dove talvolta questo
ufficio di giurare era riservato ad un ufficiale del Comune ; cfr. Pbrtilb,
Si. del dir, ita!., II, 53 — e tìuanche nei Comuni della costiera sud-adria-
tica. Cosi a Bari nel 1201, nel trattato Bari- Ragusa ; MM, speciantia hisio-
riam slavorum m^ridionfinum, Zagabria, 18t>8, I, p. 20.
*) Santini, Doc, dell' antica cosfituz. del Coni, di Firenze, p. 5.
3) Lo ScHUPFER, S(. del dir, ital,^ 1892, p. 250, sembra intendere i
1 Coneoli
12»
Il Consolato. — Questa semplicità di legielttzioue atatutiiria ri-
;hia la semplicità degli istituti politici, maggiore fra tutti — e
■i quasi unico — il consolato. Esso a Pisa 6 un corpo omogeneo
e compatto né risulta di rappresentanti di ceti sociali diverei, oome
« Milano ed in altri Comuni di Lombardia.*) Richiamiamo io
mente, a tal proposito, quel che abbiam detto sulla diversa costitu-
zione delle cittadinanze nell'Italia settentrionale e nella Toscana.')
Pisa, per di più, ò città di mare ed ò ovvio che il commercio ma-
rittimo, richiedendo un maggior capitale iniziale, è aperto ad un
toinor numero di persone che percift rapidamente si innalzano
senza confronto sugli altri. lu tal modo, a Pisa, come predominano
la attività e gli interessi marittimi, così la classe sociale che li
rappresenta ed esercita, la quale perciò monopolizza ì poteri pub-
blici. Ma bisogna intendersi: il governo consolare non pesa come
OH governo oligarchico, né si può giudicar tale; chi tiene il po-
ta» non trova nella città se non forze ancora un po' caotiche e
corto immature alla cosa pubblica, una popolazione che esso —
per Io meno da principio — non tiranneggia, ma si trascina dietro
volenterosa o per mezzo delle larghe aderenze privato e della pro-
tozionu privatamente accordata, o abbagliandola con la gloria mi-
litare e comunicandole le sue stesse aspirazioni di predominio
maritlìmo e polìtico, sopportando il peso maggiore delle guerre con
Osuovo, riuscendo in una parola ad identificare gli interessi propri
— che realmente sono i prevalenti — con quelli di tutta la città:
abbiamo una oligarchia ma una aristocrazìa che possiede mai-
ifìche attitudini al governo e rappresentA quasi essa sola la
— i
Hpon
duo Brevi del popolo l'ano come svol^mcnto diill'altro e con egual
rapporto di frome a quello dei Consoli ed a quello del PotestA, riapet-
tlramenUi; ma la differenza è anche più grande, specie in rignardo al
carattere originario dei due Brevi del popolo. Quello dol XIII è innansi
ratto U patla inlrrìiD di un partito politico che poi predomina sugli altri.
') V. noi GiCLiNi, Memori» di Uilano. V, H5, il noto doe. giudlKiario
iniUa(»« del 1130, por la costilusionc drl consolato da vari onlini di
ciiudiai. Per Pavia, il doc. del 22 frhr. lOH*, ove tuttavia non [tarlaid
di Conwli ma di eletti di lutto il poiiolo, cioè capitani, valvaMori pcc.
FMWltK. Fanchungen. TV, 192.
■) CAr. uopra, p. 100.
Jtm.AJr. ,
130 n. — Gonsolato, legislaxdane siaitUaria, eurie giuddxiane
organizzazione navale, modellata su quella dei consorzi gentilizi
che armano tutti, per proprio conto e con propri membri, una o
più navi che sono insieme arnesi di battaglia navale contro i ne-
mici del Gomime^ e mezzo di commerci. Non esiste ancora fra
governanti e governati quella separazione netta di interessi, di
aspirazioni, di idee che si afiEEtccia solo alla fine del XTT sec. quando,
salendo la borghesia mercantesca, crescendo il numero dei capaci
e desiderosi di governare, i pochi che reggono il consolato diven-
tano, in confronto, pochissimi; quando, organizzandosi gli altri
elementi sociali, spinti da un'operosa coscienza di classe, si com-
piono i primi conati per trasformar le istituzioni comunali. Per on
si accetta volentieri il prevalere di ima classe sociale ardita, ricca,
attivissima, che considera il governo non solo come un diritto ma
anche come un dovere, che non riceve stipendi o solo irrisori,
come indennizzo di spese, per gli uffici pubblici che occupa; die
gode credito presso l'Imperatore, fornisce navi e cavalli allevati
nelle proprie terre e crea attorno a so col rapporto di vicinato, oon
Tequipaggiare navi, con raccogliere nella propria torre i biso-
gnosi di protezione, una specie di clientela; prevalenza die è fon-
data innanzi tutto su questa duplice attività marinara e cavalle-
resca e sulla duplice ricchezza di terre e di capitale, oltre che su
tutti quegli elementi morali che dovevano naturalmente scaturire da
ima tal condizione di fatto, sulla maggiore cultura, sulla più com-
piuta educazione fisica ed intellettuale, sulla conoscenza teorica e
pratica, limitata quasi solo a questa classe donde appunto uscivano
giudici e giurisperiti, del diritto e delle consuetudini; insomma su
quella coscienza di sé, su quel mondo morale suo proprio che la
aristocrazia consolare veniva per forza di cose formandosi, cemen-
tato da tradizioni gentilizie sull'orìgine e sulle imprese marittime
dei progenitori, consacrato dal possesso di una chiesa propria ad
ogni consorzio di parenti, luogo di preghiera in vita e sepolcro dopo
morte, la quale dava al consorzio stesso il carattere come di fra-
tria greca con i suoi sacrifici e tombe in comune ; ^) un carattere
^) Qualche punto di contatto fra Taristocrazia greca dell'VIII e VII
secolo e l'aristocrazia medioevale ò accennato dal Dondorff, Adèl und
L'ariatoorazvi conaelare
131
àoè qoasi sacro, rafforzato dal fatto che da questa stessa aristo-
crazia uscÌTau l'alto cloro della città, i collegi dei canonici e spesso
BDcho l'Arcivescovo. Era insomma ima pìccola società salda, disci-
plioata, omo^nea anzi uniforme, nella quale l'indivìduo si per-
deva: per cid la mancanza nel X.U. secolo di uomini che fossero
vere personalità polìtiche, ma ognuno era e sì sentiva membro di
un piti complesso corpo a cui dava e da cui riceveva alimento;
per ciò quell'aspetto come di serena calma che, a guardarlo da loQ-
tuo presenta il Comune per buona parte del XIl secolo, saldo come
ao'isola rocciosa nel mare agitato. Sombra strano, ma gli individui,
le personalità vigorose non sorgono nelle città italiane se non eoo
la democrazìa, con l'innalzarsi della massa auonima, apparente-
mente incolore ma che racchiude in sé le forze giù vìvaci e feconde
della storia e nella sua meno salda organizzazione contiene i fer-
menti dì una vita infinitamente varia con ima forza di sviluppo e
dì rinnovamento illimitata. Il Signore del XV secolo ò perciò un
prodotto schietto della democrazia; è la negazione di ogni disci-
plina dì classe e dì ogni tradizione gentilizia, d l'ignoto di ieri
_ potentissimo domani, con quella stessa rapida vicenda con cui le
^■gwltitudint mutan talvolta Ssonomia e condizioni e premon dal
^nnprio seno uomini ed idee nuove.
^^b D conaolato, tina istituzione personale per eccellenza, vigorosa od
^^Hginale creazione dei nastri Comuni, prodotto di ima fase del loro
^^RliippD nella quale solo una piccola classo di cittadini ò socìol-
mcnte oi|;aQÌzzata e le terribili necessità della lotta esterna per l'e-
sistenza, in mezzo a forze rivali, richiedono una azione continua,
diretta, oculata, molteplice di governo quale solo un collegio di
penione può esennture; il consolato, dico, incarna tutto il Comune,
ne accentra tutta la vita, ne governa tutti gli atti, prestandosi me-
ravtgliosamente u spingerlo per la vìa delle maggiori arditezze e
delle più alte fortime, secondandone e promovendone la giovanile
.^oer:^ 1 Consoli, ormatori e mercanti, avevano personalmeote il
I in altem BfUaf, nell' HUttoriMhe ZeiItcrhrifI, 1891, voi. 31,
182 n. — ContokUOj ìsgiakmane staMaria, cune gi/udèàane
maggior interesse perchè la città giungesse lontano con la sui
forza ed il suo nome ; in essi le aspirazioni del Comune trovaTuio
i migliori interpreti e gli esecatori più interessati al buon esito ; ie
imprese d'oltre mare, le colonie, la supremazia sulle isole eran nd
tempo stesso vita e forza di quella aristocrazia consolare, erano
spesso una impresa ed una speculazione propria, il meno con coi
essa poteva mantenersi al potere e soddisSeae la irrequieta ambi-
zione.^) n consolato, con i suoi Consigli e le sue balìe temporanea,
più che un ufficio di ri^presentanti pad essere considenito cane
un' intera classe sociale al governo a cui essa, appunto perchò non
numerosa, può partecipare direttamente, disponendone talvolta come
di possesso proprio e rafiforzandovisi con ampliare il proprio cer-
chio per mezzo di ammissione di estranei, con un atto che 6, in
qualche luogo, quasi adozione di diritto privato.*) E sioccnne gli
appartenenti ad una tal classe sono generalm^ite legati fira di 1 o e consiliarij credentiae > o e senatoree > dall' aHrai
— nomi diversi per designare lo stesso ufficio, — costituiscono una
coalizione di interessi privati che occupa il governo, fino a che,
con lo svolgersi del carattere pubblico dell'istituzione consolare,
con l'ascendere degli altri ordini della cittadinanza che esigono
garanzie e cautele maggiori di buona amministrazione, si cerca di
eliminare le cattive conseguenze di tal mescolanza di pubblico e
^) Spesso avveniva che dopo Tacquisto di qualche paese o diritto,
il Comune ne facesse una concessione feudale o ne affittasse l'utile a
singole famiglie od a consorzi di famìglie consolari. Cosi i possessi geno-
vesi di Tortosa, Gibelletto, S. Giovanni d*Acri, Antiochia ecc. Uber Jt»-
Hum, col. 149, 172, 174; Lanobr, PoUtiiche Geschichte, p. 43.
*) È tipico Tesempio di Belluno dove 4 consorterie occupavano il
consolato, costrette poi, quando il popolo crebbe, ad e inserire et inestare
nelle sue famiglie alcuni delli nobili suoi parenti, aggregandoli alle sue
giurìsdittioni et governi ecc. > . I membri di queste parentele, in numero
di 40, costituivano il consiglio della «città e davano i Consoli; Pnx>Ni,
Storia di Belluno, p. 67, 72. Lo stesso, presso a poco, a Feltre; Oax-
BRUZzi, Storia di Feltre, I, 260, 289 e Vergi, La Marca trevigkma.
Vili, 13, 21. Anche a Milano, Tufficio di capitani dei quartieri era ere-
ditario in alcune famiglie; Giulini, Memorie di Milano^ lY, p. ttl.
li Senato 133
irato.') Dove è possibile ricostruirò con sufficiente compiutezsa le
B consolari, appar chiaro il piccolo numero di persone e dì tami^Ua
t di fatto — giacché i Consoli, sul principio, eleggono da sé i sao-
- potevano aspirare a queir ufficio; ") e dove abbiamo anche
nomi di oonsiglieri, essi risultano piasse & poco i medesimi. Sono l'ari-
stocnuia delle navi e delle torri, la quale con l'avanzarsi del XII si
viene saldamente ordinando in consorzi, svolgendo, rafforzando ed
ampliando l'antica coerenza della famiglia germanica, prodotto sociale
di una certa fase di sviluppo, più che prodotto etnico e perciò riuno-
Tsntesi ora sotto eguali condizioni e per eguali bisogni con più libere
forme, quale vera e propria associazione volontaria.
Si intende quindi facilmente se il Senato, costituito di persone
ohe bì confondono con quelle che entrano nel consolato, è, per quasi
tutto il XII BBC., una istituzione cosi povera di sangue e di muscoli^
anzi non 6 tina istituzione, ma quasi un appendice del consolato
Siaao, senza rilievo o personalità, senza propria importanza polì-
tiot. Hftono è vero i Senatori una azione nel governo: davanti ad
ama ed ai Consoli debbono gli lunbasciatori giurare t'uEBcio loro,
>] Per Pisa, cfr. Statuti, ti, Consdt. ubos, p. 980 : bo or Consote o
rettore ocquinla nn renM, Tanto a Pisa quanto n Genova, Vt-
Mond r flimiglie vlncontili entran sempre a tur parte del consolato,
cnoM p^r diritto di Simiglia ; corto cho tal tnivo ha lo sue lontane orìgini
nella piMizione atSdale che nel XI soc. avevano nello due dttà 1
VImnhiU, ma ora easo ba mutato natura u6 ha più a che vedere col
diritto |>ubtillcu. Per O^^novii v(-di ancLe Lahtio, B'thficktunsiwege cit.
134 n. — Consolato, legislax4one staitUaria, curie giudix4ane
prima dì partire ; i Consoli debbono consultarli sulle oocasioni e sai
motivi di guerra estema, per le navi da apparecchiare, per i 300
militi da armare, per la divisione della città in quartieri, per la
costruzione delle mura e del castello di Vada, per la guardia dellt
costa e del porto di Piombino, per le cause riserbate direttamente
ai Consoli, per le spese sopra i 200 soldi, ^) per le obbligaziom
eccedenti il termine di tempo del loro ufficio;') ma praticamente che
voleva dir tutto questo se la elezione dei 40 senatori era riserbata
ai Consoli o, più tardi, ad una conunissione da essi eletta e ad essi
ligia; ') se essi convocavano il Senato; se ad essi spettava T inizia-
tiva di ogni provvedimento e di ogni proposta; se essi eleggevano
— generalmente dal proprio collegio — i comandanti delle spedi-
zioni navali? I Senatori non hanno nome determinato; sono coon-
siliarij » , € consiliatores » , e sapientes » ; in ultimo, con il rifiorire deUa
tradizione classica, csenatores»; Topera loro nel governo non si
concreta in speciali attribuzioni, grandi o piccole che siano, nò la
loro esistenza ò voluta e regolata dalle leggi del Comune, tanto ò
vero che se essi giurano una formula generale, non hanno tuttavia
Breve, come lo hanno già, nella metà del XTT sec., tutti gli altri uffi-
ciali pubblici; ma il diritto di intervenire e di invigilare sopra l'ope-
rato dei Consoli, è per essi diritto conquistato e non volontariamente
concesso. Queste infatti sono nel nostro secolo le vicende del potere
consolare, in rapporto agli altri organi dello Stato ora formantisi:
da quella gelosa aristocrazia dal cui seno pure usciva il conso-
lato stesso e che, rinsanguata ogni giorno di elementi sociali nuovi
aspiranti a salire, non tollera preminenze eccessive di consorti,
vedono i Consoli a poco a poco regolato e limitato il proprio
potere. Di qui il distaccarsi gradatamente del Senato dai Con-
soli ed il suo organarsi ad istituzione vera e propria; di qui quel
sistema di freni e cautelo o limitazioni imposti a mano a mano, con
maggiore o minore efficacia pratica, al consolato con lo scopo se
non di determinarne i doveri e le attribuzioni, poiché questo non fu
*) Statuti, I, Br. Consolum, passim.
*) Risulta dal dee. piombinese del 1187 cit. sopra, p. 85, nota 3.
^) Statuti, I, Br. Consulum, p. 4 e 25. A. Genova, Br, Compoffnt
del 1157.
Consoli e Senato
135
i De sarebbe forse stato possibile, almeno di impedirne gli arbitrii
i coordinarne l'attività con quella di tutta una classe di cittadini o
tdenti nel Senato o aggiunti a volta a volta ad esso o eletti in
noni e balle straordinarie. Ed ogni anno che passa segna
I piccola vittoria che si rispecchia subito nei Brevi consolari:
^la elezione dei Senatori e dei minori ufficiali, ad esempio, vi
i già in questo senso ima notevole differenza fra Breve del 1161
k Breve del 1163: nel primo, i Consoli li eleggono direttamente; nel
secondo, li fauno oleggcre da ima commissione di persone. Fatti od
osservazioni, questi, che ci permettono di risalire indietro nel XH,
fino ad un' epoca in cui, pur essendo Comune e Consolato piena-
mente costituiti, di Consigli non vi era traccia, ma al disopra della
piccola società comunale di armatori e possidenti si inalzavano i
Consoli ; il Seuato ò il primo organo di gorerno che poi si istituisce,
passando por fasi diverse: ò il primo organo intermedio fì-a il go-
rerno consolare ed il popolo, la prima balla provrisoria che sì con-
solida, imianzi che altre balle temporanee — che rappresentano
In forma originaria della vita politica del Comune ed il processo
oon cui si formano Consigli e Curie — si mutino in altrettanti ufBcì
^■teollegìali stabili. Se esso, nella seconda metà del XII sec., acquista
^LiB]wrtaDza a sd e vera personalità, ciò è indice e conseguenza di
^■■to lotta contro l'accentramento del governo consolare — prose-
^^B^hpoJ dagli elementi più democratici della società cnmimale —
^n^trcoi il Sonato tende a diventuro il depositario della sovranità poli-
tics da delegare ad un magistrato di sua elezione, invigilato in ogni
sno atto, divunso per ciò dai Consoli che eleggono essi stossi i pro-
pri sii'V¥>i«orÌ o, più tanti, i propri elettori ') e clif . u forza lii trovarsi
piò V più voltv al potere, si considerano di fatto («me esenntanti l'uf-
ficio pordirìtto proprio, aventi diritto ad cs.so so appartengono ad un
arti) conihio di famìglie; nessuna meraviglia percirt elio, nella prima
metà del secolo, poc^ avesse penato a penetrare in questa istituzione
UD olemeuto di diritto divino, in quanto che da Dio i Consoli talvolta
rìpetuno, secondo l'espresHÌone con cui si sottoscrivono, il loro po-
') Ptr OentM'a, cfr. H primo Br. consolare, v. XIII ;
I. P- 7.
per Pìm, Sia-
136 n. — ConsolatOj legialaxdone 8iaiutona, cune gyudisriariB
tere; ^) ciò che doveva tuttavia agevolare V innalzarsi e l' isolarsi degP
investiti del potere pabblico al disopra della collettività, il oostitairsi
della personalità giuridica dello Stato ed il penetrare in questo di un
principio etico prima sconosciuto.
Per il suo carattere collegiale^ il magistrato dei Consoli aooentra
naturalmente tutte le maggiori attribuzioni politiche, fiscali, giudi-
ziarie del governo : l'organamento delle forze di terra e dì mare, la
condotta degli eserciti e delle armate, Tamministrazione finanziaria,
la presidenza dei tribunali, i trattati politici e commerciali con città e
principi stranieri; tutte cose a cui i Consoli npn sopraintendono solo
ma danno opera personalmente, ^) o ipso jure^ per l' ufficio stesso
che ricoprono o dopo una speciale delegazione dei consiglieri e dd
parlamento, come nelle ambascerie, nella conclusione dei trattati eoe
Per tutta la sua esistenza, il consolato conserva questo suo carattere
originario, essere cioè potere esecutivo per eccellenza, fornito di
quasi assoluta libertà di iniziativa ed occupato perciò, generalmente,
da uomini di guerra e d'affari, sebbene alle volte vi appaiano anche
dei giudici che escon dallo stesso ordine sociale da cui i Consoli ;
ma in ogni modo non vi appaion nella loro qualità di giudici,
poiché i Consoli a Pisa non sono essi i ministri della giustizia^
Qui si rivela chiara la relazione del tribunale consolare con quello
marchionale dogli ultimi del XI secolo, quando il signore era di-
ventato un presidente inattivo e le cause erano risolte da due giu-
^) Cosi in vari dee.; ann. 1119: e Edebrandus, none Dei gratia Pi-
sanorum consol»; ann. 1153: Nos in excellonti pisanae urbis specula,
disponente domino, consule.s constituti • ; ann. 1164 : < Nos etc. consul D^
gratia Pisanomm > Muratori, Ant, III, 1131, Statuti, in append., p. 18
e 41 ; cfr. anche Pbrtilb, SU del dir. Ual,, II, 38-9.
') Negli Annali delle vane città, in questo secolo, si rispecchia chia-
ramente tale carattere del consolato ; in essi, a differenza delle cronache
del XIII e XIV sexr., tutta la storia della città appar quasi opera per-
sonale dei Consoli ed il popolo è raramente menzionato. < Consnlea
fecemnt, consoles statuerunt etc. » questo è il ritornello di ogni rigo.
Si noti anche la forma dispositiva dei Brevi consolari : « faciam, eli^am
etc. » a differenza di quelli posteriori del Comune e del Popolo ove il
Potestà ed il Capitano non fauno se non presiedere e sorvegliare l'at-
tività dei molteplici ufficiali.
Le aUrtìruxioni dei Ootuoli
137
dici per incarico o con la sola presenza di nuello,') Così nel XH
& Pisa ed altrove: por le causo crimÌDali e por quelle dvili di alto
interesse detrArcivescovado o della Cattedrale vi sono, oltre che giu-
dici, le assemblee dei cittadini presiedute dai Consoli i quali tuttavia
spesso risolTono la contesa in vi» extra^udiziaria;') per le altre, la
caria dei giudici pubblici dove Intervengono i Consoli ma, sembra, in
maniera dirersa secondo le cause. Esisi, come ^ià i Marchesi o Gastaldi,
presiedono il Tribunale personalmente e pronunziano la sentenza —
pur rimanendo la procedura nelle mani di giudici di professione co-
stituoDti la curia, distinti affatto dal collegio dei Consoli — per le
canee al di sopra di una certa somma fissata più tardi a 100 soldi
o per quelle rimesse loro liberamente dalle parti,*) cioò per la giu-
rìsdiicioue volontaria nella quale, piìi che nella contenziosa, sembra
si incarnasse per gli uomini del Medio Evo, il concetto della giu-
stizia;*) per le altre cause essi presenziano solo ed approvano, so^
toscrireudo la sentenza,') veri presidenti inattivi, se questa si può
chiamar presidenza, lasciando la parte maggiore nella elabora»ione e
Qflla pronuncia della sentenza a giudici dekiguti, eletti dai Consoli o
dal popolo e spesso anche dall'Arcivescovo, prima sembra volta per
dalU
' *) Sn dò efr. FiCKBR, Fimchungtn, § 579. Non RÌtrettanto corta np.
para tal nUaxìonc in Lombardia ore mai si parla di gindici nsM^siiorl dei
ConMii e «cmlira chi; i|ui>Hti i-oaduccsisero in pt^rsoaa li? i^aumi ; ìbid. § 5H6
a Santin'i, Studi, p. 30-10, cbc tale diversità crede, fonie con ra^one,
MÌO a|>pareal«.
'] LI SI die. lui, < apud forum pls. clvlt. • detto • curia marchlonis*
OmwoIÌ e popolo oonvon^no per rivendicar da un UHurpntori; rrrd boni
Mensa. Il convenuto rinuncia allc^ tcrr<^ in «lUivlione • comuni con-
vt duavtn consnlum et Cotius populi >. MirttAToui, Aiti., Ili, b:xc«rpta.
die. 1112.
'} Si/liuti, I. Br. Consuluia, p. 13.
') A Siena pure, f trO Contioli del Placito Inttirvengono in persona
*nbi nrlle cantw dì ginriiuliKione volontaria; nelle altre, la dcfinirionii
licite querele Ia Uitciune ad un giudice di prorcKKlene. Cfr. Xokkaikii,
a CanMaia dei CmmÀi iltl PUkUo di Siena, iu Studi Smai, \mi, tX,
p.W.
*i Cosi un dnc. del 1I6H (ARtm. ni Stato, Pìm, l*vrg. OrOm, SS
■Btt. 1158). In una cAUna rinviata ai tre ff ludici, dietro querela preaen-
lata al Conaolt in S. Maria, qucHii in calce al doc. • hatic wntentiam
Issilo 01 confimo • .
188 n. - Consolato, legislazione statutaria, curie giuiixiiane
volta, poi regolarmente per un certo spazio di tempo e per tutte
le cause civili che non cadevano sotto la diretta giurisdizione con-
solare : € electi ad diffiniendas lites et controversias publicas seu prì-
vatas. » ^) Son certo giudici imperiali ; ma nessuna formula mai li
designa come tali nei documenti giudiziari che noi possediamo, an-
che anteriori al primo diploma imperiale (1132), nei quali perciò
essi appaiono quasi come ima emanazione della potestà comunale,
senza pur un accenno alla sorgente prima donde derivano il potere
giudicante : illegalità cui, neir idea di quegli uomini, è forse desti-
nata a sanare la partecipazione dell'Arcivescovo alla elezione dei
giudici stessi e cui sana del tutto solo la carta friderìciana del 1162
se pure essa non conferma anche in questo disposizioni di Impe-
ratori precedenti. Tale intervento dei Consoli nella Curia dei giudici
è collegiale o per rappresentanza; di modo che si prepara il ter-
reno ad una istituzione nuova, il Console di giustizia, che solo lon-
tanamente può esser paragonato ai Consoli del placito di Siena ed
in ispecie di Gtenova.*) Esso rappresenta, con il formarsi di due
^) È la formula di un gran numero di documenti giudisiarì. Non
mi sembra dubbia questa doppia forma di intervento corrispondente alle
due forme per cui passa fì-a il XI e XII secolo il tribunale marchionale.
') Non vi son dati sufficienti per risolver la questione delle attri-
buzioni giudiziarie dei Consoli a Grenova; sembra tuttavia che qui, a
differenza di Pisa, vi fosse nei primi decenni una molto minor distin-
zione di poteri : « consules de comuni et de placitis > è il nome che por-
tano indistintamente i 4 o 6 Consoli eletti ed il piccolo numero eeclade
che poi si dividessero, nel tempo deir ufficio, le funzioni. Solo nel 1133 g^li
Annali segnano ima innovazione grande in quanto danno due grappi
ben distinti di Consoli, gli uni del Comune, gli altri dei placiti, nel tempo
stesso che cresce il loro numero perchè la media è per lo innanzi di 4
e di 8 Consoli rispettivamente. Con ciò il carattere collegiale è rotto del
tutto. La distinzione poi si fa sempre maggiore poiché anche il gruppo dei
Consoli del placito si fraziona in gruppi minori,* ciascuno dei quali agisce
in due «compagne», corrispondenti a due divisioni topografiche della
città. Tale processo dì differenziamento potrebbe indicare la identica
origine dei Consoli del Comune e del placito e la unità originaria del
corpo consolare. Ma i Consoli del placito presiedono, come il posteriore
Console di giustizia a Pisa, o giudicano, come sembra verosimile, se si
pensa al loro numero relativamente grande? In questo secondo caso
bisognerebbe ammettere nel consolato di Genova, da principio, un eser-
cizio diretto delle funzioni giudiziarie, per quanto la scarsesia e la con-
( Ouria legi» * s « Curia tuus > 139
distìnti consolatì, ') la divisione del lavoro negli organi dì governo,
il primo distaccarci dall' albero ramoso della iatìtìizione consolare di
singole attività che cercano organi propri per cui esplicarsi;*) pro-
cesso ohe diviene intenso nella seconda metà del XII secolo, quando
la Wta cittadina ha raggiunto una complessità e varietà straordi-
oaris di fronte a cui il carattere e le tendenze imitane ud accen-
tratrici del Consolato non possono resistere.
Fino ad ora una distinzione vera e propria di curie non vi era a
Pisa: la città certamente eleggeva dei giudici imperiali per le cause
civili minori, le cause di legge da risolvere con le norme del di-
ritto comune longobardo e romano o con le disposizioni già ema-
nate dai Consoli; c-ome pure eleggeva dei provvisori, giudici pur essi
ma con più schietto carattere cittadino, per le questioni di diritto
consuetudinailo, per i forestieri, per le cause commerciali da risol-
vere con più rapida procedura. >) Ma una separazione netta, nella
pratica amministrazione giudi;tiaria e nella natura delle causo a loro
cUone del pochi docnmcnii ^noveei di questo genere non permettano
coucIohIou) sicure, uè lascino vedere se, dopo il 1133, le cause son diret-
tamente trattale dai Consoli del pianto, come Condoli, oppure in quanto
il loro coUe^o contiene nno n più giudici a cui gli altri commettano la
dciÌnÌKÌon(i della causa, pronunciando e ratificando poi tutti insieme la
scDtanxa. Soli' origino dot Consolalo del Placito, Lastio Bntiricklwtgu-
wiffr. P- 135 «gg-
') Caro tic natica 1' capreHsiono del /.. C. Mai., t. XII: • Conaulea
atnuKqni^ consulnlus Mediolani, tam rcipnblicao quam juHtitiac >. Ecnal
In lutic le cillA. come Genova, Lucca, Firenze ecc., dove non uno ma
parecchi sono i Consoli del placito n di giustixia, — che tuttavia dubito
al pouano identiRcare — costituenti perciò nn secondo collegio consolare.
'; Lo ZuliKAiiKH, op. cit., p. 54-t!, dubita appoggiata a solo fbnti gt^nn-
l'opìnionn che i Consoli del piacilo derivino da quelli del Comune;
il Console di ginstleia di Pitm non si può evldenlemciilc metMr in
tuie, derìvaxionc; ma * qui appunto dovo si rivela la differenaa fra
(|Uflllo e l'tstittito elettivo e collegiale dei Consoli del piacilo.
*) L'tvi.sUmna antica di questi provvisori ^ attvHtata dal prologo del
covtiinto (loU'nso e dai doc. l'n prowisore, fìerardo di QofTredo, é pre-
nmio alla transasione di Calcisana del llliO, relativa a Piombino. DI
nodo che non può troppo ofiaolatamente dirsi col Sastini, Stuili. p. W,
— il quale del rveto trotta assai bene questa mahirìa " che gli ufficiati
fomantl i due collegi dei giudici e dei provveditori coslìtuiron prima
Ui mio collegio con compclcnza su ogni causa.
al pò
140 n. — Consolato, legiaiaxùme sUUutaria, eurie
affidate non sembra che vi fosse fra giudici e provvisori, operanti
nella stessa sede di giustizia e con competenza non ben definita gli
uni rispetto agli altri. La distinzione tuttavia, originariamente ap-
pena in germe, si accentua: le consuetudini cominciano dopo il 1156,
pur senza che vi fosse da principio l'idea di un corpo organico di
leggi statutarie, ad esser redatte in iscritto; ^) vengon determinate
le questioni dell' uso e quelle della legge e separate le une dalle
altre; si formano due costituti separati; le due curie si staccano
del tutto, ciascuna con propri avvocati — gli antichi causidici — ; ■)
provvisori e giudici, dopo un breve periodo di incertezza nel quale
o tornano a formare un solo collegio o ne formano due composti
ciascuno di giudici e provvisori insieme, costituiscono due collegi
rispettivamente autonomi. ') Allora appare il Console di giustizia:
dapprima è un Console del collegio, senza nome speciale, dele-
gato temporaneamente e straordinariamente alla vigilanza dei tri*
^) Sol modo si)eciale con cui si redigono a Pisa le consuetudini,
cfr. Gaudbmzi, A proposito di un nuovo manoscr. del Costa, pis., in Ren-
die. ZAncei, S. 5.*, voi. Ili, p. 690 sgg. Vedi anche sull*orìgine del Ock
stit. usos un art. dello Schaubb nella Zeifschrift des Handdsrechif 1896.
*) Cfr. il doc. giudiziarìo pisano, pubb. dal Muratosi, AnL m.
Excerpta, 4 die. 1135, nel quale i giudici sentenziano « negotio a cau-
sidicis utrìusque partis subtiliter disputato etc. > , in una lite fra l'Ar-
civ. ed il Visconte. Su causidici ed avvocati, cfr. anche Fickbr, JFbr-
schuììgen, 111, 98-9. Anche qui a Pisa, gli avvocati si saranno distinti
in < advocati legìs > ed < adv. ex usu > , come a Pistoia ; St(MÌ. Pisi., ed.
Bbrulm, § 131 e 137.
^) Questo risulta fuor di duhbio dai due Brevi consolari (Statuti, I, p. 4,
8, 24-5 sgg,) ; tuttavia, doc. della 2.^ metà del XII mostrano un collegio
di provvisori e giudici eletti insieme per le leggi e per Tuso: cNos
Uguccio index et Bandinus atque Girattus ad causas pubi, et prìv. se-
cundum leges et usus nostre civitatis diffiniendas a Consulibus Pisano-
rum publici elee ti judices et provisores » ( Arch. di Stato, Pisa, Perg,
Primassiale, 31 ottobre 1170). Dei tre uno solo appare giudice e defini-
scono una lite di terre nel loro < consistono > di S. Sepolcro. Bisogna
supporre che, non essendo ancora compiutamente separato il campo della
legge e quello delle consuetudini, le due curie siano egualmente costi-
tuite di giudici e di esperti neir uso. Nel Consta, usus, p. 834, infatti,
si nomina un « provisor curie legis». La stessa formula di «judices et pro-
visores» per le leggi e l'uso si trova anche in un doc. del 1171 pubbl.
dal Valsbccui, De veteribus pis. civit. constUutis, Firenze, 1727, p. 40,
ove viene agitata una causa di legge.
// Cmuok M giiutitm 141
boiiKli ed alla esecuzìono dolio seateoze, conservante tutto il huo
carattere collegiale e compiente da solo - senza tuttavia esclusione
assoluta dei colleghi - certi atti della procedura uua volta compiuti
io distintamente da tutti i Consoli;') distìnto poi, intoma al 1156, col
Buo nome di Console di giustizia e vero e solo presidente, dopo il
1160, delle curie cittadine, ne dirige l'ordioaniento interno, regola
l'opra degli avvocati e si stacca sempre pili dal consolato del Go-
mime con l'autonomia maggioro che te curie acquistano quando si
stabilisce, fra il 1162 e 1163, che le querele possano aucJie esser
presentate ai giudici ed ai provvisori, oltre che ai Consoli.*). Ap-
parso a noi la prima volta nel settembre 1158 *) — e non d di
molto auterìore la sua costituzione, — negli ultimi decenni del se-
colo il Console di giustizia è un ufficiale a bò, escluso forse o al
più partecipandovi in coudizione subordinata,*) dalle funzioni mili-
tari e polìtiche dei collegbì; tiuchd, con Io sparire dei Consoli del
Comune, esso rimane solo, sopravrivondo per tutto un secolo olla
istituzione nel cui seno era sortii: ma il suo carattere originario
di ufficiale esecutivo — carattere desunto da quello del Consolalo —
rimane sempre iutatto. Kssu non 6 un giudice o, per lo meno, la
*) Fra il 1150 ed il 1160, sposso un Console solo, senu epiteti distin-
ttii, compie atti di ginrjsdìzione volontaria e coutcniiosa, assegna tutori
Intiiomc col giadicc. Immette in possesso ece.; altra volta il > Consal juatt-
tlae • compare come tale nel corpo del doc., nei preliminari atti di pro-
cedura; ricompare poi in calce confuso con gli altri corno gempllc»
• cansolt a sottoscrivere la senienxa. Cosi in duo doc. del 1158 e 1169;
AlWM. IH Stato, Pisa, FtTy. Oertoaa. 2» so». 1169; Alien. CiKOKlci,
p«rg. 16 die. 1160.
') Questa disposiaione, mancante nel primo Brow consolare, si trova
■tal «eeondo; Statuii, I, p. 24-6.
*) Doccit. «opra, nota 1, 39 sett. 1159. A Fironse, Consoli di friosUaia
■1 Irovanaolo dopo il 1181, accltl abitualmeute non dallo file dei Consoli
del Coniane, sebbene non fosso escluso che couteiniKtranoamento questi
taateuaeio da Consoli di giustìsia. ClV. Daviiisoun, ChsehicMf, p. 578-4.
') CoA a Genova, nel UHI, duo Consoli do' placiti prendon parto ad
una spedizione comandata da Oberto Spinola, Console del Comune, del
qnaU- c»i, insieme con i • corniti» dplla flotta costituiscono ij Consiglio.
Annali» lanueiuet, I, p. (il. Sugli ufficiali delle spodlsiotti navali in
Otaowm, efr. Bava, Gtnm und sane Marine, p. 132 egg.
142 n. — Consolato, legislazione statutaria, eurie giudisuiarie
qualità di giadice non è un requisito necessario all'officio di Codt
sole di giustizia il quale non fa se non presiedere i tribunali civili,
non ha nulla a che fare, come THegel suppone, ^) con i e causarum
patroni » — giudici e non altro — dei documenti pisani ed ha attribu-
zioni ben distinte e diverse da quelle dei giudici e provvisori delle
Curie ai quali lascia la cognizione reale e giuridica delle contro-
versie e la pronuncia della sentenza, riserbandosi di intervenire nei
preliminari atti procedurali, di citare per mezzo del cpraetor > ^ Tao-
cusato, di eseguire o far eseguire dai suoi nunzi o treguani le sen-
tenze, di invocare il braccio dell'autorità politica ove sia necessario
per farle rispettare, di permettere e presenziare, anche dopo una
sentenza dei giudici, le alienazioni dei tutori a vantaggio dei pupilli, ")
di autorizzare i giudici a dar conferma del sindaco e rappresene
tante che i canonici si eleggono ecc/) La distinzione appare tanto più
chiara a Pisa, in quanto che qui sogliono farsi due documenti se-
parati per la sentenza e per l'esecuzione sua. Neil' uno i giudici
o arbitri sentenziano o lodano e consigliano il Console a dare il
possesso; nell' altro, il treguano compie per il Console Tatto ese-
cutivo.*)
Le due Curie della legge e dell' uso non sono le sole che ve-
diamo apparire ora, verso il 1160; altre ne sorgono, un po' per
il dividersi dell' antica curia di cui perciò son frazioni o sezioni
speciali, un po' per bisogni nuovi, ogni dì più urgenti: co^ la caria
degli appelli, tanto per questioni di legge, quanto di consuetudine ; ^
^) Hegel, Si. della CosUtuz, dei Munic. ital., ed. ital., p. ^9, 503.
') Di questo magistrato pisano non sappiamo se, come il « praetor »
senese del Xn sec., avesse anche Tufficio di sorvegliare le vie e le mura,
invigilar le arti, riscuotere imposte e multe iuflitte dai giudici del Po-
testà. Su ciò, Zdekauek, Costit. senese^ pref. XXVII e Per la Si. del Pre-
tore sen, 1231-41, in Bull, sen, di St, Patr,, VII, III, p. 468-72. Alcune
di queste incombenze sono forse, a Pisa, dei treguani. È verosimile che
la parola si ricolleghi a praetorium, il luogo delle adunanze consolari,
cfr. sopra, p. 121, nota 1.
3) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Cappelli, 8 genn. 1186.
*) Santini, Studi ecc., p. 47.
5) Arch. di Stato, 29, nov. 1181.
^) Statuti, I, p. 4 e 25. Nel 1161, 5 giudici lo costituiscono, e tre nel 1168.
Ottrie degli appelh, dei Iregwmi, dei forestien 143
iella dei treguani, [wr le piccole questioni di polizia urbana e di
^to 'I oltre elle por fuu2Ìoui varie nel coutudo, *) iucaricatì anche
réli Console di giustizia della tmniìasione iu possesso dopo la sen-
tenza:*] quella dei forestieri, sorta fra il 1163 ed il 1176 per le
cttuHu di legge fra nttadini e forestieri*) le quali non (adessero
nella competenza dei provvisori e per quelle tra contadini ed abi-
tanti della città.') In quegli stessi anni, ad ufBcio siffatto, per cause
non eccedenti le 200 lire, era adibita anche un' altra curia, lui
collegio dì arbitri che, nominati da principio per appianare sotto
In presidenza dell'Arcivescovo Villano le cagioni del conflitto fra
Pisa e Lucca, rimangono in vita dopo la pace del 1155, prestando
ugni anno giuramento e per circa un mezzo secolo costituiscono
come un tribunale permaueute di arbitrato per tutte le contese che
poterono esser risolte seuza ricorrere aìVulUrtut ratio delle armi;
e parecchi giudicati che uot abbiamo mostrano che tale curia mista,
formata di due o più membii giurati delle due città, non rimase
inoperosa, per lo meno negli anni di pace. *) À proposito del con-
tado, poi, ci richiamiamo a quanto dicemmo poche pagine addietro:
tribunali fissi nelle varie terre non ne compaiono se uou fra il XII
e XIII, iu conseguenza dei grandi mutamenti che il sorger del Po-
testà porta nell'amministrazione delle terre soggette. Per ora fi
') Statati, I, p. 4 e S5. Due Consoli, prowìaori e tregnani sono pòi dole-
gail «prò jofttitia Tadenda > durante la fiera di S. Maria, Dell'agosto;
lUd-, p. 99.
') Ctr. sopra p. 110-11. Tutte le attribosioni di questa maffis tra tura,
rtsolUno poi dal suo Breve del XIV sec.; Statuti, II, p. 103:t-10f>l.
*) Akch. m Stato, Pisa, Peri/. Ctrtona. 21 nov. 1184.
*j 1 duo Brvvi Consolari tion In rìcordnno ; ma si un doc. del
I17(>. Il 13 luglio im nuneio veneto si presenta ni ire < pablicis fo-
retancorum judìcibua> con lettera del Dogo a reciaiimre da un Pisano
cose che un tal di Veueiia, nuo socio di nave, morendo gli aveva affi-
dato. Riavuti gii oggetti, il uuuxiu lì vl.^ude all'asta. ÀKcn. ni Stato.
Plm, Carir dtl ISanaiai, copia di doc., ad ann.
^1 BoKAiNi, Dipi. }>i*., p. 64, 29 die. 1178 ; giudicato dei tre gladld
la nna causa fra Negro, antiiro uomo del Capitolo ed il Capitolo stmao.
L4t MUtvDui A Infarcita di formule di diritto romano.
*) Per il trattalo di pace del 1155 cfr. appresso, p. 159; per 11 giu-
ralo e per le attribuì, giudiziarie loro, il Br. Conaulum, p. 2B. Nel
144 U. — CkmaokUo, legislaxdans stahUaria, eurie ^iudixiane
sono solo commissioni periodiche di Consoli e giudici che vanno
attorno ad esercitare la piena giurisdizione, lasciando agli arbitri
sopra nominati, nel loro concistoro presso il mercato, la definizione
delle cause civili dei distrettuali ed ai giudici dei forestieri quella
delle cause di cui un cittadino fosse parte. Tutte queste curie
avevano ciascuna un suo particolare Breve a cui giudici, provvi-
sori e treguani giuravano, dopo che era stato redatto da commis-
sioni di savi cittadini. ^)
L' istituzione del Console di giustizia si ricollega dunque in
Pisa a tutto un riordinamento delle leggi civili e della prooedura
giudiziaria, ^ in conseguenza specialmente della redazione scritti
delle consuetudini, cominciate a formulare con vigore di legge nel
1156 e pubblicate in corpo nel 1160; si ricollega forse anche ai
mutamenti che ora si iniziano nei rapporti fra i Comuni e l'Impero:
il desiderio intenso — come noi vedremo fra poco — di una più
intima solidarietà con V Impero, spinge naturalmente il Comune
pisano a cercar di legittimare tante irregolarità dei suoi ordinamenti
intemi; il timore di incorrere nell' ira di Federigo, come già molte
città lombarde, e di vedersi combattuto nella libertà antica delle
proprie consuetudini che V Impero voleva distruggere, inducono il
Comime a procurare una più alta legalità e regolarità nell'ammi-
nistrazione della giustizia : codificando le consuetudini e dando loro
la dignità ed il vigore delle leggi longobarde e romane, si vuol
togliere ogni pretesto a qualunque ingerenza dell' Imperatore nella
materia dei feudi, del commercio, dei contratti livellari e nelle norme
regolanti i nuovi rapporti di servitù stabiliti dalla città nel con-
tado ; ingerenza cioè nel campo proprio del diritto consuetudinario,
1183, Alcherìo e Torchio < pùìiani et lucenses arbitri > definiscono il
clamo di un lucchese contro un pLsano csecundum forman ordinamenti
inter Pisanos et Lucenses positam; » Arch. Roncioni, Pisa, perg. 20 ott.
1184. Ancora il 29 die. 1191 si trova una sentenza di questi arbitri.
SttituH. I, p. 28, nota.
*) Siiittiii, I, p. 4. A noi è rimasto in una redaz. del XIV sec.,
solo il € Breve curio arbitrorum » sopra cit.
*) Non ha nessun fondamento tuttavia quel che dice o suppone il
Gaudenzi, op. cit.y p. 698, del e primo consolato» che nel 1156 avrebbe
La società oomunalt e/i it diritto 146
U creazioue più schiotta delle miore cìttadìnaDzo dello quali esso
costituisce cume il cemento e In biise; combattuto perciò da chi
le cittadinanze \'uol rìsosping;ere indietro, abbassandole al livello
di puro corporazioni private. L' apparire del Console di giustizia
è proprio negli anni di tal redazione che portò naturalmente con sé
una più netta divisione nelle due frazioni dell'antica curia dell'uso
e della legge; ò quasi uno specializzarsi che avviene nel campo del
diritto, come di chi deve invigilarne la retta appItcAzione, dopo che
il compito dei Consoli del Comune t< divenuto tanto più gravoso
6 difficile. Ora è questione di ttitti 1 giorni lo stabilire a qual curia
ana causa debba esser trattata, interpretando rettamente te nonne
Gttaate all' Dopo nel costituto dell'uso; la amministrazione della
giustizia diviene una azienda complicata che richiede un apposito
funzionario pubblico, il Console di giustizia e che si distacca ogni
giorno più dall' amministrazione e dall'elemento cittadino fino a
cader» più tai-di. col Potestà, nella competenza esclusiva di giudici
e giuristi forestieri, donde una certa maggior separazione di poteri
net Comune. I rapporti giuridici crescono, insieme eoa quelli di
&tto; i concetti del diritto si svolgono, la pratica giudiziaria si per-
fiaziona abbandonando il vecchio empirismo, le consuetudini acqui-
stuio diguitii, precisione, forza di logge, mentre la coscienza popolare
ne elabora sempre di nuove; ^) il diritto diventa una produzione
eomindato a conUrai a Pira, cioè fonte il consolato annualo; l'eapres-
rinno • prìmus consul ■ con cui nel 1156 si trovn dcHignato Cocco in una
ìferìz. pnl)]. dal Bosaini, Anh.Sbir.itat., VI, II, 16, — ed a «lae-sta IscrlK.
egli certo si rireriw»! — indica con tutta probabilitA solo il grado ge-
rarchico che oul consolato avevn Cocco.
') L'attinti murinarcscA come era stntn Ih prima n la più ffvonda
genemtrim di cousitc ladini, co^i Regnila a gcn<i Statuti. Ifl, Br. Mari«, p. 356. Anche t Consoli dei Hitrcanli
dUtin^aoao tn il Costit. dell'uso ed 11 • bonnm osnm cirrtBno le
pando del Prologo: • extra quod rolnmen si quod alind conatitntom de
adbOB ■eriptam invenitnr, sntorìtatem non habero conatituimas eie..*
146 li. — Consisto, UffishxiofK slalutarta, curie giudixiarit
riflessa dello spirito, pure come specchio del mondo reale; lato-
noscenza delle leggi imperiali, necessaria per le relazioni con l'Im-
pero, e delle leggi giustinianee crescono assai rapidamente nella
2.* metà del ÌTTÌ secolo, quando anche a Fisa si trova quella che
è gloria massima di Bologna e causa prima dell'importanza del sao
Studio : la piena separazione dello studio del gius civile dalia teolo-
gia e dalle arti del trivio e del quadrivio, per cui quello acquista
importanza come scienza a sé; separazione preparata dalla cono-
scenza antica di qualche manoscritto del codice teodosiano o giusti-
nianeo ed anche delle Pandette — è ima ipotesi, ma uecessarìa pa
spiegare l'entusiasmo e la subita coscienza della importanza del
famoso codice, appena trovato — e suggellata, alla fine del secolo^
dall'insegnamento del diritto nello Studio pisano, nella e uiiìtot-
sitas > — così possiamo chiamarla fìu da ora poiché la parola indica
solo il vincolo corporativo fra scolari e maestri ') e non iodode
alcuna idea di riunione di vari insegnamenti *) — donde tanta luce
di coltura giurìdica si diffonde in quel secolo sopra le città vicine di
Toscana. *) Abbiamo insomma Io svolgersi ed il perfeztonu^ del
diritto — creazioue degli uomini in istato di società — con lo
svolgersi ed il perfezionarsi della società medioevale stessa.
È questo il tempo dei grandi giureconsulti pisani: Burgondio
che forse trovò a Costantinopoli il Codice nella lunga dimora
(1137-40) che fece laggiù, lo portò a Pisa, lo studiò, lo tradusse; *)
Bulgaro, seguace d' Iruerio, che insegnò a Bologna e forse fu il
divulgatore nello Studio bolognese della conoscenza e della fìuna
come ri-fcrentisi alle parziali pubblicazioni di consaotadini fatte prima
del 1160 o ad altre raccolte dì privati, mancanti di carattere officiale.
Anche in Lombardia si trovan distinti gli -usus . o «mores», aaove
usanze che si formavano, dalle f consnetadinet; > , nome riservato alle
usanze già messe in iscritto, con la sanzione del potere legislativo.
') GiBRKB, Deutsche Genossenachaflsrtcht, HI, 142.
') Dkniflb, Die Entstehung 4ser troppo al di sotto nella difos»:
ooe) specialmoute i conti Guidi, piantati saldamente nel cuore della
Toscana, gli Alberti e più lungi, in misura minoro, gli Aidobnui-
d«twhi. Fra Pisa e Lucca, oramai, la cagiune determinante del con-
flitto è il' indole rammerciale. A parte il piorulu traflìiH) per avqua
liei Lucchesi, lungo il Sort^hio e nel porto di Motrone, non tale
150 m. — Politica esterna e poliUea
da destar gelosie e conflitto di interessi;^) ma Lucca era certo in
una posizione più acconcia per attirare gran parte del trafiBco di
Lombardia e d'oltre Alpe, pel quale essa costituiva il necessario
punto di fermata sulla strada di Boma: delle tre più frequentate
vie per cui dal nord d' Italia si andava al centro del mondo cri-
stiano, degli affari e della circolazione monetaria, cioè le vìe Forlì-
Arezzo, Bologna-Firenze e Parma-Pontremoli, nessuna passava per
Pisa che in tal modo era quasi tagliata fuori del movimento dei
mercanti e dei pellegrini passanti per la Toscana: la Parma-Pon-
tremoli, la famosa via francigena che da Pavia, la capitale del regno,
conduceva a Roma, veicolo agli uomini, alla coltura, alle leggende
di oltre Alpe,*) aveva, è vero, presso Viareggio, nel punto in cui
piegava sopra Lucca, Fucecchio, la Yaldelsa e Siena ima diramazione
verso Pisa, attraverso un territorio paludoso e selvoso; ma il culto
del Volto Santo, a Lucca, i disagi della via maremmana piena di
paludi e di fiumi impersii, la scarsa sicurezza della regione co-
stiera^ attiravano la maggior parte dei passeggieri per il ramo
principale della via francigena. Lide irae! Di qui Faccanirsi deUa
lotta attorno a Fucecchio e suirArno dove i Lucchesi potevano
anche interrompere la via Pisa-Firenze, cioè la maggior arteria fra
Tintemo della Toscana ed il porto pisano e molestare la naviga-
zione fluviale a tutto vantaggio del porto che Lucca possedeva sul-
TAmo;*) di qui la complicata e varia politica delle due città verso
*) e Homines qui introjerint in flnvio Sercolo vel in Motrone cum
navi sivo cum navibiis causa negotiandi cum Luc^nsibus etc. » Dipi, di
Enrico IV ai Lucchesi, del 1081; Fickbr, Forschitngen, IV, 124 e le suc-
cessive conferme, STrin»F, Acta Im])erij inexl., n.^ 89 e 1^, ann. 1116
e 1158.
*) Vedila illustrata ampiamente dal Raina, Una iscrizione nq^esina,
in Arch, Stor. ItaL, S. IV, T. XIX.
3) Davidsohx, Geschichte^ p. 285, nota 6; Anselmo Arciv. di Can-
terbury, \'iagg'iando da Roma verso Lione, fra il 1103 e 11(V4, passa per
r interno della Toscana « non per bre\'iorem sed per tutiorem viam
usque ad securitatem. »
*) n dipi, di Federico I al Vescovo lucchese, del 1164, gli riconosce
il dominio «in aqiiis se'u in portii de Arnoj», SxrMPF, Acta hnperij
ined.^ p. 199.
Luoóa e Gmom
151
L i feudatari grandi e pìccoli della Luuip;iana a della Garfognana,
■ forti della posizione che permetteva loro di taglieggiare i mercanti
I coi dazi e con i pedaggi di che avevano assiepato la vìa fran-
I cesca: la storia tre volte secolare dei rapporti di Pisa e di Lucca
Leon quel nugolo di signorotti annidati nelle rocche di Corvara,
Tallechia, Montemaguo, Aghinolfì ( oggi Montignoso ) ecc.; 6, nei
dettagli, quel che di piìi imbrogliato si possa immaginare, per
quanto, neir idea generale che la informa, assai semplice: a volta a
volta combattuti o adescati dalle due città, essi si assoggettavano
oggi per ribellarsi domani; si appoggiavano all'una per sostenersi
contro l'altra; ingraziati con i benefici, tradivano per averne degli
altri da quelli a cui vantaggio avevau fatto il tradimento. Il valore
della loro amicizia cresce a mille doppi, per Pisa e Lucca, nella
tieconda mota del XII secolo, quando Genova, piantatasi salda-
mente a Porto Venere, 1' estrema punta sud-^st del suo territorio
od il punto strategicamente più notevole di tutta la costiera ligure, ')
pu6 stender la mano a Lucoi nella guerra contro la comune ne-
micn od allora i monti della Lunigiana, Qarfagnana e Versiglia
diventano una delle regioni piti contrastate, più ricche di intrighi
diplomatici, più importanti per l'equilibrio di una vasta regione.
Non era un fatto molto comune e naturale questo di una al-
leanza fra due città di regioni o d'indole sociale così diverse:
aneho noi XJII e XIV sec., quando pure i rapporti fra Comimo e
Comune si erano tanto allargati e le coalizioni avvenivano frequen-
iis«sìm«, queste avevan carattere prevalentemente regionale o, se usci-
vano dalla regione, avveniva solo contro un nemìcji che minat^ciaase
tutti egualmente, come coutro la compagnie di ventura o qualche
ambizioso e minact^ioso signore dì Lombardia : ma, in generale, Ìl
fattore geografico era sempre il determinante e prevalente; Lucca o
Ottnova invece eran lontane e per dì più non senza ragioni di
conflitto esse stesse, nella zona contermine dei monti lunìgiaiti.
Percif) nel 1168, quando i Lucchesi mandarono a Genova dei prì-
') Cfr. qannto «i
Uartne. ]•. 14!) s^g.
Porto VoDc^rc rncco^lìe I'Hkvk, Genaa uiul teiiu:
152 m. — Politica estema e politica ecdeaùutiea
gionierì di Pisa, gli Annali pisani potevano farsi eco della e mala
fama » che per tutta la Toscana risuonò contro di quelli che an-
davan portando f in aliam provinciam > gli odi e le guerre loro. *)
Grossa ogni dire e tale da muover profondamente tutta la
Toscana, era stata la guerra accesasi nel 1143 fira i Lucchesi ed
i Pisani per il castello di Aghinolfi e per la via firancig^na e
lungo TAmo, occupate e rotte, come sembra, da Lucca; *) guerra
caldeggiata anche dall' Arcivescovo Balduino che vedeva tanta
parte della sua diocesi, la Yaldera, sempre nelle mani dei Luc-
chesi ^ ed intrecciatasi con V altra fra Siena ed il Conte Guido
da ima parte, Firenze dair altra : quindi Senesi, Guidi, Pistoiesi,
Lucchesi, Faentini ed altre genti di Lombardia e Marca anconitana,
contro Pisa, Firenze, Prato e conti Alberti, *) mentre si dimo-
strava evidente la assoluta impotenza del Marchese di Toscana ad
esplicare una qualunque azione in mezzo ai contrasti delle città
e dei feudatari. Dopo una breve tregua procurata nel 1148 dal-
l' Impero e da Papa Eugenio nelF interesse della Crociata e pro-
mossa da Pisa che voleva parteciparvi, riarse la contesa, pur con
un diverso aggruppamento di alleanze, e si protrasse fino al 1155
quando la pace fu affrettata e dalla stanchezza dei contendenti e
dall'opera del Barbarossa sceso ora sui campi di Boncaglia a dar
principio di esecuzione al piano di riordinamento dell'Italia che
già il predecessore, in mezzo alle cure per la crociata ed ai tor-
*) Armali pisani^ arni. 11G8 : < Lncenses malam famam per totam
Tusciam habuerunt, quia Pisanos captos in aliam provinciam transmi-
serunt >.
') Annali pisani, aun. 1144 e . . . proptcr inioriam do castro Aghi-
nolfi et de strata Franconim et Arni Pisanis illatam etc. >
3) Cfr. in Uqhblli, III, 392, la visione di un chierico sardo nella
quale lo spirito di Balduino, morto nel 1145, non può ottener la pace
celeste « quoniam propter ipsum inter pisanos atque lncenses popnlos
diutiu*na jam guerra versa tur » .
^) Per le vicende di tal guerra vedi, oltre le fonti antiche (specialm.
gli Annali pis., fiorent. e senesi) I'Hartwig, QueUen und Forsch. zùr
altesten Gresch. der Stadi Florem, II, p. 31 sgg.; Davidsohn, Gtschichie,
p. 435 sgg.; Santini, Studi sull'antica costituz, del Cam. di Firenee, estr.
dall'^rc^. Star. Ital., 1901, p. 49 sgg.
Pisa e l'Impero
153
I bidi di Oormania, aveva ramìiiciato a disegnare. Da questi aDiii,
I per questi propositi dell' Impero, cominciano a prendei'e una p^nde
I linportanza i rapporti snoÌ con Pisa, designata e destinata a co&-
I dintrice del sire germanico; le relazioaì dell'Imperatore verso la
■'.nostra città cominciano ora a costituire uno dei uaposaldi della
politica imperiale in Italia.
Già da parecchi anni si era affacciata la necessità storica di
questa alleanza. Nel 1137 i Pisani, accorsi poco tempo innanzi a
partecipare, in soccorso dei Napoletani assediati da Ruggero nor-
manno e bloccati dallo navi amalfitane, a quest'ultima lotta contro
tn momurhìa acventratrice degli Altavilla ed h dare i primi for-
midabili a>lpi alla fortuna di Amalfi, arovan seguito con le loro
navi la spedizione di Lotario contro i Normanni, formandone l'e-
strema ala destra, necessaria ad assicurare il dominio del mare ed
a protegger le operazioni dell'esercito di terra nell'assedio dello
ritta. I Pisani sì erano impadroniti di Ischia e di Sorrento costrìn-
gendo gli abitanti a giurar fedeltil all'Imperatore; avevan rinnovato
gli assalti devastatori — da cui la nttù non si rifece più — contro
Amalfi, Atrani, Kavello, Scala, e costretto Salerno ad arrenderai,
MDMi dicYin gli Annali, < imperatori Lothario et pisanisi i quali
ultimi avevano, con tutta probabilità, stretto col primo un patto di
^spartizione delie terre da conquistare. ') Il ritinto dei Oenovosi di
partecipare alla impresa *) aveva accresciuto questa solidarietà ed
intimità di rapporti con V Impro che già, noi bisogni della sua
politica italiana, measo in mezzo fra Genova e Pisa, appariva
gravitar con più forza sopra quest'ultima città di ToscAJia; quan-
tanqui.^ la spedizione stessa di Napoli sì incaricasse dìmostruro
luniDosamente che non la difesa dei diritti dell' Impero, non l'a-
mon- jHT l'idea imperiale o Ijmlo meno un umile sentimento
di siiddiljinza, spingeva Pisa a tianco dei Cesari tedeschi, ma
aulo il proprio interesse, il desiderio di sbarazzarsi di certi rivali
'> ScMiPA, Blorin del Ihicnto Napoletnnn. Ift05. p. 3W.
»1 \ja dimnslra il Maswioni, Storia ddla Marina Italiana, 400-Ì36t,
Uvorno, 1899, p. 191.
154 m. — Politica estema e politica eocìesiastiea
ed il bisogno di appoggio nell'aspra gara per la supremazìa com-
merciale : ^) si trattava in fondo di procurar valore reale ai privi-
legi che iin dal 1081, con Arrigo IV, assicuravano piena libertà
di traffico nel territorio dell' Impero ai mercanti pisani. Tuttavia
quel fatto di guerra, arricchito piti tardi e quasi idealizzato da
tradizioni gloriose, *) doveva dare come un primo suggello all'ami-
cizia di Pisa e dell'Impero, costretto sempre, se voleva le navi
per l'attuazione dei suoi disegni, a favorir quella — come già lo
stesso Lotario nel 1136 a danno dei Lucchesi e Fiorentini, poco
prima della spedizione nel Regno — contro i nemici assiepati al-
l' intomo, per terra e per mare.
E quel che avviene anche verso il 1150, quando, di fironte alla
alleanza conchiusa dagli Imperatori di Oermania e d'Oriente per
una gagliarda spedizione contro Ruggero, i (Genovesi si trovano in
condizioni interne tali da non poter partecipare all' impresa ed i
Pisani coinvolti nella guerra lucchese e pur desiderosi e forse
deliberati di accostarsi alla lega, in seguito alle pratiche fatte da
inviati greci; ') di modo che nel settembre del 1151 Corrado po-
teva scrivere ai Pisani di aver rivolto ogni pensiero e ad res
Italie ordinandas et pacandas > e mandato perciò suoi legati, TAr-
ci vescovo di Colonia Arnoldo e l'Abbate Vibaldo; aver deciso
ormai il viaggio di Roma, durante il quale egli e nemico dei loro
nemici ed amico dei loro amici » avrebbe innanzi tutto visitato la
fedele città. *) Compito dei legati doveva esser consigliarsi col Papa
e con i Pisani sugli apparecchi di terra e di mare per la prossima
impresa, pacificare per conseguenza Pisa e Lucca ; ma dalle parole
^) E nota la condotta, dei Pisani dopo caduta Salerno : adescati pro-
babilmente dalle lusinghe di Ruggero, rompono ogni relazione con
Lotario, patteggiano col presidio chiuso nella cittadella e col Re e
fanno vela, carichi di prede, verso la patria.
') Alludo alla tradizione del ritrovamento delle Pandette ed alla
leggenda che Napoli restasse per sette anni sotto il dominio pisano.
• Su quest'ultimo fatto, cfr. Sciupa, Storia del Ducato Napoletano, 1. e.
3) Laxger, Politische Geschichte, p. 45 sgg.
*) M. G. H., Legum, sectio IV, Constitutiones etc., t. I, p. 186;
Corrado « consulibus, capitaneis et univ. pop. pisano. »
Pisa ed il Marchese Guelfo 155
' della lettera dell' Imperatore e dal suo desiderio <;be Ì Pisani asei»-
Bero dalla lotta piìi avvantaggiati e forti che fosse possibile, ognuno
inleude rome la mediazione dovesse riiisdr piuttosto un favoreg-
giamento dell'una città a spese dell'altra, nelle trattative di pace
con Lucca e Firenze. E questo sembra che reaUnente avvenisse; ')
di modo che Pisa poteva scrivere all' Imperatore superbe parole
dì esultanza. *)
Mutaron tuttavia le condizioni la morte di Corrado nel feb-
braio 1152 e, poco dopo, un acconlo Luctra-Genova che era una
dolorosa ferita per Pisa, in quanto che rafforzava militarmente
le due città nemiche e toglieva ad essa il monopolio nell'importa-
zione ed esportazione dei prodotti d'oltre mare e di Toscana, specie
dei teoaiiti di Lucca, sui mercati forestieri; ■) nel tempo etesso,
l'Imperatore accennava a mutar linea di condotta verso la nostra
città: richiamato il Marchese Ulrico di Attems, gli sostituì un
nipote proprio, nipote anche della contessa Matilde, Guelfo, che
già aveva, d'accordo con Ruggero di Sicilia, quando contro costui
si stringeva la lega dei Pisani e dei due Imperatori, wngiurato
ai danni di Corrado e che ora, quel che ò peggio, prese un titolo
dio ai i'isunì doveva riuscire assai ostico: < princeps Sitrdiaiae,
Uarchio Tnsciae et Corsicae etc. » *) Era una sfida contro ie aspi-
nucioni di Pisa sacrificate alla ferma volontà di rivendicare ogni
diritto dell' Impero ed a quel disegno di riconciliazione con la casa
dei (ruelfì elio Federico perseguiva ? *) Od era piuttosto un ao-
c«rto ottu politico dell' Hohenstaufien, rivolto a disarmare, senza
tuttavia cedere ad essi, l'opposizione dei Pontefici che pretendevau
quei territori, affidandoli al governo di uo uomo e di una famiglia
ch« con la Curia romana avevnn antiche relazioni di amiciKÌa'i' Una
*) OAViuaoHK, Geschlcht», p. 449.
>l «. O. H., Ijs'""- ^"l- '■''■- P- 186 {wanA a»tt) . No» Dei ifrati»
brairalrntìe vi-atrc Inrgitnb' pcrfiixi proi^pr^rr ngimus , virilit«r ince'
dlniiu, BTiiwr IiihUw viclonut esi^titnnH. •
^ La>er juHum. 1B7. 10 luglio 11R2.
•i DavidhiiKK, GtucMrhtt, p. 449 e nota h.
'•} OvBHHANN, Griifin MalMUle iim Tu»c{«n, p. 59.
156 m. — PoHHca estema e politica ecdesiasHea
strana sfida od un atlo di dubbia utilità, in ogni modo^ una volta
che fatti a danno della città che sola, in Toscana, poteva dar effi-
cacia reale a quel titolo di « prìnceps Sardiniae. > Le malattie e
gli ostacoli di vario genere che impedirono anche brevi dimore
nelle terre del suo governo al marchese Guelfo, a tutto vantaggio
dei feudatari e delle città occupati a far l'ultimo scempio dei diritti
imperiali, ^) tolsero ogni valore alla concessione di Federico I e
glie lo avrebbero tolto, anche se ciò non fosse stato, le condizioni
reali di Toscana, la potenza di Pisa, il bisogno dell' Imperatore
di forze navali, la mancanza di forze proprie dei Marchesi; ma
per ora, il momentaneo raffreddarsi dei rapporti di Pisa con P Im-
pero diede nuova lena ai Fiorentini ed ai Lucchesi, proprio mentre
dentro la città nostra la ribellione dei Visconti imperversava per le
vie e dalle torri e tutto il popolo era diviso in due campi armati
r un contro l'altro. Che questi torbidi intemi stiano in una qual-
che relazione con i mutamenti e fatti esterni, non è difficile, seb-
bene difficile sia determinare più da vicino tal relazione. E pro-
babile desse pretesto ed alimento alla lotta intema la questione
della linea di condotta da seguire verso l'Imperatore Federico ed
il duca Guelfo ; questione che si riconnetteva con tutte quelle di
Sardegna, (ton gli interessi antichi e le ambizioni sempre crescenti
che spingevan Pisa a trasformare in dominio vero e proprio quello
che finora era stato un libero campo di conmierci ove i mercanti
pisani avevano predominato sugli altri. Poiché quest' isola, de-
stinata a controbilanciare la potenza ogni dì crescente dei Geno-
vesi nella Corsica, diventa ora il centro di tutta l'attività diplo-
matica, guerresca e commerciale di Pisa. Si intende bene che,
congiunte strettamente Genova e Corsica da rapporti di dominio
politico, sarebbero state soriamento compromesse le relazioni di
Pisa con la Pn>veJiza, la Spagna e le Baleari, senza una posi-
^) Gli anni dal 1137 al 1155 furono 1 più funesti per il patrimonio
matildino in Toscana e Lombardia; in essi si compierono da per tutto
le aspirazioni delle città tendenti a ricostituire T integrità del loro ter-
ritorio. OvERMAXN, Grafia Mathilde mn Tusckn^ p. 60 sgg.
Per il dominio M mtàUerratuo
167
e sicura nella Sardegna che ora anche punto di fermata asBtd
eia per le navi che facevano il traffico d'Africa, ed emporio
i di svariati prodotti dei t|ua[i alcuni, corno legno da
r costruzione, pece, formaggi ecc., costituivau l'oggetto principale
I del commercio pisane con l'Africa settentrionale. Gli scambi con
la Spagna e con le Baleari, sebbene non rilevantissimi, avevan
} la loro importanza; la spedizioue del 1113, merito pnnripalo
\ dei Pisani, gloriosa come fatto d'armi, non aveva dato, è vero,
I risultati pratici co rrispon dienti ; città e principi della costa spa-
i gnola e francese, provvisti di eccellenti marine commerciali e mi-
litari, come pure i Genovesi più vicini, dovevano essere i vitto-
riosi sai mercati di Provenza, dì Catalogna e delle Baleari, per
quanto i Pisani protestassero >) e cercassero, nella 2* metà del
XH secolo, TOU trattati di amicizia e di commercio, resister colà
alla manta saliente di Oenova, ') mirando a far di Valenza, Nar-
bona, Nizza, GrasMt, Arles altrettante alleate contro Genova nel
modo stesso che Genova faceva ogni sforzo per trarlo nell* or-
bita della alia politica. E si intende perchè: la Provenza era uno
dei ^(Uioi di Genova ed ì Pisani volevau le fosse cliiueo, patteg-
f^iaodo per di più con quelle cittadinanze che il grano che i loro
memaiiti venivano a caricare in Maremma non dovesse esser per
conto dì Genova ; espediente a cui quest'ultima era costretta a ri-
rorrere specialmente negli anni in cui, accennando essa ad ac«o*
') Cfr. la lelicra dei Consoli di Pisa al Conu-. ài BarcoUoDA nel 114G,
per U spedizione che i Genovesi condusser contro Minorca, pubb. nelle
tttm. R. Arrad.dtla Hat. di Madrid; Man^koni, Storia d. Marina ilal..
p. 3QH.
'i SoB del usa il tratiato col Ite di Vatensa (Akch. di Stato, Pisa,
Alti putMiei. UGO; osenz. per 10 anni da dazi e gabelle al Pis«nì);
Ati 1164 con la ViscoDirstia di Narboua ( ibìd., 29 apr. Il6ri; tener ta
p*c« a garantir le proprietà e persone dei Pisani ) dove poco dopo, nel
1171, il Dnca Raimondo 6 indotto dn una apcdis. genov. a non «muto t-
leni nelle sue (erro I Bsnni (AIU Soc. lìg. 1, p. U2 ); del IITT con Ntnn
(BoxAni, Ùipt. pia., p. 61, 29 marzo IITH) antica alleau di Pisa ma
cMiretta, dopo che nel llTtì era caduta nelle mani del Duca di Nar-
botia, ■ «e^me la politicA antipisana; con GraitBe di l'rovonsa del
1179 rUriLwoiu, Ani., di Liber Jurium. I, liH) e 202.
*^ KAi»r-HERR, Die abendlìindiso^ Politìk Ktiìser ^faìUielJf mii beaon-
drer EUcksidtf auf Deuf schiumi, p. 59 e Maxfroxi, Storia d. Mar, Hai,,
p. 220-221.
Pisa ed i Normanni 159
[ Bepubblica, si era a Palermo ai'cordata con i Normuiiii con un
I trattato cho ben tradisce sotto l'appuronza commenùate il suo vero
ftijmrattere politico. ') Crollava cosi, di fronte ai discordi interessi
[ delle cittd italiane che avrebbero dovuto dare la forza per una
I qualunque impresa dei Tedeschi in Italia ed alla incapacità del-
I r Impero di conciliarli tinello suo compito fosse di strappare ai
p Cornimi i frutti di mez/.t> set^olo di dure lotte, il grande disegno,
I ool pieno trionfo della politica normanna ; ma Pisa che già nel
I 1154, aderendo alla lega, aveva brigato con i baroni ribelli al Re
Guglielma e dato opera presso la Corte del Sultano d' Egitto per
fiirlo accostare alla alleanza, ") tanto più strettamente le si veniva
legando (juauto più Genovesi e Veneziani se ne staccavano, guf^
duguati dair abile politica dei ministri normanni e Firenze chiu-
deva le porte in faccia a Federico nel suo viaggio verso Roma.
Oli ambasciatori di Pisa, recatisi a Bologna sul principio del 1156
a salutar l' Imperatore, ebber da lui insieme con lusinghiere ac-
coglienze *| r invito — probabilmente già fatto la prima volta a
Rom^Mglia — di affi^ttaro i preparativi per la spedizione contro Gu-
glielmo. E l'intrapresa sembrava ora detini ti vamente fissata; ma
anello questa volta essa andò travolta in mezzo alle difficoltà della
incoronazione romana ed alle diffidenze assai probabilmente non
afbtto scomparse dei Pisani stessi, dimostratesi chiare nell'alacre
open della costruzione delle mura < ob metmu imper. Frìdericì >,
come ai esprimono gli Annali. •)
Ha intanto, presumibilmente per i buoni uffici di Federico,
enui posate le armi: Pisa e il Conte Guido da una parte, Lacca
e Firenze dall'ultra venivano nel gennaio del 1155 a trattative di
pace, comprendendovi anche gli alleati rispettivi : Siena, Pistoia,
') È pnbl. dal Tbomah, Urltuntlen tur alftrm nandets — utul SlaatM-
e der BtpuhUk Ven^dlg, in FonleK Btrum Austrfacarum, voi.
XU:I, p. 13G.
*) StRA<;iraA, n regno di Ouglkimo I, Palermo, 1B95, p. S3 sgg.
*) Annali iniutni, «nn. 1155. • In seguenti anno (1166 st. pia.) etc. pi-
MnadvibU) et leg«li bonoreni habnit (!) sn[icr omuva civitatea Tosciae *.
*) AnnaU piaani, tata. 1156 o 1157,
160 m. — PolUiea estema e politica ecdesiattiea
Marchesi Pallavicini et Alberti da una parte; Prato e nobili di
Garfagnana dall'altra.
Questo trattato ^) dà una idea abbastanza corrispondente al
vero delle molte e complicate questioni che tenerano in anni
Pisani e Lucchesi e che ora dovevano essere appianate da una
commissione di cinque dignitari ecclesiastici delle due città, presie-
duta dall'Arcivescovo Villano: castelli e territori in Yaldera e
Yaldarno; dipendenza feudale dei cattani garfagnini e versigliesi;
giurisdizione arcivescovile e comunale; dazi e vie commerciali. Si
stabili a proposito di dazi e vie che i Lucchesi non avrebbero posto
ostacoli ai forestieri che per la via regia andassero a Pisa, nò ai
Lombardi che per giungervi passassero prima per Lucca ; ma
Francesi, Tedeschi ed altri oltramontani fossero costretti fare in
quest' ultima città una breve fermata pagandovi gabella, salvo nei
dieci giorni precedenti e nei dieci seguenti la festa di S. Pietro ;
i barcaioli pisani che per l'Arno toccavano Fucecchio o altri ap-
prodi del territorio lucchese pagassero un ripatico. Più che pace
fu tregua, questa del 1155. Tuttavia essa avvicinò più stretta-
mente riavvicinò Pisa, Lucca e Pistoia all'Impero; ma Firenze,
offesa negli interessi suoi sul territorio dal diploma imperiale al
conte Alberto di Prato, il 4 giugno 1155, ^ prese atteggiamento
ostile a Federico che attraversava il contado fiorentino. ') L' Im-
pero tuttavia non sapeva nò poteva durevolmente conciliare gli
interessi opposti delle città nemiche; sempre quel che esso edificava
con una mano, distruggeva, senza volerlo, con l'altra. Nel luglio
1155, per dar prova di favore a Lucca, le riconfermava il privilegio
della zecca proibendo severamente la riproduzione di monete luc-
chesi; *) un mese appresso, dal territorio faentino, annullava prati-
^) BoNÀiNi, Diplomi jnsanij p. 28 sgg. La data erronea del 1158
apposta dal B. è corretta dal Davidsohn, Forechungeìiy p. 99.
*) Stumpf, Ada Imperij iiied., 111^ p. 153, n. 127; Saìttini, Studi
ecc., p. 9 e 55.
') Davidsohn, Geschichte, p. 445.
*) Stumpf, Ada Imperij ined,, n. 129 e Reg., n. 3718; Zanetti,
Nuova raccolta delie monete e zecche d'Italia, Bologna 1779, II, p. 415-16;
efr. anche Langer, Politische Geschichte, p. 58, nota n. 3 ; qui sopra, p. 2.
La paee dti 1165
161
f mmente il valore di tal privilosio, rinnovando anche ai Pisani la
I concessione ili Corrado di coniare una moneta, ohe fosae valida
per tutta Italia. Ora, siccome i Pisani da quando avevan ricomìn-
1 ciato a coniar monete si erau vaisi del tipo lucchese, accreditatis-
L Simo in Toscana ed in Italia, così il diploma imperiale significò per
eesi come una tacita approvaziono dell'abuso o da questa la città
si seni) iucuraf^ginta a continuar u sfruttare il credito della moneta
I Inocbese, dando una più vigorosa forza di espansione alh propria,
apeeialmenle nelle città dell' interno, unite a Pisa dalla via naviga-
bile dell'Amo: ben presto infatti i denari pisani si trovano in Fi-
reaso M>.>4;anto ai lucchesi, ') sostituen-ìosi ad essi a mano a mano
che rimportan>.a politica e commerciale della città cresceva; fuori
di Tcii-aiia, moneta pisana o lucchese è senza distinzione accolta
nelle Marche e nell'Umbria.*) Le cagioni dell' etorno dissidio fra
Pisa e Lucca sì arricchiscono perciò di quest'altra del tipo mo-
netario.
Tuttavia, per il momento, lo scopo del l'atti vitd diplomatic-a di
Federico in Toscana, pacificare cioò le città per averle aintatricì
Della pili gros-ta impresa di piegare a terra Milano — e con Milano
tatto lo cittadinanze restie — fti raggiunto : Pisa, Lucca, Siena e Fi-
reme mandano le loro milizie auitiliario;') i Pisani anzi, da questo
moaMnito, di mettono risolutamente a tianco dell'Impero, atteggiandosi
quasi a difensori della suprema maestà sua in Toscana: difficil-
mente perciò possiam credere al racconto di un cronista tedesco
che in questo stesso anno 1158 attribuisce alle male arti dei Pisani
e dei Genovesi se fall) una legitziono di due messi imperiali, Cor-
rado di Eichstadt ed Emicone di Linningen che le navi loro dove-
vano scortare in Sardegna.*) Piuttosto Genova ci da motivo dì
■) Davidsohm, Gexhichle, p. 467, noui S. Il primo ricordo di < den.
Inc. et pls. *, In doc. flor. 6 del 22 giugno 1169.
*) A Gabbi», nei 1163, Fedorìco, In un dipi, afri! Eugubini li obbliga
p«(rar 100 1. di don. Inccbosi o piMnt, p«^r in spedizione di Puglia; Za-
1, 1, p. I; solo nel XIII prendo il disopra la moneta anconitana; nel
K'XIT, monftM pinaua o lucdieae bs corso anche a Macerata; ibtd., p. BOS,
«) Pbktx, XVII, rin«»i»> da fraga, p. G73.
*) Pmts, XX, R*rtEwixt. GMla Fiid. Imper., p. tóO, nnu. 1168j
Anm. 8.S. Il
162 m. — Politica estema e poUHca ecelenastiea
sospetto, essa che dall' isolamento, dalla libertà di alleanze compro-
mettenti, dall'autonomia dei propri moti aspettava il raggiungimento
dei suoi fini per il dominio del Tirreno. Mentre i Pisani combatte-
vano sotto le mura di Milano, Genova trattava con i Greci staccatisi
ora risolutamente da ogni comunione di intenti con T Impero ger-
manico, occupati a guadagnar alla loro causa le popolazioni della
marca di Ancona e di Ravenna, e riconciliatisi con i Normanni:
Genova per di più parteggiava per Alessandro m, succeduto nel
1159 ad Adriano lY e non voleva sapere dell'antipapa di Federico,
Vittore; nel tempo stesso che, presentendo la possibilità vicina di
una nuova guerra con Pisa, rinnovava con Lucca l'alleanza, nei patti
della quale era considerata appunto simile eventualità. ^)
Sono questi gli anni decisivi per il formarsi a Pisa di una tra-
dizione di politica imperiale che poi, intrecciandosi e compene-
trandosi per due secoli con tutti gli atti della vita intema ed
estema della città, costituirà un coefficente importante del com-
plessivo carattere del Comune pisano : la cagione prima della con-
dotta di Pisa con V Impero, diversa da quella di Gtenova, mentre
tutte e due aspiravano alla stessa ultima meta di dominio marittimo
e si trovavano nella stessa condizione in seguito alle pretese im-
periali sulle grandi isole del Tirreno ed ai disegni dei Tedeschi
suir Italia meridionale ; questa cagione, dico, è da ricercarsi in gran
parte nei viluppi della politica toscana in cui la posizione geograr
fica mise ben presto Pisa, costretta a portare le energie sue sopra
i due campi del mare e del continente ; per Pisa era indispensabile,
a causa delle inimicizie costanti di Lucca e frequenti di Firenze,
quella cooperazione imperiale che l' Impero di gran cuore offiriva
e di cui Genova invece poteva con tutto suo vantaggio fare a
rimper. comanda di condurre i legati in Sardegna ai Genovesi e Pisani
€ prò co quod haec duae civitates maximam in tyrreno mari viderentor
habero principatum. Verum quamobrcm eadem legatio sine efficacia
rcmanscrit, conicicnt hi quibus notum est in quantis emolumentis Pi-
sanis at((ue lanuensibus insula Sardinia prostituta sit. Tute non incon-
grue putatur, illorum astu et falsis occasionibus iter nunciorum foisse
impeditum » .
^) U trattato è del 10 sett. 1159; AtH Accad, lucch., X, p. 84.
La politica dei Voniunì
163
I meno. Poiché non bìsogun dimcntU'urlo mai: uoii era tanto un
\ parteggi lire delle sìngole città — parlo delle maggiori e più po-
[ tenti — p^T r Impero, quanto uno schierarsi dell' Impero stesso a
I tkvore dell'una o dell'altra città rivali e combattenti. È mia vieta
[ o per lu meno incompiuta coucozìone quella di tigurarsi Pisa e
I Genova o Pavia e Milano o Siena e Firenze intese a sollecitare
I favore imperiale e rinunciare alla individualità propria per di-
^ Tentare dei |iai-tigiaui, dei fautori, aggrappati alla più elevata
pereoualiU dell' Impero : ma era questo che, senza grandi fonse
proprie, doveva barcamenarsi in mezzo alle varie ed opposte cor-
renti della vita politica italiana: per vivere, per raggiungere i
propri intenti, l'Impero non faceva in fondo — se si dà il valore
che meritano n tutta la esteriore impalcatura gerarchica ed alle &&8i
sananti ed alle pompe regali — se non asservirsi agli interessi
di i|uetna o di quella città, cozzanti con gli interessi della città
Ticma;'j non faceva se non mettere in giuoco tutte le rivalità che
agitavano la vita politica italiana: la storia dell'Impero negli anni
iu cui lo aqnile di Cesare passavan le Alpi ì!< storia scliiettameute
italiana e solo vi aleggia sopra il fantasma del Sacro Romano Im-
ptiro: non mai come in quegli avvenimenti nei quali la sorgente del
diritto e del potere si personitit» iu uno straniero di nattcita e di
»ciitjm«nti, la forza d'IbUia, della città, del Comune, del coDimercio,
del lavoro, si spiegava c^osl superba ed autonoma : era forte solo
chi comprendeva la vita nostra e ad essa piegava, sotto apparenza
di dominarla. L'Impero da secoli andava cercando la realizzazione
dei Huoi ideali in Italia: eppure una politica delie città italiane prò e
<:oiitru l'Impero — politica spesso costante e tradizionale in un Ci>-
niuiio — non comincia a dolinearsì se non ora nei Comuni più svi-
luppati. Pfrchd? Pendile solo ora, iu mez/.o allo rivalità indeterminato
e quasi ititiative, agli episodi momentanei, alle inimicizie di vicini
') Cosi fipie^si quella continua diffidenza, quel dispetto chu in tante
fonti tMkwhe del tempo appare verso le città italiane, bestiole riottOM
e suportic. per osite, dìitp regia irìci dì ogni legittima autorità. Ma in questo,
te fonti rinpt'ci'liiauo il peiiniero degli Imperatori : era, nelle une e negli
altri la amtitueiimale Incupacità a eomproiittia la massa della cittadinanza. Comincia ad affacciarsi,
I nella storia dei Comuni, la possibilità di questa divergenza di par-
) tlto fra gli nomini che stanno al governo e la cittadinanza; ed LI
I fetto (V in rapporto col carattere già sopra notato delie istituzioni
[ consolari, rappresentate da un numero non grande di famiglio le
I ^ati come si vengono socialmente distinguendo dal resto dei cit-
I tadini e non cittadini, cosi prondon posizione diversa nei rapporti
politici esterni : son quell' elemento sociale che non si lascia guidare
da alcun motivo sentimentale e che nelle lotte che ora si riaccendono
fra r Impero ed il Papato con la partecipazione dei Vescovi, dif-
ficilmente si accosta a questi ultimi perchè il Comune nella maggior
pane dei oasi si trova in crescenti contese giurisdizionali col capo
della diocesi al quale vuol togliere ogni potere temporale, mentre
diftida dell' Impero che vuol risospingerlo indietro sulla via faticosa-
mente percorsa, vietando le consorterie e le associazioni giurate entro
le città e fuori, ogni lega fra Comuni, fra Comuni e feudatari, ogni
convenssìone per territori e giurisdizioni ecc. Di qui, nei Consoli, una
posizione di guardinga aspettativa, che parrebbe prodotto di animo
esitante e fiacco, se i risultati non la mostrassero suggerita dalla
chiara visiono della realtà; un diverso parteggiare, in alcune que-
stiooi, dfll governo e dot popolo, ciascuno in attesa di vantaggi di-
versi, pur senza caratteri della lotta civile, poìchò la diversità di
tendenze non si pud ancora chiamar frutto di una matura coscienza
politica ma 6, per il momento, solo manifestazione di un contrasto
aocialo ed economico cho muove ora i primi passi.
A. Pisa, l'Arcivescovo Villano era ardente fautore dì Atea-
auidn) HI, già oanonii» in quella città e circondato dalle calde sim-
patie della cittadinanza, se nei primi del 1160, nn prelato che
pesava per Pisa, diretto al coucitiabolo di Pavia, fu dai parti-
giani di Rolando — il nome dì battesimo di Alessandro — preso,
bastonato ed imprigionato; *) fn certo opera di folla tumultuante,
poicbò il governo pur non pronunciandosi espressamente nella
') DavnwoHX, Oeitchlehie, p. 471. Nessun Vescovo hwcano ai recò
eoadUo dì Pavia ove l'Impera toro riconobbe l'antipapa Vittore.
•) H. O. H., Ltgtim, 8. IV, 1. 1, p. 26». KncvcUc* concili ; frbr. 1160.
166 in. — Politica estema e politica ecelesiasUea
questione ecclesiastica, stava con V Imperatore, da cui invece si
yenivano allontanando Lucchesi e Genovesi con la loro lega mi-
nacciosa al Comune pisano, del settembre 1159.
Uno strano congresso fii quello di S. Genesio del 20 marzo
1160, convocato dal Marchese Guelfo. Eletto ed investito da Fede-
rico I con atto di accorta politica, era stato poi da Adriano, poco
prima di morire, con atto anche più accorto, riconosciuto e nuo-
vamente investito : ^) aveva partecipato al conciliabolo di Pavia, ma
forse già deciso in cuor suo di riprendere l'antico posto di combat-
timento dei suoi padri contro gli Hohenstaufen, a fianco della Chiesa
di Koma la quale, ora che aveva visto Federico affaticato a riordi-
nare r amministrazione imperiale nei domini della Contessa Ma-
tilde, si era rifatta innanzi con le sue pretese, interrompendo così
tale opera di riforma e di rivendicazione. Questa ambigua condi-
zione di Guelfo forse gli giovò quando, forte della doppia inve-
stitura papale ed imperiale, convocò la dieta a S. Genesio, e vide
accorrere attorno a so tutti i Grandi di Toscana ed i Consoli
delle città, senza distinzione, quantunque aspettanti in prudente
riserbo lo svolgersi degli eventi, se non forse Pisa, già risoluta
oramai, in seguito alla condotta dei Genovesi, a seguire le sorti
deir Impero. La rappresentavano alla dieta i Consoli, col Conte
Gherardo e con l'Arcivescovo Villano, il seguace di Alessandro,
verso il quale Guelfo fu larghissimo d'onore e deferenza, dimostrando
in tal modo le sue vere inclinazioni e lasciandosi forse da lui
persuadere a seguir risolutamente le parti del legittimo Pontefice. *)
I Pisani furon fra quelli che rifiutaron prestare a S. Genesio
il giuramento di fedeltà, ma invitarono il Duca di andare a Pisa
a riceverlo. E Guelfo e Dux pisanus » come lo chiamano con
espressione assai significante gli Annali, ') vi si recò il 26 mar»),
h
*) Lo dimostra il Fickbr, Forschungen^ ecc., II, §331; Overmann,
Grufili Mafhilde von Tuscien, p. 65.
*) Annali pisani, ann. 1160, 20 marzo : Guelfo « Consilio suo cre-
didit. »
3) Espressione che trova la sua corrispondenza nell*altra di « mar-
chio pisanus » con cui qualche fonte di Grermania designava €k>ffiredo,
L' Arciifjtfotx) Vitlofìo e Papa Alessandro
167
accolti! onore volmoute e ricevo il giuramento, p:iiiriui(lo
[ anello esso, alla sua volta, di salvare i Pisani ed i loro averi;
t nantenetidosi poi ueatrale nelle contese di nuovo scoppiate fra
Pisani e Lucchesi nel campo di S. Genesio, anzi cercando di con-
ciliarsi le due città con dimostrazioni di favore che a lui poco costa-
vano ma che tuttavia davan mezzo a quelle di integrare e legitti-
mare il fatto compiuto. Cosi a Lucca rinunciava ai propri diritti
entro le mura e nel circuito delle 5 miglia') ed all'Arcivescovo ed
ai canonici di Pisa rilasciava nell' aprile diplomi di conferma dei
diritti e possessi antichi.*) I] contegno dell'Arcivescovo di Pisa, assai
spiegato in mezzo allo ambiguità dì tutti, è assai degno di nota; ma
la sua posizione di fronte al Comune ed ai Consoli doleva, appunto
per quelito, farsi ogni ^onio più insostenìbile. Dei legati pisani andati
nell'ottobre a Costantinopoli per un accordo c^on Emanuele, si vi-
dero imposta come condizione che Pisa non avrebbe conchiuso con
Federico alcuna lega contro Bisanzio nò gli avrebbe dato aiuto di
sorta; rifiutarono tale imposizione') ed allora gli eventi precipitarono.
La plebe di Costantinopoli incominciò contro i coloni ed i mercanti
pisani sanguinose persecuzioni che durarono lunghi anni;*) Villano
ebbo modo di abboccarsi nel novembre del 1161 presso Volterra col
Vearavo Giulio di Firenze, anche esso partigiano di Alessandro')
non ostante l'editto imperiale emanato dopo il concilio di Pavia che
imponeva ai Vescovi dì appoggiar Vittore; e certo presero accordi
Bullii condotta da seguire nella grave questione ecclesiastica, perchè
. foco dopo, non appeiu Alessandro fu costretto dalla prevalente tti-
i S aeeOo (Psrtz, VtlI, Chron. S. Hubertl, 581 , ann. 1069, < Pisanos
t «t totina Tuaciae et Itallae dominaior > ); corno Pisa sppitrìsse,
tfloeU degli scrittori lontani, non solo U città più importante n» la
B ofBciale del marchesato dì Toscana; apparìsao realmente quale 11
« Tttxciae provincìae caput • del vescovo Liatprando di Cremona; Pbrtz,
, Utiipr. antap., L. IH, p. 306.
■) Mem. e doc. Iwxh., I, 174, 6 apr. 1160.
*) UuiULU, llalta aaera, 111, 699.
*> Annali plMni, ott. 1162.
*) Kbtd, atttolrt du aymmti-ee du Levint, Loipslg, 1886, I, 213.
*J D*vn)8oHy, Geachlchtt, p. 476.
168 in. — Politica estema e politica eceUsiasHea
zione imperiale ad abbandonare Roma, si vide Yillano andare sur
una galera armata ad incontrarlo a Terracina il 18 decembre; cele-
brata insieme la festa di Natale, navigaron poi a Piombino, doTo
TArcivescovo si trovava quasi in terra di sudditi prestanti a lui giu-
ramento di fedeltà e dove lieti onori furon resi al Pontefice. Da Piom-
bino a Yada, da Vada approdaron poi a Livorno. Forse speravano di
aver favorevoli i Consoli di Pisa, non ancora apertamente dichiaratisi,
e poter entrare in città: ma i Consoli < consilium de non recipiendo
Àlexandrum habuerunt, propter amorem et pavorem Imperatorìs Fri-
derici>.*) Proseguirono allora in tutta fretta per Porto Venere e
giunsero a Oenova accolti con entusiasmo dai Consoli e dal Popolo.
Mandò Federico ordini perentori che gU consegnassero il fuggiasco
con i Cardinali che lo seguivano; ma senza frutto : Alessandro con
tre galere e 2 saettie, insieme con l'Arcivescovo di Milano e quello
di Pisa sulla propria galera, poterono proseguire per la Provenza
ove presero terra, scortati da una squadra di navi genovesi, *)
mentre già prima il Pontefice era stato raggiunto da una galera
siciliana, segno probabile di una intesa fra Genova ed i Normanni
di fronte ai disegni ed alle forze di Pisa e dell'Imperatore.
Non poteva esser diverso il contegno dei Consoli pisani, ora
che un grosso manipolo di loro milizie dava opera alla distru-
zione di Milano e Federico indirizzava al popolo una festosa let-
tera per comunicare la vittoria, glorificare il valore dei cavalieri
ed i sacrifici loro per l'Impero, ed annunziare l'intenzione sua di
rivolger presto le bandiere vincitrici ad ulteriori rivendicazioni ; *)
giunse poco dopo il diploma del 6 aprile luccicante di conces-
sioni e di grandi promesse a Pisa: piena esenzione da aggravi
fiscali ai mercanti pisani nel Regno ; concesssione feudale del lito-
rale da Civitavecchia a Porto Venere con pregiudizio dei territori
papale e genovese e con esclusione dai porti costieri di tutti i mer^
*) Annali pisani, 18 die. 1162.
•) Liber juriumy I, 203; la lett. di ringraziamento del Papa ai
Genovesi.
') M. G. H., Legum, S. IV. t. I, p. 279.
li diploma imperiaU a Pisa del 1162 169
I cauti Demici ; la metà di Napoli, H&k>rno, Messimi e Palermo coi
I porti e territori amiessi ; intiere Mazzara e Trapani piò iiua via
I per o^i città. Si impegnava poi l' Imperatore non far pace coti
OngUelmo I, senza consenso dei Pisani, combattere Genova, espu-
gnar Porti) Venere e donarlo a Pisa. Oltre tntto questo, un ampio
territorio entro terra. Di centro i Pisani giuravano fedeltà, pro-
mettevano aiuti di navi per l'impresa meridionale e tutto il coii-
contu delle loro forze se all'lmperatoi'e fosse piaciuto assalir Genova.
L'importanza di tale diploma che segna una data di valore
pw )■ storia interna ed estema di Pisa d elidente, come evi-
denti smn te aspirazioni che esso doveva appagare. Il Comune
pisano, ne usciva giuridicamente compiuto e territorialmente in-
grandito sopra tutti gli altri dì Toscana, come potenza non solo
ro«rittim» ma continentale dì primo ordine; spinto e mantenuto a
tale aliexza dall'interesse steaso degli Imperatori, dei quali esHO
doveva costituire la cittadella più forte in Italia o per lo meno il
ponto di ranaodamento delle forzo amiche in Toscana: necessità
piditji'u e nel tempo stesso obbligo morale dell' Impero, dopo che
esso aveva per la sua parte contribuito ad acuire il dissidio di
Pisa con altre cittA intomo, L' Impero accomunava a aè ed alle
proprie tìnalità questa cittadinanza pisana, sollevandola qua^i alla
propria altezza, nutrendo forse anche la felioe illusione di ilUimiuarla
dolln propria luce o proteg^rla sotto le suo ali, contribuendo nel-
r insieme a mutarne 1' orientamento potitico, mutarne l'attività, mu-
tarne anche In fisonomia sociale. Certo ò che nella 2* metit dvl
Xil HOC., accentuandosi ima tendenza già viva da qualche d»-
oenuio, tutte te questioni dell' interno di Toscana, tuttv le vicende
del dissidio fra l' Impero ed il Papato acquistano per Pisa tui
valore molto più grande, una importanza loro propria, ìndìpen-
dente, per quanto la connessione fosse nel fondo di tutta la vita
oocntuiale, da quella delle questioni relative alla supremazia nia-
rìttinia; e tanto più la acquistano quanto più, nel XHI sec., Pisa
^ deve lentamente piegare ìn ritirata di fronte a Genova nel cimento
l naralu e nella diffusione delle colonie e quanto più, premendo dal-
li* interno della Toscana la forza espansiva e la rivalità commer~
170 m. — Politica estema e politica eccleHastioa
ciale di Firenze, il partito politico di Pisa si consolida stabilmente
in contrapposizione a quello di Firenze e delle altre città che con
essa fanno causa comune. E chiaro che tutto questo non poteva
rimaner senza efficacia anche sulle condizioni inteme della città,
sulla struttura delle sue classi sociali, suirindole della sua attività
conmierciale, sulla più rapida trasformazione dei suoi istituti, poiché
un siffatto allargarsi del campo d'azione del Comune, il crescer
delle questioni, la continuità ininterrotta delle guerre, Tenorme
tensione degli spiriti dovcvan logorar la aristocrazia consolare, e
dar forza in cambio a quella classe di persone che con la gaerra
aumentava la sua ricchezza^ che esportava prodotti, che prendeva
in affitto le entrate pubbliche e le forniture navali del Comune e con la
rovina progressiva dei piccoli proprietari agricoli, con i debiti dei mag-
giori cittadini,' costretti perciò a vender il patrimonio avito di terre e
case, consolidava la sua posizione nel Comune, ed accresceva coerenza
alle sue corporazioni che, compenetrate di un contenuto politico, si
preparavano così a raccogliere l'eredità del governo.^) E si può an-
che notare, come conseguenza sociale e giuridica di questo e d^li
altri diplomi imperiali, che il pieno potere territoriale con l'esercizio
dei diritti ad esso inerenti ed il riconoscimento del Comune come
ente pubblico dovevano favorire lo svolgersi del concetto di una
più larga sovranità popolare per cui il popolo per mezzo dei con-
sigli e dei capi delle corporazioni avesse diritto di intervenire alla
elezione dei Consoli o del Potestà; quindi si innalzava nei cittadini
il concetto delle istituzioni comunali, si toglieva a queste l'angusto
carattere privato, si incoraggiavano gli sforzi di chi voleva ampliare
il cerchio del Comune, si rendeva più largamente la cittadinanza
depositaria dei poteri pubblici e fonte unica ed etema del diritto —
etema come il popolo — nel territorio cittadino.^
^) Tale idea che dalla politica estema di uno Stato dipenda non
solo la esistenza ma anche la costituzione dello Stato stesso ha tro-
vato una succinta esposizione teorica in im recente articolo di 0. HnrrzB,
Staatehbildung und Verfassungsentwicklung, néìl'Hisiorische Zeitschrifl,
ann. 1901, p. 1-22.
*) Si ricordi il concetto dei giuristi toscani fra il XIII e XIV sec. Cfr.
Giurisdiviotte imperiale r '•omiinale nel eonlado
171
Di dirittcì. Pisa, con il ciiplonia di Federi™ I die integrava i
I diplomi precedenti, entrava nell'ordine degli enti feudali, superiore
' si vuole ai Duchi, ai Marchesi ed ai Conti, se la composizione
-una specie dì guidrigildo — da pagare all'Impero in caso di
|. fasuburtlinazione era doppia di quella camminata a quegli altri di-
gnitari, ') ma pur sempre dipendente per tìtolo di diritto feudale e
n-giilarizxavu la propria posizione, determinando più precisamente
tale suo grado di dipendenza, gli oblighi ed i diritti, essa che pure,
di fatto, era riuscita a conquistare quasi tutte le Franchigie e lo giu-
risdizioni nella città e nel contado e ad amministrare la giustizia con
tribunali propri presiofluti dai Consoli, per il civile e per il criminale.
QuestA maggior detemiiii azione di rapporti la venivan facendo
contemporaneamente — già lo abbiamo visto — le genti del cson-
umIo di fronte ai signori laici ed ecclesiastici; corrispondeva ad un
bisogno morale e, nel caso presente, dava affidamento di grandi
vantaggi matoriali. La perdita al contrario, era ben poca; perchA
quel che le città non volevan concedere o riconoscere non era già
il giuramento di fedeltà e neanche il diritto imperiale di confer-
man> i magistrati eletti dai cittadini, di riscuoter tributi, levare
milizie, ecc., ma Ih giurisdizione sul contado:*) ora, per il contado
appunto, si veniva nel fatto ad istituire &a le città e l' Impero
invw^ di un rapporto di dipendenza, uno di consorzio, per merito
spoiriahuento dell'Arcivescovo Rinaldo e delia sua savia riforma
io Toscana nel 1168: ■) i messi regi stabiliti nel contado ugivan
^k di tfODSorva con quelli della città, obbligati gli uni e gli altri
^B — nelle intenzioni del riformatore — ad aiutarsi a vicenda. I di-
^^bittf dei Marchesi oramai più a nulla valevano; di modo che,
^^B^rfndoei i rapporti giurisdizionali verso una maggiore semplilìca-
1 DA RosATB, De ÈUthiUg, Quaestio XXIX ; ■ «od D>Titi9 ( Dino
di HajtcUo) icnct statata l'ssu perpetnn quia procednnt a popnlo, non
A polMlate. Undd. sicui popnlus csl perpotuus, ita ot statutat.
') Cosi Dfdla Comlilutio Paci» di Roncaglia del 1168. M. Q. H., U-
m, S. IV., ConstiWtioneo, etc. t. 1.
*) Sartini, Studi IX. p. "0.
»> Su uUn riforma, Santini, Studi, p. 70-73.
173 in. — Politica esterna e politica ecciesiasHea
zione, rimanevan di fronte solo città ed Impero che avrebbero
forse anche potuto procedere per un pezzo d'accordo se non ci
fossero stati i grandi signori feudali che V Impero doveva necessa-
riamente sostenere per la propria forza e le città necessariamente
distruggere per la propria esistenza : di modo che, dove questa ne-
cessità era maggiore perchè più potente spiegava le sue forze il
feudalismo, qui l' Impero, suo difensore naturale, si identificò con
esso agli occhi delle città nelle quali perciò si venne formando
quella tradizione politica antiimperiale — diventata poi programma
di partiti interni — che riempie tutta la storia di taluni Comuni
e specialmente, in Toscana, di Lucca e Firenze.
Non così a Pisa: qui, nei diplomi imperiali e nelle convenzioni
con i legati delF Impero non si fa alcuna riserva tacita o espressa
di diritti di signori feudali, sebbene d'altra fonte si sappia di molti di-
ritti giurisdizionali esercitati in parecchie terre del Yaldamo, attorno
a Pontedera, dalla consorteria degli Upezzinghi e Gadolingi e sia
nota la potenza dei Conti Gherardesca insediati a cavaliere fra i
contadi di Pisa, Siena e Volterra ; ma quelli erano una forza di
poca entità e questi avevano antichi tradizionali vincoli d'amicizia
con Pisa, per ragiono di reciproco interesse di contro a quegli
altri Comuni. Si potrebbe credere che gli Upezzinghi di cui nessun
privilegio imperiale si conosce fossero nel novero di quei e baro-
nes illius terre (Toscana) > ai quali il Marchese Guelfo, nel 1160,
diede a S. Genesio « septem comitatus cimi tot vexillis > . ^) Ma più
facilmente gli Upezzinghi di Pisa, come si eran fusi con la consor-
teria feudale dei Cadolingi, — doraus Cadulingorum et Upethingo-
rum *) — così ne avevano ereditato parte dei possessi e dei diritti;
sebbene non è escluso che vi fosse poi un riconoscimento espresso
da parte del Marchese Guelfo o meglio ancora, più tardi, da Rinaldo
di Colonia, quando egli nel suo riordinamento amministrativo di
Toscana mostrò di voler favorire, nella concessione dei Yiscontadi, la
^) FiCKER, Forschungen, I, p. 251; Annali Pisani, 1161.
*) BoNATNi, Diplomi pisani^ p. 58, 14 luglio 1174.
Conti e Teuloniei i
Toseana
173
rplccola nobiltà cittadina') a cui appunto appartenevan gli Upezzinghi,
I Bon ostante la tisonomìa feudale che oasi venivano ogni giorno pììi
kasumendo. Si direbbe ancbe, cLi guardi in tutti questi auiii ì Qherar-
desca e specialmente il Conte Gherardo, che essi si siano messi in ima
posisione nuova, se non di diritto certo di fatto, rispetto a Pisa.
I conti Ranieri, Ugo, Tedicio, Ughiccione, Marco, Tefirimo, Tan-
credi stanno spesso a capo di milizie pisane, vanno in ambasce-
rie, assistono e si firmano nei diplomi di Federico al Comune, al-
l'Arcivescovo ed alla Mensa pisana; il Conte Gherardo guida la
sc-hiora ausiliaria all'assedio di Milano, va c^n i Consoli e con
l'Arcivescovo alla Dieta di S. Genesio raccolta del Marchese Guelfo,
V* nel 1173 ambasciatore a Federico per chiarire la condotta di
Pisa verso l'Arcivescovo Cristiano; *) sembra che egli sia divenuto
qnasi un iutormodiario fra Pisa e 1' Impero, quello che più riva-
mente impersona la politica imperiale di Pisa e di cui questa,
naturalmente, sì serve come dì un ottimo ministro nei rapporti
saoi con Federico il quale in tal modo non trova qui la incon-
ciliabilità di interessi fra signoi-i feudali e Comune che altrove
appariva come il maggiore ostacolo ad ogni politica di paciGca-
EÌone. Ma, tolto qnesto, uull'altro che indichi a Pisa un qualunque
teutativo di restaurazione o rivendicazione imperiale; nel contado
pisano, neanche uno di quei messi e Potestà imperiali che ammini-
strino insicqiio c^n quelli della città ; nessuno di quei < comites > o
« teutonici r, ufBciali temporanei dell'Impero, che nella 2* metà del
XII »ec. sì trovano ricordati nei («rrìtori — sebbene prendano
nomo dalle città rispettive — di Siena, Firenze, Arezzo, Volterra,
Prato, Pistoia, Chiusi e Lucca, *) spesso impotenti spettatori delle
jidiscordie fra Comune e Comune, anzi essi stessi partcìripantt a
quelle assai vivamente, *) come a dimostrare la nessujia persona-
') Cod Sinibftldo degli Scalari dei Buondolmonll Ai iM?r 20 anni Vi-
sconte di Campiglia in quel di Massa Marittima; Cf^lino, ddla stessa
(katl^ILt, VìM«nU> di Cbiusdino; etr. DAViiMtnKX, Genchiehte, p. 486.
*> AiitiaU piiani, nnn. llt)9. llfiO, 1171, 1172, 1174.
*) PicuiK, Fomchuitffm, ì, pp. 227-86.
*) Dxvtutfitiix, GriKAUhtt, p. 48C. Cosi ft-a 1 Conti di FìTMue e di
Siena, di Siena e Chinai; cfr, anche Fbrtchutigen, p. 101.
174 m. — Pohtiea estema e polUiea ecdeaiagtiea
lità loro, la fragile struttura del potere accentratore da essi rap-
presentato, di fronte alla vigorosa individualità dei singoli Comuni
di cui dovevano far propri gli odi e gli amori. *) Parrebbe che
r Imperatore mettendo Pisa fuori dei suoi progetti di riordinamento
tendesse^ beneficandola, ad isolarla in Toscana, legandola quindi a
sé col doppio vincolo della riconoscenza e del bisogno di prote-
zione. Anche le concessioni ed i privilegi rilasciati poco dopo agli AI-
dobrandeschi erano, per riguardo di Pisa che avrebbe potato averne
danno in Maremma, ben poca cosa in confronto di quelli rilasciati
ai Ouidi ed agli Alberti in odio a Firenze, ^ né pregiudicavano
il giuramento di fedeltà che nel maggio del 1162 Ildebrandino di
Soana, come già due aimi innanzi un suo consorte, Gionata di
Toscanella, aveva dovuto prestare ai Consoli ed airArcivescovo di
Pisa. ^) Era allora appena gimito il diploma di Federico e la ini-
ziativa del Comune nel contado se ne sentì incoraggiata : l'esercito
pisano invase in quello stesso anno la valle dell'Era, spadroneg-
giata dai Cattaui che nel castello di Peccioli, fortissimo, avevano
messo insieme fino a 3000 fanti e 400 cavalli, ila dopo breve asse-
dia, Pava fu incendiata, tutte le rocche di Valdera, fino a Volterra,
si arresero dando ostaggi e pagando imposizioni; Peccioli ebbe le
mura abbattute e dopo pochi giorni i Cattaui giuraron fedeltà ed
entrarono in Pisa dove il Comune concesse loro in feudo un pezzo
di terra da fabbricarvi case, nella cappella di S. Cassiano di Cinzica,
e li privilegio dei diritti della cittadinanza. *)
^) Solo nel 1182 troviamo, in un doc. redatto a Montemagno, traccia
di quella special formula i-elativa all'obbligo dei contraenli di mante-
nere i patti stipulati, sotto pena del magistrato del luogo; formala che
ricorre invece centinaia di volte in doc. fiorentini degli ultimi decenni
del secolo; Santini, Studif p. 135, nota 1. È un affrancamento di due
manenti ed ascrìttici; gli affrancanti si impegnano conservar la con-
cessione «sub pena Friderici Imper. vel alterius Potestatis que prò
tempore eos poterit dominare » » Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziaie^
15 marzo 1182^. Non è sicuro tutta\ia se Montemagno sia quello vicino
a Pisa, sopra Calci, onon l'altro del contado lucchese.
*) Nel 1164. Davidsuhx, Gi'schìcht^, p. 491-2; Sastisi^ Studi, p. 78.
3) Annali pisani, ann. 1161 e 1163.
*) Annali pisani, ann. 1163.
L'Arcivsacoiio Rinaldo i
175
Par terra, diuitiue, Pisa trìonfiivu pioEDuneuto. Mu i suoi iuto-
i marittimi si trovarouo esposti a grandi minacce ed u grandi
soli da cui per pot^ non venivano travolti. Il Re di Sicilia,
i seppe dell'accordo fra Pisa e l' Imperatore ai suoi dauDÌ,
) imprigionare tutti i Pisani che si trovavan nei porti del Regno
r 6 seqtiOJdtruro le loro merci. ') Si riaccendeva pure, cogliendo Pisa
impreparata, lu guerra con tìenova. La scintilla era paiiita da Co-
stantinopoli dove i mercanti Genovesi, venuti in sanguinosa contesa
con quelli Pisani dieci volte più numerosi, erano stati cacciati e
costretti ad abbandonare le merci e le proprietà loro alla rapina dei
nemici. Subito galere armate salpavan da Genova ed i Pisani eb-
bero il porto devastato, molte imvi catturate o navigatori imprigio-
nati. Di ipiì altri sforzi di Federico per la pacificazione delle due
città, in modo che Pisa potesse prepararsi alla conquista navale del
Regno di Sicilia. Uno dei compiti dell' Arcivesctìvo Rinaldo, in-
viato in Toscana, era appunto questo; né l'&ttuuzione ne doveva
aeoibrare per il momento tanto difficile poiché anche Genova, per
gelosia dei vantaggi concessi e promessi a Pisa, dava segni di
volenti accostare all' Imperatore e formò realmente con esso, il 9
giugno 1162, un patto coi quale prometteva aiuti navali in cambio
di concessioni nel Regno, non dissìmili, sebbene di gran lunga in-
feriori, a quello di Pisa ; *) patto che ceito era un ripiego sugge-
ntii dalla necessità di togliere a Pisa il monopolio degli eventuali
vantaggi di una spedizione contro il Regno o meglio ancora — poi-
di*^ i Genovesi vicini alla Lombardia vedevan le diftlcoltà in cui
si muoveva l'Imperatore pur dopo il trionfo su Milano — dal de-
IAÌderìo iuteiuo di rompere quella troppo stretta intimità Ira Pisa
É rimpero; il patto non impediva, è vero, nel tempo medesimo, dei
•) Anmdi pwanl, ann. 1163.
•) M. G. II., Ugum, S. IV, Conatilutlones, eie. T. I, 2!»2; niu-nncro U
pmtnc^KU di avvrc, dopo la guerra, la citUi dì Sa. iiiolliw^iui ft,
come dicono gli Annali, ^) con frasi che non sono forse retorica
esaltazione dello scrittore ma corrispondono a parole pronunziate
e fermate in iscritto in un altro diploma di concessione imperiale
che io credo possa cadere in questo tempo, col quale Federico,
*) Lo crede il Maxfroxi, Storia deUa Marina italiana, p. 230, rica*
vandolo dal fatto che mentre Guglielmo I fece arrestare i Pisani e le
loro merci, non torse invece un capello ai mercanti genovesi.
■*) Davidsohx, Geschichte, p. 483.
^) AnììaU pisani, ann. 1163, genn.
Pisa e VAreivtaeovo Rim^éo 177
roraettendo di voler mettere in baodo chi levasse le armi contro
Pisa qnaudo essa si trovasse al servizio dell'Impero, aggiungeva
■dì volerla < sublimare et conservare ut Inter alias civitates longe
\lHt prope positas, ipsa sola obtineat principatimi > . ') E sembrava ì
Ifctd volessero confermare tali intenzioni. Quando nel marzo del
r 1163 Rinaldo ritornò in Toscana e, partendo da Pisa, visitò con
Inogo ^ro la Toscana, la Romagna e la Marca, lo accompagnavano,
dintiiiti ìd mezzo al numeroso seguito di alti dignitari, uu Consolo
e due giurisperiti di Pisa. E l'Annalista attribuisce al salutare
timore inspirato dalla possanza di Pisa il lieto successo della trion-
Iste e pacifica spedizione che raggiunse da per tutto l'intento suo
di nuM:ogliere i tributi delle città e indurre i Vescovi a giurare
obbedienza all'antipapa di Federico, *) È uu linguaggio questo che
ha un grande significato, por rappresentarci le condizioni dello
spirito pubblico a Pisa in qu&sti anni, la ubbriacatiira di entusiasmo
di illasioui prodotta da questo connubio con l'Impero, dai risultati
brillaud, sia pure talvolta superficiali, di cui osso sembrava fecondo;
orsDO speranze ed ambizioni sconfinato a cui si apriva il cuore di
quegli arditi mercauti, ripieni di mia attiWtà instancabile; speranze
ed ambisiouì tuttaWa cbe non avevano un corrispondente fondamento
reale di forza da cui trarre perenne alimento. Già Io abbiamo detto:
le risorse di Pisa, col suo contado grande ma non egualmente pro-
spero e ricco di popolazione, in specie sulle coste donde a^Tebbo
dovalo fluire nella città il sangue vivificatore della attività marina-
*) PiCKKK, ForKhimgen, IV, 113. Il doc. è senza daM e l'Edit. crede
pot4>rf^i apporrli quella del m&rso 1167, qoando Pisa si obbligò cob
l'Ardr. Rinnldn di fìire una npcdiziono contro la Sicilia. Voramento
fobbllgaiioni! è d<.S.Jif.
Il
178 m. — Politica estema e politica
resca, erano scarse anzi che no ed attinte per gran parte dalla città
sola. Per un secolo, questa, grazie al suo enormemente rapido svi-
luppo, potè largamente sopperire ai bisogni ; ma tale sviluppo avevi
nelle condizioni della regione e dei tempi certi limiti, raggiunti i
quali doveva cominciare il periodo di stasi e questa, in mezzo a forze
vive che agiscono e progrediscono, è nella vita dei popoli discesa
continua, tanto più rapida ed irrimediale a Pisa in quanto che non
doveva esser qui possibile quello che fu possibilissimo a Genova,
il formarsi cioè in tutto il territorio, trovantesi nelle stesse condi-
zioni della città, di quella classe sociale con eguali interessi, am-
bizioni e sentimenti, omogenea, compatta, che è il fondamento dello
Stato e della imita sua ; donde la più lunga durata e solidità della
Repubblica genovese che potè in parte compiere quella trasforma-
zione del Comune, specialmente nei suoi rapporti col contado, che
altrove fu solo opera delle Signorie. ^) Proprio in questi anni, Ge-
nova finiva l'opera di legare a sé definitivamente, sottomettendole
o conciliandosele, le città delle due riviere: Savona nel 1153 e poco
dopo Noli; Ventimiglia, Porto Maurizio e S. Remo nel 1166 e 1167,
Albenga nel 1179, entravano a far parte «de compagna civìtatis
lanue » , con una serie di trattati che mettevan le loro forze navali
a disposizione di Genova *) e nel porto di Genova miravano ad accen-
trare il trafBco marittimo di tutta la costiera.
Intanto la questione religiosa si riacutiva : Villano era tornato a
Pisa, ma è certo che non si piegò come quasi tutti gli altri con-
fratelli di Toscana al riconoscimento imposto da Rinaldo del-
l'Antipapa; per cui la Pasqua del 1164 passò senza le cerimonie
battesimali. *) Il 20 aprile moriva l'Antipapa Vittoi^e a Lacca; *)
ed il Cancelliere che era venuto in Toscana in luogo dell' Impe-
*) Nel XII sec. anche i distrettuali di Grenova son detti Grenovesi
e Genova è chiamato un punto qualunque del territorio cittadino. Cfr.
Heyk, Genoa und seine Mariney p. 154.
*) Cfr. Annales JafwenseSy ann. 1166 e 1167, navi di Porto Maurizio,
Nizza, S. Remo, Savona combattono con Genova contro i Pisani.
^) Annali pisani, ann. 1165.
*) Davidsohk, Geschichte^ p. 494-5 e nota 1. I canonici del Daomo,
rifiutatisi da dargli sepoltura, furono cacciati.
Consoli pwani nel contado
179
bore trattenuto da malattia pniprio ora ohe era Ticino il termine
) per la spedizione, accorreva il ì* mag^fio ed eleggeva Guido
\ Cremona, PasqualeUI, comandando ai Lucchesi in pubblico par-
nento di obbedirgli. Si trasferiva poi a S. Qenesio, presenti i
nsoti e valvassori di tutta Toscana e nel maggio affidava al
Meo Giialdauo Conto di Volterra di aecompaguare due Consoli
tni iu nna loro visita per il contado; si trattava di ricevere il
mento di fedeltà dalle nuove terre di cui il territorio di Pisa
I stato ampliato dalla parte sud e sud-est; fors'auche erano stati
sposti ostacoli alla giurisdizione del Comune per opera dei Yol-
cui danno, iu parte, era ridondato quell' accrescimento
I territorio : di qui la uecessitd di nn Conte tedesco dì Volterra,
Ut a far atto personale di consegna aì rappresentanti del Co-
me, nuovo signore. Duo Consoli e due giurisperiti di Pisa visi-
Tarano allora tutte le terre di Maremma, resero giustizia in civile
u criminale e rìceveron da per tutto il giuramento di fedeltà, giiì
sino a Burlano, a Vignale, a Scarlìno uell' estremo limite meridio-
nale, mettendo Consoli dove non erano, nella condizione quasi di of-
ficiaij del Comune pisano, componendo discordie e regolando rapporti
fra le varie comunità appartenenti a giurisdizioni diverse e giunte
a gradi diversi di sviluppo comunale, cercando in una parola di
"i^uagliare il più possibile le condizioni di quella vasta regione in
11' -do ae risultasse un tutto fornito di relativa uniformità ammi-
nistrativa. ')
La moderazione di Rinaldo aveva saputo conciliare, in Pisa,
^ politica imperialo con il sentimento della cittadinanza verso
civescovo Villano il qnale, dopo tornato di Fruiicia, aveva
tato aosteaervixi senza molestie da parte del legato imperiale.
BOOD Cristiano di Uagonza, col quale la reazione feudale in To-
1 toccò nn ulto grado, le cose mutarono. Insieme con l'anti-
1 Pasquale egli venne a Pisa nel novembre del 1164; ma
ano, intesi gli umori del nuovo Caiico)lierfi, per non esser cu-
I ad atti di riconoscimento, si ritirai alla Gorgona, confortato
180 ni. — Politica esterna e poUtiea ecclesiastica
tuttavìa, come sembra, dalla morale solidarietà del clero e del po-
polo. ^ ) I Consoli invece — gli Annali che ce lo dicono possono ess»
considerati come una relazione ufficiale dei fatti in cui TA. ebbe
parte attiva — onorarono il ministro e l'antipapa imperiale. Sembra
anzi che essi prendessero apertamente posizione contro TArcive-
scovo e Io costringessero ad uscire.^ Si intende focilmente: mi-
nacciava ora di nuovo, più violenta e scoperta che mai, la guerra
con Genova, per l'isola di Sardegna.
I fatti sono noti: Barisene di Arborea, in lotta con Pietro di
Cagliari e Barisene di Torres, chiede a Federico lo investa Be del-
l' isola in cambio di una grossa somma di denaro (1164). È certo
che egli era stato messo su da Genova che voleva in tal modo
scalzare la fortissima posizione di Pisa in Sardegna, innalzando
uno che poi avrebbe dovuto pagare il servizio con altrettante con-
cessioni ai Genovesi e turbare gli accordi di Pisa con l'Imperatore
spingendo questo indirettamente, col miraggio di un grosso com-
penso pecimiario, a far cosa ingrata agli interessi dei Pisani; è
certo almeno, che i Genovesi ora favoriscono a tutt' uomo i disegni
di Barisene : due loro messi accompagnano il vescovo di S. Giusto
latore delle proposte del Giudice all' Imperatore ; inviano galere in
Sardegna per fare scorta ai legati imperiali, in cambio dei Pisani che
vi si erano vivamente rifiutati : scortano pure e difendono contro le
navi di Pisa Barisene nel viaggio verso l' Italia, lo onorano nella
loro città, lo accompagnano a Pavia, fabbricano la corona di coi
Federico doveva cingerlo, sostengono infine dinanzi al Sovrano le
ragioni di Barisene contro quelle addotte dagli inviati pisani. ^
E questo un episodio del massimo interesse per quel gruppo
di relazioni che da Pisa, Genova e l'Impero &cevan capo alla
^) Cfr. la Ictt. del Cardinale Ottone a Tommaso dì Canterbury, cit.
dal Langer, Poliiische Gtschichte ctc., p. 109, not. 1: e Archiepisoopos
(Villano "i recessit, clerus aufugit, totus popolus ipsom Goidonem con-
temnit etc. » .
•) Vedi appresso, p. 196.
') Makfroni, Storia della Marina italiana, p. 294; cfr. anche San-
TORO, Pisa e la Sardegna, Roma, tip. del Senato, 1896.
Btriaone di Arborea
181
rdegTift, come piire per la storiografia delle due città. Comincia
I, per la necessità di appoggiar la forza delle armi con gli argo-
mti ginridiei e storici nelle controversie portate dinanzi all' Im-
»tore, la elaborazione erudita di quel largo ciclo di leggendo
Ile prime relazioni di Pisa e Oenova con le due isole del Tir-
, sulle imprese loro nel Mediterraneo contro gli Arabi nel SI
jolo, sulle benemerenze acquistate in ditesa dei Pontefici e della
I ecc; leggende cbe a Pisa, forse perchè questa si dimostrò più
inferiore nelle armi, fiorirono nel Xin e XIT secolo pi6
IBberantementt. che a Genova e che son giunte fino ai nostri
irni nello cronache dell' 300 e negli eruditi posteriori come storia
tentica della prima giovanezza della città.
A Pavia si compio la cerimonia il 12 agosto 1164, con quale
> animo degli inviati di Pi.sa e con quanta edificazione dell' Im-
ratore, presente alle ingiurio che si lanciavano ferocemente i
ipreeentanti delle due città, 6 facile immaginarlo. Protestando i
i contro l' incoronazione di tale che era loro vassallo, si sen-
rimbeccare che molti di essi erano invece vassalli di Barisene
|ohe Pisa non a^Tebbe potuto vivere senza il commercio con la
rdegna; la quale d'altra parte spettava ai Genovesi perchè questi
irevano conquistata, questi preso Mugetto e trascinatolo in catene
1 piedi dell' Imperatore ! 1 messi pisani abbandonarono allora la
Caria, pieni dì cruccio. ') Quando si venne al pagamento della
somma pattuita, Barisone dichiarò dì non posseder nulla; ma i G^
novesi ti fecero garanti per lui ed anticiparono la somma, obbligando
in cambio questo Re da «commedia a farsi loro tributario ed alleato
^^•Ua guerra, ormai irio\'i labile, contro Pisa ') la quale nel frattempo
^B n era preparata facendo nel maggio, cioò poco dopo la partenza
^H Barisone dall' isola, rinnovare a tutti i giudici il giuramento
^B obbodtenza ai Consoli; ■} giuramento che pochi mesi dopo il
^Bodice di Torres, venuto a Pisa insieme col fratello Pietro giu-
>) Annata JanìMnmt, ann. 1164; Atinnli pimni. ann. 116&.
'I Liftw juritim, VI, p. 712; ToLA, Cod. dipi. Sardo, I, p. 880 tg^.
>> Anttalt piMani, ann. I]6&.
182 m. — Politica estema e politica ecclesiastiea
dice di Cagliari e col giudice di Gallura, rinnoTò più esplicitamente
in pubblico parlamento, dichiarando di tenere la terra da Pisa
come feudo e promettendo 100 lire annue di censo e 12 paia di
falconi. ^)
Allora la commedia di Pavia aveva già avuto il suo lieto
scioglimento: una squadra genovese aveva condotto il nuovo Be
sulle coste sarde ma, schermendosi egli dal soddisfare subito alle
obbligazioni assunte, lo avevano, senza neanche posarlo a terra,
riportato a Genova, in stretta custodia. Allora scoppiò la guerra
nella quale i Pisani, stringendo in fascio tutti gli altri giudici
contro l'ambizioso rivale ed i suoi amici Genovesi, ebbero buon
giuoco. Questi ultimi furono cacciati tutti dalla Sardegna ed il giu-
dicato di Arborea fa occupato dai giudici coalizzati. La goffa mac-
china architettata cadeva così a pezzi ed il danno sperato a Pisa
si riversò invece su Genova: il 17 aprile 1165 Federico, compreso
finalmente che parte avesse rappresentato a Pavia, sventato il giuoco
dei Genovesi, consolidava a Francoforte l'amicizia con i Pisani, an-
nullando la nomina di Barisene e concedendo loro feudalmente
r isola. *) Non era tuttavia un dono gratuito : con un contratto dei
primi mesi del 1165, l'Arcivescovo di Magonza, venuto a Pisa il
novembre precedente a disfare V opera sapiente di pacificazione &tta
dal suo, predecessore ed a gettare la dignità dell'Impero in mezzo
ai bassi intrighi di ima politica faziosa e venale, aveva riscosso
13,000 lire di argento come prezzo della investitura feudale. *)
Con la guerra Pisa-Genova^ ritornava in campo la alleanza
Genova-Lucca, necessaria ai Genovesi per ragioni militari e per
ragioni commerciali e conchiusa di nuovo per 29 anni il 6 ottobre
1166 con la cessione ai Genovesi di due fondaci nel porto di
Motrone ed il monopolio nel rifornimento del sale ai Lucchesi; *)
guerra ed alleanza che a Lucca — come pure in altre città di
Toscana dove la polìtica di Cristiano conseguiva gli stessi risultati
*) Annali pisani, ann. 1166.
•) Annali pisani, ann. 1165, febbr.
^) Annales januenses, ann. 1166, I, p. 194.
*) AtH Accad. lucch., X, 86.
Quaitioni ecclesia»tiehe; Arcivescovo e Capitolo
183
') si risolvevano iu un rinvigorimento del partito an-
ila favorevole a Papa Alessandro, l'avvorsario dei Pisani per
B della Sardegna, cui egli temevu volessero usurpare per so o
e all'Impero: perciò aizzava contro di loro gli amici di Genova,
l'altru sua cittadella. ') Pisa dal dicembre del 1164 era priva del suo
Arcivescovo Villano la cui cacciata aveva pure contribuito allo sdegno
di Alessandro; e possiamo immaginare, date le circostanze in cui
Villano si era ritirato alla Gorgoua, quale turbamento nei rapporti
politici e religiosi dei cittadini questo fatto avesse portato.
Ma premeva at governo non vacillare iu questo momento, quando
il tempo della attesa spedizione meridionale sembrava arrivato e
noi marzo 1167 l'Arcivescovo Rinaldo, giunto a Pisa, faceva giu-
rare nel Parlamento i cittadini ed il Consoli di partecipare al
« ft'licem exercitum » che Federico apparecchiava per l' estate
prossima^ di tener per legittimo Pontefice Pasquale ed obbedirgli,
di obbligare a ciò anche i chierici della città, di non ric«ver l' Ar-
civescovo Villano che ritiutava sottomettersi a lui od eleggerne un
allro. Giurarono infatti di non riconoscere Aleesaudro ed il 25 marzo
ulessero Arcivescovo un canonico di S. Maria, BenincAsa, il quale,
Booompagnato da duo Consoli, da Savi e da chierici, si recd, li&-
tament» accolto, presso il Papa, ne ricevè il lunedi dopo Pasqua
tu consarrazione arcivescovile e tornò a Pisa, dove non pochi eo
l'Iraiiuitici della città e del contado gli prestarono obbedienza. ')
Anelli! il monastero di S. Salvatore di Sesto, presso Bientina, venne
iit'lle mujii di uii Abbate scismatico e, so stiamo u l'apa Alessandro,
lo ridusse alla rovina, dispensando a piene mani ai suoi partigiani
L feudi V livelli. *)
Certo che in questi ultimi tempi doveva essersi formato a Pisa,
) fra U clero, un forte partito avverso ad Alessandro ed a
) Daviimus», Otx-MM*, p. 494-6.
*) jArrty Rt^tmfa. 5 genu. llti^T, n. 11911: difendano l'isola dai Pisani
9 in alteriiu (se, FVid. Imper.) doininlum oiinlme posali truisttarrt *.
*.) ÀnttaU pimmi, anii. 1168, UniiRi.M. Ili, 46:1, e Hotlo, p. 20S.
•) JattS, Hfgnld, n. lt.')81 e UT&l. AlctwAiidro ai Cnnonicl, 29 ag.
8-9 e 16 mariso 1170.
184 m. — Politica estema e politica eeclesiasOca
Yillano, se un legato imperiale poteva dettare ordini simili e questi
ordini essere eseguiti : e forse nei fatti narrati ebbe una parte im-
portante il dissidio fra rArcivescovo ed il Capitolo dei Canonici
Già Eugenio DI era stato chiamato ad appianare divergenze sorte
fra essi, provocate, io credo dall'Arcivescovo stesso, uomo di carat-
tere altero ed ostinato, ^) per quanto le cause di simili dissìdi
fossero piii generali, riducibili, a Pisa come in altre città, alla
aspirazione costante del capo della diocesi di abbassare al rango
di chiese di patronato arcivescovile le Cattedrali e di togliere ai
Canonici i privilegi per cui formavano un collegio ecclesiastica-
mente autonomo, forte di ricchezze e di aderenze fra i maggiori
cittadini dalle cui famiglie essi uscivano, specialmente là dove,
come appimto a Pisa, avevano ottenuto diplomi di esenzione dalla
giurisdizione arcivescovile. *) Qui, documenti dei primi decenni
del XTTT secolo ci mostrano che la lite verteva sul diritto che il
Capitolo si arrogava di installare esso i Canonici e di noniinare ì
chierici nelle chiese della città; sul patronato e sulle decime di
varie altre chiese del distretto, sul possesso della corte di Papiana,
sulla nomina ed investitura dell'Operaio del Battistero, ecc. •) La
stessa Cattedrale l'Arcivescovado pretendeva fosse edificata su ter-
reno proprio ed accampava tutti i diritti derivanti da un tale rap-
porto di fatto, *) mettendosi così in contrasto non solo con i Cano-
nici ma anche col Comune che sulla Chiesa madre e sopra il suo
patrimonio tendeva ad acquistare il più ampio esercizio di poteri
amministrativi, come su beni comunali, quale realmente veniva
') Costretto ad abbandonar Roma, e riparato in Francia ove rimase
sino al 1149, Eugenio da Verdun scriveva air Arciprete di Pisa di non
poter giudicar nulla sino a piena cognizione di causa e consigliava nel
tempo stesso rArcivescovo di procurar pace. Jaffé, Regesta y n. 915d-G0,
11 e 19 nov. 1147 e Pflugk.-Harttuxg, Ada Pont, ined, II, M7.
*) Cosi a Genova, Verona ecc. ; cfr. Ughblli, II, 427 ; III, 395,
879. Per Firenze, cfr. Hartwig, Forschtingen, IV, p. 19.
3) Arch. Roxcioxi, Pisa, perg. n. 174, 30 sett. 1221; n. 179, 8 apr.
1222; n. 186, 1222; n. 199, 14 ott. 1224; n. 218, 9 ott. 1228 e moltissime
altre. Sull'elezione dei Canonici, Jaffé, 27 apr. 1170, n. 11781. Ma di
ciò, più sotto.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg. PrimaekUe, 13 apr. 1208.
Comunr r Chitxa
165
siderata In Cattedrale, ') pur uvmndo uua amministrazione af-
) distinta da quella del Comune. ") Molte di queste cagioni
\ contrasto debbono esser vive sin dalla metà del XII sec, quando
rcift l'opposizione del Capitolo all'Arcivescovo Villano spinge
ilio tra le file degli avversari di Alessandro che pure era uscito
I fra mezzo quegli stessi canonici pisani e con essi aveva poi per
»lche tempo conservato ottimi rapporti, sino a farne gli iiiterme-
■i con ì banchieri di Pisa per il rifornimento dell'esausto erario
Utificìo. ') Ed il nuovo Arcivescovo da contrapporre all' esule
Ulano fn scelto appunto fra i Canonici di Fisa donde muoveva la
ssizione, ammoniti tuttavia subito dal Pontefice, dopo che egli
E) scomunicato Benincasa, di rifuggire da ogni relazione con lui.
Dei resto, questo dissidio ecclesiastico è il riflesso dì no altro
1 maggiore che ci dà una più ampia spiegazione dei fatti interni
I questi anni e della cacciata di Villano: scoppiato fra l'Arcive-
ivo ed il Capitolo nel quale entra lo stesso elemento sociale che
I consolato, *) esso è quasi im proliuigamento dell'altro dissidio
\ or» latente ora manifesto, arde fra l'Arcivescovo ed il Comune.
niam considerare le vicende prime del Comune italiano come
quelle di un germe che, sviluppandosi, si trova nel suo terreno
tntto ctn^undato da forze contrarie o anche da involucri che prima
lo proteggono ma che poi son di ostacolo al suo sviluppo e che
esso deve perciò rompere, vincere, privare, appropriandoselo, di
quanto hanno di sostanzialo od assimilabile, prima di espandersi
►■-
«) Siaiun, I, Br. Consulnm, p. fi p 13.
*) Tanto è vero che l'tlpcTaio faceva dei prestili al Comnne e questo
^11 Impcgiuiva per ^rsnzia ili pagamento qu<ho suo ceppite di on-
tnu. Cosi nel 1177; Bonaini, DlpI-mU pi»., p. 63.
*l AacH. C*soxit;i, Pisa, perg. 20 sclt. USO (?). Il Papa ai Cano-
percbè pmcitrinn trovnrgll a tnatuo nei Capitoli.
186 m* — Politica esterna e politica ecclesiastica
alla viva luce del sole, nella piena sua personalità vegetativa. D
Comune, fra T XI ed il XII sec, celava ancora parte delle sue forme
entro V involucro delle istituzioni precedenti sopra cui doveva ora
innalzarsi trionfante, se non per distruggerle certo per separarsi
compiutamente da esse, per conquistare una vita autonoma, per
ridurle nel puro campo delle loro intrinseche attribuzioni, assogget-
tandole a so in tutto il resto, riprendendo loro tutti quegli elementi
politici e civili di cui erano state tutte compenetrate durante la con-
fusione medioevale degli istituti e dei diritti vari. Vi era V Impero,
istituzione universale, e poi via via tutti i cerchi concentrici di
quel grande globo: il Regno, i Marchesi, i Conti, i grandi feu-
datari non rivestiti di cariche pubbliche ma sostituitisi, con o senza
autorizzazione legittima, ai poteri pubblici nella giurisdizione dei
contadi ; vi erano in fine, piìi di tutti intimamente penetrati nelle
fibre e nel midollo della vita comunale, i Vescovi e gli Arcive-
scovi, non limitati alle città ove essi avevano ottenuto i poteri co-
mitali, ma esplicanti la loro azione da per tutto, per un insieme di
cagioni e di circostanze che, per quanto riguarda il territorio, ab-
biamo accennato sul principio. Quando si vorrà rifare la storia
delle giurisdizioni temporali dei Vescovi in It^ia, bisognerà com-
prendere in essa tutti i dignitari di tale grado, perchè tutti, più
meno — anche là dove più si ò soliti non veder quasi traccia
di diritti e poteri giurisdizionali del Vescovo, in grazia della più
gagliarda \italità dei Principi laici, come appunto in Toscana i
Marchesi, — ebbero una notevole ingerenza negli affari del Comune,
eliminata tuttavia sempre più, a mano a mano che esso conqui-
stava la propria autonomia civile. Si va per una gradazione continaa
dal semplice provento di taluni diritti fiscali, fino al bando di san-
gue : prerogative che dove non son frutto di concessioni imperiali,
nascono e si svolgono insieme con il Comune, per effetto di quella
stessa causa generale che è il disgregarsi dei poteri pubblici a cui
corrisponde un diverso atteggiarsi degli enti locali, laici ed eccle-
siastici, nel senso di una maggiore libertà. Qui le giurisdizioni ve-
scovili non precedono, come generalmente si dice, il Comune, ma
ne accompagnano il nascimento e lo sviluppo, conformandosi da
Ingermxt reeiproelte dei Cott»oli e. dell' Arcimsroì'o
187
I, aoqiiiì, l'ArcIv. di Genova eleggo i Consoli
1 1164, prrchò i torbidi .
•) ML'iuruRi, Ani., Ili, Excerpta, 20 sott. Uia.
'j M|[HATi>Hi, Ani., diss. XIV, 14 n^itto 1 1.16.
188 m. — Politica estema e politica ecclesiastiea
silio et nutibus pisane cìvitatis, consulam et sapientum tam judi-
com quam causidicorum et totius populi pisani, Consilio etiam et
hortatu ac prudentia clericorum et fidelinm omnium > , il dono
deir Arcivescovo Ruggero ai Canonici, della corte di Papiana,
eccettuati i feudi militari compresi nei suoi confini. *)
Non meno grande e forse maggiore è 1* intervento dell' Arci-
vescovo, sancito dalla consuetudine più che dal diritto, nelle cose
del Comune, in una città che crebbe di potenza e di riputazione
combattendo gli infedeli e su queste lotte, intraprese per resistenza
prima che per la conquista, elaborò poi tutto un suo ciclo di leg-
gende gloriose, in cui Papi bandivan le crociate, Vescovi pisani le
conducevano, flotte poderose ed eserciti conquistavano e dominavan
le isole, incatenavan Re nemici, li trascinavano a Roma e in Ger-
mania ; in una città simile, dico, si intende bene tale intromissione,
non chiesta nò imposta, ma naturale e spontanea; i Signori arabi
di Spagna, di Africa e delle Baleari, seguaci di una religione di-
versa. Principi insieme e sacerdoti, non potevano concepire le loro
relazioni coi Comuni nostri se non come im patto di tolleranza
religiosa e di privilegio commerciale; quindi trattavano con l'Ar-
civescovo e con i Consoli insieme, mandando loro lettere ed
ambascerie, considerando anzi il primo, essi in cui il carattere
sacerdotale sovrastava forse al civile, come il vero rappresentante
*) UoHBLLi, III, p. 446-7, 17 giugno 1127; Giudici, Causidici, Con-
soli e testi si firmano tutti in gruppi distinti. Su Papiana il Capitolo ha
poi e plenam jurisdictionem » (Ughelli, III, p. 481, dipi, del 1178). Tale
presenza dei Consoli si trova talvolta anche in atti temporali di Abbati
in sentenze giudiziarie di interesse dei Canonici. Arch. di Stato,
Pisa, Perg. S, Michele^ 31 marzo 1120. Permuta fira Ludovico abbate di
S. Michele e Guido chierico; sottoscr. Ildebrando giudice e Console. E
nel 1159 ad una sentenza dei giudici in una causa fra i Canonici ed un
privato sottoscrivono, insieme con i giudici stessi, i Consoli Teperto,
Conte, Glandolfo, Alcherio e Malpilio; Arch. Canonici, Pisa, perg. ann.
1160, 16 die. Nel 1159, sentenza dei giud. nella causa fra il sind. arciv.
ed i Consoli e rettori di una consorteria, per una palude che il primo ac-
cusava questi di aver usurpato. Sottoscrivono Malpilio, Teperto, Conte,
Coppario, Glandolfo, Alcherio e Cortevecchia, Consoli. Arch. Bìkxsa
ARCiv., Pisa, perg. 22 e 29 die. 1160.
L'Aniotaeooo nella politiea eiierna ed mlema 180
^-SÌKaore della citte, come il vicario di quel sommo Gerarca di
ma da cui maovevaii ^U iucitamoiiti alle crociate e che simbo-
frìava l'imita del mondo mistiauo contrappob-ta ia uq secolare
oonOitto airtuiìtà religiosa del mondo mussulmano.
L'impresa di Daiberto in Siria, l'esser lui diventato Patriarca di
Oerosalemme ed il capo dei cristiani d'oriente, aveva natural-
mcate consolidato questa alta posizione dell'Arcivescovo di Pisa ed
Kcresciuto questa promiscuità inscindibile di attribuzioni, favorita
anche dalle aspirazioni del Comune sulla Coi-sica e sulla Sardegna
ni cui dominio sì sperava giungere, oltre che con le buone navi
e con le arti dì ^lerra, anche per la doppia via delle concessioni
pontiticie di primazia all'Arcivescovo e dei diplomi di ìnvestizione
feudale dell'Impero: per questo, parte non piccola dell'attività di
-Oenova e di Pisa per il raggi ungi monto di quel grande scopo, si
rolse per lunghi decenni nella Curia romana e alle Diete e presso
^Corta imperiale, con tutti i mezzi dì cui una scaltrita diplomazia
luti poteva disporre: ne risultava una grande influenza del-
!OTo nel guveruo interno della città, specie nei tempi che
iDO e seguivano una spedizioue navale ed il quasi sosti-
liilrtì esso al potere civile dei Consoli negli amii del primo conso-
Ìjdar<.i del Comune, quando le inteme dissensioui impedivano le
i (!Onsolarì o il regolare esercizio dei poteri pubblici: cosi il
»vo Gherardo (1080-1085) e Daiberto (1089-1105) avevano
inaio burnii per la sicurezza della città e per la concordia dei
, disponendo sull'altezza delle -torri, sulle formalità legali
r abbatter le caso dei contravventori, dietro deliberazione didl'as-
Ublea dei cittadini ecc. ') Il Vescovo, 6 vero — ed in cifl si
osta la natura vera di tale autorità vescoiile — non sandra
j oorporuli, in correlazione ai suoi ordini, e solo minacciava
k Koronnica che teneva i colpiti lontano dalla comunione della
I e della nave,*) i due simboli od i due fattori, in un Comune
') statuti, I, p, li e 83. ha rniicnrdìa dì Dnilwrio * puW. Tirll'Appoad.,
lUd..p. 16.
•) Cori nella carta cii. di concordia.
190 m. — PoUHea esterna e politica
marittimo, della comunanza morale e della attività collettiva: ma egli
prendeva Tabitadine a partecipare, anche quando i Consoli erano
in ufficio, a certi atti di governo, a cooperare con essi alla repres-
sione dei disordini, alla preparazione delle intraprese, airammini-
strazione della giustizia, quasi come compenso alla mancanza di
uno speciale foro ecclesiastico che a Pisa ed in generale nelle città
ove i poteri vescovili non si cx)nfusero coi comitali, non esistè mai.
Così di parecchi giudici pubblici, e già lo abbiamo accennato, si dice,
nella prima metà del XII sec., che sono « ab archiepiscopo, con-
sulibus et populo electi > o solo < ab archiepiscopo et consulibus >
0, pili esplicitamente, e ab Archiepiscopo concordia consulom >. ^)
Così nel 1160, l'ultima volta che i documenti ci mostrano una
simile attività arcivescovile, se anche, per speciali liti e discordie
fra laici ed ecclesiastici, si ritrovi ancora più tardi, al principio del
Xni secolo; ^) e la quasi rudezza della frase, rivelante una più
diretta parte avuta dall'Arcivescovo Villano nell'elezione del giu-
dice ci può esser quasi spiegazione delle ostilità che fra poco scop-
piano fra il Comune e Villano il quale pure, l'anno innanzi, era stato
eletto capo di quella commissione di ecclesiastici pisani e lucchesi
destinati a pacificare le due città e fissare i patti dell'accordo, dopo
che a provocar la guerra aveva molto contribuito il predecessore suo
Balduino, ^) immiscliiatosi anche esso assai vivamente nelle Seuv
cende territoriali e politiche del Comune ; tanto che a lui, dopo che
dinanzi alla assemblea generale, avevano nel 1144 giurato i Con-
soli di aiutare con ogni loro forza Gonnario giudice di Torres ed
i suoi fedeli perchè non perdessero il giudicato e lo ricuperassero
quando lo avessero perduto. *) Questo intervento arcivescovile si
^) Arch. Mexsa arciv., Pisa, perg. ann. 1162; trattasi di una lite fra
il Sindaco arcivesco>ile ed un prete.
*) Statuti, II, Constit. usus, p. 1008.
3) Cfr. sopra, p. 152, nota 3.
*; Arch. di Stato, Pisa, Pm/. Coletti, 10 nov. 1146; Roxcioxi,
Istorie, p. 260. Anche un privilegio dei Consoli per Pospedale di S. Se-
polcro di Cinzica era stato confermato da Balduino; Statuti, II, Constit.
usus, p. 998.
DiritH g privilegi arviveacovUi 191
1 facilmente quiuido si pensi che la Sardella era piena di
tedimenti della Mensa pisaua, specialmente cliiese, masserie e
i ìunumerevoli e gregei dì bestiame, nd essa venuti per dona-
i tuitìche e recenti di Qiudici e di privati e minacciati contìnna-
Dte tanto dalle spedizioni armate di Genova quanto dai Regoli
I ne seguivano le parti.
Nelle colonie d' oriente, a Costantinopoli specialmente, molti
i privilegi deirArcivescovado pisano, tenuto sempre presente
"■ftei tanti diplomi rilasciati dai Priucipi della Siria e dal!" Impera-
tore al Comune, quasi che esso fosse considerato come una isti-
tuzione comimale, non rientrante uell' ambito di una diversa gerar-
liìa: contro tali privilegi quindi — per lo più rendite di chiese,
il fondaci, di posi e misure ecc.. — si rifacevano i Principi stessi
'juando avevano inimicizie coi Comune. Così a Costantinopoli, dopo
il 1161, l'Imperatore nsiirpù le rendite già concesse all'Arcive-
scovo e solo pili tardi riacquistate, quando im Console andò laggiù
unbaeeiatore e giuria la pace < ex preo«pto et volontate archie-
pisoopi nostri, consulum et senatorum > . ^)
A garanzia di questi consuetudinari diritti arcivescovili, i Con-
soli giuravano nei Brevi di proteggerli ed accrescerli, come parte
integrale di tutta la mossa dei diritti del Comune di fronte agli
-ìruiieri. Nel Costituto senese sono fra i più anttclii i capitoli chp,
Il c«*o di sede vacante, mettevano i castelli e tutti gli immobili del
V._-scovado sotto la protezione de! Comune; le rendite invece — cosi
kuche a Pisa, donde grandi lotte nei XIII secolo — sotto la
«nuntni^truzione dui Capitolo. In c4unbio. il Vescovo si obbligava
di < intendere semper bono civitatis >. Così pure il Costituto
porla del giuramento dell'Operuìu del Duomo di ridurre tutti i red-
diti che gli pervenivano, nelle mani di 3 legali uomini eletti
dal Vescovo, dai Consoli di mercanzia e dai 24 priori; *) men-
Uv E Piaa il diritto di elegger gli Operai ed i Rettori di S. Maria, la
<:ttiesa cio^ del Comune e del popolo, spetta nel XII itec. all'Arcive-
') UOller, Docamenli, p, 40, sgg.
*) Cantituio xneM, ed. ZDEKALrKK, I, 4; I 66^; III, 340.
192 in. — PoUHea eaiema e poliUea eedeaiasUea
scovo che interviene personalmente anche nei loro atti amministra-
tivi ^) e nella seconda metà del secolo elegge pure rOperaio del Bat-
tistero, iniziato nel 1154; donde altre lunghe contese, da mia pane
col Commie che gradatamente rivendica a so tutta ramministrazione
dell'Opera, *) dall'altra coi Canonici che pretendono essi di eleggere
— e talvolta vi riescono *) — il procuratore del Battistero, parte ne-
cessaria della loro Chiesa cattedrale.
Involto ed impacciato da tante limitazioni al pieno esercizio
deUa sua interna giurisdizione, il Comune mirava nel XTT secolo
con desiderio crescente a distruggerle: l'Arcivescovo aveva bu(m
giuoco nel conserv^are lo statu quo, poiché ima lunga e complicata
serie di rapporti privati e feudali legava a lui quasi tutta quella ari-
stocrazia cittadina che aveva nelle mani il Consolato, il Senato e
gli altri maggiori uffici della città: ma di qui venne la salvezza.
La tendenza generale a rompere e trasformare quei rapporti privati e
feudali agì anche nel modificare i rapporti pubblici fra Comune ed
Arcivescovo e ne scaturì una lotta tenace a danno dei privilegi ar-
civescovili che condusse, fra il XÌT e XTTI sec., alla quasi compiuta
laicizzazione del governo comunale.
I documenti del XII ci fanno osservare a Pisa ed altrove un fatto
assai importante che mostra da vicino qualcuna fra le cause forse
più notevoli e diffuse di questo alto potere civile e di questa continua
ingerenza nelle faccende politiche che gli Arcivescovi riuscivano,
anche senza diplomi imperiali, a conquistare in mezzo alle nuove
comunità. I principali cittadini e le principali famiglie sono vas-
salli dell'Arcivescovo, per puro diritto feudale : i Visconti, i da Pai^
lascio, i S. Cassiano, i Pellari, i Gualandi, i Caldera, i Familiati,
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Primaziale, 16 ott. 1143. 1 rettori,
procuratori ed operai dell'opera di S. Maria, col consenso di Baldumo
arciv,^ vendono im pezzo di terra.
•) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Primaziale^ 4 genn. 1207. Elexioiie
di 2 arbitri ad appianar Taspro dissidio fra Arcivescovo e Comune per
tale elezione ; 13 apr. 1208 definizione della lite.
3| Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 8 apr. 1186. Vi eleg.
gono Guidalotto : < dominum totius Opere et introitus » , per tutta la vita.
Tnuformaxùme laùia iW Gomvne
103
.anfrniK^hi, tutti nomi coitsoluri, oltre vari Cuttnai del contado
I lian dimora in Pisa, souo tutti * fideles > dell' Arcivescovo,
mano la sua curia, aon presenti agli atti suoi temporali, gli
Wtano giuramento dì fedeltà ed il banditore stesso del Cornane,
eS'. Lartrwi, 10 mnggio 1156: DumIo e Tcpcrto di Marlgnano
moln beneficio dnll'Areìv. W^rre in Nuvola. Aroh. Hbsba arciv., Pisa,
ft, 98oit. 1181: L'nrciv. ITIinMo dà tin feudo ed investe • per croc-
■ Enrico B Lamberto q. Qberto, col consiglio dei Canonici, ■ et co-
sato compiilo alioruiu bononim viroruiu fidfUum arch. >, noè) Eldixio
wntl t\. Albori», Roberto q. Pagano da Parlaselo, Sitarlo di Mabilia,
. Raimondo di S. Cassiano e Albertino suo Aglio; Goldn,
PeiUrio e Ildlno, frai*lli. di Ventriglio; Sigorioq, Ugaccionello, Pomario
di Lncagnano, Seleltino q. Amone, Ugo Bacchia, Pietro Mondani, Lam-
berlo q. Ugorio di Segalari, Enrico q. Morello di Nuvola, Francardo q.
Beraardlno, Bicchiero e Bcncltiuo q. Vecchi. Due di c«8i niellano in
pamtma 1 nuovi fedeli; si ricorda anche un feudo arciv. di Sigerio Vi-
. Ancbc i Carletti, Bernardo Pamiiiati, Albìuo Caldera, fd I nobili
^ KIpatratta son ricordati coinn vautalli arcivracovlli nel 1190 « 121!l.
. HuKA ARCIV., Pìm, n. Mi, 3T die. 1191 e a.GZi. 1S20.
*> Vedi il cap. • Du F«uditi •; Statuti, II, Constit. u£us, p. %7 sgg.
4iM. a. K. 1]
194 in. — Politica estema e politica eeclesiastiea
sentono spinti contro i loro signori a quella stessa rivolnzione
che da due secoli era stata la molla più poderosa per la elevazione
progressiva dei minori contro i maggiori, il fatto medesimo che
aveva prodotto il Comune e che ora produce, con la piena emanci-
pazione dei suoi principali cittadini da ogni avanzo di vincoli fen-
dali, la separazione dello Stato dalla Chiesa, il primo trionfo del
carattere laico del Comime. Di modo che questa trasformazione
nella natiu*a del Comune, le lotte che ora si accendono ed ogni tanto
divampano più vive fra esso e l'Arcivescovo, appaiono come la
resultante dei singoli sforzi, riannodantisi ad una generale ten-
denza, dei maggiori cittadini che cercavano distruggere le loro ob-
bligazioni feudali e trasformare il possesso in proprietà : vediamo
seguitar ancora ed accelerarsi la lenta usurpazione dei beni eccle-
siastici cominciata col X secolo, cioè con la grande ricchezza immo-
biliare delle Chiese. Naturalmente i Vescovi resistono con ogni loro
possa. Così a Genova, verso la metà del XII, gli Arcivescovi sì
affaticano a ricuperare le decime ed i beni perduti e quarum moltae
in suo arch. sic inique et confuse a laicis possidebantnr » e si
richiamano alla sentenza di Papa Innocenzo VI contro i laici deten-
tori di decime e feudali vel libellaria ratione > . *) Ogni pieve ha le
sue decime divise in tanti lotti infeudati o allivellati ad altrettante
famiglie, talvolta strette in consorzio per goderne insieme uno o
più lotti ^) ed obbligate a servizi e tam in pecunia quam in rebus
alijs > all'Arcivescovo quando esso va a Roma, quando deve spedir
messi, o raccogliere i proventi fiscali delle sue ville. *) E da tutta
la Toscana ci giungono, sia- pure meno esplicitamente, voci e fatti
non dissimili. Se l'Abbate cluniacense Pietro, che fu poi anche
esso mediatore fra Pisa e Lucca, scriveva dopo il 1139 a Rug-
gero di Sicilia che e res di\inae atque humanae nullo servato or^
dine confunderentur > , *) si riferiva certamente allo sforzo generale
*) Mansi, Sacrar, Conciliorum colleciio, T. XXT, col. 520; Conc. later.
II gener. 1139. Ne laici decimas vel ecclesias retineant etc.
*) Reg. Curie arch. Janue, in Atti Soc, lig,^ I, p. 15.
^) Beg, Curie arch, Janue cit., p. 30, 31, 48.
*) Bibliotheca cluniaceiisis, ed. Marrier et Quercbtanus, Paris, 1614,
868. Per la data della lett., Davidsohn, Oeschichie, p. 431, nota 2.
Vasgaili a Oomwte coidro il imlriinonio areiveMOtnle
195
di tutti i Comnni toscani per pieiidei- ìri muini raiiimiDistrazione
doi boni delle cbiese, ') ciò che voleva dir per essi anche esclu-
dere i Vescovi da ogni ^iurisdiziono sul coutado, «ime i Vescovi
ftvrobbem avuto diritto, iii seguito olle carte ed ai giuramenti di
donazione p di soggezione fatti alla Chiesa cittadina ed ai Consoli.
A Pisa, fra il 1153 ed 1158, si lia uotiziu di possessi ecclesia-
atìci — forse dei Cauouici — usurpati con la forza, uè sembra che
r ApcivesTovo si mostrasse molto sollecito a procurar giustizia. *)
E son certo preseutimeuto e seguo di vento infido i moltissimi di-
plomi imperiali e papali di protezione e di conferma, che in questi
aoui l'ArcivesL'ovo, ì Cauouici e vari monasteri e chiese impetra-
rono ed ottennero.
ila più che contro il Capitolo, che meglio rappresentava spiri-
tDaluente la cittadinanza e solo essa, e socialmente aveva maggiore
Affinità con Ih classe dirìgenti:* del Cornane, le minacce sì addensavan
flbprs l'Arcivescovo e piii vive attorno a Ini tumultuavano le ambi-
zìonj e lo cupidigie individuali e collettive. Nel 1159, l'ArcivesTOvo
Tillano intenta lite ad una quautità di persone, Ugo Visconti, Ugo
(la Parlaselo, Raiinccino da 8. Cassiano, Barile equi dicebantur coa-
■.iles et capitane! suoruiu consortum > ed inoltre a Pagano e Paolo
Il Ugo Ebriaci, (ioffredo Oalmangiare, Goffi^do Visconti, Gerardo
Bnrattota, Robertino e Pietro Visconti ecc. ecc. quasi tutti Visconti
ti di consorteria vlacoutile, sotto l'accusa di avergli occnpata la
palude di Veccliiauo. Villano era ancora in auge ed i Visconti,
*l &i rienlle^&no Anche a quest'ordine di tulli i torbidi che provocArono
su Plrca»^ l'Interdetto dì Innocenzo (1138), notto il vescovo Oof^vdo; Cfr.
DAVttMHfiiN-, Ottchichte, p. 437 sgg. Gliftessl di.'saidi, npUo stMso l«nipo,
■ PtxtolA dove i Coniwli che avevan depredato i tesori dvlla chle«a e ar-
cato di lin|>adronirsÌ dell' amminiistraxione dd beni della chieaa mediv
fina contro il voloce del Vescovo GngHoltno, furono scomunicati ; cosi
tt Locca. Cfr. JaktS, Btgtgta, n. 8312, (23 maggio llSMa) e 8647 (10
In^io 1144) ed in Zaccaeua, Hiblioth^ea pitìorifnuU. Il, 311, la bolla di
Momunicn; Zorkaith», 8tiil. l'ol. Cinn. Pintor., pnt. XI-XII. Noli aon
poi I dissidi di Vnluirm, nel \II n XIII sec.
'j U.1UBLI.I, 111, 3!t7; JakvB, lie(/a>ia. n.9768, 3 die. IIM; il Papa ai
ci : promulghino sentenza canonica contro i parrocchiani tuurpa-
B t'Arcìv. rifiuU ter loro giualiitia ; e u. lOtStl, 1 febbr. 1155-8.
196 m. — PolUiea esterna e poUHea eeehaiastica
pur potentissimi, in latente antagonismo col Comune che li aveva
abbassati al livello di privati cittadini; perciò l'Arcivescovo ebbe
ragione dalle leggi con una sentenza sottoscritta anche dai Coih>
soli.^) Ma questi Consoli stessi nel 1163 disposero a beneficio del Co-
mune, del ripatico dovuto alla Mensa arcivescovile*) e nel novembre
1164, quando Cristiano di Magonza venne a Pisa col suo antipapa
Pasquale, costrinsero Villano ad uscire di città ; atto che fu insieme
accorta politica imperiale, nelle necessità della guerra con Genova,
e ribellione di vassalli al signore feudale. ^ Ed allora che cosa av-
venne? da ogni parte, tutti quelli che avevano precariamente, per
diverso titolo, beni inunobili della Mensa si affrettarono ad ap{MX>-
priarseli e dolo malo ac violenter » o non ne pagarono pia il censo,
lasciandoli come cosa propria agli eredi. ^) Si volle anche dare
una parvenza di legalità a tali usurpazioni: i detentori dei beni
sembra sostenessero dinanzi ai giudici la legittimità della appro-
priazione, basandola sopra titoli di prescrizione; e siccome il Sindaco
arcivescovile non si presentò in giudizio, allora contro Villano
furon pronunciate sentenze di contumacia. *)
Non mancò dunque, come sembra, la connivenza del governo:
vi fu anzi di più: per pagar certi debiti che il Console Ottaviano
ebbe a fare poco dopo, in Provenza, con dei mercanti e banchieri
pisani, si misero gli occhi sui possessi dell'Arcivescovo e si elesse
una commissione di tre persone per farne la stima. ^ Fa un reno
*) Arch. Mbnsa arciv., Pisa, 22 e 29 die. 1160.
*) Statuii, I, Br. consulum, p. 39.
3) Risulta, chiaro dai doc. Arch. Mensa arctv., Pisa, n. 447, 7
maggio 1179: < omnes sententie contumaciae a tempore expulsionis d.
Villani .... datae etc. ; così pure perg. n. 475, 8 loglio 1183. Più chia-
ramente ibid., perg. n. 464, 15 ott. 1181 : rArciv. « per consoles reoessit »
e de ci vi tate pis. iussione Consulum recessit » . Queste notizie mettono i
fatti sotto un' altra luce che gli Annali.
*) Cosi di una casa deU* Arciv. Arch. Mbnsa cit., n. 475, 8 Inolio
1183.
*) Doc. cit. 7 maggio 1179. Per la procedura nelle cause arcivesco-
vili, cfr. Statutiy I, Br. Consulum, p. 9, 31-2; ibid. Il, Constit. usua,
p. 848.
^ Arch. di Stato, Pisa, Perg, Certosa^ 28 nov. 1170: quattro cittadini
Oitlriadi%ione. eort^orreiite nelle terre dell' Immunilà
197
) seguito da alienazioni p pignomnienti Jello cose della
\ ooi il Gomuiiu iti un uiomonto di grande bisogno procedo
rèontro un debitore insolrente e contumace ; sequeetro cb« 8i
> anche ad alcune chiese i cui rettori si eran forse mostrati
Irorevolì a Villano. Per altri debiti di 100 e 110 lire con certi
irzucco di Gaetano — varie volte Console — e Alberto di
i Consoli il 7 marzo 1166 obbligaron loro quanto ap-
tenevH all'Arcivescovo nel castello, corte e distretto di Piombino
I isolettc annesse, ') cedendone anche tutto il tributo, sino ad
inzione del debito, in compenso delle spese por la custodia della
. Eron forse persone ohe già accampavano qualche pretesa su
i diritti, in gara con altre, poiché ora i Consoli li assicurarono
Utro ogni molestia da parte di taluni cittadini.
Uà le conseguenze piìi rilevanti di una simile condotta del
tnime verso l'Arcivescovo, quelle che oostituivan forse la meta
icipalo cui tendeva fatalmente e por volontà sicura di uomini il
I. furon nel campo delia giurisdizione sopra quelle terre del
lltailu nelle quali la Chiesa pisana esercitava pieno dominio. Noi
gabbiamo ricordate ed iiran parecchie, sebbene non grandi. Ora,
l 6 ragiono di erodere che sia di questi unni una ìnnovasioDe
i notevole nel governo loro: il Comune comincia a volersi in-
gerire nella lont amministrazione ed a concorrere con propri ufG-
otali air esercizio della giustìzia ecclesiastica, nel modo stesso che.
fcià nella riforma di Rinaldo, ministri imperiali dovevan concor-
rere con quelli dei Comuni all'amministrazione del (xmtado; gli
invisti della città, i treguani, non voglion cedere ai Visconti ar-
raveacovitl, come si chiamano nella seconda metà del XII secolo
gU antichi ufGciali economici della immunità vescovile. *) Sì tratta
k«piMtì dal Coiwoli a stimarla i possessi e le coso dell'arcìvcecovado e dtUe
nUcM dati ai creditori di Provincia > .
■) Axcn. m Stato, Pisa, Atti pubblici, 1 mano 11C6.
*ì Nel Br. Con«aliiin Af\ 1163, parlandoai del * Bacramennun ca-
ni mpnlae • da prcAiar nelle caune arcivescovili, si fa meniione m>1o del
•^indaco; Sliduti I, (i. 31-9. Mii nel Cormtil. usus, Ibid. II. p. 818-9,
nitir. X, • I>e nncrnui. i-aliuiiiminc • clip svnlfrii più ituipiaiiienie le di-
198 m. — Politica estema e politica eeelesiastiea
infatti di veri e propri poteri comitali che TArcivescovo eserciti,
non escluso il bando di sangue. Un documento dei primi del XIU.
ma che richiama fatti anteriori di alcimi decenni, del tempo cioè
in cui Ubaldo occupò la sede pisana (ann. 1175), ci da una chiara
idea di questa giurisdizione mista e dei conflitti a cui essa doveva
inevitabilmente dar luogo, forse anche prima del 1162.
È \m deposto giudiziario del 9 luglio 1221 *) e riguarda le
terre arcivescovili di Nuvola, Villa di Abbazia, Cugnano, Cafaggio
ecc., sulle colline livornesi. Se veniva commesso un crimine, faceva
valere i suoi diritti sul colpevole chi prima fosse sopraggiunto o
lo avesse catturato, il Visconte delFArcivescovo o i nunzi treguani
del Comune : quando uno di essi aveva fatto giustizia o semplice-
mente arrestato il reo, l'altro non aveva più diritto di intromet-
tersi. Per una rissa fra certi consorti di Cafaggio ed altri convicini,
il Visconte Enrico di Montemagno sequestrò le proprietà loro e
portò i rei a Nuvola e prò vindicta facienda > ; e qui un teste
e vidit eos ligatos tunc ad columnam Curiae Archiepiscx)pi que est
in Nubila. > Vi fu poi un ferimento a Nuvola; il treguano del
Comune accorse e cominciò ad abbattere la c«sa del feritore ; ma
sopraggiunse anche l'Arcivescovo Ubaldo il cui messo aveva già
prima del treguano pignorato la casa e fece cessare la demolizione,
e non contradicente sibi suprascripto treguano vel alia aliqua per^
sona > . Insomma a Nuvola, Abbazia, Cugnano ecc. è pubblica fama
€ che quando l'Arcivescovo o un suo nunzio si intromettono per
far giustizia, il Comune pisano o chi per esso non interviene più e
viceversa. » E questo, secondo un'altra testimonianza, avviene lì
sulle colline e et alibi in terris archiepiscopatus > . Né mancava
che i ministri delle due potestà venissero alle mani, dinanzi all' in-
felice che doveva sottostare all'azione di una così serena giustizia.
Una volta che il Visconte aveva pignorato un paio di buoi a certi
sposizioni già contenuto nel Br. Consulum e che è di poco posteriore
a questo, si considera il caso che T Arcivescovo abbia, per tal giuramento,
il sindaco o il « viceconies » .
*) Arcu. Mexsa AKCiv., Pisa, perg. n. 831, 9 luglio 1222,
Inevitabili eontrasH 109
rateili di Cafaggio, rei di ferimento, e fatto trascinaro i colpevoli a
|7nvola, legati alla solita ci>loniia, il treguano Buonaggiunta, arrivato
roppo tardi e pieno di dispetto verso il Visconte, * multa verba
L eu ìiide habiiìt in Nubila et ad spatas inde etiam venenint. *
lorae si vedo, era questo iiu curioso modo di applicare la legge;
!) meglio: era, piìi che legge, ai'bitrio di potestà riruli. !ìi noti,
ì Inoghì che son centro di una circoscrizione più o meno larga,
i sembra sia Nuvola, la esistenza della colonna ohe b come
: lapis sanguinis, uno di quei simboli di potestà comunissimi
Milo sodi dei signori eeclosiastici tedeschi,') ma piuttosto rari da noi,
Nel Contado pisano, dunque, il Comune si associa al Vescovo
all' esercizio di certi poteri giurisdizionali, prima che li rivendichi
npiutomente a sé. In altre città, invece, come in Firenze, trovo
) nel XII secolo avviene un accordo fra il Vescovo ed i m^
rati cittadini, per cui questi assumono la protezione dei beni dì
tollo di fronte ai feudatari pre|}otenti, ma esercitano essi la giu-
risdizione. ') Altrove, il foro signorile 6 dichiarato concorrente col
comunale, cioè t dipendenti giurano fedeltà al Comtme e si rivol-
goau al tribunale dei Consoli o del Potestà, divenendo facoltativo
quello del Vescovo. ') A Pisa non avviene nò l'una cosa né l'altra,
ma ciascuno dei due signori hu dei diritti per conto proprio e li
esercita per conto proprio; nò sappiamo so tali rapporti, forse an-
tichi ma inaspritisi ora durante il conflitto fVa i Consoli e l'Àrcì-
vescovo, mcutrt.' quest'ultimo era assente e nella città solo il Vi-
sconie rimaneva a difenderne i diritti, *) venissero poi esplicita-
inflDtD regolati dalle due parti; certo ò che questa non sompre
pacifica concorrenza si trasmuterà più tai-di in violento contrasto,
sino alla complessa tragedia che, sul fluire del XIII soc., si rac-
cof;lie attorno ai nomi ed allo persone del Conte Ugolino e del-
■) OxiHM, WrUiIhUmer, I. G. 98, 146.
•) SAjrrist, Studi, Ardi. Sbir. Hai., voi. XVI. p. 81 sgg. e XXV, p. 40.
*) Salvigli, Storia tkllt immunUà e delle giuttttif delle ehieae in
BaUa, p. 204, egg.
■> Nel 1166 il Visconte Ildebrando rappre«entA 1' Arcivescovo di-
nanii ai pudici di I'Ìmi, nella i-»u»a Colle-Rosi ifrnnno. Doc. dt. sopra.
200 in. — Politica estema e polUiea eeelesiastiea
r Arcivescovo Ruggeri. Infatti gli anni che precedono il 1288 son
pieni di contese provocate da questa doppia giurisdizione sulle terre
di antico dominio arcivescovile.
Ma r infelice esito delle imprese imperiali su Boma Dell'estate
del 1167, doveva ripercuotersi in questi intemi viluppi di Pìsil
La catastrofe della spedizione a cui i Pisani averan partecipato,
bloccando con fortuna Civitavecchia e spingendo su per il Tevere
le loro galere, mentre altre ne armavan per la spedizione no>
manna, veniva a scuoter la fiducia nella effettiva potenza dell'Im-
pero e la speranza che potessero realizzarsi le sue promesse;
mentre da ogni parte di Toscana si risollevavano le cittadinanze
che sentivan giunto il momento di riprendere il pieno dominio sui
contadi e la guerra contro i grandi feudatari, già protetti ed innal-
zati dai diplomi imperiali, come sicuri ausiliari della politica di
Federico. Pisa stessa, messa al bivio fra lo sforzarsi ancora verso
vantaggi lontani ed assai incerti e l'evitare danni presenti quali
la sua condotta le veniva procurando sui mercati del Regno di
Sicilia, si preoccupò assai più dei danni e si riaccostò a Re Gu-
glielmo; ^) ma anche Luc^a e Genova risorgevano e tornavano
alle armi, liete come di una propria diretta vittoria della depres-
sione deir Impero a cui di mala voglia esse, strette da continui
ed urgenti rapporti di traffici con la Lombardia, si erano piegate,
e fiduciose di poter continuare sopra Pisa, considerata ormai quasi
come rappresentante toscana della politica imperiale, la guerra che
avevan eccitato contro V Impero ; seguitavano quindi a sussistere
con pieno vigore, per una fatalità storica oramai divenuta un £atto
costante della vita di Toscana, le necessità per Pisa di non rom-
perla anche essa con V Impero, mentre Genova e Lucca nuova-
mente si coalizzavano: non era guerra di partito questa, che Pisa
potesse evitare abbandonando la posizione politica tenuta fin allora;
*) Annali Pisani^ nov. 1167.
Popolo e Colutoli per l'Areiv. Villano
201
k le oac;iont erano Inttt» proprie dellu città che si combattocaiio :
ninili mentre la rottura delle reUziom cflii Federico che Genova
I Lucca awersavauo, uon avrebbe migliorato i rapporti di Pisa
i le sue rivali, la tenacia nel conservarle avrebbe potuto certo
(vare o per lo meno non nuocere. Tuttavia era vivo il fermento
terno: la questione dell'Arci vescovo rìtoruava su, ridestandosi le
Ipiticho simpatie popolari per Villano e le avversioni verso Be-
bcasa, pur di quelli che certo lo avevan favorito da principio.
brava forse anche qualche minaccia dei Visconti, sempre pronti
[ cogliere occasioni di rivolta, sempre sdegnati della violazione
I loro diritti signorili in Agnano, fatta dal Comune; e fu certo
i rappresaglia, se il 1" marzo dell'anno appresso 1169, Tan-
idi Visconti cedo per denaro il castello stesso di Agnano ai
xheà, vincitori poco dopo di un'oste pisana mandata olla ri-
mquista della terra. ')
Fra la primavera e l'estate del 1168, nell'occasione dì nno
I di prigioni fra Genova e Pisa che sembrava proludesse a
f e tregua. Villano corse dalla sua isola a Genova e qui parlA
ed esortò Pisani, Genovesi e Lucchesi a deporre le
') Fu questo fatto, forse, che dete^nini^ a Pisa disposisioni
pslative in suo favore, rivolte in parte a soddisfare l'opinione
pabblicn, in parte a dimostrar propensione ai disegui di pace che
caldeggiava l'Arcivescovo. Fnrono annullate dai Consoli tutta lo
seutenie continnaciati pronunciate dopo l'espulsione di Villano e
ivocate quindi lo immissioni in postiesso delle terre arcivescovili,
i la sola condiziono imposta a Villano di rifare i danni prove-
inti da tale revoca. La deliberazione consolare fu subito inserita
I redazione del Brovo o giurata nton-
toiiiporf ex pulsioni.»
dinato al Capitolo di non recar molestie al priore di S. Jacopo
ed al cappellano di S. Salvatore, due chiese di Pisa, che avevano
avuto relazioni con V intniso Arcivescovo. Gli stessi mutamenti av-
vennero in gran parte di Toscana. *)
piscopatm datae fuerìnt, si Arch. majorìs partis Consolnm assensn para-
tus fuerit inde rationem facere irritas habebo et nichel fmctns neque pos
sessioncm ex eis scntentiis habere permittam trìennii tempore vel alia
aliqua temporali prescriptione, omni tempore de medio detraete ab eo
tempore quo Arch. recossit etc Ergo cum Ach. Ubaldos paratus sii
eis rationem facere etc.
M Arch. Mensa arciv. Pisa, n. 464, 15 ott. 1181. E un caso come il
precedente. Contro la legittimità del possesso di certe terre da parte di un
tale, \ien allegato un cap. del Breve : « Si quis de rebus pis. arch. a
tempore quo Villanus Arch. de ciritate pis. iussione consulum recessi!
usque ad d. Hubaldi Arch. electionem occuparit, eas etiam sine judi-
ciali auctoritate sibi tollam nec eas illi reddam nisi ratione aut jostitia
cognita si mihi inde reclamatio ab eodem vel ab alia persona prò eo
facta fuerit. Et si d. Hubaldus Arch. in aliqua suprascriptamm posse^
sionum sua auctoritate intraverit vel intravit eam illi retinere juvabo et
fìrmam tenebo salva tamen proprietatis ratione illorum qui eam ibi
habent, quin etiam, testibus coram nobis inductis, expulsione Arch.
Villani vcnditionem factam a Contulino tane viced. Bulgarìno de M.
Vituli cum suis pertinentiis processisse. » L'altra parte oppone che questo
cap. non le nuoce perchè parla solo « de possessionibus occupatis et
dolo malo ac violenter invasis etc. »
*) M. G. II. I^gum, Sectio IV, Constitutiones T. I, p. 388,18apr. 1181.
3) Il Papa ne li loda il 27 ajr. 1168-9; Jaffé, n. 11572. Forse è
1169, come crede il Davidsohn, Geschichie, p. 512, not. 1.
*) Davtdsohx, (xeschichte, p. 510 sgg.
Viltorie jiisaw! 203
La puce fra Pisa, Lucca e rìoiiovH iiou fu conchiusa, non
iute che Piiia, con ^ossi sacrifici pecuniari, si fosse procurata
iDcanza dei nobili di Qarfagiiana e dì Versiglia, por spezzare
V coalizione dei duo nemici che per mare e per terra la combat-
uio, sui monti pisani, attorno al castello di Corvara ed ali»
1 Flamiitga, in Provenza, in Sardegna, lungo le conte del-
93ba. I Pisani, in questi anni, diedero un saggio meraviglioso
i loro tenacia e dell'ampiezza delle loro morse economiche e
sme pure raccolsero indirettameute il frutto di una poli-
1 relativamente diritta e costante, in ispecìe nei rapporti con l'Im-
I. Il tìore della feudalità toscaua si raccolse sotto le loro bandiere,
forzute uncbe du 300 cavalieri prosi a soldo in Lombardia, i
I insieme con i loro 2000 e con gli aiuti del Vescovo di Vol-
, formavano un esercito non mai visto finora in Toscana. Allo
I colonne — tre piccoli eserciti — iu cui i Pisani ordinarono le
rie forzo, stavano a C4tpo oltre cbo Consoli e cavalieri della
U, il Conte tldebrandino di Soaiia, il Conte Alberto di Prato,
xlli altri Conti della famiglia Olioriinlescit, ') Questa milizia for-
idabile aveva il primo o principal compito di espugnare e distrug-
gere il castello di Motrnne e le tori-i che Lucchesi e Genovesi avevan
«■ostruito nullu marina dalla foce del Serchio in su, dove il Co-
mune Inccheso appunto in quegli anni veniva acquistando da pri-
\ati vaste esteUNioni di terreno. *) Motroiie dominava la via fran-
l'igOQA « rappresentava quitói il tratto d* unione nei rapporti fra
Lucca e Genova, capace di dare valore pratico e liberti) dì ini-
ziativa nlla loro alleanza, altrimenti soggetta agli arbìtri capric-
riosi dei teudaturi garfagnini.
Ed ottonin a Motrono si concentraron le forze dì Genova,
Lucca e Pisa. Il conflitto doveva avere conseguenze cosi ìmjKir-
tHiiti anche ]>er gii estranei ad esso, che Firenze non credo aJi'ul-
tinio momento dì potersene affatto disinteressare: capi che si giuo>
■) Oltre gli Annali gciinvoei e lacchisi, notÌ3tÌL- copioso an qnesto
«Mircito le dnnno f^li Annali j/iinini, onn. 1171,
*\ Db Truffo Mezzolombnrdn, dulie foci del Serchio a Mig'liarìDO o
1 man; « Montrauiito; Tdi.c.mkìi uckkhk, p. 67.
204 ni. — Politica estema e politica eeelesiastiea
cava una gran carta per l'eqnilibrio di Toscana ed anche per il
proprio avvenire e mentre gli eserciti erano accampati Tun contro
l'altro, essa mandò suoi ambasciatori — Consoli ed ecclesiastici —
con lo scopo apparente di cercare una via di componimento ; dico
apparente perchè non par credibile il sottile ingegno fiorentino
nutrisse veramente fiducia di poter con le parole far cessare uni
guerra per la quale gli ars^ersari si eran da lunga mano preparati e
per la quale non si aspettava se non il segnale della battaglia. In-
dubbiamente si volevano vigilare piìi da vicino gli eventi, stabilire
la linea di condotta che Firenze subito avrebbe dovuto tenere
e fors'anche, se l'occasione si fosse presentata^ mettere a prezzo i
propri aiuti e concederli al maggior offerente. Neanche a dirlo, il
risultato della mediazione fu nullo. Si combattè ed i Pisani, alla
vista delle navi genovesi aspettanti, vinsero splendidamente, pre-
sero oltre 1000 nemici fra cui 3 Consoli lucchesi e ricchissima preda
e se non avessero troppo badato alle spoglie, era giunto, dice il cro-
nista, r ultimo giorno per Lucca ; ^) occuparon poi Motrone, bm-
ciaron le torri di legno che i nemici avevano innalzato a Viareggio
e distrussero poco dopo il borgo di Motrone stesso, per impedire
cadesse nelle mani di Genova che frattanto, per riparare alla scon-
fitta, aveva chiamato a raccolta tutte le forze navali della sua
riviera. *) Le armi non posaron subito : sembrò anzi per un mo-
mento, che i vinti si risollevassero più risoluti che mai, che un
fascio di alleanze dovesse stringersi fra Genova e tutte le città di
Toscana, comprese Firenze e Siena, contro Pisa, ed una fiumana
di armati inondarne il territorio mentre la flotta genovese avrebbe
compiuto Topera per mare; ^) accordi conclusi col Duca di Nar-
bona *) e tentati con altri Principi della costa francese e spagnaola,
con varie città lombarde e fors'anche, in seguito, con l'amico di Pisa,
*) Muratori, H. /. aS'., VI, Breviarium, 184.
*) Annales januenses, I, 1171.
3) Sui tentativi di stringer questo alleanze, Davtdsohx, Gt9chichie,
p. 517; Atiìì'ili jfhiani, 1172.
*) Lib^r Jurium, I, 256 e 258; 1 maggio 1171.
Il prima trattato oamtwreiaU Piaa-Firmxt
205
|4ebrandìiio di Soaiia, *) iivrebbero dovuto poi dare uu colpo
I di Fisti. Ma tanti frutti uou maturarouo.
tré iatervenire, da parta di Pisa, uq attivo maiieggìo diplomu-
I per gc^ngiurare il temporale, presso le città vicine ed il Conte
l^do che i Lucchesi volevaii trarre a sé, por conosceodolo fautore
jU* Impero in Tosiiiuia, tendendo quasi a rawiciuaro in tal modo
1 propria a quella dell' Impero e, guadagnandosi i feudatari
l'esso fedeli, togliere a Pisa ogni vantaggio che la i-ondottu politica
■fronte a Federico le poteva procurare. Di questa azione diplomatica
Buoi intravediamo senza conoscerne i particolari, un risultato im-
idiato ed altamente importante fu la rottura delle pratiche del-
l'alleanza Lucca-Firenze e la conclusione, invece, di uu trattato
Pisa-Kirenxe che puij dirsi formi epoca nella storia dei rapporti
ii(nsare alle circostanze presenti che (Musigliauo e forse
impongono a Pisa una ctmvoaaioue simile, tutta favorevole a Firenze,
OQine prezzo e compeiuu), io credo, di una benevola neutralità
moutre tante minacce si addensano. K cosi i Fiorentini furono ì
'1 Lo doluto dal trovnr«i poco dopo Ildebrandino nclU DÌpU di
iiean, n pAric^^ittr, coulro Pìas, con l'Arolvescovo dì Mngonu, IrrcUlo
irgli intrighi di Genova t> di Lucca; vedi appresso p. ^06.
■) Santini, Documenti, p, h, 4 luglio UTl.
206 ni. — Politica estema e politica ecclesiastica
veri vincitori nell'aspro conflitto nel quale essi non avevano perso
un uomo o un denaro ma solo atteso e colto al varco la occasione
propizia per farsi innanzi ed ottenere egni sorta di vantaggi. Forse,
per il momento, non dovevano nei paesi oltremarini mercanti pi-
sani e mercanti fiorentini trovarsi ed operare sulle stesse piazze,
quelli rivolti specialmente alle isole, airAfric^ ed all'Oriente, questi
alle coste francesi e catalane ; ma si apriva per Firenze un campo
nel quale le prime prove favorevoli dovevano aguzzare gli appetiti
ed incoraggiare le audaci iniziative dovunque giungessero le navi
pisane, ed i trattati con Pisa accortamente stipulati lasciassero
libera la via, come a^'^'enne realmente, nel secolo seguente, a Tu-
nisi, a Cipro ed in altri porti. In ogni modo cominciano fin da ora
rapporti nuovi fra Pisa e Firenze; si viene stringendo un legame
che, dapprima leggero e capace anzi di creare fra i due Comuni,
in pace ed in guerra, una solidarietà innanzi sconosciuta^ essendo
stati fino allora scarsi i contatti diretti, diventerà poi un peso
grave per Pisa, affaticata invano a sbarazzarsene : il trattato segna
anche, se posso dir così, im passo indietro dalla posizione di com-
battimento che i Pisani avevano preso in Italia a favore dell'Impero
ed ima prima concessione alla parte avversa: procede innanzi, poi,
la città per questa via facendo pace e stringendo alleanza, nel di-
cembre del 1171, con T Imperatore Emanuele, dopo che già nel
luglio del 1170 si era obbligata a giurargli fedeltà e ad annullare
ogni patto già stretto con altri Principi coronati o iw, per ricupe-
rare il quartiere donde i mercanti e coloni pisani erano stati cac-
ciati. ') Ora è noto, e già noi ne accennammo, quali fossero i rapporti
di Bisanzio con Federico: possiamo anche immaginarci che i Genovesi
che vedevan di mal occhio questo ravvicinamento che ridava a Pisa
tutto il suo antico prestigio a Costantinopoli, a scapito loro, cercas-
sero di giovarsene per i propri particolari fini, per screditare cioè
Pisa dinanzi al Barbarossa, per prender nei suoi favori quel posto
*i MiìLi.ER, Docu menti ecc., p. 40 segg., ann. 1192, dove si riporta
il giuramento de»rli ambasciatori pisani del 1170 ed il diploma impe-
riale; Antuili pisani, 1172.
L'AreÌve»eovo di Magottxa contro Pitia
207
t fino a questo roumento aveva occtipato Pisa, por operare in-
1 tutto imo apostameuto politico ihe avrebbe dovuto, ed in
e i risultati corrisposero, isolar Pisa e rompere quella sua soli-
lieta con r Impero d'oltralpe ohe turbava i sonai di Genova,
Hpre timorosa, pur aell'ostinazioue smi di non piegare ad esso,
I limaner taglÌHta fuori delle grandi operazioni politiche e del movi-
ntodi interessi che ogni tanto l'accordo di Pisa con Federico
pibrava dovesse produrre. E 1* occasione le si presenti') propizia,
I, per scoprire le linee dei suoi meditati disegni: Pisa aveva fatto
I col Re di Sicilia, con Emanuele, con Firenze, con tutti i ne-
1 dell' Impero insomma, frustrando cosi le speranze di Federico
(iriiprio quando avrebltoro più avuto bisogno di esser tenute su dalla
^'[lace tMellà degli amici.
Al principio del II 72 veniva in Italia — e più specialmente la
Toscana era lo scopo del suo viaggio, per rtistaurarvi l'ordine e
rialzarvi il nome dell'Impero ') — l'Arcivescovo di Magonza ediri-
--•-ndusi difilato sn Genova dimostrò quali fossero i suoi piani, di
l'iati espedienti voleva servirsi, quale fosso per Ini il nodo della
iiK'Stionc dalla cui soluzione egli faceva dipendere quella di tutta
liuraStita matassa dei rapporti di Toscana. E questi espedienti eran
.tempro i medesimi: di fronte alla incapacità di conciliare le forze
■Tvcn» di cui r Impero aveva bisogno, esso le aizzava l'una con-
tro l'altra; prolungava cosi la sua vita logorando le forze locali,
gtuocando d'astuzia, facendosi schermo di questo e di quello, adat-
tandosi pienameute allo condizioni dell'ambiente, compiendo una
opera negativa invece del riordinamento i>olitico, vivacchiando alla
riamata e non tendendo diritto e sicuro ad una meta. Cristiano,
< 'diretto a giurare ai Genovesi di ottener da Pisa, magari mettondola
■lì bando dell'Impero, la HU^^roziono dei prigionieri, perdo subito
ogni sua libertà d'azione. Da questo momento, ogni iniziativa del-
l'Arcivescovo era subordinata ai patti cou Genova, violarv i quali
avrebbe voluto diro rinunciare da parto sua — cosa impossibile —
alla grossa somma di dciiaiii fissata come prezzo del somzio. *) ed
•) Daviiwous, Oetrhkhte, p. 519.
*) AnnakB januermi, onn. 1179.
208 m. — Poliiiea esterna e poliHea eecleaiasHea
era preg:ìudicato per sempre, in conseguenza degli intrighi renali e
di una politica partigiana, Talto scopo della discesa in Italia.
Nel febbraio del 1172 Cristiano venne a Pisa, accolto con este-
riore festosità ; ma i Pisani si rifiutaron subito dopo, nella dieta di
S. Genesio, sotto lo specioso pretesto di voler prima interrogare l'as-
semblea dei cittadini, di rilasciare nelle sue mani i prigioni geno-
vesi e lucchesi come si eran dichiarati pronti invece, dalla loro
parte, Genova e Lucca; rifiutaron poco dopo, nella affollata assem-
blea dei Consoli e Grandi di Toscana tenuta con tutta solennità a
Siena — altra città alleata con Genova e Lucca contro Pisa — dì
rimettere nelle mani di un tal arbitro le loro contese, come gii
anche in questo mostravan di voler fare le altre due città ; a nulla
giovò che il magontino sì macchiasse di uno spergiuro, giurando dì
non tenere intese segrete coi Genovesi nò aver da essi ricevuto de-
naro : di fronte alla ostinatezza dei Pisani, sollecitato con crescenti
premure e promesse dai Consoli lucchesi e genovesi, egli si obbligò
loro con giuramento, il 6 marzo, di bandir Pisa ed annullare quanto
i privilegi imperiali le avevan concesso per lo addietro ; far giurare
il Conte senese e sanminiateso Macario di guerreggiare i Pisani e
tagliar le vie ai viaggiatori da Pisa e per Pisa : condurre personal-
mente un esercito al porto pisano e devastare il contado. Se Pisa
piegava, egli avrebbe diviso fra essa e Genova la Sardegna, hr
sciando tuttavia sempre Viareggio nelle mani dei due alleati, quasi
come una sentinella alle porte di Pisa. ^) E poiché questa non
piegò, egli mantenne il giuramento; volle, come si espresse egli
stesso, mostrare e contumaciam et superbiam Pisanorum » da una
parte, e humilitatem atque justitiam > di Lucca e Genova, dall'al-
tra. Il 28 marzo fu Pisa messa al bando e tutti i privilegi imperiali a
suo favore cassati, specialmente quelli sulla Sardegna, sai proventi
fiscali della ripa, del fodro nella città e nel contado e — grato servigio
a Lucca — della moneta. « Multe etiam plus >, così egli ne scriveva
ai suoi alleati genovesi con una lettera che è tipica per chi la dettava,
« multe etiam plus bis addimus in confusionem eorum quam vobis
nequaquam promìseramus, sicut ab amicis vestris lucensibos luce
^) ToLA, Cod. dipi. SardOj p. 24S.
Coaìixicni di offesa e di àiftaa
fiOt
xjgnoscetis ». Li avvisava poi di preparar l'esercito e di
r pronte per Pasqua 50 galero, a Genova, a Portovenere e verso
\ Uaremma, dove egli aveva già trattato col prefetto dì Roma porche
arsero poggiare a Civitavecchia e nei porti del Conte Udebrandìno.
iralmente tutto questo non poteva esser fatto senza denari :
Ptenemur multis debÌtis>,egU aggiungeva, in ispecie col Conte
Vacano, e pregava inviassero la pecunia dovuta. •) Ecco dunque co-
minciati anche in Toscana i pericolosi tentativi di rivendicazione delle
regalie che già avevano acceso la lotta fra Federico e le città lombarde.
Ub r esser cominciati proprio contro Pisa — e per di più quando
l'Imperatore, nella dieta di Worms del marzo 1172, risollevava la
questione lieU' Impresa di Sicilia e Filippo di Colonia ne scrì-
veva alle città italiane *) — dimostra su quali irrazionali basi pog-
giasse tutto quel castello fantastico che Cristiano cercava di in-
nalzare, quanto grande fosse l' ignoranza sua delle cose d' Italia,
quanto autonoma, nel tempo stesso, l'azione del Comune pisano che
procedeva sicuro per la sua strada, con la chiara visione di quel
che potpva concedere e di quel che bisognava gelosamente custodire,
separundo lo parti dell' Impero da quelle dei suoi ministri; tanto è
VOTO ciie con 1* Impero i Consoli pisani stavano nel tempo stesso
in dirotta relazione ') come non riconoscessero la legittimità del-
l' operato di Cristiano. Con questa politica del mosso imperiale, ab-
biamo ora il primo saggio di ciò che anche in Toscana faranno o
tenteranno gli Hobenstanfen fra pochi anni per rifarsi qui dello
SCACCO subito da Federico in Lombardia. La Toscana comiiicii a
diventar essa il centro della politica imperiale in Italia ed a dare
I tono ai rapporti della penisola con l' Impero.
Dna 'grande spedizione, dunque, con le forze coalizzate dei
munì uomifìi e del legato d'Italia, doveva rovesciarsi per mare e
r terra sopra Pisa. I fatti ohe seguirono sono ben noti : I'Atcìt»-
ro, forse per prevenire le cunsuguoozo di uii accordo diretto fri
*) AnnaU» januenae», ann. 1173.
•) M. O. H., XVn^ Anmd'ji coìonirnit» maxtmi, ano. 1172, ;
>) ÌS. Q. TI., 1. e. p, 7g4, i Consoli a Filippo d) Colonia.
Anm. g. W.
m. — Politica esterna e poliliea e
i Pisani e l' Impero di cui qualche cosa dovd a lui trapelare, ìnt»-
volò trattative di pace con Pisa: 1000 cittadini genovesi e laccbeed,
pisani e fiorentini furarono in Lucca che avrebbero osservato i p8iB
e le modalità fissate per lo scambio dot prigiooierL Intanto Cnstìano,
nel ma^^io del 1172, scioglieva Pisa dal bando ed i prìgiomeri
pisani dovevano essere da Genova consegnati ai Lucchesi od àll'Anà-
vescovo, fino alla couclasione definitiva della pace. Ma la cattin
fede covava Ìd tutti i cuori, era insita in tutte le promesse; qnect*
trattative erano non una soluzione ma un espediente per uscir un
momento solo da una posizione falsa : trattar dì pace mentre tatti
erano armati per la guerra e la aspettavano, diffidando l'uno Ali-
l'altro e temendosi più aperti nemici che finti amici, era un assordo.
Anche Pisa si preparava: nel luglio del 1172 la troviamo dì
nuovo in cordiali relazioni di amicizia col Conte Ildebrandioo *)
che pure aveva assistito al bando di Siena, ma che certo era il mtta-
rale alleato di Pisa e Firenze contro i Senesi che lo minacctaTano
da ogni parte nel suo territorio. Nel mese stesso poi, nel palazxo
vescovile fiorentino, si stringeva il patto segreto fra cittadini di
Firenze, Pisa o S. Miniato per cui questi ultimi giuravano si sareb-
bero impadroniti del castello, lo avrebbero ceduto agli alleati ed
insieme avrebbero combattuto l'Arcivescovo. *) È chiaro che i San-
miniatesl non dovevano essere, nelle iutonzioni delle altre due dtti,
degli alleati ordinari, acquistati per far numero; è chiaro che la ca-
gione di tale alleanza è in qualche speciale veduta che Pisa e
Firenze avevano in rapporto alla condizione e posizione di S. Miniirtff
stesso; ceito i Fiorentini tendevano a reintegrare da quella parte il
loro contado su cut faceva valere la sua giurisdizione il Conte ìlm-
cario, signore, per dì piii, nel contado di Siena, altra città amica on
di Cristiano e specialmente nemica di Firenze, per le antiche note
questioni di territorio. Si trattava anche, per questa città, di rendete
efiettivi i vantaggi e le clausole del trattato con Fisa del 1171.
'3 Anruili pisani, ann. 1173; manda fanti e 140 cavalieri in aìnio
al Conte per l'espugnazione del castello di Cirisano.
>) SAìiTtHi, DoeumKiUi, 5 maggfio 1178, p. 36S.
Pimmi, Fiorentini e Sanminiaiasi
311
randosi delle due vie maestre e fluviali dell'Amo e lungo l'Amo,
'■mpromesse dalle disposizioui che il bando dì Siena (wnteaeva contro
] 1 commercio pisano e che valevano praticamente anche contro quello
: •ri'iitiiKi : donde la solidarietà delle due cittadinanze che non pote-
r\<- ii-ipottarsi salvezza se nou dalla cacciata degli imperiali dal ca-
lili ili S. Miniato, il punto centrale e dominante dei territori e delle
' w di Toscana, il ijuale, nelle mani di Pisa e Firenze, avrebbe anche
^>'^vito militarmente ad impedire il cungiungimeuto di Lncca e Siena
alleate in questa ^erro, a sbarrare l' ingresso dei Lucchesi in Val
d' Elsa od a renderlo difficile in Val d' Kra, dove miravano co-
stantemeute gli sforzi del Comune e del Vescovo di Lucca. Non è
difficile anche, per quel che riguarda piii specialmente Pisa, clie
Dello pratiche t4>nute fìno allora con l'Arcivescovo Cristiano si
fosse fatta parola di S. Miniato, come probabile luogo di custodia
dei prigionieri pisani dopo che tìenova li avesse messi nelle mani
del magontino; quindi gli apparecchi di Pisa por tentare un colpo
di roano e riavere, senza condizioni onerose, alcuni ti-a i più
cospicui suoi cittadini, quantunque nulla di tutto questo trapeli
dalla carta con cui Piaani, Fiorentini e Sanmìuiatesi fermarono il loro
accordo. Che in tali maneggi avessero qualche parte, pure tenendosi
noli' ombru, i Conti Gherardesca, non ò inammissibile, essi intimi dì
Pisa e consorti dei 8atuniniatesi noi Castello di Veutrignano, non
lungi ila H. Miniato, sopra cui appunto sì rivolsero poi le prime
ire dì Cristiano. Nulla di sicuro : ma possiam credere che i Conti, tut-
t'altro che estranei in questi anni alla politica esterna di Pisa,
influissero ora ad orientarla in tal direziono, poiché non erano
in buoni rapporti con il legato imperiale, né arevan preso parte,
corno gli nitri feudatari di Toscana, al Parlamento di Siena e posse-
devano terre e castelli fin qna.iì alle porto di S. Miniato. Certo ò
rjjh* lo fonti pisane attribuiscono a Pisa l'iniziativa doll'acrordo. ').
I Muratori, It. l. S., VI, Brcviarlum, 186 : « Pisani proeorave-
ntorim quod hoiuines ot Comune S. Miniatia cutii Florcntinla Mcoin
i ot salva fidclìtau! ]in[M-rij i lira veruni e te. > .
Sia che Cristiano avesse sentore di tali maneggi e Yolesse quindi
dar il contraccambio; sia che i dae nemici matorassero ciascnno
indipendentemente dall'altro il tradimento, per la logica della situa-
zione che portava diritto alla guerra, fotte è che quasi nel tempo
stesso dell'accordo sanminiatese, un mese appresso, Cristiano ri-
confermò segretamente ai Consoli lucchesi la promessa di fovoririi
contro Pisa ^) che egli invece avrebbe dovuto toglier dal bando e
rimettere nel possesso legittimo di tutti i suoi diritti ; restaorazione
a cui sembrava dovesse preludere l'andata che egli il 1* giugno
fece a Pisa, ed il solenne parlamento che vi raccolse, rinnovando
alla presenza dei Consoli delle città interessate il divieto di gue^
reggiarsi, pena l'ammenda dei danni entro 40 dì a chi avesse vio-
lato la tregua: i Consoli giurarono ed elessero due savi per ogni
città che dovevan togliere le materie di contesa. Intanto i Pisani
mandarono a Firenze, in pegno, un certo numero di prigionieri Ino-
ehesi ; e Lucca altrettanti a Pistoia ; poi tutti si trasferirono a San
(ìenesio: poco dopo, corse rapida per la Toscana la notizia cJie TAi^
civescovo aveva fatto catturare e gettar in catene i Consoli pisani
e fiorentini. Dei motivi veri di tale procedere è certo scomparsa,
con i protagonisti del clamoroso fotte, ogni notizia: a noi rimane
aperto il campo delle ipotesi, già abbastanza mietuto. Forse scopi)
l'Arcivescovo l'accordo Pisa-Firenze-S. Miniato; forse vi fu un ten-
tativo dei Sanminiatesi di dargli esecuzione. ^ Io credo che le parti
andassero a S. Grenesio avendo pronto o per lo meno già abboc-
zato nelle sue linee principali il loro piano ; avevano gli uni e gii
altri stretto degli accordi troppo obbliganti, specie il legato impe-
riale, dai quali non potevan recedere senza trovarsi in babà dn
nemici ed abbandonati dagli amici. Può sembrare ed ò certamente
enorme che l'Arcivescovo attirasse a S. Genesio i rappresentanti di
Pisa e Firenze per catturarli sotto pretesto della pace: ma egli fa
forse lo strumento dei Lucchesi e Genovesi che lo premevano ai
^) Carta del 10 giug. 1172; DÀ\aD80HN, Gtsehichie, 537; Annala
januenses, p. 253.
*) Davidsohn, Geschichie, 527.
L'Arciveaoovo Cristiano contro Pisa e Firenze
213
icbì ìli ogui suo atto, che temevano si conchiudesse unu pace la
pale avrebbe potuto toglier loro t'appoggio del legato imperiale e
) dovevano cercare e poi cogliere a volo l'occasione di mettere
finitivamente ed irreconciliabilmente l'Arcivescovo contro i loro
mici, stando ossi al sicuro o riversando su di lui l'onta di uno
wrgiuro. Forse ancbe il Conte Macario incitò l'Arcivescovo, poi-
I una pace non avrebbe potuta stringersi se non dando qualche
iddisfazione ai desideri di Firenze, con danno dei due territori
^i S. Miniato e di Siena tenuti da lui.
Appena giunse a Pisa la notizia del fatto, le milizie pronte, come
96 già attendessero un segnale convenuto, marciarono oltre Pon-
todera ed i Fiorentini a Castelfioreiitino. Ne segui contro Luecbeù,
Senesi, Pistoiesi e Conte Guido una guerra tavorevole a Pisa ed
a Firenze: Cristiano mandò a Lucca i prigioni, su richiesta dei
Consoli lucchesi e genovesi che a noi appariscono in tutta questa
faccenda come i geni ispiratori dol legato ; rinnovò loro, in cam-
bio di denari sonanti, il giuramento esplicito di combatter Pisa, di
rinnovare il bando contro di essa e proclamarlo contro Firenze. Poi,
mentre i Genovesi venivano a boctìa d'Arno a devastare le opere
di difesa e nel settembre facevano uno sban-o sul!" isola di Pianosa,
diirtraggendone le toiTÌ (15 sett.), l'Arcivescovo diroccava Ventri-
gtuiuo, castello del Conte Gherardo o dei Sanminiatesi , la rocca
di S. Miniato ed altri castelli di Val d'Arno ') ed assaliva i d(^
I del Conte lldebrandino soccorso da mili/ie pisane: nel fra^
Bpo, 200 cavalieri del Conte Guido e di Cristiano si avanzavano
. Pontedera, respìnti tuttavia dagli Upezziughi che si erano
fiorzatì nei loro feudi del Val d'Amo sopra Pisa, con gli uomini
i Vico e Caloìuaia.
Complicò la lotta, al solito, l'intervento dei nobili garfagnini,
npre pronti a nuove alleanze ed a nuove defezioni; queste guerre
(gjonali riuscivano g mettere in azione tutte le energie umane, an-
I le minimo; nulla si pt^rdeva, nulla rimaneva inoperoso: cittA
*) 8n qnestl tolti vedi lo copiose notizie del Davidkuux, OttcMcÀU,
l 698-9 e Fomchuiigtit. p. 109-13.
214 m. — Politica estema e politica ecclesiastica
e contado, forze pubbliche e forze di cittadini ; a Pisa, dei privati
armarono galere per conto loro e le spinsero in corsa per il Tir-
reno, contro le navi genovesi : ^) V iniziativa privata era sempre il
principio e la molla di tatto; poteva un momento rallentarsi in
tempi ordinari, ma al primo bisogno essa ripullulava su da mille
piccole sorgenti ed allora il Comune non era più il governo, ma i
cittadini, soli o associati : e la lotta si spiegava così su tutti i campi,
ovunque vi fosse un punto vulnerabile, ovunque fosse un cittadino
delle città guerreggianti delle quali egli rappresentava e promoveva
gli interessi e le ambizioni. Mentre si combatteva sulla costiera
toscana e nelle isole, Genova si alleava con Raimondo di Tolosa
con cui già i Pisani avevano amicizia, e gli prometteva aiuti contro
il Re d'Aragona in cambio della città di Marsiglia, di Monaco e
delle isole Hyères.*) Dal loro canto, i Pisani mandavano Teperto
di Duodo dal Re di Maiorca a far pace e stringere alleanza; nel
ritomo, lungo le coste di Provenza, V ambasceria incontrò e prese
o affondò navi genovesi (agosto 1173). Né si pensi che questa ten-
zione continua di spiriti, questa preoccupazione ed occupazione di
enti publici e di privati disorganizzasse le funzioni ordinarie della
vita cittadina, distogliesse da altre più tranquille manifestazioni di
attività: nello stesso anno 1173 si gettavano a Pisa le fondamenta
del nuovo campanile : con Torganizzazione di tutti gli elementi mi-
nori delle città, queste cominciavano già a presentare quella fiso-
nomia a prima vista inesplicabile, per cui in mezzo a torbidi in-
terni ed estemi, ad imperversare di passioni e di odi, al vacillare
ed al rinnovarsi continuo degli organi di governo, non si turba il
regolare funzionamento del lavoro, l'attività dei singoli gmppi co-
stitutivi del Comune: la vita seguitava a pulsare nelle arterie sane
ed in mezzo al mare agitato si trovava, come per incanto, uno
specchio d'acqua in cui le onde venivano lentamente a smorzare
la loro violenza, cioè un fatto, un pensiero in cui tutti concordavano.
*) Annali pisani, 1174: « Quidam ex nobilibos Pisanorom civibns
galeas super lanuenses viriliter armaverunt».
*) Lìòer juriumy voi. I, col. 29-4.
Verso tn piuse
215
I
I
Mentre il legato imperiale disordinava ta Toscana, i PiKani ri-
corsero direttameute all'Imperatore, cui mandarono il Conte Ghe-
rardo e Roberto giurisperito. Si trattava di spiegare la condotta
dctU città verso l'Arcivescovo, dacché si sapeva della prossima ve-
nuta di Federigo in Italia, e di provenire Genova che non avrebbe
mancato di tentare sull'Imperatore stosso l'efficacia di quelle arti
che ^à avevano fatto cosi buona prova con il magontino. Si ag-
giunga poi che i Fiorentini rallentavano, nel coi-so del 1173, la
guerra; ') di modo che poteva prevedersi non lontano il giorno in
cui Pisa sarebbe forse rimasta sola contro tutti i suoi nemici.
AI principio del 1173, i Fiorentini si riconciliarono col Conte
Kocarìo e forse promossero anche la sua riconciliazione con Pisa,
OOD la quale tuttavia rinnovarono il trattato del 1171, per altri
40 anni ; *) si riaccese allora subito la guerra, complicata dal-
l'interdetto papale su Firenze e seguita da una sconfitta dei Pisani
e Piorentini e dalla ricostruzione che essi fecero di S, Miniato, ne-
cessaria per dividere i loro nemici lucchesi, pistoiesi e senesi, per
TÌgilare le vie dell'Arno e forse anche, sebbene ora il Conte ìisi-
cario si unisse loro nell'opera di restaurazione a favore dei Sanmi-
DJatmi profughi in Pisa e Firenze, per creare nuovamente nel
borgo uu probabile nemico del Castello di t^, Iliniata e dei suoi
intperiall abitatori, da potendone al bisogno servire come già si
wa tentato di fare, quantunque con resultato negativo, nel 1172.
Le cose di Toscana cominciavano a riprendere ordine; la guerra
marittima di Genova o Pisa rallentava anche essa come per man-
canza di alimenta), ora ohe quietavauo le lotte del continente e scio-
glisrasl quell'intreccio di alleanze che aveva moltiplicato, sui duo
campi, gli sforzi e le forze dei combattenti. L'autunno del 1175, poi,
Voderi'^o, chiamati a sA a Pavia rappresentanti delle città nemiche,
tmpon«va loro pace; la divisione della Sardegna, la distruzione del
di Viareggio e la proibizione ai Pisani di coniar moneta
') Nnlla si sa di una partecipazione doì Fiorentini all« gnerra Plsa-
Lncca at<ì mesi chn preccdorono imiLiediaM mente la {larcenza di Cristiano
dalla Toscana. DAvn>fioH!<, Oaichirhte, 531.
*) DA\iueouN, GetchictXf, 537 e ForKhuiigen, IH.
S16
ni. — Politica esterna e polUiea eeclesiasHea
lucchese ') portavan per conseguenza la pace fra Pisa e Genova ne)
novembre, *) la rottura della coalizione Lucca-Genova che ta-oTara
iu Viareggio il suo tratto d'unione e l'eliminazione di una delle cause
più gravi del dissidio fra Fisa e Lucca, più grave ormai di quelle
territoriali, anche esse appianate egualmente, in conseguenza della
pace di Pavia: alla fine del 1175 Damiano e Pandolfo, canonici
lucchesi, ricevevano da Ildebrando Console pisano il possesso deUe
pievi di Miliano, Tripalle, M. Castello, Aqui, Forooli, Ceuli, Capan-
noli. Cerreto ecc., spettanti al Vescovo lucchese ed occupate dai
Pisani nella guerra precedente; il Console sciolse, nella persona del
Console o del gastaldo arcivescovile o del pievano, gli abitanti delle
singole pievi, l' una dopo V altra, dal giuramento dì fedeltà ohe
avevan dovuto prestare ai Pisani. *)
Il legame di interessi che legava Pisa e Firenze non si ruppe
subito con queste paci poiché i recenti trattati, con le clausole
commerciali e sulla moneta, avevano concesso ai Fiorentini van-
taggi che sarebbero stati nulli senza i buoni rapporti; tali van-
taggi, anzi, erano in proporzione di quelli che dai patti stessi ri-
cavassero ì Pisani. Vediamo perciò anche nel 11 76, quando la para
generale ha fatto cessare la unione armata delle due città, Firenze
seguitare a promuovere la preminenza della moneta pisana ed im-
porne l'uso ai Senesi come moneta corrente. *) Tuttavia, ragioni
di dissidio stavano, per non parlar ora se non di quelle che han rap-
porto con l'Imperatore, l'arbitro nel U75delle guerre toscane, nella
diversa posizione giuridica iu cui le due città stavan di fronte a Fe-
derico e di cui si dovevan sentir vivi gli eGfettì ora che, cessata la
') Tolomeo lucbnse, p. 58, ano, 1175. Vi è la eenienea imper. coo-
tro i Pisani «de moneta non cudenda ex forma et cuneo qua et qno
Lacenses cudere passoni >.
») ToLA, Cod. dipi. Sardo, p. 249, G nov. 1175.
*) Mem. e doc. lucch. IV, II; doc. 134, ann. 1175.
') Risalta dal giurnm. dei Senesi, del 22 marzo 11T6, nella pacecon-
closa dopo la sconfitta toccata ad Asciano il 7 luglio 1174. Ne dà on
estratto I'Habtwig, Fonckun^n, IT, p. 66. 1 Senesi dovranno •accipcre
vcl toUere in arrengo • la moneta pisana che ora hanno e avranno i Fio-
rentini; i cambiatori poi t i^ambiom ponent ad monctam pis&nam>
Ineipi&nte rmUUà Pùa-FirmM
217
I breve anarcliia del legato imperiale, le relazioni recipritche tu, le
1 città tOBcaue reiiivan ripreudeudo il loro assetto uonaalo, logico,
quale poteva esser determinato dagli interessi dì ciascuna dì loro,
dalla incipiente rivalità — ornai affacciantesi alla storia della Toscana
nel fatto stesso dei troppo intimi legami commerciali di gran cuore
proposti e forse imposti da uoa parte, accettati senza entusiasmo
dall'altra — di Pisa e Firenze, quella predominante in Toscana
per la pOBiKione sua geografica, per la precocità del suo sviluppo
e per i rapporti in cui la forza delle cose la posero con l' Impero
e voti le grandi tila della politica europea; questa iiuialzautesi con
rapido slancio sulle altre vicine e già designata a direntame il
centro storico come già ne era il centro geogralico ed a raccoglierne
l'erediti. Rientrata Fisa in rapporto diretto oon la persona dell'Im-
jieratore, essa riaccoglieva noi cuore le antiche speranze e le non
mort» ambizioni; essa che dall'Impero aveva onnai ricevuto tutto le
•anzioni giuridiche e poteva già innalzarglisi dinanzi come un ente
pubblico giuridicamente eguale, realmente più forte epiii vitale dei
principi dell' Impero e dei Conti fendali, dacché veniva spogliandosi
doUo ultime troccie della prima organizzazione privata e rivoluzio-
naria veniva, in fatt^ di diritti pubblici, tutto rivendicando ed
assorbendo. Firenze era invoce, sotto tal riguardo, ancora nelld
ooDditioni di una associazione privata con cui qualche volta l' Im-
pero B i suoi ministri avevan trattato, non tanto per concedere un
tadto riconoscimento, quantu perchd le coudiKionì reali sovercliiavan
le rafrioni della legge. Fra una città quindi cho dall'Impero nulla
potoTa aspettarsi se non favori, in cambio di altri che essa era
a a concedergli; od una cittit che all'Impero nulla voleva
anzi guardava con grande diffidenza all'amico o pro-
tettore dei conti Alberti e dei conti Ouidi, al Signore di 8. ÌLniato
e del territorio intorno ; fra due città simili, dico, l'Imperatore do-
veva presto agire come ultra causa di gelosie e di disoordie, ora
cho riprenderà più vigorosa che mai l'azione sua limitatrioe dei
diritti delle cittadinauze, mirerà anzi a raggiungere in Toacaiift
quello che in Lombardia, con la battaglia di Legnano, si dimo-
strari Era qoaJclie auuo come ideale fantastico, asselutamente irrag-
218 m. — PoUHea estema e politica ecclesiastica
giungibile. Ed a Venezia, alla celebrazione della pace del 1177,
Pisa mandò come suoi rappresentanti dei Consoli con un seguito di
cavalieri ; Firenze fu rappresentata dairArcidiacono Ruggero, con
persone del suo seguito. ^) Pochi mesi dopo. Federico visitò la To-
scana, risiedè pochi giorni in S. Miniato, visitò Lucca e Pisa che
gli fece un ricevimento solennissimo ; *) ma a Firenze, turbata
allora dalla sollevazione degli liberti, egli non entrò: fii la più
restìa di tutte le città di Toscana a partecipare all'esteriore gaudio
che la pace apportava; forse la presentiva effimera ed il risenti-
mento della ingiuria del legato Cristiano era sempre vivissimo: si
deve certo ad essa se due anni piii tardi si poteron raccogliere
Firenze e Pisa, e con esse Lucca, Pistoia e feudatari di Toscana,
in una lega di cui era capo il marchese Corrado di Monferrato,
l'amico dei Pisani in oriente, ed a cui aderiva T Imperatore Ema-
nuele, contro l'Arcivescovo Cristiano, di nuovo occupato ai confini
della Toscana e della Marca. Cristiano, sorpreso dagli alleati, fu
messo in catene e rinchiuso nel castello di Montefiedcone donde a
fatica dopo qualche mese riuscì a liberarsi. ') Con questo episodio
si rallentano, per qualche anno, i rapporti della Toscana con V Imr
pero; maturano rapidamente, invece, le cagioni complesse di una
trasformazione dei Comuni che appare con tutta evidenza, nei suoi
risultati ultimi, alla fine del XII secolo. Di modo che le guerre fra
città e città e fra Comuni ed Impero che ne riempiono gli ultimi
decenni si alternano e si intrecciano assai strettamente con inteme
convulsioni che sono il mezzo necessario per cui la società nuova
più larga e più democratica che si era venuta svolgendo ed orga-
nizzando da oltre mezzo secolo riesce, rompendo gli ostacoli, in-
tegrando sé stessa con altri elementi, trasformando il funziona-
mento degli organi pubblici, a trionfare ed a divenire essa il Co-
mune, a dargli più schietto carattere di ente pubblico, quasi com-
piendo con ciò r opera dei diplomi imperiali.
*) Pertz, XrV, HUitoria ducum veneticorum, p. 87, ann. 477.
*) Pertz, XXII, Gottipredo di Viterbo, p. 330 sgg., che vi assislò.
3) Iluen, Corrado di Mori ferraio, trad. Cbrrato, Casalel890,p. 548g]g^.
A. .
IV.
AsBociudoal mercantili, artigiano e Kentillzie.
La nuova Società comunale ed i nuovi istituti politici.
Poiché bisogna por mente che scopo e risultato di tutto queste
l^erre sai mniY- e net nontiiiente ò la conquista dei mercati medi-
terranei ed interDi, in oriente, nelle itsole, nella Provenza, nella
Toscana e nel mezzogiorno: quindi oj-escero di commercio ed indu-
stria, di esportazione ed importazione, di armatori e mercanti, di
marinari ed artieri numerosi e, fra breve, disciplinati; tutto un mo-
dificarsi di condizioni politiche, demografiche ed economiche, per il
salire della popolazione, per l'importanza che acquistano le altro città
dell' inforno, forze giovani audaci che premono ai confini e vogliono
espandersi politicamente e commercialmente; per lo sviluppo che
prende il commendo di terra, in seguito alle guerre fortnnate ed
ai diplomi imperiali; per la spinta che ne risentono in special
mudo le arti tessili, sollecitate dalia eomxirreaza altrui, dall'acquisto
del iwlitaito — luogo di smercio dei manufatti e di rifoniimento delle
niat(>rìo prime — e dalla espansione coloniale la quale ^ risultato e
(attore insieme della esuberanza di forze della città. Nei primi d»-
rcnni del secolo, i rapporti ordinari can i paesi marittimi erano, per
buona parte, quelli dei singoli armatori che portavano laggiù la pro-
pria e l'altrui merco o ve la mandavano accompagnata da un incari-
cato di affari il quale si limitava a gettare il carico sul solito mercato
e od aspettare la vendita che perciò doveva riuscire assai lenta. ') Vi
m ancora scarsa invece la immigrazione stabile, da Pi.sa, di persone
die Ri fissa83ero nei uuo\'Ì paesi e, senza confondersi con la mossa
dogli indigeni — por quanto in strettissimi rapporti — e con i nuclei
deigli altri italiani; fatti sicuri dal prestigio della madre patria, più
Uberi di muoversi per le graduali concessioni ed agevolazioni fi-
scali dei Principi locali al Comune pisano ed ai suoi mercanti,
') Sulla < comracinda •
segna un trattato fra Montpellier e la sua città; *) le quali
parole ci lasciano arguire resistenza laggiù di una colonia pisana,
e ci mostrano anche corno prima della istituzione di Consoli star
bili nelle colonie, vi si recasse ogni tanto, per regolar le questioni
■) Cnsl a Laodicea, Antiocbin e Tiro tiel 1164 n 1156: MamcE, Da-
atmenti p. 6 »gg.; nel IIIW a Toleniaiile, nel 11H7 a Tripoli, ibiii, p. 26,
SS, 30; nel 1192 a CflstnntinopoU, ibid. p. 40; net 119T appare gik Btan-
•UlO m Salonicco un Visconte pisano, Ibid. p. 72, 74; al principio do
XIII vi WD ConeoU o Capitani del porto dì Tonisi.
■) Aaca. DI Stato, Pisa, Perg. Certosa, 9 ott. 1190: onn carta ro-
gala * neU'ospisio dei Coasoli dei Pisani di Messina. •
*) n • 10^ pisana • ricordato nel gondngho di S. Antioco; Tola,
Ood. dipi, nardo, stv. XI, p. 157. Sull'aniicbità od autenticità del quale
iMm «cmbra ninnvi i dabbi che su gli altri gondoghe ha sollevato di re-
a^nte il Uukaxzi, Il gomUighe di S. Pietro in Silky, Siuuuui, 1900, pr«-
As. Vadino una dotU receuxioue del Biuta, Nuovi studi sui Giudieatì
oordt, p. 59 8gg., noU'Jiv^'A. Stor. it, nel traiMto Pina-Gunova dui 1213; Tola, Cod. dipi, tardo, I, 322.
*) Bbtd, Hial. cfu amiviercp, I. p. 186,
*) Obhiuis, Uitt. dii cvaiìjterce de MontpeUkr, I, 113, 334 sgg, 395.
222 Associaxioni mereantUi, artigiane e genHlixie eee.
più urgenti, qualche cittadino o Console pisano,^) con ufficio e ti-
tolo di legato temporaneo. *)
Più breve invece doveva esser la dimora dei mercanti nelle
città della valle del Po, dove perciò non si sa di alcuna colonia
stabile. I Pisani erano specialmente frequentatori delle fiere di Fer-
rara, imo dei maggiori centri della regione adriatica, collegata per
mezzo di vie e canali con Milano e con tutta la Lombardia; ') di
lì essi potevano spingersi — e vi giunsero nel secolo seguente —
in Germania, a Strasburgo, a Norimberga, a Bruges.*)
Ma il commercio di Pisa era in special modo commercio di
transito. Al suo porto approdavan le merci dei paesi mediterranei
che penetravan poi nella Toscana portatevi o da mercanti della
città da forestieri che andavano a fornirsene nel luogo dì sbarco,
fruendo spesso di speciali agevolazioni doganali, come i Fiorentini
dopo il 1171 ed i Lucchesi, secondo i patti della pace del 1184.
Da Pisa risalivano i grani della Sicilia o della Maremma e le lane
del Oarbo ( Algarve) e di Sardegna che alimentavano V industria di
Pistoia, Firenze e Lucca, lo quali ultime, tuttavia, sappiamo con
una certa probabilità che sin dal XII secolo andavano per la via
di terra a fornirsi di lane direttamente in Francia. ^) E da Pisa
anche, stretta con la Sicilia da molteplici rapporti, potò forse es-
sere importata e diffusa nell'interno, specialmente a Lucca, dove
già nel X sec. se ne tessevano drappi, la lavorazione della seta.^
*) Un Ildebrando è appunto Console del Comune nel 1177; cfr. in
BoNAiNi, Dipi, pisani, p. 62, una obbligazione dei Consoli. Elgli è però
assente, poiché il Console Cortevecchia giura per sé e per Ildebrando.
') Cosi a Costantinopoli nel 1141, va a ratificare im trattato e pren-
dere la direzione della colonia pisana, Ugo Duodi equi tune erat lega-
tus Pise»; MCller, Documenti, p. 4. Lo stesso nel 1161 Cocco Griffi e
Ranieri Bottacci, Annali, 1161 e MCller, p. 8-10.
^) A. ScHULTB, Gtsch. des mittelalt, Handels und Verkehrs zwiscken
Westdeuischland und Italien, Leipzig, 1900, I, 107.
*) Giovanni da Uzzano, ed.PAONiNi, Della decima dei Fiorentim, IV,
67, e ScnuLTE, op. cit., I, p. 597 e II, p. 264, doc. N. 340, 18 die. 1454.
^) Cfr. Davidsohn, Geschichfe, p. 551, 791-2 ed i dubbi dell* Arias,
I irati, di commercio della Repubbl. fiorentina, Firenze, 1901, 1, p. 10-11.
*) L'ipotesi è del Bucher, Gesch, der technischen Kunste, Stuttgart,
1893, m, 370.
rSi'olyimento delU fotim corjxtraHve 233
La fiera Sull'argromento,
^ LAi-nn, n dir, commenUtU negli Statuti ilatiani, UlUoo, 18M, p. 93-3.
224 Associaxùmi mereaniUi, artigiane e gentilizie eec.
tere — ed abbracciano tutta la vita e l'attività degli individui, eco-
nomia, religione, politica.^) Il Comune, come istituzione, è forte
quando è ancor debole la vita dei gruppi, cioè nel XII secolo ; nel
1200 e nel 1300, invece, il Comune è una vana parvenza ed il go-
verno sta nelle mani delle varie associazioni. Il primo nucleo del
Comune, è il Comune politico stesso e niente altro ; poi, avanzandosi
il Xn secolo, quando la popolazione ò enormemente cresciuta e la
divisione del lavoro ha rotto l'imita della classe artigiana; quando
i lavoratori, diventati numerosi e pienamente liberi, possono ag-
grupparsi vicini di abitazione, nelle vie comuni a ciascuna arte le
quali compiono, sotto un certo riguardo, V ufficio della fabbrica mo-
derna e rimediano agli inconvenienti del lavoro individuale entro
le pareti domestiche attenuando la enorme perdita di tempo e quindi
di forze e di profitto che esso produce e che i nostri tempi hanno
in parte eliminato non solo col progresso della tecnica e dei mezzi
di trasporto, ma con il concentramento in piccolo spazio e con rav-
vicinamento dei singoli stadi del processo di produzione; quando
fra la cittadinanza comincia a soflSare gagliardo il vento degli an-
tagonismi di classe, di tendenze, di politica, di coltura, e la solida-
rietà si impone a chi non vuol rimanere travolto dalla concor-
renza, dalFodio partigiano, dalla prepotenza di governo; quando, in
una parola, sembra che il sangue penetri e circoli in tutte le fili-
formi articolazioni del corpo sociale ed i piccoli sforzi di ogni giorno
dei singoli individui si assommano neir agitato, complesso lavoro
intemo ed estemo del microcosmo comimale spinto in mezzo ad
una quotidiana lotta per l'esistenza necessaria a ciascuna classe
sociale contro le altre classi, al Comune contro gli altri Comuni;
allora solo la vita associativa, per lo addietro torpida e rudimen-
tale, si disvolge vigorosa, per tutti gli scopi e con forme diverse;
allora le associazioni pullulano o si rafforzano mutandosi da pu-
ramente economiche a politiche, le famiglie nobilesche si ordinano
in un più disciplinato cerchio parentale e vi ammettono estranei
in rapporto artificiale di consanguineità, combattendo prò e contro il
*) OiBRKE, Deutsche Qmossenscìuxpsrecht, I, p. 227 sgg.
Vita aociale ed ùtiluxioni
236
Cumuiio uelle rontcso civili; allora la città vien divisa in quartieri,
le cappelle vecchie e nuove delimltan meglio i loro confini e si orga-
nizzano come pìccoli Comniii, anzi con le forme dei Comuni delle ville
rurali a cui anche nella divisione ecclesiastica corriapondono, •) con pro-
pri capitani, con attribuzioni finanziarie ed amministrative autonome,
{.■on propri ufficiali pubblici e curie di giustizia,*) con una coerenza
che acquista in molti casi valore Euridice in quanto stabilisce la
responsabilità collettiva dei cittadini abitanti nei loro confini, per colpe
di uno di essi; allora l'unità del Comune ò rotta e si prevede non
lontano il tempo in cui il potere personale ed accentratore dei Con-
ttoli scompaia di fronte ad un altro che riunisca solo nell'Indirizzo
generale del governo lo molte forti associazioni di che il Comune
rÌHulla ormai composto, diverse nelle loro forme esteriori e nella
struttura intema ma at&ii negli scopi generali, — la difesa degli
iutvressi collettivi dei singoli gruppi — e concatenate Io uno alle
altre, senza un grande distacco fra quelle mercantili e quelle di più
schietto tipo industriale, fra quelle industriali e quelle artigiane:
un Éitto che non trovo in altre città dove l'organizzazione capitali-
sUcD-tndustrialo si innalzò di molto sulle altre e dalle altre si
Ktaccd notevolmente, costituendo un vero e proprio governo di cloase
— poaaibile solo dove si forma la grande industria — ohe pesava
sai minori in doppia maniera; in quanto l'industria, rendendo gli
■rtìgiani dipendenti economicamente e privatamente dai grandi indn-
itrimli, ne consolida anche la dipendenza politica da quelli. Cosi a
ve le denominazioni di arti maggiori o di arti minori
pHfflouo appunto tate discuntinuità nella serie ascendente dei vari
dei economici.
Eooo dunque il rapporto intimo &a la società comunale e le
B Istituzioni. Altro che felice imitazione di quelle create da Roma I
Ma neanche rimpiangiamo i metodi ed i criteri puramente ^un-
dici con cui nel nostro secolo furono esaminati gli istituti comunali,
iti&catA, in <«rtc disponi aioni M governi.
226 Aaaociaxioni mereantili, artigiane t gentititù eoe.
rimasti percift come sospesi fra cielo e terra, isolati dal mezxo sto-
rico donde invece aveao tratto e traevano vital nutrimento. Le vi-
ceude per cui passa il consolate lo dimostrano chiaramente come un
prodotto diretto ed ìiumediato della città italiana nel XII secolo:
nella unità del Comune, nella collegialità dell'istituto consolare, nella
Tigoria sua, sì scorge un \ìto riflesso della semplice struttura del
popolo, del prevalente valore sociale dì certe attività, di certi in-
teressi, di certe categorie di persone. Crescendo nella seconda metà
del Xn secolo il lavoro cittadino, potendo quel più di produsone
che sopravanzava al soddisfacimento dei bisogni tra^ormarsi in inten-
sita raddoppiata dì sviluppo economico e sociale, politico e morale,
sì complicava quella semplice struttura, si allargava anche ad altn
attività quel valore sociale, sì rompeva la unità e la omogen^ ^
del Comune: di qui la fine del Consolato.
Studiamo questo allargarsi delle ìntime forze della città e le
forme giuridiche in che esse si concretano e si organizzano. È uno
studio di origini, questo, non diverso dallo studio che si fa per il
sorgere del Comune e del Consolato: anche qui dobbiamo delineare
il formarsi di una classe sociale nuova che non è l'aristocrazia
consolare, ceto intermedio fra due età e due tipi economici diversi,
ma è la borghesia vera e propria, è il popolo, nel significato sto-
rico che questa parola assume verso la metà del secolo seguente.
Ci vengono incontro, innanzi tutto, i mercanti di terra, i « mei^
catores » , il cui crescere di numero e di forze è in stretta ootmes-
sione con lo sviluppo demografico e con la storia dell'interno della
Toscana. Per origine e per importanza economica, questo ceto mer-
cantesco non doveva da principio aver grande omogeneità : dai pcH
chi che disponevano di un cospicuo capitale per il commercio
esterno con la Toscana, con la Valle del Po e coi pae-sì d'oltre Alpe,
si scendeva ai moltissimi che si limitavano al traffico puramente
lo<;ale; i primi uscivan certamente dalle file della aristocrazia dal
mare o, se avevan diversa orìgine, le si accostavano per potenza
finanziaria e per ambizione di primeggiare se non per simiglìanu
di interessi e di intenti; alla fine del XII secolo, con il pieno dif-
/ I Cotunilf" >,
327
ferenziarsi dello due attivittt, si ditfcrouziauo anche lo due classi di
persone che si organizzano in due diverse associazioni : fra i se-
coodi debbono annoverarsi senza dubbio quegli * spetiary » di
Cinzica di cui nel 1138 Corrado Imperatore dona all'Arcivescovo
Balduiuo il tributo, * feodiim », conservante ancora traccia della sua
natura feudale. ') Tuttavia, la relativa comunanza dì interessi e di
oocapazioni e l'arriccbirsi dei minori dovevan presto produire omo-
geneità e solidarietà e con ciò U sentimento di classe e l'ordina
mento corporativo. 11 e feudum spectarìorum > dimostra già una
certa coerenza fra individui accomunati da egual rapporto di di-
pendenza tisc^le e da eguali interessi di mestiere;*) ma quando
^i p^<^ parlare di una corporazione di mercanti, di un < commuuis
inerratorum > ? Gsamiuiamo le testimonianze storicbe.
Nei Brevi consolari del USI e 1163 si trova la prima men-
zione di Consoli dei mercanti: < ante kal. febr. prox. quinqne do
negotiatorìbus consules eligam etcì. »*) Il 31 dicembre 1162, poi, un
docomento ce li mostra nell'esercizio delle loro funzioni : e Nos Ni-
cótaus speciarius et Ouìlicio q. Bellandi et Pisanus q. Lanfranchi
et Rodulfus q. Androe a Consulibus Pisanorum mercatorum con-
sules electi ad diftiniendas lites pubi. vel. priv. in nobis ad difS-
niendum positas etc. > *) A parte il numero dei Consoli che son S
^^nl Breve e 4 nel due: ma essi son sempre eletti dai Consoli del
^Hómane, detiniscono le liti di commert^io e sono uomini di pra-
^^kt| non di dottrina giuridica, per quanto qualcuno possa essere
^HMÌoo o per lo meno giurisperito, risultandone cos) una curia mista
^^ft uomini di legge e di pratici, simile alle altre curie dei pro^*vÌ8ori.
■) • Ffodnm gpoctariorum qui morantnr in burgo S. Pkali in Kin-
fllea>;BoKAiKi, Dipl.-pi*., ann. 1138.
f) Ancbo prima, a Lucca, speziali e taiubiatori nppaion imlidali in
un ^nnmento di protezione ai forestieri che trovavano alloggio negli al-
borghi della citta. Bonaini, Apiitinti pn- servire alla bùtliogr. dtf/li Sta-
CUd.. p. l(K e LArrua, U dir. cnmmrrciaU: ecc., p. 93 sgg.
*) SlaluH. 1, i>. 5 o a».
•) Ai««. i>i Stato, Pian, Purg. CoMH, 81 die. 1163; pul»bl. dallo
lua. Die pitnniKhen Consulti ■merfolorum in twOlflen Ja/>rhundtrt,
luUa ZtttKhrIp far gmimmte Uandtlm-fcM, XU. 1892, p. 100 sgg.
228 Associaxiom mercantili, artigiane e genfUixie eoe.
Pochi anni appresso, infatti, trovo un e judex ordin. atque notarius
et tunc consul mercatorum cum Rodolfo ed Octaviano etc. > che
esempla e firma, indipendentemente dalla dignità consolare, im de-
posto giadiziario. ^) Si noti poi che l'espressione adoperata a designare
i Consoli dei mercanti, nel doc. 1162, è identica a quella con cui son
designati i giudici ed i provvisori pubblici, eletti pur essi dai Con-
soli del Comune; come pure la definizione — non posteriore alla fine
del XTT secolo — che nel Costituto dell'uso si dà dei giudici cot-
risponde alla formula con cui nel nostro documento son nominati
i Consoli dei mercanti,^ considerati perciò eguali ai giudici. Ci in-
ganneremmo tuttavia, a mio modo di vedere, se volessimo iden-
tificare nella loro natura questo collegio di Consoli con le altre
stabili curie giudicanti. Se il Costituto dell'uso ritiene necessario
dichiarare che i consoli del Alare, dei Mercanti e delle arti ed i
Consoli delle ville che son tenuti a giudicare, e loco judicum ba-
beantur i,') noi dobbiamo considerarli privi per natura loro di tale
autorità. La causa portata innanzi ai quattro Consoli il 31 dicembre
1162 era già stata prima portata alla curia dei provvisori pubblici,
quelli che più si avvicinavano ai Consoli dei mercanti; e per quanto
dal documento in questione non si veda chiaramente perchè essa
era stata sottoposta al giudizio di questi ultimi, si può tuttavia far
l'ipotesi che l'importanza ed il numero delle cause commerciali, in
mezzo a tutte le altre di legge e d'uso, fosser cresciuti tanto da
promuovere la istituzione di un ufficio apposito a cui esse venivan
portate dopo se ne fosse riconosciuta la natura strettamente commor^
ciale; e che ai Consoli dei mercanti spettasse, da principio, a dif-
ferenza dei provvisori, la sola giurisdizione volontaria delle liti ad
essi rimesse dalle parti e da giudicare con procedimento sommario,
oltre che l' ufficio esecutivo di dar corso alle sentenze, mediante la
^) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Olivetani, Manca la data, ma il ri>
cordo che vi si fa dell' Arciv. Ubaldo, indica il 1174 come termine poei
qvem. Altrove, come a Como, dei due Consoli dei mercanti, uno doveva
essere del collegio dei giudici. Fertile, St, dir. ital., VI, 1886, p. 120-1.
«) Statuti, n, p. 815-6.
«) Statuii, II, Constit. usus, p. 816.
Gtrattere invitale dei < Cotuutes merealorum >
229
retta immissloue in possesso; ia una parola, pronunciar lodi ed
arbitrati per ì quali rariimente si redigeva una carta scritta, donde
la scarzezza di atti indiziari a noi rimasti dei Consoli di com-
mercio. Io credo perciò questi Consoli sorti per uno smembrarsi
della curia dei provvisori; ma appena il distai.x'o è avvenuto, anzi
noi miimento stesso che a^-riene e che una delle due parti assume
il nome di « Cousules mercatorum >, la natura sua primitiva si
muta, lo sue fuuzioni si allargano ed essa si accosta piìi, per il ca-
rattere di ciii si riveste, ai Consoli del Comune.
La cui-ia dei mercanti era in tal modo la risultante di due fattori :
da una parte tutta la classe mercantesca, — già messasi sulla via
del suo assetto corporativo — sentendo ogni giorno più bisogno di
una propria curia e di una speciale procedura, premeva dal basso,
animata da una aneor vaga aspirazione di ordinamento autonomo,
jn rapporto alle ideo del tempo per cui ognuno cercava esser giudi-
cato da' suoi pari; dall'altra, una disposizione consolare diretta a
spedalizzare ancora più le funzioni dei giudici e dei prowìsori,
scendeva dall'ulto. Non quindi una corporazione già costituita ed
autonoma che dal proprio seno crea ima sua magistratura e la im-
pone al potere centrale, come manifestazione di un aperto contrasto
sociale, servendosene nei rapporti interni ed esterni, por la giuris-
dizione di commercia, per le battaglie nel Comune e, in generale,
por iscopi politici ; ma il consolato dei mercanti ha un iniziale ca-
rattere di iiflBcio, che in alcune città conserva sempre; è una ema-
aaziono del potere i^entrale e, come questo, i suoi membri prendono
il nome di Consoli, quaj*i asstmiano im frammento delle attribu-
EÌodÌ dei Cionsolì del Comune. E qnesto ci è argomento a credere
I fin da ora, come indubbiamente più tardi, quando un giudice
1 alla loro curia, i Consoli dei mercauli abbiano una fim-
no non dissimile da quella dei Consoli del Comune, cioè una
zione presidenziale ed esecutiva aggiunta a quella primitiva di
ibjtrì delle questioni commerciali e più di essa importante e ca-
ratteristica dell' istituzione: per cui i Consoli dei mercanti, scelti da
principio fra i pratici nella giurisprudenza commercialo » fra i gin-
i, per le controversie da definirò a tenore di legge e di uso — fòsse
230 Associazioni mercantili, artigiane e gentilizie ecc.
questo redatto nel costituto o no, ^) — diventano poi i regolatori delle
cose inteme dell'arte, rivolti a disciplinare il commercio dentro e fuori
la città; assumono cioè due serie diverse di attribuzioni che altrove in-
vece sono nella competenza di due distinti magistrati,') per quanto tal
confusione di poteri fosse la norma delle magistrature feudali e comu-
nali, differenti le une delle altre per quantità più che per qualità di in-
combenze. Certo vi è una ragione se si chiamano e consules > e non
cjudices mercatorum»; i Brevi consolari poi non li ricordano fra
i giudici delle varie curie, uè fra quelli che son delegati per la fiera
annuale di S. Maria per far giustizia ed, al bisogno, esercitar la
< vindicta. » *) Essi sono eletti non per l'uno o l'altro ufficio spe-
ciale, ma cpro bone civitatis», quasi coadiutori dei Consoli del
Comune, per supplire alla progressiva incapacità della loro ri-
stretta organizzazione gentilizia di stare alla testa di un Comune
che vien diventando un complesso organismo di diritto pubblico e
per regolare le molteplici atti^ità commerciali che si dispiegano con
vigore giovanile e con grande desiderio di liberi movimenti, cioè
differenziate ed organate a so; piccoli Comuni — e questa parola
infatti adoperano le fonti,*) — dentro il più grande Comune che tutti
li comprende, pronti alla lotta per la difesa dei propri interessi e
per la prevalenza, come già il Comune un secolo addietro, in mezzo
alla società feudale, con la stessa incapacità di conciliare gli inte-
ressi opposti. Sono due procedimenti, negativo l'uno, positivo Taltro,
che si incontrano ovunque è vita giuridica, svolgimento di istitu-
zioni e di consuetudini nuove in mezzo al popolo ^) e che non si
^) Anche qui si fa distinzione fra il Costituto dell*aso ed il cbonum
usum ciritatìs et mercatantiae » ; Sfafutiy II, p. 80.
*) Cosi a Milano, i « consules mercatorum » rappresentano la asso-
ciazione ; i < Consules iustitiae negotiatorum > esercitano il potere giudi-
ziario fra i commercianti anche non iscritti nel ruolo; Lattbs, B diritto
commerciale, p. 40 e 84.
3») Statuti, I, Br. Consulum, p. 29.
*) Statuii, III, Br. mercatorum, p. 42.
^) Non credo le consuetudini si formino diversamente: Convinzione
popolare e tolleranza o anche favore della sovranità; una base sociale ed
ima giuridica sorreggono questo prodotto della società e dello Stato.
Significala dei * Con»uI«g mavatorum >
231
escludono a vicend», ma si i iiteg;riino e concorrono a cit>are nuovo
magistrature e nuove organizzazioni che poi rapidamente, dopo
sorte, trasformano la natura e gli scopi giudiziari, assninendo altre
funzioni giurisdizionali ed aperto carattere politico; per cui se non
è giusto dire col Pardessus che i Consoli dei mercanti sorgono per
il bisogno di sottrarre ai giudici ordinari le cause commerciali ed
affidarlo a curie speciali '} e col Rac^^ioppi, che i Consoli dei mer-
canti sono aait sperie di Consoli dì giustizia; *) non ò neanche giusto
dire senz' altro che essi siano il prodotto di una costituzione cor-
porutira della classe dei mercanti ') con che viene a disconoscersi
il carattere più rilevante del Consolato del Comiuie che nel XII ci
appare come la fonte prima ed unica quasi del diritto comunale, la
prima organizzazione che abbraccia in so tutti gli altri elementi so-
ciali ancora immaturi ed amorfi ed ha nel suo tronco le gemme di
ratte le magistrature posteriori, specialmente nei Comuni marittimi,
dove la classe consolare acquista una singolare gagliardia e pienezza
di contenuto. K che tale fosse in generalo il carattere originario dei
Consoli dei mercanti lo dimostra il fatto che in alcune città, per es. a
Genova e forse anche a Venezia, l'ufficio di Men'Azia ò e sì conser>'B
un ufficio del Comune;*) e lo dimostra anche più la disposizione di
altre città, come Milano, assolutamente avverse a vedere nei Con-
soli dei mercanti, dei magistrati comunali.*) Da principio, dunque,
enn considerati tali ! Solo più lardi sì accentua in ossi la fisonomìa
sociale politica di rappresentanti della borghesia mercantesca;
fisonomia, lo ripetiamo, che molto pallidamente essi hanno sin dalla
origine. Non è una semplice coincidenza se i Consoli dei mercanti
appaiono insieme colla redazione e pubblicazione del costituto dfìl-
') Pardbmub, CoikcfUm dr loi» vtaHHmMi, II, p. CXXV.
•) B40CIOPPI, Arch. atùr. ìttr fc prov. napol.. ia78, ITI, 6»e.
H^ *) ScHAT-BB, Dos h'oitsulal dèa M«erti in Pina, Leipsig, 1888, p. 382-3.
^Kpoco dÌTOrsani«Dte Ouluschmidt, ZeUaehrip fitr Hamklsrrchl, XX, 6M
pbs egU cita.
•) Lastio, Entwicklungtìtxtje da Handelsreeht, p. 138 sgg. e 220 o
OAt'PKNZi, Stili, dtiif Sociftà del Popolt di IMogna, II, Prcfa»,
») . S«l nec Consules npjcopintorum inu^Uigantiir esse ofllcialea Me-
; UoLDSCHMWT, UiìiveTaal GeKh. dea BandeUrechl, I, 165.
232 Associazioni mercantili, artigiane e gentilizie eec,
l'uso. Ora, tal redazione è senza dubbio un fatto che rientra, so-
cialmente parlando, nella storia dello sviluppo democratico della
città ed è una prima indiretta vittoria della borghesia che sale,
piena di senso pratico, desiderosa di por fine agli abusi che la in-
certa consuetudine produceva, di togliere alla classe consolare, de-
positaria per antica tradizione del diritto consuetudinario, il privi-
legio delle curie giudiziarie, di regolare in modo sicuro tanti rapporti
rurali, feudali, commerciali. ^) E lo spirito positivo della nuova
democrazia meglio disposta per sua natura e per T indole delle sue
occupazioni ad una piìi pratica, piìi varia, piii ricca coltura, lon-
tana da quella nebulosità di tradizioni che costituiva come la vita
interiore delle aristocrazie cittadine. Fatto naturale, del resto, e
generale. Le consuetudini sono elaborate a mano a mano dalle
forze giovani della società, nel loro progressivo svolgimento. Aspi-
rare ad una redazione di esse, ad una formulazione precisa del
diritto, vuol dire aspirare al pieno riconoscimento delle consuetu-
dini stesse, al riconoscimento cioè, da parte delle classi superiori
consolidate nel governo, della vita del popolo, esplicantesi in forme
nuove di diritto ; vuol dire aspirare anche a distruggere c^^ avanzi
delle età passate che impacciavano il cammino del Comune verso
la sua meta storica ; così ad esempio i privilegi dell'Arcivescovo e
del clero, la ingerenza loro nell'amministrazione deUa giustizia, il
fòro ecclesiastico per le cause civili ecc.; tutte cose che trovan posto
infatti nel Costituto dell'uso, come anche altrove nelle consuetu-
dini si esplica la lotta vivace fra l'autorità laica e la ecclesiastica
contro le eccessive pretese di questa in materia di giurisdizione e
di decime. ^ E merito della democrazia se si procura co^ aUo Stato
una più larga base ed im piìi elevato contenuto etico e dottrinale,
^) Mi permetto un altro ravvicinamento con la storia dì Grecia: è
nota la opposizione ostinata che fece T oligarchia dorica di Sparti alla
redazione scrìtta delle consuetudini, dopo che altre città greche ebbero
dato l'esempio ; Dondorff, Adel und BUrgerthum im alien Hellas cìt.,
p. 231.
') Cosi a Como, a Monza, a Milano ecc.; Lattbs, Dir. ConmteL,
p. 72-3, 78 sgg.
Conaoli (tei Q>mune e Cotuoli tiei mercanti 233
corrispondente anche alla più difusa coltura giuridica; ') se si con-
(.■episce la costituzione come uu meccanismo di poteri diversi fra loro
coordinati. I Consoli dei mercanti sou da principio appunto un *j
uftìcìo ilei Comune, eletto dai Consoli, come tanti altri istituti col- \
ledali che poi diventano autonomi e ripetono dirottamente dal po-
polo dai eoiisigli reiezione ed i potori loro:*) così a Siena, per
citare solo una magistratura delle piii caratteristiche, i Provveditori
dell» Bìcclieruu che si tximinciano a vedere nel llC8e, primadi
dìTouire uu autonomo ufficio amministrativo — ed in fatto di dote
e fidejussiono un magistrato giiu-isdiceute — t^iscono accanto ai
CuDSoli, nella medesima Curia, come propaggine di uu albero vig agiscono insieme con quelli della città por
realizzare un credito che dei Piacentini avevan con Genova: *) così
a Vendili, nel 1165, *) a Lucca u Modena nel 1182 e sono otto
< Cnosulni maiores > e quattro < Cons. mercatorum i modenesi che
trattano con tre « Cons, mercatorum * lucchesi ; *) così i < Cons. mer-
') Dei Consoli molti non itanno neanche ncrìvore come «ppam dal-
l'MeatacolJo dei doc. dove eaai t\ segnano. Fra i mercanti ora invece pre-
BcriUo anche por piccoli offici saper leggere e scrivere; Statuti, III, p. 86.
*) Cosi spiega»! come molle disposiaionl che si trovano nel Brevi
fwrtieolari doi mercanti si trovavano orlginarlntncntt^ nrgli Statuti del
Comune e talune vi rimangono a lungo.
*t ZnKK.iiER, Co»tit. genent. p. XXIII-tV. Una donnz. del cncl«Uo di
Sdano A Ruta ni popolo senese, ni Coiiaoli ed ni Provvisliturì.
•> IJtmr ìurium. I. 176-».
*) Libtr Jurium, II, 995-(;,
*) Ml-uatobi, Ani., II, 3H7-8.
234 Associazioni mereantili, artigiane e gentilixie ecc.
catorum et marinariorum » di Koma nel 1165, insieme col Senato,
fanno patti di amicizia e di commercio con Genova ^) e nel trat-
tato Lucca-Firenze del 1184 vien rimesso ai Consoli dei mercanti
delle due città l'accordo sui pedaggi. *)
A Pisa, questi Consoli non compaiono in parecchi trattati degli
stessi anni, che pure contengono importanti clausole commerciali;
non in quello con Lucca del 1159 nel quale si determinano tante
modalità di pedaggi, dazi, vie, interessanti il tra£Bco di terra; non
in quello con il Comune di Corneto del 1174 e solo indirettamente
son ricordati nel trattato del 1174 con i Romani; nel quale si
stabilisce che le contese vadano senz'altro alla curia dei Consoli
pisani dei Mercanti, eliminandosi la mediazione dei Consoli del Co-
mune e dei provvisori della curia dell' uso e determinandosi a priori
come materia di diritto commerciale tutte le questioni che potessero
sorgere fra mercanti pisani e romani. ') Ma intanto si vien compiendo
la costituzione dell'ordine e finalmente i suoi Consoli compaiono
ufBcialmente e collegialmente nel 1188 nella pace Genova-Pisa, dopo
i Consoli del Comune e prima della lista dei mille cittadini che giu-
rano raccordo; *) compaiono insieme con i e Consules artis lanae»
che ora fanno la prima apparizione nei documenti pisani.
Corporazione dei mercanti ed arte della lana hanno nei loro
inizi una struttura essenzialmente diversa; quest'ultima non si
distacca né si innalza molto al disopra degli altri mestieri, delle
arti vere e proprie da cui essa deriva il nome: le manca la organiz-
zazione industriale, le manca la vigoria di uscir fuori la cerchia
locale ad esportare i suoi prodotti, quello appimto che potrebbe
avvicinarla per importanza economica e per ordinamento tecnico,
al commercio di terra e di mare. Ma ora nel 1188 le cose sono cer-
tamente cambiate ed il capitale accumulato nei traffici passa ad ali-
mentare e trasformare questa arte, nel tempo stesso che le progredite
Liber jurium, II, 997-1001.
*) Santini, Doc, per la Cosfituz. del Cora, fior,^ p. 20.
3) BoN'Aixi, Dijìl, jMsani, p. 55, 10 genn. 1174.
*) Dal Borgo, Dipi, pisani, p. 114-39.
Arie e Consoli delta lana
236
indizioni dei paesi mediterrnnei attorno all'Italia, il piìi intenso
traffico iuteriiazionole e la possibilità e facilità di smerciare Ì prodotti
re-ndoii possìbile in sviluppo della grande industria di cui l'Italia
comunale e fra breve la Toscana e Firenze diventano il centro.
La lavorazione della lima, la più florida industria d'Europa per
pitrocohi secoli, era favorita a Pisa da speciali condizioni e si svolse
uon certa vivacità ed intensità, per quanto non sia stata quella su
cui abbia poggiato la grandezza economica della città, come a Fi-
renze. 4 La Sardegna diede sempre un materiale primo se non
finissimo certo buono ed abbondante; così la Garfagnana donde
scendevan torme di pecore a svernare nella Maremma, raccoman-
datn a i]ualche potente signore *} o nel tiunulo di S. Rossore cìoò
nei pruti e boschi dei Canonia, fra il Serchio e l'Amo; ') cosi
pure ne diede la Maremma stessa, quantunque di qualità infi^
liore perchì" il suolo acquitrinoso e pieno di sterpi, il clima caldis-
simo d'extate ed umido d' inverno non si addicevano a buone razze
di bestiiuno lanuto, mentre la mancanza di recinti chiusi ove le
greggi riparassero dalle intemperie e l'uso dei pascoli comuni le
imbastardi VII. *) 1 due iiumi poi dell'Arno e dell' Ozari, gli acqu^
dotti ed i canali che portavan le acque dei colli erano un prezioso
wnto per questa lavorazione che aveva i snoi centri nei quartieri
di P'uoriporta e di CiiiKica, cioè nei due quartieri interni più lon-
tani dal maro che perci<^ nel XlTl sec. davano essi soli due dei tre
Consoli dell'arte. ') L'importanza e la Terza di queste due corpon-
') Doui;4, Bnfwirklung unii OrijaiiLiariort ilrr fiorenl. ZHnfU im 13.
mtui 14. JahrhiiniL, L«ipBig, 1897, p. 7B. La dimostnuilcne di l«lc uscrto
il Doreti la dà nell'altro suo rocontÌ8.«iiiin libro, Stuilìen auf dfr fl/ymtt.
WlrtachaftigachicMe, I, Florrnf. Wolleitlndiiafrie. RtUttgan.1901.
•1 Annuii iìi»imi,\\TA\ \v pecore garfagnim- • fldaiiUac ciutodioquu
coiiUì lidetirandino. E cosi di altri signori di Harcmma
■ perciò ricevevano una mercode in donaro. V, aopra, p. 77,
') BoKAiM, Dipi, f^sani, p. 19 agosto 1156. Va lestv che vide < tur-
I pecoram de Garfagnana ntarc in ea ( silva ) prope Àmum per ca-
*) Paumm, Dfila decima dri fìorruftiii. II, 149.
*} Ahttuti, III, Br. ariiB lauarioruin. 651, tI54, 666.
236 Associazioni mercantili, artigiane e gentilizie eoe.
zioni è data in generale dal fatto che esse sono organismi complessi
risultanti di molti e vari membri corrispondenti alla moltiplicità
delle sostanze commerciabili, ed agli stadi diversi ed indipendenti
di produzione per cui la materia greggia deve passare prima di
esser messa sul mercato. In qualche città, come a Firenze, dove
commercio ed industria prendono nel XIII proporzioni colossali,
questi membri si sciolgono a vita autonoma, pur tuttavia conser-
vando una fisonomia comune a tutti ; questo non avviene a Pisa:
le varie industrie ed il commercio della lana, ad esempio, che a
Firenze costituiscono le tre arti di Galimala (importazione, raffina-
mento, vendita o esportazione di panni forestieri), lana (manifiattura
lane indigene) e Por Santa Maria (smercio panni indigeni e forestieri,
eccetto franceschi), a Pisa non producono una figliazione così rigo-
gliosa ; qui gli importatori e raffinatori e mercanti di panni france-
schi, inglesi, catalani, sono incorporati nell'ordine dei mercanti, ^)
come pure i Setaioli che non dovevan mancare a Pisa anche prima
del XII sec, *) sebbene questa non potesse rivaleggiar cx)n Lucca in
tal genere di produzione; gli speziali che a Firenze insieme con i me-
dici e mereiai fanno delle droghe orientali un vero e proprio com-
mercio intemazionale, costituendo un'arte che alla fine del XEH
sec. conta oltre 500 maestri ') ed infine i cambiatori che rimangono
sempre attaccati all'ordine, mentre a Firenze se ne distaccano nel
1202, *) diversi dai banchieri il cui commercio è strettamente con-
nesso con quello delle lane e panni forestieri e che a Pisa hanno
ima importanza assai limitata, come limitata vi fu Tindustrìa di raffi-
*) Stcttuti, III, Br. curiae mercat., p. 28,35,49,44,91.
*) Cfr. sopra, p. 222. Nella lista dei Pisani del 1188, poi, incontriamo
una famiglia Della Seta e nel 1237 si trova ricordo di un « embolo della
seta » che equivale a magazzino o luogo di lavorazione. Arch. di Stato,
Pisa, Perg. Caj)j)elli, 12 ag. 1238.
3) DoREN, Entwicklung etc., p. 51 e SALVBMmi, Magnati e popolani^
p.41. Per Pisa, cir. Statuti^ III, Br. mercat., p. 27, 39.
*) Davidsoux, Greschichie, p. 797. Neanche a Siena se ne distaccano,
pur intitolandosi i Consoli da essi e dai mercanti insieme : « consoles mer>
catorum et campsorum » .
Struttura mlema detVindmtria della lana 237
meato dei testiuti d'ottro Alpe. Tuttiivia qualche notìzia abbiamo
i dimostra come nel XII aec. lu Corte pontificia non maucaasu
t bisopio di ricorrere per denaro anche a banchieri pisani. ')
In una parola, a Pisa le industrie varie sopra ricordate, se non
userò nella condizione di mestieri u di semplici arti, non ebbero
}sse ed il commercio bancario, tanta forza da orgauiz-
rsi a sé; ecooutuata solo l'arte della lana che assume carattere
pitalistico-iudustriale come l'ordine dei mercanti al quale si lega
oiA con tanti vincoli di interessi e di orgaaizzuzioiie, utili a pre-
i l'alleanza giurata dei due ordini nel secolo sedente e i^o-
tDisce, socialmente e politicamente parlando, una forza che
)ggia e forse supera l' altro ordine , poiché poggiata sulla
retta dipendenza privata di un gran numero di persone, maestri
, molto più in basso, lavoranti cioè filatori, tintori, conciatori,
Tagellai, tessitori, lavoratori, ecc., uomini e donne, della città e del
contado — specialmente della valle di Calci — ^ sui quali la curia
dei lonaioli esercita giurisdizione, sfruttandoli et^tonomicamente, proi-
bendo loro con tutta severità ((ualunqiie moto associativo e qualunque
lavorazione por conto proprio a scopo di vendita; ') riducendoli
cioè rcre macchine ed istituendo quasi uu'altra forma di servitù
della gleba, non meno dolorosa in quanto che nella cultura della
lem mancava la vigilanza continua sopra ogni atto ed ogni
ponnioru, mancava una forza estranea, che prestasse al signore
il suo braccio come nella città il Comune al padrone; mancava
iafino un cosi acuto conflitto economico, tanto più vivo e sentito
quanto più la città aguzza gli appetiti, accende gli odi, dà la
ouscienza di sé e dei diritti di ciascuno. L'ordine dei mercanti
invece comporta nel proprio seno l'esistenza di aggruppamenti
diversi, con propri Brevi e propri capitani quantunque dettati dalla
curia giurisdicente ed eletti sotto la sorveglianza dei Consoli del- I
l'ordine a cui prestano il giuramento dell'ufficio: semplici eseou- l
'I JAiTft, n. 10677. 20 sett. ed Uohbi.i.i, III, 403.
*] Nel cntttiuln, aptrciftl mento guttlcbcrai, fiUtori <•■ fllAtrìri; Slaluti,
, p. «W, 673. fi9S, 711. 739.
*) StahM, III, p. eS9, 681, 681-3, 704, 714, 719, 786.
238 Associazioni mereafUili, artigiane e gentiUxie ecc.
tori, questi capitani, delle disposizioni dei Consoli stessi e nulla
più, destinati a riscuoter le multe, a convocare i membri, a comu-
nicare gli ordini superiori ecc., senza ombra di giurisdizione : pa-
ragonabili perciò ai capitani dei piccolissimi aggruppamenti rurali,
di fronte ai Consoli dei castelli e delle ville. Fra questi subordinati
membri dell'ordine ricordiamo gli speziali che doveron certo esser
il primo nucleo della corporazione dei mercanti attorno a cui poi
si addossarono le altre attività organizzate, più lente a (mescere
nel modo stesso che il commercio dei manufatti vien dopo queUo dei
prodotti grezzi, ma più vitali e perciò sovrappostesi ben presto ai
venditori di spezie e di medicinali. Ne è prova anche il fiatto che il
primo dei Consoli dei mercanti del 1162 ed il solo designato con
il nome della sua arte, è un Niccolò e speciarius » .
Questa considerazione ci può illuminare sulla genesi e sul pro-
cesso di formazione deirordine dei mercanti e dell'arte della lana:
genesi e processo che quasi identificano l'uno e l'altra : dopo forma-
tosi il primo nucleo dei mercanti con il conmiercio delle droghe,
dei manufatti foi*estieri o dei prodotti grezzi del paese, a mano a
mano che la città stessa cominciò a sviluppare una industria sua
propria, i mercanti ne smerciavano i prodotti e raccoglievano at-
torno e sotto di sé, disciplinandole, alcune attività artigiane dando
loro impulso coi capitali già accumulati e trasformando le arti in
industrie, diverse perciò dalle altre arti, per il jEatto di dare pro-
dotti largamente conunerciabili. Per tale fisonomia comune che
le unifica, di fronte agli altri mestieri, tutte queste arti si vengono
raggruppando attorno al nucleo primitivo dei mercanti e, verso
la metà del XTl sec., sono sottoposte alla giurisdizione di un
collegio speciale di pratici, detti appunto t consules mercatorom »,
scelti certo fra i più ricchi mercanti. ^) Ciò promuove la costituzione di
^) Quali fossero queste arti subordinate alla curia dei mercanti si
vede dal Br. mercatorum, Statuti y III, p. 178-85. Cioè i mercanti
di panni lini e panni lana, Tarte dei barracani e della seta, cucitori,
speziali, mereiai, barbieri, orafi, farsettai, scudai, dipintori, berrettai,
correggiai, borsari, astari, vetturai, tintori di zendadi, di seta, di pan-
nilini e di barracani, matarassai, copertai, specchiai, spadai, rompitori,
Modo di formax. dall'ordine dei mere, e dsUa lana 239
più forti ^-incoli corporativi con il sempre pivi prevalere, nella corpora-
sioue, dei maggiori mercauti che in essa si organizzano quale classe
di governo, come già nel Comune rarìstocrazia del mare, e che, stan-
ziatisi nel consolato dell'ordine, ne modificano il primitivo carattere
d'ufficio. Ma intanto che cosa è avvenuto? Una dì quelle arti che i
mercanti si raggruppavano attorno e precisamente quella dei panni
di lana, pili forte delle altre, si distacca dal resto e si innalza,
organizzandosi a sé, presso a poco con quegli stessi elementi
sociali che componevano l'ordine dei mercanti, mettendo in stretta
dipendenza i vari mestieri per le cui mani passava la lavora-
zione dei panni lana e curando essa stessa lo smercio dei suoi
prodotti, diventando in una parola essa pure ima corporazione
industriale-mercuntile come l'altra dei mercanti a cui Ò riserbata
la produzione ed il commercio delle stoffe di cotone e di seta e
specialmente dei panni forestieri ecc., ragione per cui conservan
sempre ed essi soli l'appellativo di mercanti: cosi a Firenze, a
quoUi di Calimala che certo erano stati il nucleo primo della classe
mercantesca fiorentina, rimase più ^penalmente il nome di < mer-
catore« > , ') come Io rimase il commercio dei manufatti forestieri,
quando da essa si distaccarono l'industria della luna e Por Santa
Storia; e Caliniula, come era stata la prima, fu anche, per tutto il
XTn sec., la corporazione più florida della città, quella che, avendo
rapporti contìnui con l'estero, più strettamente rappresentai la soli-
darietà fra la politica ed il commercio, più rapidamente conquistò
K esercitò attribuzioni pubbliche e più vivamente favori il moto
tutte le consimili corporazioni industriali per la conquista del
■emo.
di Uno, gnainari, bicchierai ; di ali^uni di questi non sappiamo che aves-
»ero a fare coi mercanti; di altri si sa che avevano nns contrada loro
propria, cnttl ta •scutArlMi, ricordata la prima volta no] 1S04; Arch.
Mkxka aiu.'^v, PlsA, porg. n. f<66, 17 gean. 304: terra -in scataria •;
presenti all' Istrumcnio 2 scudarf. Gli spadai avevan loro boltoghe spe-
B «ull'Amo; statuii. III, Br. niercat., p. 183 now.
■) BoxoUH, Iji ffiurindùione della Mtrctiiaia a Fireiue net XIV tee.,
, 19U1, p. 15 e 16.
240 Associazioni mercantili, artigiane e gentilizie eoe.
In tal maniera si è compiuta, alla fine del XTT sec., la differen-
zazione fra arti diverse, industrie le une, mestieri le altre. Tuttavia
il passaggio non è brusco : parecchie altre arti appaiono a Pisa fra
il XTT ed il XTTT secolo che, attraverso vari tipi intermedi, scen-
dono giù fino a quelli schiettamente artigiani, alle arti minori, come
son chiamate in alcune città. Lasciamo stare i giudici, professione
liberale aperta ai soli ricchi ma del cui ordinamento corporativo
non sappiamo nulla per ora: prima fra tutte le altre per importanza,
con un principio di organizzazione capitalistico-industriale, ci si
presenta l'arte dei pellicciai che, come la lana, ha bisogno di un
capitale iniziale. Mettiamo da parte a questo punto, per quanto negli
ultimi tempi la vecchia teoria accenni a rifiorire, ogni idea di an-
tica esistenza — non parliamo neanche di figliazione dai sodati»
romani — delle corporazioni artigiane, la cui storia è per me una
cosa sola con la storia del Comune, in correlazione al quale esse
si sviluppano; impossibile risalire più addietro del XTT o, al più,
della seconda metà del XT secolo; non tanto perchè ci manchino
documenti ad attestare ima più remota origine, quanto perchè la
forma sotto cui ^i presentano alla fine del XTT sec. tradisce chiara-
mente la giovinezza loro : noi risaliamo con le notizie sicure fino ad
un certo punto ; qui ci arrestiamo, ma un piccolo sforzo di induzione
ci fa persuasi che pochi passi più in su, nell' erta di cui non v^
diamo il sentiero tracciato dinanzi a noi, si trova la sorgente ed il
primo muoversi delle acque per le alte e ripide balze del monte.
Fra il XTT e XTTT secolo, la lavorazione ed il commercio delle
pellicce erano fiorenti a Pisa e crescevan con il raffinarsi dei costumi
e con il penetrare del capitale anche in questo ramo di attività arti-
giana. Se nel 1173, durante una grossa carestia, l'autore degli
Annali, dandoci i prezzi delle cose più necessarie, non tralascia
quelli dei vaj e delle pellicce, è segno che i prodotti di questa
industria eran quasi di uso comune. Oltre che dalla Sardegna, trae-
vano la materia prima dall'Africa, ^) dall'Oriente e dai porti del
*) Dair Africa pelli certamente; efr. in Ama.ri, Dipl.arabiy S. I,p. 55,
57, 61 ecc., contratti fra mercanti arabi e pisani, del 1200.
L'Arte dei lìelUcriai 241
4ar Nero dove i mercanti russi fornivano le pellicce più preziose,
sportate poi largamente, dopo acconcia preparazione, nell'i^itemo
i Toscana, in special modo a Firenze. *)
Un Baldovino pellicciaio, t capitaneus pelliparìorum > che fa
na obbligazione con T Arciprete Villano e con i Canonici, ci ap-
iire la prima volta in Una citrta del luglio 1193 che porta poi in
lice i nomi di Baldovino stesso, di Enrico di Angelo pure t ca-
itìineus 1 e di 21 altre persone dell'arte sottoscriventi e confer-
laiiti l'obbligazione. *) Da poco un certo numero di pellicciai avevan
istrutto un emhnlum^ piccolo quartiere o porticato, ^) dove abita-
ano e lavoravano, presso la porta a mare. Volendo ora edificare
iiu chiesii nel luogo stesso, dove e divina possint audire co-
die raisteria > , dichiarano volerla c4iuonicamente sottomettere alla
attedrale, dandone ai Canonici il gius patronato ed obbligandosi
far seppellire so ed i propri eredi nella chiesti di S. Maria. *)
el 1195 la nuova chiesa, S. Lorenzo deir embulo, ora già in
iedi e rimaneva il luogo di adunanza dell' arte che poi divise col
ojK)lo e con i Canonici il diritto di eleggervi i rettori ecclesiastici.*)
Osserviamo: il primo istnimcnto del luglio ò C4)mpiuto da un
(ipitano che tratta direttamente con i Canonici e con 21 uomini
eir arte ; il secondo del nov. da tre capitani e dai loro consiglieri,
1 numero di sei < et alij commorantes in embulo. » Questo ci
idica con sufficiente sicurezza che la costituzione vera e propria
ell'arte non risale molto addietro. I pellicciai certamente sentono
ti un pezzo la solidarietà che li unisce, fanno accordi, hanno il
esiderio eil il bisogno di una più stretta organizzazione, si radu-
ano un wrto numero di essi in una contrada apposita, mettono
*» Davidsohn, G^»rhirhU\ p. 7ft5.
«) SMuH, III, App. al Br.artia pollipp., p. 1092-3, 21 lU{,'lio 1194.
'i Di'CANOE, (rtassarium, e Kiiibuluin » ed Hevd, Hhttoin» ctc.,I, 218.
« .S7///I//I, III, App.cit., n. 2. p. 109:WU, 21 nov. 119:J; cfr. anche il
3C. n. 3, I.C., p. 1091-5, con cui Celestino III dà poco dopo airArcive-
rovo ed ai Canonici il consenso di ricevere in patronato « cappellani
. Laurentij do Embulo noviter constructam. >
*> Statuti, III, Br.artia pellipp., p. 10()2, noto.
Ann, 8. li, 16
242 IV . — Associazioni mereantiii, artigiane e g&niilizie eoe.
iusieme un patrimouio comune, erìgono una chiesa dove si racco-
glieranno per le pratiche- del culto e per i bisogni della piccob
comunità e che sia segnacolo e mezzo di concordia. Per tutto que-
sto, dal gruppo degli artigiani sorgono dei capi, forse due, cioè uno
per quelli che abitano neir embolo — ed è certo il contraente
nella carta del luglio 1193 — e l'altro per quelli che rìmangooo
disseminati altrove. Sono e capitanei > e non Consoli, che da prin-
cipio si trovan forse in un rapporto di dipendenza dai « Consnles
mercatorum > e che rìvelano con il loro nome la natura tutta pri-
vata, innanzi che esso acquisti la giiunsdizione sui propri coii^k>-
nenti, del nuovo ente collettivo, sorto per un moto a&tto sponta-
neo. Da principio, un numero indeterminato di artigiani, forse b
maggioranza, che si adunano quando se ne presenti il bisogno, as-
sistono i capitani — e questa fase, nella storia di un'arte, corrisponde
nella stona del Comune alla fase in cui, partecipando tutto il po-
polo direttamente al governo, V assemblea generale dei comunisti
costituisce il consiglio dei Consoli, salvo nominare a volta a volta
speciali balìe di cittadini le quali poi si fissano, si consolidano e
diventano consigli ed ufiBci; — poi il numerò dei consiglieri di-
venta stabile, i pellicciai deirembolo e fuori delF embolo si uni-
scono ed i rispettivi capitani formano un sol collegio, pur con una
certa distinzione fra quelli che lo costituiscono. ^)
Lo stesso ricordo di capitani si trova per un'arte affine e forse
coeva a quella dei pellicciai, Tarte dei cuoiai, in un documento che
ce ne mostra il nascere non molto addietro nel XTT secolo. È una
epigrafe della chiesa di S. Zenone, portata più tardi nel Camposanto
monumentale della città e scolpita per esser posta sul sepolcro
comime che ai < confratribus artis coriariorum » TAbbate Bono
(1186-1223)*) aveva concesso quando ne eran capitani Sinibaldo,
h Statuti, III, Br. artis pellipp., App. cit., doc. n. 4, p. 1095, 19 nov.
1196: donazione a B., G. e B. pellicciai « capitaneis pellipariommy recipien>
tibus prò se et Herraanno socio corum et capitaneo embuli pellip. eie. » .
«) Annales CanuUdulenses, IV, 131, 282. Il 1223, tuttavia, è la daU
ante quem^ per la morte di Bono.
Cuoiai e fabbri 243
•
Andrea, Bonatto, Acciario, Pietro e Ventura; ^) un numero, come si
vede, relativamente assai grande, ciò che indica come sotto la ge-
nerale denominazione di cuoiai qui si trovino designate, non ancora
corporativamente distinte, altre arti affini che poi si distaccheranno.
Questo documento ci dimostra anche esso, come gli altri sui pellicciai,
il winittore primo delle corporazioni artigiane, il punto di partenza,
quasi, da cui esse muovono e si svolgono ti*asformandosi : più che
associazioni di mestiere, esse son da principio delle confraternite, sono
accolte di artigiani diversi che solo più tardi si ordinano e si specia-
lizzano, secondo le attività diverse, a mano a mano che crescono di
numero, che la tec*nica progi-edisce ed il lavoro si divide. I < fabri » del
noto documento di Daiberto ce ne danno una prova abbastanza sicura.
L'Arcivescovo di Pisa nel 1091, indotto dalle e umillimis sup-
plicationibus fabrorum > , poicrhò (questi « sponte se obbligaverunt >
dare all'Opera del Duomo 20 soldi annui e antequam fabricandi
causa discederent », promette che i loro nomi saranno scritti nel
libro delle messe della chiesa e se ne farà ricordo dai sacerdoti
nella celebrazione del sacrificio ; promette anche che si faranno pre-
ghiere per essi, in caso di malattia. Aggiunge minaccili di sco-
munica contro cliiun(iiie molesti i fabbri ed impedisca loro di recarsi
€ ail fabrilia negotia exercenda », in Corsica, Luni, Sardegna, Capo
Argt»ntario, e(*c.*) Qui non si vede traccia di capi eletti, di rap-
presentanza collettiva, di tutto ciò che ò corporazione: non parlo
di Statuti, poiché questi, si intende, segnano sempre un grado assai
avanzato nello sviluppo delle arti;') solo un principio di azione col-
M Sttthifi, III, Br. artis coriarioram, p. 926, nota: «Hoc e^t sepul-
cmm do confratribos - Artis coriarioruin datum et concessuiii ab eìs (sic) -
A donno Bono abbate S. Zenonis cuni Consilio tra - truiii suorum moiia-
comm, in capitania Sinibaldi - et Andrce et Bonatti et Acciarìj et Petri
et Venture » ,
*) Queste località sono njrpunte nella confi'niia ohe del diploma fa
pochi anni dopo TArcivescovo Uu^ffero, nel 1121>; Stifufi, III, App. al
Br. artis. fatir., p. HOl-2.
^) Che verso il 1200 Statuti di nrti non esistessero ancora, rilevasi
dai Cedro dì BroNC()Mi»A«JNo; efr. Gaidknzi, Siillt cnìiiol, iHle ojt&re dei
Dtitatori bologtwtif nel Boll, Istit. star, italy n. 14.
344 rV. — Associazioni mercantili, artigiane e gentiiixie ecc.
lettiva si scorge in quella spontanea obbligazione che i fiabbrì fanno,
e nolla più. Essi emigrano temporaneamente all'Elba, al Gigbo,
dalle foci dell'Amo a Roma, qoa e là, sparsi, in grappi se non
certo isolati, in quella comunanza che necessariamente deriva dal
lavoro in comune e dalle relazioni di natura gerarchica fra mad-
stro e discepolo, intraprenditore e manuale. Non solo: ma la pa-
rola € fabri », a chi la osservi, è parola generica, per indicar ope-
rai di industrie meccaniche e costruttive; tutti quei paesi dànoo
anche oggi prodotti e lavorazioni diverse, materiali da. eostmzioDe o
metalli; nel documento citato, poi, e nelle conferme successive si parla
di € fabrilia negotia > , di viaggi fatti e fabricandi causa » ecc. ^)
Trattasi evidentemente di certe categorie non distinte di artigiani
diversi le quali non comprendou neanche tutti i simili artigiani della
città. ^ Si concepisce un'arte in tali condizioni? non è possiUle^
ma solo quella solidarietà che i comuni viaggi, i comuni pericoli
ed i comuni nemici in tempo di grande disoiiline sociale producono
e di cui vediamo ai nostri giorni così mirabile esempio nei laTO-
ratori di tutto il mondo civile. Poi si costituisce l'arte e nella prima
metà del XIII secolo incontriamo a Pisa < pubblici consulee
artis fabrorum; ^) > espressione che ci dimostra come la corporasione
sia già eiitrata nella seconda fase del suo sviluppo, cioò da pan
associazione privata con i suoi capitani siasi mutata in on ente
riconosciuto e rivestito di poteri pubblici, cioò della giurisdisione
intema dell'arte, esercitata perciò da Consoli, eletti dal suo aeno li-
beramente. Una particolarità di questa corporazione ò che in
^) Nella Sardegna sappiamo che nel XI e XII sec. andavan da Pisa
« mastros de pedra et de muru » ; Tola, Cod. dipi, sardo^ p. 160.
') Bisulta da una frase del doc. : e Haec eadem eeterìs etiam omnilnis
fìibris concedere sumns (Daiberto) parati, qui se nobìs ut desigiiatiim
est, obligabunt atque persolvent. »
*) Arch. di Stato, Pisa, Ptrg, Certosa, 26 maggio 1846. Cinque
Consoli giudicano in una lite fra un tale di Pioìubino ed un fiibbro di
Livorno. Anche prima, nel novembre del 1235, vi è un lodo di 4 ccon-
sules fabrorum»; Statuii, III, p. 893. Qualche notizia sul oosiituirsi di
quest'arte a Pisa si trova nel Simonbtti, L'arte dei fiaéUri in Piaa^
Bocca 6. Casciano, 1894.
ElfTiMnti /^itiiulù-i f fow delle rorporaxioni artigiant
246
che altrove oonservaiio importanza ed autonomia ì singoli me*
che la rompongono mi i loro capitani, non già pienamente
indenti dai Consoli ma openuiti spesso a loro tìanoo per gli in-
celi' arte , autorizzati ad esporre il loro consiglio per U
lei fondi comuni, a riscuotere le multe in cui i Consoli stessi )
( incorrere, assistiti essi pure da un consiglio scelto fra le '
mne del mestiere e liberi, se lo vogliono, di darsi un Breve I
(prio; sono cioè solo nn gradino più in basso dei Consoli, detti
i pBfciò < roosnles maìores >, di fronte ai capitani.')
^clie qui nei fabbri, la cbicsa è un elemento costitutivo im-
portante. Essa luogo di rannodamento degli artigiani, prima che
Tarle trovi in »<«, come organismo economico, la sna ragione di
tmtm «d acquisti una rem e propria lìsouomia di mestiere. Anzi
nsslo carattere semi-religioso ò specialmente visibilo nelle arti meo-
Miche e c^wtruttivo, cresciute di numero o di importanza in mezzo
L fcCTore delk' opere nuove che sorgono nel XI e XII secolo. È
Itempo in cui il commercio e l'industria del terrò elbano sal-
ilo rapidamente e la cittA sì amplia e si abbolliece: sorgono lit
i Cattedrale, lavoro di più generazioni di iirteficì; la chiesa di
(paolo a Ripa d'Arno e di S. Michele in Borgo, grandiose pare
1, per i Camaldolosi eil i Vallumbrosani: S. Frediano, S. Sepolcro,
L Pietro in Vincoli, S. Pietro a Grado ecc., e poi il Battistero ed
E Cniapanilc; mentre nel contado le comunità rurali segnano il
icipio della loro vita nuova con la costnizioue di chiese per le
■li chiamano artigiani lialla città dai coi colli si veniva anche da
i a tagliar massi e colonne di pietra.*) Nelle chiese ricche di co-
j e di Iregi traUioc II primo risveglio artistico ed assume forme
I il nuovo stile architettonico; dall'alto delle guglie e delle
onpole scende ed illumina lo spirito della solidarietà artigiana che
I in pili saldo legame giuridico l'antica pia promessa di
} Atfufi. ni, Br. artis fabronun, p. 970, «ih, KTT, KT9, W?. I m«-
, namerati a p. 8)<2, sono 13.
B lndd«ndiH lapidil'u» «t columnellis >; JArrt, Repata. 90 aprile
a Adriano, ila B<'neTcnto, ai Canonici. In questo tempo «I kstA
k Otoliano e Pìba un canale per il tnwiportn dui rermcano.
246 IV. — Associazioni metcantili, artigiane e gentilizie eee.
reciproca assistenza in caso di malattia o di miseria, pur conseiv
vando alle associazioni — e questo ne ò uno dei peculiari caratteri,
che le distintigue dagli ordini mercanteschi — una spiccata fisonomia
di religiosità a cui più tardi, nel XY secolo, in gran parte rìtomaDO.
dopo perduta ogni forza politica e che ora le fa apparire come venute
fuori e divincolatesi da una superiore tutela ecclesiastica: e realmente,
il diritto precomunale metteva sempre chi prestava l'opera propria in
una dipendenza giuridica che ricorda di lontano quella feudale ^) dalla
persona o dall'ente che riceveva il servizio. Qui abbiamo un certo
numero di artigiani che stringono una eguale obbligazione é ven-
gono a trovarsi in una egual dipendenza da altri, cioè nella con-
dizione pili propizia per unirsi e contrapporsi collettivamente al
signore, dando insieme ed insieme ricevendo patti ed obbligazioni
di vario genere. E un rapporto, questo, che nella città coesistevo
al Xn secolo con Taltro che sottopone la classe artigiana e gli eser-
centi piccole industrie domestiche al rappresentante economico del-
l' Imperatore o del Marchese a cui quelli facevan prestazioni personali
e reali, davan cioè il < feudum » che a Pisa rimane in vigore fino
alla metà del XII secolo, come un avanzo della antica organiz-
zazione curtense che disciplinava sotto il gastaldo, confusosi poi nel
tvicecomes» , parte del lavoro artigiano. Anche qui, probabilmente,
ima spinta alla organizzazione corporativa può essere venuta incon-
sciamente dall'alto, da parte di chi doveva esser interessato ad aver
di fronte un ente collettivamente responsabile per i singoli, che ri-
cevesse il giuramento dei maestri e dei lavoranti e curasse la ri-
*) Non mancan contratti di lavoro conclusi con le forme dell' investi-
zione feudale. Cosi nel 18 agosto 1198, l'Operaio di S. Maria investe € cnin
galera » che aveva in mano, maestro Leonardo q. Filippo, « nomine feodi».
L'investito giura salvare e lavorare i belili dell'Opera; Arch. di Stato,
Pisa, Perg. Priìwiziale, 18 agosto 1199. Cosi tfidelis» era chi prestava
l'opera propria, alla quale si obbligava « cum sacramento et promissione »;
ibid., Perg, Certosa, 8 settembre 1209: Gherardo da Massa, facendo te-
stamento a Pisa, libera due di questi fedeli che egli ha nell*centica> da
simil giuramento. Questo è poi del resto, negli Statuti delle arti, il Mura-
mento che prestano tutti i discepoli al loro maestro : difenderlo, servirlo,
in bottega e fuori ecc. e viceversa; Statuti, III, p. 181.
Le corporaziotii e gli istituti politici 247
partizione, la riscossione ed il pagamento del e feudum », nel modo
stesso che nel seno di un'arte era imposto categoricamente dai
Consoli ai singoli gruppi, cioè ai mestieri che la componevano, di
eleggersi dei capitani.') Lo tracce di questa antica ingerenza del
potere sovrano nel regolare il lavoro non scompaiono affatto nean-
che ora col Comune, di fronte al quale i Consoli o i Capitani sem-
brano come incaricati di inerte funzioni nel seno dell'arte, prima
che capi autonomi dell'arte stessa. E questo pure in alcune arti
costnittive che il Comune aveva più interesse a tener soggette,
in quanto che verso i maestri di pietra e di legname il Co-
mune che di propria iniziativa ed a proprie spese allestiva le ga-
lere e costruiva chiese, mura, canali, fortificazioni, si trovava nella
condizione di un privato più che di un ente pubblico. Una delle
severe misure imposto dai Consoli ai capi maestri muratori era, ad
esempio, quella relativa all'altezza delle torri, per le (juali due capi-
mastri eran tenuti con giuramento invigilare perchè non venisse su-
perata nella costnizione una certa altezza.*) Questi capi mastri, eletti -
dai Consoli, sforniti di ogni potere punitivo e coercitivo che è sem- \
pre nelle mani dell'autorità centrale, non son ("orto capi di corpo- '
razione: essi non fanno se non compiere una funzione di diritto
pubblico come delegati qualunque, come bassi ufficiali di polizia:
in questo fatto, tuttavia, ed in questo bisogno del potere consolare
è uno degli impulsi che (creeranno un'arte fornita di una maggioro
personalità e rilievo, per quanto mai pienamente autonoma, di cui
i capi saranno quei maestri che ora i Consoli designano fra i
maggiori della chisse e dai quali già per consuetudine di lavon)
son dipendenti i manovali. Essi trasformano in tal modo la natura
») SteUM, III, Br. artis. fabrorum, p. 866.
') Statuti, I, Br. consulum, p. 11 : < AnU" kal. apr. duos de CApitanois
maromm magi»tris iurare faciain ut pisano civìtatis inuroruin ningistros
jnraro faciant ne turriuin Pisanoruin ali(|uain siipra iiKMisurain anti(|uitus
constìtutain studiose aedificcnt voi nedificaro faciant. Ita quod si ad jura*
mcntuui facendum eos coni p<'l loro non potuerint, consulihus id voi consuli
renuntient; quo ronuntiato in faciondo juranionto ois nuxilium {mrrigain » .
Evidentemente, qui « oapitanei inagistri » ^ oquivalonto a < caputmà-
gistri. •
248 lY. — Associaxioni mercantili, artigiane e gentilizie ecc.
gerarchica della autorità loro sui e famuli » e diventano capi eletti.
I € caput magistri > o e capitauei magistri » dello Statuto conso-
lare diventano i < capitanei > di una corporazione, senza più tnodi
dell'antica origine loro.
Io credo che in qualcuna delle arti il potere dei capitani eledi
possa essere uno svolgimento di quello dei capimastri sui loro di-
pendenti : il potere centrale, scegliendo fra essi gli esecutori di certe
sue disposizioni, aiutò il formarsi nell'arte di una magistratura e di
un ufficio, indipendente dai rapporti gerarchici fra chi comanda e chi
obbedisce: per lo meno, si può considerar questo come uno d^
elementi causali che concorsero alla vita di talune corporadonL
Bisulta in ogni modo assai chiaro che diverso è il modo di org»-
narsi dei singoli nuclei corporativi e diverso deve essere il (riterìo
nostro nel ricercarne le origini. Certo è che essi difficilmente son
creazioni del tutto nuove, sorte per la sola energia riordinatrice
delle masse ; il terreno era stato preparato dalle istituzioni fendali
che avevan cercato in ima rudimentale organizzazione delle deboli
forze artigiane, un più facile raggiungimento dei loro scopi fiscali,
dalla antica costituzione gerarchica di c«rte attività manuali e
professionali, come credo possa essere stato per i giudici e notai/) o
dal governo stesso dei Consoli che di fronte al moltiplicarsi degli
elementi nuovi della vita sociale cercanti una organizzazione pro-
pria, bisognosi di regolare rapporti nuovi, di diu: valore giuridico
^) Fino a tutto il XII sec, quando a certi atti pubblici intervengalo
molti giudici, essi si firmano tutti in un corpo, distinto dagli altri fir-
matari ed appaiono come un collegio a sé. Prima di questo tempo si
vede nel IX sec, fra i notar!, quel rapporto gerarchico fra maestro e
discepolo che costituisce la < schola » dei paesi bizantini, forma di as-
sociazione nella quale sembra quasi siansi conser\'ati alcuni elementi
della corporazione romana. Nel S23, a Pisa un tal Vitterado dona una
terra alla Chiesa di S. Maria di Aqui, < sicut hanc cartolam presente
Gaospert notano et scabino et ipsam dictante Petrus discipolos eins,
scrivere rogari; quod et ego Petrus per rogito ipsios Witteradi et ex
dictato suprascripto Gausperto magistcr meus scripsi etc.; Ifem-. e doc,
lucch.^ IV. II., App. n.24; cfr. a questo proposito Brbsslau, Ucmdbu^
der Urkundenlehre far Deutschiand und ItcUien, Leipzig. 1889, 1, 464.
Non dissimili dovevano essere le < scholae » di Roma e Ravenna.
Le cofjìoraxioni ed il Comune 249
I certe consuetudini, di crear organi amministrativi e tecnici, aflR-
lano a balie provvisorie, scelte in mezzo alle singole organizzazioni
neipienti, certi incarichi, finchò queste, progredendo e svolgendosi,
;i affermano come schiette associazioni volontarie giurate, trasfor-
QAUo la natura giuridica di quelle balìe, lo regolano come c^sa
propria, dàn loro l'impronta dei propri bisogni e del proprio genio;
»ei cui i capi, prima forse imposti, poi solo intermediai'i fra il go-
'emo od il popolo già ordinato nelle organizzazioni commerciali
I di mestiere, prendono, come capi eletti, la direzione della lotta
iconomica e politica centro le maggiori corporazioni capitalistiche
\ contro il governo, dopo aver contribuito a sgretolare la ferrea
compagine del Comune del XII secolo e le istituzioni accentra-
riià del consolato dalla cui rovina o trasformazione solo poteva
renir loro quella autonomia e quella azione indiretta nel governo
Iella città die poi diverrà vera ed immediata partecipazione al go-
remo stesso. E il medesimo proc^imento, in fondo, por cui vongon
lu Comune e Consolato, sorti essi pure per bisogni nuovi della
ocictà e generalmente non ostacolati nel loro nasceVe dai governi
vudali nella cui orbita da principio potevano abbastanza agevol-
nente muoversi, di cui anzi apparivan, sugli inizi, come appen-
lice e complemento per soddisfare esigenze che il potere sovrano
lon jMìteva nò voleva soddisfare, ma poi ben presto affermatisi col
oro carattere sostanzialmente rivoluzionario delle antiche istituzioni.
^.n<*he essi tuttavia avevano un fondamento nel passato: i Consoli \\v\
K>tere del Visconte che in essi ò trasfuso; il Comune nella e vici-
nanza * e più ancora nelle intraprese collettivo dei privati cittiidini ;
a sovranità sul territorio, nolPordinamento antico del contado. Fatto
•temi), questo, delle istituzioni vecchie che inconsciamente non solo
>re|mrano ma aiutano il sorger delle nuove da cui quelle saranno
ibbattuti^; contradizione che» ogni età od ogni istituto ci presenta.
ùì ogni età ci presenta pure il rapporto inverso fra vita delle
LSHoiMazioni e vita dello Stato che. quando quelle pullulano vigo-
"05»o, si rafforza idealmente ma si vede privato di molto attribuzioni ;
reglia suir indirizzo general*» della siuMctà ma lascia alle energie
rollettive del popolo regolare gli interni rapporti economici e giù-
250 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e gentilizie ecc.
ridici. E se evsso si oppone, il contrasto può essere accanito. Ora,
ad esempio, nella seconda metà del XII secolo già si sente qualche
sorda agitazione dei minori elementi della cittadinanza. Lo Statato
del 1162 impone ai Consoli di distruggere ccompagnias ciriumet
villanoriun > che si conosca siano fatte e centra commnnem hoo(H
rem»;^) obbligo che nel 1164 si estende anche contro le ccom-
pagnias magistrorum lapidum seu tegularum centra communem
honorem factas >: ^ questi degli scalpellini e tegolai son certo tenta-
tivi di unione di mestiere che possono aver per iscopo anche con-
quistare più alti salari, ora che per tante opere pubbliche e private
essi son cresciuti di numero, ed insieme sottrarsi alla vigile tutela
che il Comune vuol esercitar su di loro, su persone cioè delle cui
braccia egli ha continuo bisogno.*) Queste fuggevoli disposizioni
preludono alle altre più esplicite che contro i maestri muratori,
legnaiuoli e scalpellini saranno emanate nel secolo seguente, di-
rette ad impedire il costituirsi di arti autonome, con capitani o
Consoli che vi esercitino giurisdizione. *)
Negli ultimi anni del XII sec. possiam credere già stabilmente
costituite le arti dei fabbri, dei pellicciai, dei pellai e cuoiai e forse
anche dei giudici, — se pure essi posson rientrare in queste categorie
di attività, — col loro patrimonio comune formato dalle contribuzioni
dei soci, con fondachi e chiese di proprietà dell'arte. Di terre comuni
non si vede traccia a Pisa come non se ne vede del resto, in modo
^) Statuti, I, Br. Consulum, p. 18.
*) Statuti, I, Br. Consulom, p. 36.
^) Per i tegolai, ad esempio, il Comune aveva, nel XIII sec., un mo-
dello di tegoli ed embrici, dal quale essi non potevan distaccarsi. Nel
XIV, questo modello fu affidato airOperaio di S. Maria e sigillato col
suo sigillo. Ogni tanto dovevano esserne fatti di nuovi ed i vecchi di-
strutti. Arch. di Stato, Pisa, A. 74, Consilia Senatus, e. 17.
*) Statuti, II, Constit. usus, p. 852. Le cause che li riguardano, per
cose dell'arte, siano giudicate sommariamente dal Potestà o dal suo as-
sessore che li costringerà a compiere i lavori assunti: «Quos volamus
nullam jurisdictiouem exercere in ter suos, nec preccpta faciant, et facta
non observentur; nec aliquis eorum alieni suo capitaneo vel consoli pa-
rere teneatur » , pena 10 lire.
Rapporti economici delle corporazioni artigiane 251
sicuro, neanche altrove.*) Singoli artigiani proprietari di terre, in-
vece, ne appaiono moltissimi fra il XII ed il XIII secolo, ed ò nn
fatto assai significante dell'importanza et*onomica di questo nuovo
elemento sociale. Più degH altri son ricchi di immobili i pellicciai,
l'arte più fiorente, come vedemmo, e più alfine al tipo industriale-<*api-
talistico; eni terra propria quella su cui avevan costruito Tembolo
e lo spazio all' intorno, per un certo raggio; cosi pure, i fabbri,
numerosissimi ed assai liberamente costituiti anche nei minori nuclei
di mestieri formanti nel loro c^omplesso Tarto; (*osì i vinai, rien-
tranti nelle industrie a tipo domestico come gli oliari, i fornai, i
biadaioli ecc., tutti accomunati, fino al 1153, nella dipendenza fi-
scale dal Visconte. Nel 1205 un vinaio ò perfino operaio di S. Maria
e del Battistero di S. Giovanni*) e nel 1221 un pellicciaio. Sembra
anche che la coerenza delle associazioni singole si manifestasse in
un certo diritto di intervento che la collettività delFai-te, in persona
dei suoi capitani, esercitava talvolta sugli immobili dei singt>li mem-
bri, i)er lo meno quando tali immobili si trovavano nel circuito del-
l'embolo; ') diritto che si ricollega a ([uello di successione, riconosciuto
altrove a certe corporazioni sui beni dei copiponenti, e si ricollega
pun» a quella limitazione della fiuH)ltà di alienare o pennutare *)
che già abbiamo visto anche in comunità rurali attorno a Pisa,
negli inizi della loro esistenza. È una spe<*ie di diritto di vicinanza,
portato nel seno di aggruppamenti economici ; in nomo di esso
certamente ò imposto ad ogni fabbro, quando altri fabbri lo chie-
dani», di ceder loro allo stesso prezzo il carbone che egli abbia
(X^mprato per la propria fabbrica.*) Qualche volta si ha un vero
* Non 80 se possa considerarsi come proprio della colh'ttivitA il
e campo dei canapai *» che trovo ricordato nel 124*J; Aucii. Koxezzo di terra nel nuovo embolo dei |M'llicciai.
*» Solmi, /> tuatocinzioni in U^ilUiy aranti il ('o//
fatte contro il Comune e che i Consoli giurano distruggcR»? Forse
principio di società delle armi? Ne dubito, peri'hù non ò ancora il
loro tempo nò poi si manifestano con c^aratt(»re eslege, composte
come sono, negli inizi, di aristocrazia e popolo insieme. Certo ò
questo, che la tendenza alla associazione si esplica in forme mussai
diverse. Cominciano ora ad esser assai marcati i segni esteriori di
vita a sé anche nelle divisioni e suddivisioni topografii*he della città,
fondate sulla configurazione deirabitiito e sui nuclei aiìticlii attorno
alle chiese, ma prodotte anche artifi(*ialment4> da disposizioni con-
s«jlari, dairordinamento (*ivile e militan* della citta, dal distribuirsi dei
vari i'eti in località diverse. Le serviva a denotare tutto il ter^
ritorio cittadino e rurale. Ora si parla invece di e porte » *) e, nella
seconda metà del XII sec., anche di quartieri e cappelle; le drcoacri-
zioni chiesastiche diventano anche civili e militari e dentro il loro
ambito si organizza una piccola società sul tipo del più grande co-
mune; la quale, simile anche in questo alle comunità del contado,
aspira ad eleggere il rettore ed amministrare il patrimonio delle
singole chiese, alla cui fondazione il popolo ha in gran parte con-
tribuito con le proprie braccia e con i propri denari, e si agita se
Famministrazioue ne è mal diretta ; ^ i rettori contendono per i
confini delle rispettive giurisdizioni, facilmente confondibili dove è
continuità di abitato recente e fanno dagli ufficiali del Gomane
segnare le linee contermini ; ^) e son linee artificiali che non
si fondano sopi-a nessima divisione preesistente, come son nuove
le case moltiplicatesi straordinariamente e le chiese che sorgono
senza posa per l'aumento del popolo; *) uè bisogna dimenticare che
in questa divisione della città si rispecchia in parte anche la divi-
^) Statuti, I, Br. Cousulum, p. 4 e 36 ove parlasi di 5 uomini per porti
eletti a far Testimo, oppure 6 aggiunti al collegio dei Senatori nelle gravi
deliberazioni, come nel 1213; Arch. Canonici, 22 maggio 1214. Nel 1214
la pace con Venezia è giurata < a consulibos et ab hominibus sex per
portam et a populo etc. • ; Akch. di Stato, Pisa, Atti pubbl.j 12 gio^o 1215.
') Leggi in un doc. del Martrne-Durand, Colleciio veterum scripiorum
et monum,. I, 810, ann. 1147-67, i gravissimi torbidi nella cappella di
S. Andrea in Cinzica; lo stesso a S. Viviana, Arch. Canonici, 9 ap. 1231 e
29 marzo 1232, dove oltre 50 popolani fra cui 20 artigiani, fanno una pro-
testa clamorosa contro il rettore che se ne stava a Bologna, forse allo
Studio, mentre la sua chiesa andava alla malora. Questo diritto il popolo
riusciva ad esercitarlo anche nelle chiese erette da privati; cosi in quella
dei pellicciai : Statuti, III, p. 1062, nota. A Pistoia, gli Statuti stessi rico-
noscono tal diritto; Stat, Pistor, XII sec., ed. Bbrlan, p. 25-6.
3) Nel 1155 fra S. Lorenzo e S. Cecilia; Mattei, Hist ESocl. pis.,
p. 102. Nel 1190, grande lite fra la parrocchia di S. Paolo all'Orto e
S. Pietro in Vincoli ; Arch. di Stato, Pisa, Perg, S. Paolo air Orto,
ann. 1190. Più tardi, tra gli uomini della parrocchia di S. Vito ed ì Cano-
nici, con la vittoria dei primi.; Arch. Canonici, Pisa, 26 ott. 1221.
-*) Cosi i Canonici si giustificano con l'Abbate di San Paolo d*Amo
di aver dentro la sua parrocchia costruito una nuova chiesa; Arch. Ca-
HOMici, 28 ag. 1192.
TìùtlrSiui:. (opo'_p-nfira rUi eUì 6 nutitierì ; noeùtà dtUf- a
257
sìoiic (lei lavoro e la orKaiiizzazioiie delle arti, ctotjcuiis dellu quali
iim» rof^^rnipparRÌ iti una cuiitraila sua propria : ') e la L'appella ot-
t)eiH> attribuKioiii dì polizia urbana luine l'arte ottieue la f^urisdi-
EÌone interna sui propri membri. ')
Per ciil i primi contrasti di carattere economico entro la città
fra i diversi elementi sticìuli prendono forma di ^are fra coa-
trada e eotitroda. Go8l a Lucca nel 1188, fra la porta di S. t>fr-
diano wì il pupolo del Borgo, l'una iippo§;^iata dalla Porta San
Donato, l'altro dalle Porte S. Oervasio e S. Pietro; paciKcati, dopo
itna vera e propria l)attaglia vicino alla citili, dall' iutor vento con-
inliativn dei Fiorentini.') Kntro queste cappelle sì comiuuiano ora
a costituire le prime società delle armi che vedremo apparire ani
primi del nei-nh ee^ueute. A Lucca ai mostrano già inuanzi il
1200*1 i-onttìmiKinioee debbou certo esseri' anche a Pisu: tali
istittuiimi oltre a ripetere origine da bisogni identici in tutte le
cftU italiane e quindi essere indipendenti le une dalle altre, molto
poi imitAvano, tguando si trattava di prendere una forimt uonrreta,
da ijnf>11n che in un campo e!i;aalo facevano i vicini. Rra come nn
incendio che quando il combnstibilo era ben secco tii propagava
rapidamente da un punto all'altro. A Pisa, avremo oocataone di
vedere ohi le costituisse: pei-soue ili o^ni ceto sociale, aristocrazia
Iirìnareìica e niercanteNi^a ed artipuui, cavalieri e pedoni. E si
Bade: tali società, simili in ciò a tante e tante altre forme di
') Dicommo ch(< U lana provalo in Cinslcn e Fnrtporta; {(U spcaiaU a
Paiolo dt Cinsìca ; i pcilii-ciai »i raccolgono D<^ll'cnibolo, cuoiai r pellai
emo una propria t-'hiosa. Località speciali hanno anche )cli ncndari, apa-
4ari e «anapai. V. sopra, p. 29!i, uow e Statuii, HI, 183. Nella cappella di
S. Viriaiui abbondano ^li arcar! : il doc. cit. del 29 marzo 1332 ci dA quivi
i aaml di 8 arcari, sopra 30 artigiani.
*) Il t* ricordo di capitani d«ll« cappi-Ile di S. BiAjfio, S. Clemente,
Michele, .S. Frediano, si ha mtl 1206, «luando g'iuraHo la pntx con Vol-
n: CiBcrBA, Memni-i' Sbi.irh- ,h Voll>-rru. p. aS, I marxo 1207.
*> TuMiHKO, Annali, p. i>2.
> Toi^MBo, AniuUi. p. (U,ann. ll!Wi • IMcnntur primao Tactou aocie-
I bl dvliato luceniii, iiuoruin auctorcH faerunt Iloduirns Viviani l't
ui ChUui • . Aiuurdo couaiderarle, come alcuni, confrawrallv roUgloiiB.
258 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e gentUiaie ecc.
associazione, costituiscono la fase novella di un istituto già rudi-
mentalmente esistente ; il Comune aveva diviso l'esercito cittadino
in schiere di fanti e cavalieri, corrispondenti alle circoserizioDi
ecclesiastiche e civili della città : possiamo facilmente supporre die,
anche dopo terminata la guerra, a tali nuclei armati rimanesse mu
certa coerenza, come organizzazioni militari. Di modo che quando
alla fine del XTT sec. un vivo soffio di libertà avviva tutte le
forme della vita sociale e le burrasche rumoreggianti consigliano
pili saldi ed espliciti legami, uè d'altra parte il contrasto fra ari-
stoorazia e popolo ò ancora palese poiché questo non è piena-
mente organizzato a so ma forma sempre parte accessoria del Co-
mune aristocratico del XII secolo; allora le divisioni militari del-
Tesercito cittadino si trasformano in società volontarie, entro cui
muovesi tuttavia il fermento di una prossima scissione, corrispon-
dente alla preesistente diversità, nel rapporto sociale e della milizia,
fra militi e fanti: questi due ordini di cittadini compiono la loro
differenzazione sociale ed allora le due parole si identificano con
quelle di nobiltà e popolo, mentre al principio del XTI sec. il «po-
pulus > , come abbracciava tutti i cittadini, così tutto l'esercito dei
combattenti a piedi ed a cavallo. ^) ,
Ma questo tipo di associazione delle società delle armi, comune a
nobiltà ed a popolo, non è solo; se il popolo viene trovando il proprio
assetto nelle forme giuridiche delle corporazioni artigiane ed, in parte,
in quelle industriali e commerciali, la nobiltà pure ha la sua pecu-
liare forma associativa, la consorteria, vincolo volontario ed artificiale
sostituito all'antico vincolo necessario e naturale della famiglia: pree-
sisteva la vigorosa organizzazione della famiglia germanica, la comu-
uauza degli immobili, la restrizione ad alienare le sostanze ereditarie;
ora tutto questo subisce come una condensazione: quel che era con-
suetudinario vien disciplinato con norme severe; quelli che erano ob-
^) Si noti il passo di Tolomeo, Annali, p. 65, ann. 1203 : € Lncae
fuit discordia inter milites et pedites; populos vero praevaloit et expulìt
nobiies etc. *; ove si trova « milites » t= « nobiles » e « pedites » «»
« popolus » .
Grafèdi famùjlie feudali a Pisa 259
bligbi monili di parentela si trasformano in obblighi categorici di cui si
impone la osservanza qk>\\ una rigorosa giurisdizione interna che ap-
plica anche pene corporali : ^) ultima appropriazione, da parte di enti
privati, dei diritti supremi dello Stato.
A Pisa, come altrove, la nobiltà è nel XII sec. in formazione:
essa ò in germe nella classe di governo, nella aristocrazia degli
armatori e si costituirà quando a questa verrà meno il privilegio del
potere ed allora, forza sociale tra altre forze sociali, dovrà organiz-
zarsi a partito politico, gareggiante con gli altri. Ora il suo pre-
valere al governo ò, come già abbiamo detto, frutto di indiscuti-
bile maturità e superiorità economica, morale e militare. Al di
sopra di questo elemento non vi ò che possa chiamarsi nobiltà se
non qualche rappresentante dello schietto mondo feudale, qualche
famiglia nettamento distinta dalle rimanenti e qualche altm che
violi perdendo ogni giorno più il suo colore originario ed acco-
st«in(Iusi alle famiglie indigene. Come hanno attecchito questo propag-
gini feudali? Per lenta e volontaria infiltrazione, non per forza delle
armi comunali, poichò Pisa, per ragioni storiche e geografiche, più
che combattuto aveva (|uasi inalveato le energie feudali del suo
territorio e risolto esse a proprio vantaggio, se pur vantaggio effet-
tivo si può chiamare. I Gherardesca, dalla Maremma volterrana,
con moto lento ma continuo discendono nel XI sec. la valle del-
TEra, giungono nel piano di Pisa, si distendono lungo TArno dal
castello di Ventrignano presso S. Miniato a quello di Settimo, alle
porte della città, dove si imptuvntano con i Visconti. Su Ventri-
guiino essi, i signori d(»lle terre granifero di Maremma, esercitano
giurisdizione; e dopo che Ventrignano vien distrutto dall' Arci ve-
^ Si ricordi il passo degli Annab'A Janiiensfis^ ami. 1*2<>4. Quando a
Genova i « nobilcs viri de progenie Guorcioruin > hcmiìoho che Guglielmo
Gaercio, potestà dei Grcuovesi in Costantinopoli , « civitatem costantino-
jioiitaiiani traditurus ef^t in inanibiis latinorum, ncccsserunt in pieno
consi^rlio Janue pcUmtes ex gratin speciali <{UOil Comune Jaiiue jam
dictum Guilielmum Januam pedibuM et manibus lig Questo ò certo
an ritorno « ex gratia speciali » ad una pratica antica non insolita.
260 IV. -^ Assonaxioni inercantìli, ariigiame é gentilizie eoe.
SCOTO Cristiano, trasportano la loro curia a Monte Bicchieri che
ì profughi edificarono in Yal d'Evola, ^) pur sottostando sempre ti
€ placita et banna > dei Conti. *) Nel XII sec., combattuti da Vol-
terra per cagioni di territorio ') trovan modo, in compenso, di me-
scolarsi sempre, o come alleati diretti della città o come vassalli dei
Conti Aldobrandesca, ^) nelle guerre e nella politica estema di Pisi
che si giova di essi anche per invigilar da presso quell'altro Comune
confinante e nemico.
Ma intanto, qualche rampollo piii vigoroso della aristocrazia
cittadina, al contatto con i vicini signori, muta natura. La con-
tessa Cecilia, di una fieuniglia feudale d'oltre Appennino, prima di
esser moglie del Conte Ugo ultimo dei Cadolingi che aveva do>
minato in Bientina ed in altre terre del Valdamo pisano, era stata
a Pisa sposa di un Upezzingo: di modo die quando con Ugo la
grande famiglia si estingue, nel 1113, gli Upezzinghi ne raocol-
gono parte della pingue eredità nel piano e sui colli attorno alle
foci dell'Era, allargandosi sempre, nei feudi di Calcinaia, Travalda,
Pontedera, Bientina e poi Marti nella Valle, tutti luoghi imporr
tanti per il rispetto commerciale, militare ed agricolo. B nella
seconda metà del XII sec, questa famiglia ha curia propria e Con-
soli che vi rendon giustizia sui dipendenti ; ^) forte di armi tanto
da afiErontare e respingerò nel 1172, insieme con gli uomini di
Vico e Calcinaia, il Conte Guido mandato coi Lucchesi dalI^Arci-
vescovo Cristiano a devastare il contado di Pisa.*)
^) Risulta da una perg. Arch. di Stato, Firenze, Dipi. S. Jltmolo,
14 genn. 1211.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Certosa, 13 ag. 1199.
3) Vedi la pace del 1134 fra il Vescovo di Volterra ed i Gherardesca
in Zaccheria, Excursus liter, per ItaL, I, p. 365.
*) Gherardo di Vignale ed il fì-atello Gualfredo < oomites GHierar-
desco » ed i tìgli del Conte Ingheramo di Bisemo son ricordati ftm i
e fideles > del Conte palatino Ildebrandìno, ncf dipi, di Federico 11,
maggio 1221; Muratori, Anf., diss. VII.
^) BoNAiNi, Dipi, pisani, n.<> 19, 14 luglio 1175. Quattro cofnacyrti
« Opettingorum et Cadulingoruiii cousules » .
^) Annali pisani, 1173: « Illustres et nobiles milites Opethingi ».
Im piccola tuibiUà di ortffìtie- feutiaie 361
Qherardesca ed Upe^itiii^hì non hnniin por ora stabile dimora
1 Pisa, come non ve U lmiin>^> Mitri rampolli feudali, tutti quei
ibili di Versì^lia e Oarfagnauu che oguì tatito giurauo tedeltà ed
i a Pisa e si obbligano venirvi < pm aervitio faciendo > ; ')
I tQDgouo invece dimora, già fin da ora. dopo avervi acquistato
) e costrnito case e torri, alcuni rami dei Uipolratta, mnoveo-
i «al principio del XII piii specialmente Dell'orbita della poli-
t tacchose, come i Cadolingi. poi attirati dal più forte, cioè ds
, m^ cui edificauo case uella piazzetta di S. Sepolcro in
t *) mentre altri rimunguiio nella giurisdizione di Ripafratta
) Ticine. *) Cosi i nobili da Caproua abbandonano verso la
l del XII l'avito castoUo *) e prendon dimora a Pisa, vicino
i Parlaselo; per forza vi sono spinti nel IItì2 i Cattani di Yal>
, TÌuti nei loro castelli, e vi ricevono in feudo dal Comune,
> S. Cassiano di Cinzica. un'area di terra ove costruir case,
t il godimento, per essi e per nitri cattani entrati forse in città
I modo, di una parte del ripatico. *) Comiucia anche,
t fine del secolo, a formitrvisi più Rtabilniento qualche nobile
L regione montana cimtrastata fra Pisa e Lucca, ad es. t^uei
I Porcari e poi i da Corvara; *) a tutti questi potremmo aggiun-
I »ltrì di S. Cassiuno o di Buriano, quelli probabilmente ch«
•) Cod nel f^nram. dei Corvaresi nel 11^9; Bokaini, Dipi, pt»., p. 47,
*) È una seconda pin signorile cosimsioue ijueUa per la quale En-
rico VI Ak UbortA a Bonaccorso di Cicogna di uostrutr tiuvstre, botteghe,
tacite, scale, ballatoi pcc. da ogni lato ; segno che era già cominciata
U legitlAxione edUixia ()tni', extracto Pi-ccÌolen.«ittm feodo>.
*> Quattro porcareai giiiran ui-1 1188, fra i lOOU c.itlndlni pisani, la
pace con Ocoova; 11 tUTvatxKa n. 11 del Cnmpoxnntn porta, poi: • Supol-
cnun DoblUuni de l'orcnri. . I Connresi nono stallili n PI» Dt^l XIZI HCc.
262 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e geniiiixie eoe,
nella terra d'origine abbiam visto chiamati e lombardi > o e pro-
ceres » e che a Pisa alzano torre e vi aprono bottega, *) pigliando
terre in feudo dall* Arcivescovo o da altri cittadini.*) Ferman di-
mora, in generale, nei quartieri nuovi di Pisa, Cinzica, Puoriporta
e Ponte, dove predomina pure la nuova borghesia del commercio
di terra ed il popolo delle industrie e delle arti. Qui perciò le torri
che gli inurbati vengono innalzando si trovano a contatto con le
case e presto anche con lo altre torri dei mercanti, la parte più
democratica, per ora, del Comune : gli uni e gli altri costituiscono
r elemento nuovo della città, la nuova forza sociale nella quale si
fondono, sulla base di certi comuni interessi, le differenze dell'o-
rigine cittadina o campagnola, per quanto forse i nuovi venuti,
anche i più piccoli, stentino un pò*, sia per ripugnanza propria.
sia degli indigeni, a perdere la personalità loro che non è solo
individuale ma anche collettiva.
Un dociunento ci illumina: fra i 1000 cittadini che nel 1188
giuran la pace con Genova, oltre 130 portano nomi desunti da
Comuni e ville del contado pisano ; sono — ed è certo caratteri-
stico, anche se non se ne possono trarre conclusioni per la que-
stione etnica — quasi tutti nomi germanici e rappresentano il
primo tipo della immigrazione del contado, quella dei piccoli vas-
salli e proprietari di terre, innanzi che si riversino a Pisa, fira il
XIII e XIY sec, notai, piccoli mercanti ed artigiani che alla città
esausta gioveranno come una trasfusione di sangue giovanile. Ven-
gono specialmente da S. Cassiano, Cascina, Vico, Scorno, Oliveto, Yec-
chiano. Fagiano, Campi, Pontedera, Ceuli, Ferculi, Capannori, Tri-
palle, Buti, Quosa, Asciano ecc., nò vi mancano Sardi e Corsi. •) Ora,
^) Nel XII sec. vi è a Pisa una famiglia S. Cassiano ed un Ber-
nardo di Buriane guida una schiera pisana, nella guerra del 1170. Nel
1195 poi si trova ricordo della « bottega della torre di Gualando da
Burlano e consorti » ; Arch. Roxcioxi, n. 129, 11 die. 1196. Nel XIII sec.
vi sono a Pisa dei Lanfranchi di Buriano.
*) Cosi tre consorti di Buriano, nel 1227, dalPArciv. Ubaldo, a San
Lorenzo delle Corti. Arch. Mensa arciv., Pisa, 3 apr. 1228.
3) Dal Borgo, Dipi, jris,, p. 114-26.
Cmtaorterie gentilixié 263
f} un (atto significativo che di i^tiestc 130 persone, 53 sono scrìtte
tutte in gruppo, in una lunga tìla. Questo documento possiamo
"■onsiderar che dia la proporzione dei vari elementi che si mesco- V
Inno nella arricrhita compagine cittadina, come pure segni la im- /
piirtan/a loro, Aprono In lista, dopo i Visconti, otto nomi dei Conti
Di>noratÌco, Cornino, Biaerno e Castagneto; otto Upozzinghi, sette \
Capronesi, una diecina di Rìpafratta. Di tutti questi, i maggiori non /
hiuino mai il consolato: son cittadini e tutti ne godono alcuni dirìtti j
v.m son cittadini * minorrs jurìs; ■ nel sacrario della dignità '
onsolare non si vede mai un Conte maremmano o un Upezzingo;
gualche rara volta, sugli scorci del secolo, uno di S, Cassiano, dì '
Caprona o di Rìpafratta, i soli domiciliati, almeno in parte, a Pisa:
mai tuttjivia, in generale, la folla degli altri che portan nomi del
«YiDtado pur dimorando a Pisa e ne hanno la cittadinanza e ne assu-
mano gli oueri: son tenuti lontano dal consolato nel modo stesso
che si 6 forse restii, da principio, a Pisa come a Genova, e con-
ceder loro il diritto di navigare e commerciare, ') per quanto poi
■Ila fine do! secolo XII. questo diritto faccia parte di ogni ooniws-
jpÙjDe di cittadinanza a gente del contado. *)
^b Anche i loro nuclei consorziali non hanno nella città una gnu
^Hkna: il troTarvisi in numero relativamente piccolo, l'esser diviaì
^■fea Ir cittì e le terrò avite, l'aver lontano il meglio ed il più dei
^Hovo boni, il non aver parta molto grande nella attiviti marìna-
IvMOa che è di per so stessa attiviti corporativa e crea i vincoli
■oche dove non sono: tutto questo impedisce che per ora questi
tubili del contado si ordinino dentro Pisa in consorzi gentilizi bene
off^izzati. molto numerosi e molto attivi; il consorzio rimane invece
nelle terre d'origine dove seguitano per mezzo dei toro t consules > ad
osercìtare in tutto o in parte l'antica giurisdizione feudale e patrimo-
niale, 1 CDOntre in cittA quel nome ò prevalentemente adoperato per i
') Rimando pur Genova ngil Armale» januetuea; naì\H ìmportanm delle
l«ri« per il commercio ed il diritto commerciale, cfr. Wkbeh, Zur
cAfe ai rettori delle corporazioni gentilizie e delle
arti minori : differenza che indica certo un diverso grado di giurisdi-
zione ed un diverso rapporto genetico con i Consoli del Comune. D
consorzio invece è, dentro la città, la forma tipica di associazione della
maggiore aristocrazia marinara e consolare : e domus > è Tinsieme
dei consorti, e parecchie c^ ne presenta la lista dei giuranti nel
1188: ricordo fra gli altri ben 16 nomi di Oaetani e 18 dì Gua-
landi, dei quali, pochi anni appresso, nove appaiono come e capi-
tanei hominum domus Gualandonim », patroni di un ospedale di
cui invigilano Tamministrazione, insieme con l'Arcivescovo; *) nu-
merosa 6 anche la casa dei Lanfranchi che ò in lite con i Canonici
per il diritto di pesca a Stagno. *) Ricordo ancora che il 22 die.
1159 Ugo Visconti, Ugo da Parlaselo, Banuccino da S. Cassiano e
Barile e qui dicebantur consules et capitanei suorum consortum > e
con essi molti consorti, in tutto 30 persone, sono citati dall' Arci-
vescovo dinanzi ai giudici pubblici. ^) Questa consorteria presenta
se non erro, forme diverse dalle altre ricordate e può se mai
esser paragonata airunione che già noi osservammo di più comu-
nità rurali le quali da un sol signore abbiano avuto collettiva-
mente un feudo o livello, per cui si vengono a trovare in nn con-
sorzio davanti a lui. Qui infatti, i consorti son di famiglie diverse:
vi son Visconti, S. Cassiano, da Parlascio, Capronesi ecc.; ed il
consorzio sembra poggi sopra il possesso comune di una palude a
Marsilio « consules eoruti prò comuni eonim domus > (Abch. Mbxsa
ARCiv., Pij che non giurì 1 patti stabilin
(BoNAiNi, Dipi, pùi,, p. 47); idem quei della casa Itta di Montemagno
in un patto con i Canonici (Arch. Caxoxici, Pisa, 22 sett. 1218); Con-
soli avevano i consorti di Ripafratta (V. lo Statuto della consorterìa pubi.
Arch. Sfar, ifal,, VI, II, 808-12.
^) Arce, del Seminario, Pisa, Contratti e feafom., T. I, n, 4, 26
fcbr. 1239.
*) Arch. Mensa arciv., Pisa, 22 die. 1150.
' ) Arch. Canonici, Pisa, perg. 13 maggio 1199. Audixione di testi.
Natura delle associaziotii gentilizie 2C5
VcM?chiauo, usurpata all'Arcivescovo, forse in seguito ad una lunga
concessione livellare: abbiamo perciò una consorteria ohe ò fede-
razione di molte distinte e minori consorterie, un fatto che vedremo
ripetersi anche noi nuclei economici commerciali ed artigiani.
Queste larghe associazioni gentilizie si formano per lo più me-
diante il successivo aggregarsi di famiglie ad una che ne è come
il nucleo costitutivo ed a cui le altre si legano con rapporti do-
mestici, militari e commerciali, in cerchi sempre più grandi che
scmo talvolta veri eserciti ordinati a battaglia, con intero con-
trade della città, con capitani e consigli federali che trattan col
Comune da pari a pari e lo aiutano o lo combattono nelle agita-
zioni interne, come piccoli Stati entro lo Stato.
Alla fino del XII, ad esempio, per (luanto si possa risalire
molto più indietro, appare costituita una consorteria di Duodi o
Gaetani che son pur essi in contesa con i Canonici per certi di-
ritti di pesila; ^) pochi anni dopo, la consorteria ha già accolto im
terzo membro e risulta (»omposta di Duodi, Qaetani e Ousmari. ')
li (*emento momle forse più gaglianlo, dopo la difesa degli inte-
ressi comuni, ò per una consorteria il patronato di una chiesa con
l'esercizio di tutti i diritti ad esso inerenti : e certo la fondazione
di una chiesii comune ad un consorzio di famiglio ò T indice e la
conseguenza immediata del suo costituirsi, ne ò uno dei primi atti
collettivi. Così Duodi, Gaetani e Ousmari hanno tal patronato
sulla «chiesa del monastero di S. Vito, suirArno, sorta su terra da
essi donata e da essi arricchita, dipendente in ecclesiastico dalFAb-
hate di S. Gorgonio nelK isoletta omonima del l'arcipelago toscano:
essi intervengono o vogliono intervenire — poiché il diritto non
è incontrastato — alfelezione ed all' insediamento dell'Abbate, vo-
gliono che sia loro affidata in custodia la chiesa ed i^suoi beni
o>ntro <*hinnque voglia danneggiarli, specialmente quando i monaci
M Arcii. Canonici, porg. 2 apr. 1193; kì di^«cuto se la questiono
è di fino, come vog-liono i consorti, o di letfge come dicoii gli altri.
*> Arcìi. di Stato, Pisa, Perg, Cetiosa, 20 apr. e 17 maggio 121,'i;
16 luglio 1229.
266 rV. — Associaxdofii mercantili , artigiane e gentilizie eoe.
vanno all'isola per la scelta del nuovo Abbate; che i giorni di
festa si suonino nella chiesa le campane e si facciano preghiere
e coram populo > per i consorti e loro antenati, chiamandoli patroni:
che quando muore uno di essi suoni a distesa la gran campana e prò
collecta hominum », come quando muore un parrocchiano. L'Abbate
di S. Tito disconosce questi diritti che lo legano nella sua giurisdi-
zione, ma si piega ad un compromesso ed addiviene insieme con
34 consorti — ed altri ve ne sono che mancano da Pisa — alla
elezione di un arbitro che riconosce il diritto della difesa del mo-
nastero e della chiesa ed il giuspatronato per tutto ciò che gli
antenati della consorteria avevan donato ; per il resto, i consorti
e poi i discendenti appena giunti ai 14 anni debbon giurare da-
vanti all'Abbate di non molestarlo. *) Non bisogna creder tuttavia
che i vincoli consorziali togliesséro ai membri ogni libertà di strìn-
gere altri rapporti: per ogni impresa collettiva potevan formarsi
consorzi fra famiglie che eran già legate ad altre consorterìe e che vi
potevano singolarmente aderire senza che per questo andasse di-
strutta la primitiva associazione gentilizia. Così fra il XTT e XHT
sec. troviamo uniti Gaetani, Duodi, Galli, Lanfreducci, Bellomi,
Bocci, Gualandi, Biserno, per la costruzione di un ponte sall'Amo
alla cui afiiministrazione poi danno opera il Potestà di Pisa con i
rappresentanti dei singoli consorzi, *) ciascuno separatamente, seb-
bene alcune di quelle consorterie fossero già in precedenza legate da
più forte vincolo, specialmente Gaetani e Duodi che hanno anche
torri e case in comune, vicino all'odierno sbocco sull'Amo di via
S. Maria ed alla testa di un ponte. ^)
Queste consorterie, come le corporazioni di altro genere che ab-
biam viste, sono per ciò associazioni volontarie ; tuttavia quasi sem-
pre hanno un fondamento necessario in una famiglia unica della
quale si è rotta la primitiva compagine, rotta la unità patrimo-
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg. Certosa, 30 apr. e 13 maggio 1213,
16 luglio 1229; T Abbate ricorda Tobbligo ai due capitani della casa.
«) Elez. del Pontonario nel 1257 ; StatuU, I, p. 645, 1 e 2 ott. 1^8.
^) BoNAiNi, Famiglie pisaiie^ in Arch, stor. ital., sapp. al T. VI, S. 1.*,
p. 9, 13 genn. 1334 « Turris Dodoram et Gaitanomm que est in capite
pontis».
Càuse di cotUrasH interni 267
lìialc ed i vari membri cominciano a vivere a so; questo processo di
frazionamento era necessario perchè potessero nel XII e XIII sec.
costituirsi nelle città i vasti nuclei consorziali, poiché dove ò la na-
turalo unitù della famiglia ò inconcepibile un rapporto volontario di
six*ietà fra i suoi componenti : io credo che la ammissione nel con-
sorzio, di famiglie che non hanno alcuna comunanza di origine, co-
minci solo nel XII secolo molto avanzato. La comune derivazione
si scorge chiara, ad esempio, nelle duo consorterie federate degli
Orlandi e dei Pellari che già abbiamo avuto occasione di ricordare.
Per tutto il XII secx)lo, si vedon solo degli Orlandi; ad essi ò fatta
da Matilde cessione e conferma della selva Palatina ed essi compaion
nella causa con i vinai di Val di Serchio davanti ai giudici di Pisa.
Ma al principio del sei'olo seguente la consorteria ò sdoppiata e si
tn»va un t capitaneus dd.™° fiF.'^" Orlandi » che agisce e capitanie no-
mino prò omnibus de domo ff. Roland i et prò omnibus suis con-
sortibus et univei'sitate jam diete domus ff. Orlandi » ed un altro
simile capitano per i Pellari; ma che essi sian due rami di una stessa
famiglia ò mostrato dal fatto che tutte e due ora godono i frutti della
selva Palatina ed insieme la affittano, divisa in tanti lotti, alle co-
munità di Quiesa, Bozzano, Toia, Stiava, anche esse alla loro volta
unite in const>rzio per J' uso di queste terre pascne e boschive.^)
Questo carattere quasi di aristocrazia terriera di una parte delle
famiglie consolari, è necessario notarlo, chi voglia intendere bene
l'origine del Comune italiano, il primo secolo della sua esistenza
V la difTerenza fra <|uesto ceto sociale e la borghesia mercantesca che
irli strapj)erà la prevalenza nella ricchezza e nel governo. Sono
moltt', nel XII e XIII sec, queste maggiori famiglie pisane che danno
e concedono feudi ; vi ò una e ciucia de Caprona » della famiglia
omonima ed una e curia Gualandorum * o e (rualandingorum >; e
i|uesto vincolo con (uii legano a so degli estrant.M, serve a rafforzare
mirabilmente la consorteria cui dà una base nel <*ontado e fa per-
dere quasi ogni originario carattere gentilizio, dandoh» le armi jkt
k* futun.' contese cittadine. K falsa jk-tcìò T idea che molti si fanno
' ì Una parto forma ora In tenuta Snl vinti sul Ingo di Massaciuccoli.
268 IV. — Associaziam mereatUili, artigiane e geniilixie eoe.
del Comune, quando Io considerano fin dal suo nascere come un
trionfo del popolo; ^) anche qui si dimostra la continuità senza tra-
passi improvvisi, nello svolgimento della vita cittadina. Solo che od
corso del XII, questa aristocrazia consolare si è arricchita di persone
di più bassa origine, salite col traffico di terra. Si comprende pefciò
come essa abbia perduta la sua prima omogeneità e come nel suo
seno debbano presto cominciare ad agitarsi e cozzare corretti divene,
interessi discordanti ; certo che quelli i quali possedevano molte tene
attorno alla città, date e prese in feudo, e. quelli che dal teiritorìo
miravano a trarre prodotti alimentari al maggior buon mercato pos-
sibile, non potevano avere le stesse idee sul governo del contado;
quelli che armavan navi per trasportare sulle coste d'Africa o di
Provenza i panni lana fiorentini e ne promovevano perciò il com-
mercio di esportazione, non dovevano, in rapporto ai sempre più
frequenti trattati commerciali con le città delF intemo, aver lo stesso
programma di politica estera che avevano i mercanti e &bbrìcatori
di tessuti, "non certo lieti che T industria crescente di Firenze ve-
nisse a disturbarli in casa propria e facesse loro concorrenza, come
av^'enne realmente nella prima metà del XIII secolo, sai mercati
mediterranei.') Di qui non lieve dissidio fra armatori ed industriali;
quelli quasi tutti di famiglie consolari, que^i in parte, ma arric-
chiti e spalleggiati da tutta la folla della gente nuova con la quale
si fondono neirordine dei mercanti e della lana che aspira al go-
verno, come mezzo per imporre clausole economicamente più van-
taggiose e tecnicamente più perfette nei trattati.
Alla pace del 1188 con i Genovesi, infatti, intervengono uflfi-
cialmento insieme con i Consoli del Comune, anche tre e consnles
mercatorura > , Gherardo da Scorno, Odimondo Giconia e Cortevec-
^) UUimament^ Groppali e Bartoli, Le origini del Comune di Ore-
mona, Cremona, 1898, p. 14. Non si griderà mai -abbastanza, poi, contro
il sistema di considerar da per tutto eguale, in Lombardia ed in Toscana,
a Roma ed in Sicilia, il processo di formazione dei Comam.
*^ Giìi nel 1224 si trovan Fiorentini a commerciare in Acconc ( Da-
viDsoHX, Forschiingen, II, Reg. S. Gemignano, p. 297), ma passano sem-
pre per Pisani.
Iniereifsi e tendenze disrordnnti neìl* aristocrazia cof isolare 209
chia che non aon più i nomi ignoti del 1162, ma cittadini che ^à
avevano seduto nel consolato *) e tre t consules artis lanae > ,
Lamberto Bonone, Stefano Masca e Gualfredo Mele, pur essi già
Consoli ; *) gli uni e gli altri sono ora di certo capi liberamente
scelti di due corporazioni mercantili, avendo la seconda di esse
perso oramai ogni carattere di e ars > . Poiché dobbiamo noi con-
siderar questi Consoli come dei e nobili > ; creder impossibile che
fin dal XII secolo dei nobili entrino in una corporazione di mer-
cmnti 0, tanto peggio, in un'arto, ed escluder per conseguenza che
siano capi eletti di un corpo autonomo ma solo e sempre messi lì
dai Consoli del Comune come nel 1162?^) Non credo: parlar di
nobili ora è un anacronismo; la parola < nobiltà > non è termine
assolato né questa ò una classe nata: si costituirà nel XIII secolo,
ma ora è sempre in formazione. Come il commercio di terra ò una
figliazione di quello marittimo, cosi le persone che lo esercitano
derivano in parte dagli armatori e con questi in parte hanno si-
mile il capitale iniziale : perciò i Consoli dei mercanti non csc*ono
da un ceto molto diverso da quello da cui i Consoli del Comune,
specialmente ora che, messe in seconda linea le funzioni giudi-
eiarie affidate ad un giudice della corporazione, il consolato e l'or-
dine dei mercanti han guadagnato terreno come istituti economici
e politici nei quali naturalmente predominano i più ricchi ed in-
fluenti cittadini; così pure neirarte della lana: arte, per il suo
carattere primitivo, ma ora vera e propria corporazione industriale
e commerciale, anche se conserva T antico nome che non perdo
*) Il !.• noi 118:^ (ToLA, Cod. di/d, sardo, 27(5-7, IH maggio 11H4 ),
Il 2.» noi 1182 (BoNAixi, Dijd, />w.. p. 86-7, 1*) nett. 118;h, il :J." nel
1173 (Muratori, ^4/»/., Trattato cit. Pisa-Corneto^.
•) Cfr. ScHArBR, Die jnstmisce Consules mercatorum cit., p. 120. Il
1.^ pah emcr padre o forso anche fifflio, col nome dolI^Avo, di «{uoir Ug-hic-
cione di Lambc^rto Bonono che (^ Consolo noi 11(>9 o noi 117;") ricovo da
Foderioo I Tinvostitura dolla Sardoffiia rf Francotbrto \^Tola, Coti, dipi,
mrdo^ I, 232 ); il 2.° 6 Consolo noi 11() *) nel bel mezzo
^) I Brevi rinnovano i bandi del 1153 contro i Visconti.
*) Cosi Alberto ribelle al consolato nel 1153; Statuti, I, App., p. 18,
L'agonia di una isHtuxioìie 271
del Xn secolo, dimostra che la famiglia è già divisa iu molti rami
dei quali non tutti forse han conservato l'antico nome dell' ufficio,
come non tutti alimentano contro il Comune le stesse superbe am-
bizioni che i < vicecomites mtyores», il nucleo principale della fa-
miglia a cui appunto apparteneva Àgnano. ^) Si ha insomma sin da
ora im saggio di quel che sarà ed opererà in Pisa questa famiglia;
sin da ora il ritmo latino la designa come il cancro roditore delle
viscere della madre e causa della sua rovina. *)
Cosi negli ultimi del secolo anche la aristocrazia consolare ò
discorde; i maggiori, i più ricchi, nei quali per piti lungo ordine
di anni si è trasmesso il potere, si atteggiano a nobiltà ed insolen-
tiscono sugli altri e sul popolo ; ') i capi premessi al governo della
flotta ridestano e seguitano talvolta davanti al nemico la discordia
forse sopita nel momento dell' imbarco e le ciurme si dividono an-
che esse ; *) le dissenzioni scoppiano violente quando si eleggono i
Consoli, provocando repressioni arbitrarie del governo *) e malanimo
contro il Consolato nel popolo : i Consoli non mancan di servirsi della
forza deir ufficio per esercitar vendette pedonali nel che naturalmente
non tutti i colleghi potevau trovarsi d'accordo, in quanto spesso
essi sono emanazione di partiti, gruppi ed anche famiglie ^) diversi che
intanto si combattono dalle torri altissime, divampanti ogni tanto
*} Arch. Canonici, Pisa, perg. 25 genn. 1182. Che non tutti i Vi-
fliconti parteciparono alla sollevazione del 1153, risulta dal dee. eit.
•) ^IvRATORi, Scriptoreji, VI, Brcviarium, p. 182: « Hcu dolco Pisa:
de me stìrps una recisa — Me sepe dai pcssuin : caput essem, vix ita pes
satn. — Hoc genus in matrem furit, urit viscora. Patrein — Obsecro coe-
lestem super id grande dare pi*stein » .
') Cfr. gli Annalea januerutes che fanno speciali lodi a qualche Con-
sole che « equo jure egit, ad nuUam insolcutiaui elatus»; I, p. lf)8; ad-
ducono poi, come ragione della riduzione dell* ufficio di Consolo da 4 a
3 e 2 anni, la necessità di frenar la loro insolenza.
*) AntMles januemtejt, I, p. 1^2 e 202, ann. 1166 e 1167: € sicut odium
erat infra urbem sic in galeis etc. » e passim.
*^ AnnaUx januenseìì, I, 213, 116^.
•j AnwUeH Janueìutejt, II, 15, .*M), 15. A Pisa non dovevano andar diver-
samente le cose, se i provvedimenti sono identici, abbattimento di torri,
proibizione di servirsene per offendere i vicini ecc.
272 lY. — Associazioni mercantili, ariigiane e gentilizie ecc.
in pericolosi incendi appiccati durante la zufEa o da una mano for-
ti va, in tempo di tregua. ^) Ricordiamo anche i torbidi del 1183
per la costruzione di un ponte, piccola cagione per la quale mar
lumori compressi scoppiano violentemente. Dovevasi gettare sol-
TAmo, fra la via S. Maria e la via S. Antonio; i Ghialandi, i 6ae-
tani, i Duodi ed i Galli chiedevano con grande istanza, poiché ne
avrebbero poi avuto il patronato, di poterlo edificare a loro spese.
I Consoli ed il Senato rimisero la decisione all'Arciveecovo ed al
Capitolo che si mostraron favorevoli a concedere: ma era appena
cominciata l'opera ed ecco grande malcontento e rumore per la
città. Molti potenti cittadini, con alla testa Pietro Albizzoni, altre
volte Console, si oppongono e guastano il già &tto: a Gnalfredo
Gualandi viene incendiata e saccheggiata una torre ; dieci savi cit-
tadini eletti dal Senato per ristabilir la concordia, fra i quali Ghe^
rardo e Pietro Visconti, Bulgarino da Caprona, Andrea Cattanelli
di Ripafratta, esortano insieme costruttori e demolitori alla con-
cordia ed ostinandosi i primi proibiscono a tutti di occuparsi più
del ponte in alcuna maniera. ') Vediamo in tutto questo già un
principio di quella che sarà la legislazione del popolo contro i no-
bili, impediti di acquistare o fabbricar case presso i ponti che nelle
loro mani si sarebbero mutati in arnesi di battaglia. ') E realmente,
sappiamo che Duodi e Gaetani avevan le loro dimore turrite pro-
prio allo sbocco di via S. Maria, suirArno.
Quali le conseguenze di queste divisioni? Si indovinano facil-
mente: conseguenze certo disastrose per T aristocrazia, minacciata
di debolezza direi quasi dalF eccesso stesso della sua forza. Notiamo:
lo stato di guerra quasi permanente con Genova aveva fatto aumen-
tare di molto il numero di coloro che a proprie spese armavano
*) Annali pisani, ann. 1158.
') 11 racconto è del Roxcioxi, p. 408 ; sfrondato di tatto il rivesti-
mento rettorico dello scrittore cinquecentista, esso non mi sembra da ri-
gettare, per quanto ne ignoriamo la fonte: né ci vedo il carattere di una
leggenda gentilizia. Il ponte fu poi fatto a spe^e o contribuzione di quelle
ed altre famiglie magnatizie organatesi in consorzio come sopra dicemmo.
3) Statuti, I, p. 343, 483.
Cor sari e pirati
373
navi per partecipare allo improse marittime del Comune o spin-
gerle in corsa contro altre navi nemiche; erano per lo più con-
sorterìe anche società temporaneo dì armatori ') ohe si mettevano
con molto loro profìtto ad esercitare questa sin^lare industria:
quando si couchiudeva ima pace, naturalmente queste navi non
potevano contentarsi di entrare in porto e disarmare, ma, quasi
rappresentassero il reale stato d'animo delle città, dissimulato (Uetro
gii artiL^li di una pace tìttìzia, seguitavano a proprio esclasiTO
rìsdiio e vantaggio la guerra spìcciola sul Tirreno, nelle coste di
Provenza ed in Oriente. È un fatto non dissimile da quello che
nel '300, sn più larga scala, darà fra le milizie di terra impulso
se non orìgine alle compagnie di ventura. Tutti quelli che il de-
«derìo cii lucro e di avventure spingeva sul mare o che avevano
insane personali da vendicare,*) o dovevauo indennizzarsi di donni
Boflbitj, armavano navi e davan la caccia ai nemici proprì e del
Cornane. In una città marittima, naturaimeute la consuetudine delle
rttppresaglie doveva provocare sul mare una quotidiana guerra
privala che noi chiameremmo pirateria ma che ì Comuni cousid^
ravan diversamente, pur preo(!cupatÌ della necessità di dar norma
e regola a questo arbitrano ed individuale esercizio di guerra che
se da una parte rimediava alla difficoltà di trovar giustizia per
•lue vìe più legali, dall'altra, a lungo andare, involgeva tutti gli
interessi del Comune in una fitta rete di perìcoli, di danni e di
inimicizie. Uà prima che si emanassero disposizioni restrìttive oe
ne vollo e per tutto il XU sec. la libertà fu massima ed ogni
giorno maggiore, quauto più gli odi crescevano, le guerre si allar-
gkftaa allo colonie, gli annatorì sì moltiplicavano e le prime mi-
nacce interne della borghesìa persuadevano altri a cercar sul mare
qaeQa forza per la quale la città non dava più sufficiente alimento.
') Ades-la • Declaureria* cosiitnìtasi con molte naiH dacorutl 1171;
i ptMani. 1179. Un'altra noi 117^; ibld. 1174.
»| Coal Ottone Rufo gvnovosG, per vt'ndicar il tìglio accÌMgli dal
PUani a Caftan ti no poli nel 1161, armò molte navi t, presa una galera
pfwuia col Consolo Boiiaecorno, < prò ultione intvreiopli Slii sni, ipae et
and alca «ios plures d« nii^liorihiis interfeceruul >. Annalet /uitu^iaeM,
usa.
274 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e gevUUixie eoe.
n 1176 si fermava tra Genova e Pisa la pace di Portove-
nere; poco dopo, nel 1182, la plebe di Costantinopoli consumava
sui coloni latini una strage inaudita, con danno enorme dei loro
interessi; ed allora si vide un fatto non mai visto: un nugolo di cor-
sari italiani si rovesciò e si distese suir Impero greco e cominciò la
piti implacabile guerra di pirateria che siasi mai combattuta.^)
Tutti quelli che erano riusciti a scampare dalla strage sopra navi
proprie o dei Greci sorprese nel porto; tutti quelli che accorsax)
da Pisa, Genova e Venezia, con una solidarietà nuova si diedero
a devastare le coste, ad assalire le isole indifese, a catturare le
navi greche veleggianti nell'Egeo. Compievano essi quella vendetta
che le città, restie a stringersi in lega, non potevano compiere iso-
latamente: mai come in queste occasioni si manifestava la solida-
rietà fra gli interessi del Comune e quelli dei privati, e nel tempo
stesso la libertà dei movimenti, lo spirito di iniziativa, la tenacia
delle aspirazioni personali. Ed a Pisa tutto questo si riscontra in
misura maggiore che non nelle altre città marittime italiane: Ve-
nezia ed anche Genova ci appaiono sin da ora più gagliardamente
costituite, con una forse maggiore disciplina intema, più misurate
e caute nello sviluppo della loro potenza coloniale e commerciale,
con un più stretto legame fra razione dei singoli e quella collet-
tiva del Comune; fatto, questo^ che può essere conseguenza sia
della superiore unità etnica delle due cittadinanze; sia della po-
sizione geografica che, separandole nettamente dalla regione dr^
costante, dava loro una più complessa e gagliarda coerenza, non
insidiata da elementi estranei di politica continentale e di atti-
vità industriale; sia della inferiorità che il Comune pisano ben
presto dimostra di fronte a Genova, per cui deve aizzare le energie
singole più che franarle e contare qualche volta più che sulle forze
ordinate della città, su quelle dei corsari, e in quibus - dice Tan-
nalista genovese nel 1196 - Pisanorum spes sistit ac fiducia >. *)
*) Manfroni, Storia della Mar. ital., p. 266.
•) Annales janueìises, II, p. 154, 1195, quando il porto di Bonifkzio in
Corsica diventa un nido di corsari pisani ed il Comune segretamente li
favorisce. Su queste frequenti intese, cfr . poi, StattUi, H, p. 989 e UI, 432.
Fitonomia della società eomvnak alla fine del in see. 27&
Uà è iniiegubile che tauto spi'eco di energie doveva logorare
le forze di questa classe di persoiie, doveva sgretolare od po' la
compagine delle loro cousorterie, cosi divise in due campi di azione ;
doveva nache, quaiido il Comuue aveva bisogno di pace e se la
procurava con i trattati, metter quelli che intanto prosegnivan la
guerra per conto loro, in contrasto con gli interessi del Comune
e con ({Uelli della più pacifica borghesia mercantesca che risentiva
tutti i danni di nna ininterrotta guerra privata sul mare, senza
ricBvanie gli immediati benefici degli armatori e vedeva le vie ma-
rittime sempre più malsicure ed i mercati d'Oriente chiudersi alle
industrie cittadine; eran minacciati gli interessi di tutti quei mer-
caati e bottegai che nelle colonie di Siria e d'Àlrioa dimoravano
stabilmente e sul cui capo pendeva sempre sospesa la minaccia dj
uno sterminio, per gli intrecci delle guerre e delle rappresaglie,
sempre piti hirghi: questa gente organata e disciplinata nelle pio-
oole comunità coloniali, abituata a reggersi da sé, ad amministranti
Ih giustizia, a redigersi Statuti; stretta insieme da un sentimento
di solidarietà democratica crescente in mezzo ai pericoli; questa
^nte, dico, doveva anche cominciar ben presto u considerare wu
occhio poco benevolo nna aristocrazia sbrigliata e violenta, agitata
dft un maso acuto di individualismo, vicina a separar gli interessi
propri da quelli della città ed a perder quella posizione quasi dì
nttcleo e centro sociale del Comune che tino allora aveva occupato,
Der costituire invece una organizzazione a st, prìacipalissima certo
E Comune corno l'attività sua in mezzo alle altre, ma pur distinta
quelle commerciali ed industriali, coordinate ora alla prima o
1 più subordinate ad essa..
Biepilogando : alla fine del XII sec, noi vediamo già formata
Comune vario corporazioni ed arti ; troviamo alcune famiglie
fendali, specialmente Oherardeaca ed Upezzingbi. assai forti e ca-
pari di concepire ambiziosi disegni di supremazia; i Visconti pieni
• saoipro dell'antica animosità contro il consolutu, ma non troppo
levoli neanche a quegli altri rappresentanti della nobiltà feudale;
i uistocnusia c^me corpo a so agitata da opposte correnti, attirata
l giro di attività ed interessi diverji, turbata nel suo piccolo e
276 rV. — Assockwiom mercatUili, artigiane e gentilisoie ecc.
fin qui ordinato mondo da passioni, da gelosie, da desideri molte-
plici, in quella disposizione d'animo in cui ogni incidente paò
esser e casus belli > ed un matrimonio rifiutato, una parola risen-
tita, la gara per un ufficio possono provocar scissioni insaDabili;
ma nelle sue linee generali divisa ogni giorno più nettamente in
due frazioni : poche consorterie ma potenti da una parte, che non
dissimulan simpatie per Gherardesca ed Upezzinghi, specialmente
in opposizione ai Visconti; dall'altra tutti quelli che o per desir
derio di maggior partecipazione al consolato, o per ragioni perso-
nali, per meno antica ed alta orìgine, o per genere di occupa-
zione e di interessi o per più moderno sentire e più adatto ai tempi
nuovi, hanno aperto le proprie file a mercanti ed industriali, avvi-
cinandosi ad essi e mettendosi alla loro testa. Da per tutto frazio-
namento, tendenza a costituir nuovi gruppi disciplinati e trasfor*
mare gli antichi e sostituire ai naturali e necessari quelli volontari
e giurati; quindi collisioni di interessi e conflitti di prevalenza; i
gruppi cercan raccogliere nelle proprie mani sempre maggiori atr
tribuzioni a scapito del Comune, agiscono come forze centrifughe
e dissolventi, minano il potere consolare nel suo carattere fonda-
mentale di collegialità ed unità. Venendo meno il rapporto vivo
fra istituzioni pubbliche ed assetto sociale, non corrispondendo più
quelle ai bisogni del paese, facendo ostacolo ad una pacifica e
rapida trasformazione gli interessi di quelli che si sono consolidati
al potere, nascono le discordie, V opera del Demonio, secondo gli
scrittori medioevali, che cova nel cuore dell'uomo e ne eccita le
passioni e la superbia, proprio quando è maggiore la prosperità e
la felicità conquistata ; ed allora, con la collisione degli interessi,
con la chiara coscienza che per farli trionfare bisogna esser forti
al governo, i partiti politici interni sono costituiti e si intravede la
necessità e la possibilità di istituzioni nuove, di un potere più n^
presentati vo e meno personale, che pur incarnando la potestas nel
senso più ampio, lasci libere le piccole comunità economiche for-
manti nel loro insieme il Comune politico, ne conservi e raEforzi
la unità ideale, riflesso della unità territoriale costituitasi nella
prima metà del secolo e della unità politica di fronte all' Impero
Regime coeUttixionale
277
t agli altri Comuni; non ostacoli la vita dei gruppi costituiti, la
I del popolo il quHie i> ora soggettivamente formalo, lontano di
I secolo dal tempo in cui esso era solo oggetto di signorìa.
Mto procedimento mi ricliiama l'altro por cui in uno Stato si
\ dal regime assoluto od oligarchico ad un regime costituzio
, quando la vita locale si rafforza, i partiti si svolgono, le città
Kino, i municipi, gli enti morali, le persone giuridiche di ogni
eie, gli individui si innalzano, si rendono autonomi e nelle loro
i raccolgono particelle più o meno grandi di attribuzioni poii-
ihe ed amministrative.
Così, in più ristretta proporzione, nel Comune. È vecchia opi-
mo, che solo per la Lombardia e specialmente per Milano ha
alche fondamento, che il consolato dol Comune risulti dall' u-
aie e quasi federazione del Consoli delle vane corporazioni:
> il contrario; ') questi ultimi sono invece gli organi econo-
i e politici a cui passano le attribuzioni dei Consoli del Comune
I ohe rendon superfluo ed ingombrante il governo consolare, come
l {Htrlameuto, il popolo, la capacità e la partecipazione sua alla
t pubblica rendono superfluo il potere personale del Re e pon-
no fine alla monarchia assoluta, iniziando la Repubblica o la
Nifercbia costituzionale rapprei^entativa. Ed appunto nel Uedio evo
(.Potestà è una specie di Re costituzionale cui il popolo impone
k quantità di norme e limitazioni; ì Consoli ed i capitani dei
Bi ordini mercantili o delle arti dividono con lui II potere e sono
( ona parto capi temporanei dell' organizzazione sociale del po-
, dall' altra rappresentanti politici del popolo stesso nei suoi
nrti col capo dello Stato. Per questo, nel XIII sec, cessano
qua«Ì del tutto i parlamenti generali, cessa la partecipazione diretta
•I governo del Comune ; iiecosaaria quaudo vi è una piccola massa
1 ordinata di popolo, essa tendo a H^omparìre o«l suo crescerò
[ organarsi. I Consoli vanno avanti sino alla fine del XII sec.,
■| Cosi pure non la parotn • comune • adoperata a dealgnara le sln-
fo^ aggrcifaaioiii ^«romuim miliiuiii>, • comuoe mercatoran) • eoe.) è
•tata exteaa a designaro il Comune politico, come vorrebbe 11 Maorar,
sa. SI cadrebbe ncUn dottrina, per me erronea, di cui a p. 333.
278 rV. — Associaxiofìi mercantiìi, artigiane e gentilizie ecc.
ma non senza interruzioni ed in mezzo a contrasti sempre mag-
giori che, non sappiamo a Pisa ma a Genova assumono carattere
di opposizione violenta, sanguinosa alle loro persone ed al loro go-
verno; vedendo diminuire ogni giorno la loro coesione, assottigliarsi
il numero ed i poteri dei componenti il collegio consolare e soprat-
tutto diventar vana e difficile la antica personale ingerenza su tutte
le manifestazioni della vita della città, ora che i Consoli dei mercanti
e della lana stan diventando quasi un potere concorrente, Consoli di
T secondo grado accanto ai < Consules maiores», come si chiamano
[ adesso a Pisa, a Genova, a Lucca ecc. Dopo quel tempo, si al-
ternano con altre magistrature più o meno affini e scompaiono del
tutto solo quando hanno trasfuso tutta la virtù e gli attributi loro
in quelle istituzioni che ne saranno le stabili eredi.
La coscienza di questa sociale trasformazione non doveva tar-
dare a formarsi in quell'ultima generazione del XTT sec. e le cor^
rispondenti forme giuridiche prendevano ogni giorno più forme
concrete nella mente loro, sotto l'aculeo dei bisogni e per i sug-
gerimenti deir esperienza : mai come in questi periodi di trapasso
nelle istituzioni cittadine può dirsi che il Comune sia stata un'ac-
cademia di cimento politico nella quale tanti istituti diversi si
esperimentavano insieme, i vecchi non ancora spogli di ogni forza
vitale ed i nuovi non ancora penetrati pienamente nella coscienza
degli uomini ; più, forme intermedie, destinate a breve vita, quasi
tratto d'unione fra le altre che tramontano e sorgono. Ma noi ci
facciamo anche una domanda ; come si maturasse cioè nella mente
di quelle cittadinanze — a parte la fatale, spontanea, necessaria
forza creativa e trasformativa che sugli istituti politici esercitano
le condizioni sociali di per sé stesse — come si maturasse il con-
cetto di un istituto giuridico così diverso dall'antico, il Potestà;
per qual lento processo i cittadini si abituassero all'idea di uno
che governi dove prima era un intero collegio, in modo che in
un certo anno e giorno, messi da parte gli otto o dieci Consoli,
fosse possibile ed agevole ricorrere ad un solo magistrato e chia-
mare esso con un nome del tutto diverso. Ma se la base sociale
delle istituzioni politiche si modificò e spostò lentamente, non meno
TVos/brmaxùiM del Collegio eonaolan 219
b lento è stato il passag^o anche nelle forme esteriori: il salto brusco
\ tn CoiisoU e Potestà ò solo apparente, di fatto non esiste.
Cercherò di illustrare qnesto concetto.
l.' Nel collegio dei Consob, come più tardi nei collegi conso-
I delle corporazioni presieduti da un priore, si dovè certamente
) nella seconda metA del XII un princìpio di gerarchia, un
rOoDsole superiore agli altri, una specie di arconte eponimo che
le adunanze, desse il nome all' intiero corpo consolare
«d avesse facoltà di iniziativa in certi atti di governo, ratificati
poi e nulla più dai colleghì: ') gli Annali pisani, ad esempio, ^
dopo il 1150 riforiacono per parecchi anni di seguito al consolato
di Cocco molte deliberazioni e provvedimenti: < sotto il consolato
dì Cocco e soci ecc. > A porte le frequenti rielezioni di uno stesso
Console; ma è notevole che egli è sempre alla testa dei Cotleghl,
fi il * priraus consul », come lo chiama nna iscrizione commemora-
tiva pisana, o il » cousulum rector » , come a Siena. *} Questa gerarchia
doveva formarsi tanto più facilmente in quanto che crediamo le
varie fiinzìoDi di governo si specializzassero ^) ed ì Consoli si di-
TÌdoaaoro il lavoro; donde una maggior necessità di chi mantenesse
imita d'azione ed uniformità di indirizzo: la frequente elezione,
poi, delle stesse persone e la presenza di uno o due Visconti in
tatti i consolati, *) senza carattere utìiciale ma per una specie di
privilegio di fatto, dovevano contribuire sempre pìii a dare una fiso-
DOmia individuale ai governo, a far apparir sempre in esso qual-
che personalità piìi elevata o chi avesse funzioni più importanti,
da Oualando
dngli altri Consoli; J5(a-
^t ') Un privile^o allo spedale di S. Sepolci
^B • Gerardo Consoli, conrennato poi dall'Arciv.
^L ttM, U, ConsUt. luus, p. d9)<.
^L» *) UtniATORi, Ani., IV, 584.
^^k f) Speno nno dei Consoli genovesi f> Tatto dai collvghi ■ domtnua ■
^^B«Baginer> della flolM; nel 1173 ordinano oltre 100 cavalieri, < eii-
^^FtMaie eaplle militum cousulo Ingonv de Fluxa ' ; Aimalr», voi. Il, p. &S9.
*) Lo Bte8£0 a Gonova ; dove non si trovano Vi.tconti, sono addìrit-
Mrm nobili feudali (cori a Cremona, Lipr, LI, 110.1, anno 1151) o «p-
partcn«nit atln g;randc aristocraeia cittadina, come a Milano; Oiclint,
VI, 43(> e 3«5, anno IITH e 1216.
280 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e getUilixie ecc.
mentre gli altri rimanevano più o meno nell'ombra, specialmente
in tempo di guerra quando un Console — e di rado più di uno —
era a capo dell' esercito ed il suo potere cresceva, anzi la sua gin-
rìsdizione, fuori della città, non aveva limiti e controlli; senza
contare che, diminuendo costantemente, col procedere del XTÌ sec,
il numero dei Consoli, si veniva sempre più a distruggere il ca-
rattere di collegialità dell' istituto, ridotto in ultimo a cinque o
quattro membri o anche meno, ^) con funzioni assai diminuite,
dopo che si erano regolati con norme piìi severe i loro poteri e
che erano sorti il Console di giustizia, i Consoli dei mercanti e
della lana.
2."* Non bisogna dimenticare, studiando questo processo sto-
rico e psicologico verso il Podestà, che nello scorcio del XTT se-
colo viene ogni giorno più innalzandosi nelle città qualcuna di
quelle famiglie feudali che, non avendo parte diretta nel governo,
vi aspirano, pur senza mescolarsi nelle gare che si agitano at-
torno al consolato ; esse perciò, mantenendo intatto il loro prestigio,
conservandosi amiche dell' Impero e rappresentando una forza con-
siderevole difdcile a distruggere se ostile ed utile assai se amica,
non erano osteggiate dalla nuova borghesia e dal giovane popolo
artigiano. Che poi la politica generale di Federico I desse ad essi
delle speranze audaci ò possibile, come le diede agli Uberti di
Firenze; non che l'Imperatore seguisse verso Pisa, cui egli non
voleva indebolire, quella stessa linea di condotta che verso altri
Comuni dove avrebbe invece voluto poggiare la propria autorità
solo sui nobili e sui Vescovi, senza tener conto delle modificazioni
di fatto avvenute: ma l'esempio di ciò che altrove la nobiltà osò
^) Spesso a Nizza, Como, Cremona ecc. si trovan due soli Consoli;
Fertile, St. del dir. ital.y U, p. 35. Sembra anche possa esservene stato
ano solo. A Lucca nel 1173 < iuit Consnl filios Rolandi * ; Toloxbo luc-
chese, AnruUi^ p. 58 ; idem nel 1184, p. 61. Nel 1124, invece, la baHa
consolare contava a Lucca 60 persone; M. H. P. Chart,, II, 162. La
stessa diminuzione di numero si trova nei Consoli delle corporazioni. I
Consoli dei mercanti pisani son 5 nel 1161 e 1163, più tardi sempre 3;
quelli dei fabbri prima 5 poi 4 ; i 6 capitani dei cuoiai del 1198-24 diven-
tano due Consoli nel 1302; Statttti, III, p. 989.
Fattori sloriei e paieologiei dei Pode^
281
e U'ritò più che altro la viva parte che i Oherardesca ebbero
Delle coso della littÀ diiianto le discese del Barbarossa, dovevano
ÌnDal/uri> gli animi di questi sigaori di contado, desiderosi di mag-
piorc libertà nella giurisdizione delle loro terre ') e di più larga
partecipazione al governo, anche come mozzo di regolare secondo
i propri interessi la legislazione ani contado e sull'annona. Rieor-
diaraoci che questi Conti maremmani, nei due secoli che durò la
loro personale preminenza a Pisa, la voce pubblica designa spesso
cnme incottatori di grano ed afTainatori del popolo. Qualunque uso
facessero dì questa loro ricchezza o per imporsi o per accattivarsi
la cìttadiniuizu, certo il risultato era sempre il medesimo ; il Conte
Gherardo iusieme con l'Arcivescovo Villauo rappresenti) il Comune
dinanzi al Marchese Onelfu nei UBO') o si direbbe che da Pisa
e>gli, HUgli ultimi del XII sec, voglia ripetere il suo titolo comitale:
« fomes ('herardus de Pisa >.*) Certo non 6 una investizione feu-
dale; ma da tutto l'insieme veniva anche questa famiglia a trovarsi
a Pisa (»me in una condizione privilegiata per modo che poteva far
sentire il peso della propria volontà, pur senza te apparenze del do-
minio, abituando cosi lentamente il popolo all'idea di un governo
im pulito nato non in un collegio ma in un indivìduo e preparando
il terreno ad una possibile dittatura, in un momento grave per l'esi-
sUiua dui Coniane; ouutribuendo a questo medesimo risultato anche
i Visconti, quasi capi dì fatto per tutto un secolo del collegio conso-
lare. Ohvmrdcsca e Visconti sono infatti ii Pisa i primi Podi-slà, più
balte eletti e riletti. Ora, siccome la presenza di grandi famiglie pre-
^ I) Cosi gli UpeKxittghi, vossnlii del Comune per 1 Tondi di Valdamo
dorè qndlo mnndava anche Capilani di guerra e casleilani, nel ilH3
nsarpKtio ogni ginrisdisinno sn Mnrti ; ma n^Rnlitt dall' osWi CAinanale,
Blretli dAlln popnlazioop del caslrllo, debbono arrcnder&i ; Rokcioni,
Ulorit fiiamit, p. 409 c\n> ha certo attinto da fonti pordale a noi. Con-
uraporaneia mente i signori di Rìparratta accrescono i pedaggi ed 1 rlpa-
tid Mil S«chio, provocando lamenti da Pisani e Lucchesi, Anche non ven-
jPmo ad un accomodamniito con i Consoli delle due città; Bonaisi, Dipi.
, 0.34, 19 seti. I1M4. Sulla IpvbW di scadi della nobiltà frudale del
ntaalo Horentiiio dopo il 1170, cfr. Daviobohn, (laehukU, p. !>66.
') Annali fiiiiani, 1160; ufr. sopra p. 166.
') noi(Ki.Li, m, 481, dipi, dì Federico 1 del UT«.
282 lY. — Associazioni mercantili, artigiane e gentilixie ecc.
valenti e distinte sulle altre o per potenza propria o per un qualunque
privilegio imperiale ^) si riscontra in quasi tutte le città italiane, così
credo questo possa essere stato uno dei coeficenti, specialmente psico-
logici, della nuova magistratura potestarile ; fatto particolare^ questo,
che si ricollega al graduale formarsi ed ascendere degli individui in
mezzo alle collettività, per cui si giunge pian piano al Signore del
XV sec. e, in più largo campo, air umanesimo nel quale, per diritto
acquisito le personalità riacquistano quel valore che nelle età barba-
riche avevano avuto per diritto innato e rispecchiano una classe
sociale laddove prima avevano spesso rispecchiato una razza.*)
3,^ Sono noti i disegni del Barbarossa nel riguardo delle città
e dei loro territori, in Toscana. Qui, dopo il 1160, cominciano a
comparire dei Conti a Siena, a San Miniato, a Firenze ecc., desti-
nati nelle intenzioni dell' Hohenstaufen a ridurre nelle proprie
mani l'amministrazione dei Comuni, ma costretti nel fette a con-
tentarsi di molto meno. Tali Conti si chiamavano anche e pote-
states » , parola astratta, senza contenuto suo proprio, per indicare
chiunque avesse il potere, sia direttamente sia per delegazione.
A Pisa, città amitm di Federico e da esso accarezzata, non si sa
nulla di tali Potestà o rettori, ed ò certo che non vi fecero alcuna
comparsa neanche fuggevole, se non forse nei pochi mesi che la
città soggiacque al bando di Cristiano di Magonza, privata da lui
*) Anche a Genova è certo un rappresentante del potere imperiale
nella città quel Filippo di Lamberto che di diritto è stabilmente consi-
gliere ; FicKBR, Forschungen, §§ 237 e 247, ed Hbyck, Genita und sane
Marine, p. 43, sgg. ; cosi a Padova, dove per molti anni nel XTÌ sec.
alla testa dei Consoli e pur distinto da essi si trova un < Jacobus f.
comìtis Ugonis de Padua » che rappresenta forse Pantico diritto del ma-
gistrato imperiale, menomato ma non distratto. Cfr. Pbrtile, Degli ordin.
polii, ed amministr, di Padova neir^^nn. Univ, di Padova, 1882-3, p. 2G-7.
•) Sarebbe da riconnettere questo sorgere, nei Comuni, di uno spi-
rito individualistico prima ignoto, con lo scomparire delP organamento
semi-comunistico della fase economica agraria che nel primo secolo del
Comune non era del tutto caduto. Tale processo dal socialismo allMn-
dividoalismo lo mostra per l'economia terriera come per P economia ca-
pitalistica il Lamprecht, Der Ursj/rung des BUrgerthums u, des stML
Lebens in Deutschland, nella Hist, Zeitschrift, 1891, voi. 31, 394-7.
IS'odromi di gm^cmo podestarile 283
di hittì quei pieni diritti comitali din la fitta legalmontu esercitava
in virtii dei diplomi imperiali, spedalmento del diploma fridericiano,
dopo il quale Qon vi furori pentimenti da parte dell'Impero, né ten-
tativi di restringere i limiti e le attribuzioni dei magistrati cittadini.
Tuttariii, dopo il 1168, 3ì cominciano a trovar nei documenti pisani
delli- frasi caratteristiche che meritano esser considerate.
Nel concordato fra i Consoli pisani ed i nobili di Corvara del-
l'ottobre l\tì9, questi si impegnano non far altra pace con alcuno
( sine parabola consulum... vel sine parabola Pisarum rectoris vel
doniimitoris > : •) e nel «Breve consulum vel rectoris et in
Breve populi > i Consoli pisani promettono di inserire i patti del
trattato con Firenze del 1171 o anche nel Breve futuro < conaulnm
rei reutoris aut dominatoris vet potestatis > le clausole della pace
oow i Conietani del 1174; nel Breve cioò a cui f c^nsules sequen-
tm ve! rectores vel rcctor vel dominatorcs vel poteslas sunt jura-
tiiri ».*) Si suppone dunque il caso in cui non i Consoli ma un
« rector < o < pott>stus • o > dominatur > o più d'uno, possano go-
vernare Pisa; nò sembra che tali espressioni, mai usate per lo
innanzi, debbano essere equivalenti e quasi sinonimo di < consnles >
I anche aempliremonte avere quel senso generale di capi del go-
verno locale che tante volte ricorre nel XJ e XII sec, per es,
ielle carte toscane e sarde, a proposito dei Marchesi e dei Giudici.')
alcuno di quei manuali del buon governo che nel XIII sec.,
idavan per te mani dei Podestà, definiscono questo magistrato
I il Bettoro secondo la etimologia; *) ma < rectores » si chiamano
^i della lega lombarda e toscana dei 1164 e 1197, capi cioè di
a,ione di città ; < rectores > è detto it magistrato federale
» arti fiorentine nel loro primo apparire alla vita politica.
I) BoHAJXi, Dipi, pùimii, p. 47.
'] BosAtiti, Dipi. }rimni, p. GS. Obbligai, con l'Operalo di S. Maria.
U o rottnri son ricArdnti pure nel doc. bientioefle (]179\ cJt. su a p. 69.
■) HviUTOKi, Ant., I, %t>, ann. I0&9, Vili.ari, I primi dty> Mcoli, I
B77 e ToLA, Coti. dl/4. Minio, pp. IM, 197, 217, ann. 1119. lU7ecc.
^*}toH AKSEB ViTKRDtBHSts, IJhrr de Regimine civitatia, ed. SAI.TB-
pia, 1901, voi. Ili deUn liOdiolk. juridica M. F... p. 7.
284 IV. — Associazioni mercantili, artigiane e geniUixie ecc.
il 1193, ^) e € potestas » o e rector > si chiama anche il capo dì ta-
lune corporazioni mercantili in certe città, nei primi decenni del
XTTT secolo, ^ quando le corporazioni stesse diventano ogni giorno
più, gruppi di arti diverse confederate o almeno organismi complessi
risultanti di molti membri autonomi, quello stesso cioè che è dive-
nuto il Comune sullo scorcio del XII sec. E questo Potestà dei doc,
pisani deve avere un Breve su cui giurare il proprio ufficio; non
solo : ma i Consoli che stringono qualche obbligazione si tengono
autorizzati a non trasmettere il loro potere ad un altro consolato o
rettore o potestà, se questi non giurano alla loro volta di osservarla.
Tale Podestà o dominatore non appare dunque come iniposto da
una superiore volontà, ma simile ai Consoli o per lo meno circondato
da quelle stesse garanzie di legalità da cui i Consoli: giurare ad un
Breve, osservare le obbligazioni dei predecessori, continuare in una
parola la tradizione del governo cittadino, senza innovazioni o inter-
ruzioni arbitri. Tutto questo dice che noi abbiamo a fare non
tanto con un Podestà imperiale, quanto con un magistrato cittadino
che può essere anche il capo gerarchico del collegio consolare^ il
€ Consulum rector > o il e Potestas et Consul» che si trovano a Siena
ed a Genova; magistrato che può fors'anche avere una più stretta re-
lazione con r Impero ed in qualche luogo magari un principio di di-
pendenza da esso, essere cioè nel Comune un quid medium fira il
Console di pura elezione e di puro carattere comunale e Tofficiale
teutonico, specialmente in quelle città avverse all'Impero, come per es.
Firenze e Genova, nelle quali il nuovo magistrato, spesso scelto fra
i partigiani suoi ed in ogni modo più accetto ad esso, poteva esser
^) < Septem rcctores qui sunt super capitibos artiuin » che si obbli-
gano far inserire neiio Statuto i patti con quei di Trebbio; Santini,
Documentif p. 31 e Dorbx, Entwicklung, p. 8 e meglio di lui il Santini,
Studi, in Arch. star, ital.y 1900, p. 185-6.
') A Milano, nei 1224, un Podestà dei mercanti ; nel 1225 vi si sta-
bilisce che ogni corporaz. abbia solo Consoli e non Podestà o rettori.
GiULiNi, Memorìej IV, 282, 641. A Pavia per tutto il XIII sec. vi ò un
Podestà dei mercanti che elegge i Consoli ed a Verona lo Statuto del
1200 ricorda il e Potestas et consul mercatorom » Lattbs, Dir. commer-
ciale, p. 35, nota 36.
PtxUstd tetUaco e Podestà àtladino
285
I di uà rav\' ì ci u amento e quimi di uiiu rìcoDciliazìone. *) Bì-
i notare poi che il Conte teutonico, anche nelle città dove sì
, ai trova solo nel contado, né ha Brevi a cui giurare; oltre
[che i documenti lo designano in mudo che non lascia luogo ad
■biguità: « sub jndicio nuntij imperatoria vel consiilum florentino-
► si leffge in un àor. fiorentino del 1174 e non diversamente in
B carte dello stesso tempo; *) mentre una frase del 6 maggio 1186
k sub obbligo potestatis vel consulum sire rectonim > è eguale a
Blie che ricorrono a Pisa; e proprio nel 1185 appare a Firenze un
, nel senso presso a poco che la parola a.ssume più tardi cioè
L Potestà cittadino, Gianni Guerrieri. ') Dobbiamo ammettere che
ital magistrato anche a Pisa, come già a Siena nel 1151. *) possa
' fatto la sua comparsa (|ualche volta negli ultimi decenni del
lolo XII, altrimenti il formulario di tanti documenti sarebbe per
i inesplicabile. Eletto in qualche grave emergenza del Comune,
} affidando poteri straordinari ad un Console, per un accordo
Beile col di fuori, per condurre una pratica con l'Imperatore, per
rimere disordini interni, nueato Potestà potè a Pisa reggere per
p mese le sorti del Comune o poi pacitìcamente o per il ripre-
I un partito contrario, lasciar di nuovo il posto alia ordi-
gietratnra consolare. Avremmo insomma nel governo del
BQàe, sin da ora, il princìpio dì queir alternarsi di Consoli e
tori o Potestà, rispecchiantesi nella indeterminatezza di certe
ì dei documenti, che poi dura .sino al XIII sec. molto avanzato,
I rtpido e non ordinato succedersi di magistrature diverse, con
i frequenti di goveruo fra l'una e l'altra. Delle molte pa-
'1 Antico partigiano di Federico k il secondo Pot«8tA genovese Oberto
t Olevano, di PaWa; Annaleji. II, p. 46, 1194; ed a PirenBo, Oherardo
(1193): Davidsohn, GescfticA/i*, p. 698-9. Sulla politica So-
Itliu di qneatf anni, benìssimo il SANTitn, Stadi eli-, p. 94-6.
•) Davidsohn, fbrwAunycn, p. 12tì; Idem nel 13 oli. 1173 « datori
\StA tnlssum d. imp«r. vel n qnii-amque lenoerit dominatoin
(.; Samtiki, Studi ree., p. 7G s^rg.
r ^ D&TIDSOH», Gttchich/e, p, h'ti o tWtehuitgen. p. 127. Dlvorsa-
t 11 Santini, ."Uiuli, p. 1»!) che solo nel 1191 credit possibile eolaU
ft yirense 11 nuovo mngìstrOito.
•) FicKB», Fi»rschungen, IV, 163.
286 lY. — Assoek^tÀoni mm-cantUi, artigiane e geniilixiie eee.
role adoperate da principio indistintamente per indicare il nuovo
ufficio, trionfa un po' per volta quella di Podestà che aveva in ap-
poggio una tradizione ininterrotta, antica quanto il Corpus Juris,
Dato tutto ciò, si intende come sorga il Potestà, che cosa esso
rappresenti. Gli elementi suoi costitutivi, i fattori suoi interni ed
estemi, si sono venuti un po' per volta accumulando, per cui amano
a mano che il consolato modificava la propria natura, contempora-
neamente si plasmava, dirò così, la figura giuridica del Podestà,
rappresentante di un diritto nuovo, indice di un assetto sociale della
cittadinanza diverso dall'antico e conseguenza della piena sovranità
politica conquistata dentro di sé e nell'ambito del territorio, dal Co-
mune. Indirettamente il Podestà segna una vittoria del popolo; dico
indirettamente perchè questo non fa se non esercitare una pres-
sione dal basso, costringendo la aristocrazia a battere altra via^ ma
direttamente il Podestà è una emanazione della aristocrazia stessa.
E indubitato: quando la classe consolare, lacerata dalle discordie,
sente farsi più gagliarde attorno le voci di minaccia e vede la massa
dei cittadini ribellarlesi ; ') quando vede sfuggirsi di mano V auto-
rità morale ed il potere politico, allora i Consoli o abbandonano
l'ufficio inducendo l'assemblea ad eleggere un Podestà che si chiama
anche e Consul et Potestas » *) al quale essi rimettono la e pot^
stas \indictarum >, o rimangono in carica a fianco del nuovo ma-
gistrato, eletto quasi capo del loro collegio col duplice compito di
dare a questo unità e forza, eliminandone le interne cause di de-
bolezza, difendendo i consolari contro le violenze sanguinose degli
avversari, riconciliando i partiti, *) in nome di un potere superiore
agli uni ed agli altri, e di calmare il Popolo offrendo a lui una
qualche maggiore garanzia di equità; cosa non difficile da parte
^) « Populus universos factus est inobediens consulatui etc. » Annales
januenseSf II, p. 45, ann. 1194.
*) Annales JannetiseSf II, p. 45. I Consoli e officio consulatos sponte
obrenontiarunt ; et celebrato Consilio et pubblica contione, elegerant in
potestà tem et consulem januac Obertum de Ole vano etc. > , partivano di
Federico, che fosse per un anno < consul et potestas » .
*) Anche a (Genova, ora, questo è V ufficio del Podestà. Su ciò Caro,
Die Verfassung Oenuas zur Zeli dee Potestas, Strassborg, 1891, p. 33.
Rapporti fra Consoli 6 Podestà 287
i un cittadiuo elle noa si fosse mai mescolato uelie brighe di par-
i ed avesse per ciò conservato intatto i! credito suo personale
^ della famiglia. I Consoli come eleggevan da s6 i successori, così
^no questo uaoro magistrato che da principio ha solo carattere
pvTiaorìo e può o no essere nomiuato, secoudo le particolari con-
tnxe, iu quauto la classe consolare intende far solo una ces-
ine gpontauea; tuttavia non si può impedire ora, nelle elezioni,
L parte più attiva dei Consigli o forse anche delle maggiori as-
^ionì mercantili ed artigiane le quali entrano apertamente,
corpi a so, nella vita politica, rivelando alia luce del sole il
roro di organizzazione degli ultimi decenni ed il aignitìcato del
mento negli istituti sovrani del Comune. È perciò inesatto
immaginarci il PodeiitÀ come un trionfo delta aristocrazia
Ule cittadina, qtianto come un immediato e diretto trionfo del
I, insomma come il rappresentante di un partito polìtico nuovo;
! quanto vi siano in ciò notevoli differenze da Comune a Co-
) ed in alcuni, come por es. a Firenze, il sorgere del Podestà
i una breve partecipazione attiva delle arti non mercantili
Inverno della città, alla redazione degli i^tatuti, ai trattati estemi
; Tanto non poteva avvenire a Pisa, dove le arti non danno la
I di una cosi lieta tìorìtura ; tuttavia anche qui 1' ultimo
maio del Xn sec. è forse quello che vede nascere le corpora-
i dei pellicciai, dei cuoiai o dei fabbri.
I legami fra Podestà e Consoli, a parte la diiTorenza esteriore,
' «ODO Ìnve<% strettissimi e ai considera sempre nou solo probabile,
ma sicuro un ritorno all'antica magistratura; come si spiegherebbe,
Éltrìmenti, il loro continuo alternarsi, il rimaner dì frequente in-
sieme al governo, ') l'essere spesso il Podestà di fiuniglia conso-
lare, •) il trovare la nuova carica designata * Potestas et coosul >
') Cosi « Firenao (Santiki cit, e Villari, 1, 1*1 ). ed a Genova (Annale»,
II. p. 53, ann. 1IH-& ; % e 101, 12(»); per Piacenea, Torino, Modena,
Belluno ecc., cft-. Pbktilb,£^ dir. ital.. Il, p. 83; per Verona e Cremona,
PoTTHAitT, Beg. Pontif., u. 1198 e 1871, die. 1200 e magg. 1201 ; pw Pi««,
qnl «otto.
') l'or efi. a Firenze, Qiaiini Guerrieri i,lIU5) e Gherardo Caponsac-
288 lY. — Associaxiofn mercaniili, artigiane e gentUme eoe.
r imbattersi continuamente, sotto l'uno o sotto gli altri, in formule
di documenti pubblici che ne assicurano la validità, quando ad un
Podestà si chiamino a succedere dei Consoli e viceversa? I Co-
muni italiani, e non solo essi, ci danno ben altro spettacolo quando
veramente dentro vi fervono lotte di partiti ed i partiti si succedono
al governo, rimpiazzandosi V un T altro. Nel nostro caso chi sta alla
testa del Comune aspira evidentemente a conservare e consolidare
il consolato ; salvo, per evitar il peggio, riparare sotto le ali di
un Podestà^ da mettere possibilmente in un canto, magari con b
forza, quando voglia farla da padrone o la tempesta accenni a quie-
tare, anche fra le varie famiglie la conciliazione non appaia pos-
sibile se non sulla base di un'equa ripartizione del governo.*)
Appare chiaro insomma: non può dirsi in modo assoluto che
il Podestà prenda il posto dei Consoli, una volta che questi riman-
gono; si può osservare anzi che in generale, in una società che sorge,
le istituzioni non scompaiono mai del tutto ma si trasformano, nel
modo stosso che i bisogni da cui esse si svolgono non si sostitui-
scono gli uni agli altri ma si assommano. Noi diremo che i C-on-
soli, dopo avere a poco a poco, assumendo un più schietto carattere
pubblico, diminuendo di numero, specializzando le funzioni, ordi-
nandosi gerarchicamente, favorito il formarsi del concetto e della
forma esteriore di un istituto giuridico non più collegiale ma in-
dividuale, seguitano per conto loro il proprio cammino, senza con-
fondersi immedesimarsi col Podestà a cui cedono solo una parte,
sia pur la maggiore, delle loro funzioni, compiendo il processo già
incominciato da un pezzo di trasfondere le rimanenti in altri istituti.
E passata al Console di giustizia la presidenza delle curie, ai Consoli
dei mercanti e della lana certi poteri diretti^i suirandamento del com-
chi (1193'i; Davidsohn, Geschichte, p. 576 e 598-9; a Pisa i due Ubaldo
Visconti e Groffredo Visconti, Gherardo Corteveechia, Bonaccorso da Pa-
lude cioè tutti i primi Podestà, fuorché Guelfo Porcari ed il Conte Tedicio.
*) Annales januenses, II, p. 92, 1204 ; certi t nobile^ >iri » insorgono
contro il Podestà. Dubito assai, perciò, che T ondeggiare fra Consoli e
Podestà sia dovuto al prevalere di questo o di quel partito, come vor-
rebbe rH£VK, Genoa uììd seiììe Marine, p. 46.
Frazionamento e trapasso delle attribuzioni consolari 289
mercio e dell'industria, al Podestà ora passa la cpotestas» nel senso
più ampio, la vigilanza generale sulle manifestazioni varie della vita
cittadina, la condotta delle guerre, la giustizia criminale, la rappre-
sentanza del Comune nei rapporti estemi; ma i Consoli avevan
provveduto personalmente alla giurisdizione del contado, dividendo-
sene la cura durante Tanno consolare : ed ecco che, scomparsi o me-
glio modificatisi i Consoli, appaiono gli ufBciali stabili del contado,
i capitani di Valdera, Valdamo, Valdiserchio e Colline. Inoltre,
essi appartenenti per lo più a famiglie cavalleresche, erano stati alla
testa, come Consoli e come primari cittadini, del corpo dei militi, or-
ganizzazione fino adesso prettamente militare ; ed ecco che ora negli
atti importanti del Comune cominciano ad aver parte i e capitanei
militum > , vicini a trasmutarsi in capi in una organizzazione nobi-
lesca, anzi nocciolo del partito della nobiltà. Ma più specialmente
i Consoli, sorti nella libera esplicazione della attività marinaresca, si
son conservati sempre e sono ancora i provveditori del mare, quelli
che allestiscono le spedizioni, curano il governo delle colonie, vi
delegano i capi ecc. Ora col Podestà che ò un feudatario o un giu-
dice della città oppure dolF interno, di Pavia, di Bologna o di Pe-
ragria, chi provve affacciata alla porta
dell'Adriatico a rivaleggiare con Venezia e nella Siria ha conquì-
litato una posizione invidiabile dopo che i suoi cittadini, organiz-
zati lag^ù in una privata società di guerra detta dei Vermigli,
avevano più di Genova, e mentre ì Veneziani se ne stavano appar-
tati sedendo la condotta dell'Imperatore bizantino ostile ai Cri-
stiani, dispiegato dopo il 1187 un mirabile valore di guerra ed una
insuperata maestria di costruttori ed architetti nella dife.>a di Tiro
nell'assedio di S. Giovanni d'Acri;") benemerenze che procu-
rarono ai Verm '\'\ ed al Comune pisano conferma ed ampliamento
degli antichi diplomi, da parte di Corrado di Monferrato. *) Già
') Thomas, Vrkunden, cit. sopra & p. 15!'; p. 180 fgg.
^ Corso per tutta Europa I» fama di iiuyata wx-ietè di Pisani, e non
mancii menzione in cronache lombarde coiitt che costruì torri i mira» altJtu-
• e di t«rribito vista al nemici; Pbktz, XVI, Ann. Afagdrfiurgfiumi,
\-f- 189. Ancbe da OeDova,del resto, andavan lag^ii costruttori dì nari;
. Taoixi, / «uirinai il-tl. in Poiioyallo, in Hiv~ mari/thrm, ^pr. 1K87.
*) UC1.I^B, thcwitmli. p. 26; Iloen, Corrado di ilonferralo, p. 71 6gg.
202 Y. — Dm Consoli al Podestà ecc.
prima del 1180 vi erano state lotte fra Pisani e Veneziani ad Ai-
miro di Romania; quelli avevan sostenuto i loro corsari^ combattati
dalle navi veneziane e greche ed avevan, dopo penetrati nell'A-
driatico, preso le parti di Ancona contro Venezia; donde proibizione
ai Pisani di navigare in quella città ed ai Veneziani di navigare
a Gtenova. ^) Ora, nell'ottobre 1187 Enrico VI dava ai Pisani prova
delle sue buoni disposizioni confermando le franchigie paterne e ri-
prendeva con essi i negoziati. Ma dalla Siria si richiedevano pronti
soccorsi ; ed allora Pisa e Gtenova per opera del Pontefice si pacifi-
carono nel 1188, i Fiorentini rimettevano pace in Lucca turbata
da lotte interne e Tanno stesso, nel settembre, partiva per V Oriente,
ove giunse nell' aprile dopo svernato a Messina, una flotta su cui
avevano preso imbarco, sotto l'Arcivescovo Ubaldo, pisani e cro-
ciati di Lucca, Firenze, Pistoia, guerrieri e mercanti insieme, spinti
meno dalla fede che dal desiderio di lucro ^ e dall'entusiasmo che
le epiche battaglie attorno a Tiro avevan suscitato.
Queste città di Toscana si trovavano ora tutte più o meno in
uno stato di grande fermento interno; la base sociale si ò mutata,
ma gli istituti nuovi sono ancora in via di formazione. Le guerre
contro i castelli, poi, e la immigrazione volontaria hanno messo
dentro il circuito delle mura una folla di piccoli feudatari nelle
cui vene circola un sangue non ancora impoverito dalla grama
vita a cui le leggi della borghesia costringeranno più tardi i nuovi
abitatori; che anzi covano nel petto ambizioni, audacie, spirito di
avventura grandissimi: oltre a ciò, anche in mezzo al popolo, un
sentimento vivo di religione che prima aveva trovato modo di ma-
nifestarsi nei contrasti fra religiosi e politico-sociali del XI e XII
secolo e che ora è eccitato e rivolto ad altra mòta dai predicatori
girovaghi, dalle reliquie e dalle immagini sacre mandate ad arte
^) Risulta tutto questo dalla pace del 13 ott. 1880; MCllbr, Docu-
menti, p. 20-1, da cui ricavasi che anche per vìa di terra i rapporti com-
merciali Pisa-Venezia erano frequenti.
*) ^éiV Itinerarium RicTiardi Regis, in Rer, Brit, script^ I, p. 114,
VA, si scaglia contro gli speculatori pisani e genovesi che portavan con
poco prezzo laggiù vettovaglie e vesti rivendendole cariasime nell'inverno.
Mitutece di guerra
393
In Italia da Quìdo di LiisÌg:Dano. Facile perciò raccogliere nn pie-
Volo esercito crociato che si imbarca al porto pisano sotto la guida
Arcivescovo Ubaldo, scelto a suo legato da Clemente IH ed
vnbizìoso di riconquistare quel patriarcato di Gerusalemme che già
Daìborto aveva tcuuto al principio del secolo.
Intanto era murto Guglielmo di Sicilia, e nel marzo del 1190
liva iu Toscana il legato imperiale Enrico di l'oppenheim a pre-
parare la prima spedizione, mal riuscita, nel Regno di Napoli ;
ill'a^sto, veniva dalla Oermauìa un' altra conferma delle libertà
fisue. In questo tempo appunto, fra ii 1190 ed il 1191 noi ab-
llìaino il primo nome di un < Potestà^ pìsanae civttatis> che tuttavia
BOU pud essere stato il primo : esso ò un grande amico dello Sverò,
amd uno dei principali fautori dell'Impero in Toscana, Tedici» di
Casta^eto, della grande consorteria Uberardesca. ^) Il momento era
pare e decisivo: attorno a Pisa covavano non pochi malumori con-
tro la nostra città, specialmente di quelli, come i Volterrani, che
dall' ampliamento de) contado pisano si erau vista tagliata ogni co-
nunicazione col mare e che più temevano della baldanza audace
che ì rinnovati legami con l'Impero davano ora a Pisa; la pace
eon Genova del 1188 era illusoria ed ora i Genovesi strìngevano
tDeanze minacciose coi Giudici della Sardegna; *) in Siria, Pisani
« Genovesi oran vicini a prorompere in aperta discordia, parteg-
giando gli uni per Guido di Lusignano. gli altri per Corrado di
Monfeirrato; Venezia, i Greci, i Normanni diffidavano ogni giorno
più di Pisa, la sicura amica del loro nemico di Germania, Ma dentro
■) Tra Tedici noi vediamo in qae«to tempo : il Conte Tedlcio di Bl-
mmoiAnnili jiintni, 1171), di Castagneto (Ai«'ii. Canonici, Pisa, 1 febr.
1187, U Conte Uirolino od il f. Tadicìo) e di Segalari (Mi;eatom, Ani., dìM.
96). Il 3.0 ^ Il PndesCA di l'Isa, figlio del Conte Ugolino «Hau-BR, Docu-
m-Ui. p.tó 8gg., ann. 1192); non cflrto il 1.". come dice il DaviuhsO!!.
Oetellidile, p. 1)^, che lo afferma zio del conte Guido, secondo nn doc.
dal 1159. Abbiamo duo listo di Podestà pisani, ma per 1 primi tempi
■Mai lacunose. L'uiia va dal 1^14 al I3T4, l'altra comincia da Tedicio a
da Ini salta al 1314. Sono nellMrcA. itliir. ila!., VT, U, II,<>41 e HrBA-
TOHl, ScHptfnrM. XXIV, 643.
«ì Uber
. I, 389, 20 frbr. lllU. Lega con Retro di Arborea.
294 V. — Dai Cotisoli al Podestà ecc.
la città tacciono forse le discordie, nell'aspettativa e quasi pre-
sentimento di grandi fatti non lontani. Fervono le ambizioni e le
cupidigie dei cittadini eccitate da messi imperiali preannunzianti la
prossima intrapresa contro il Regno che potrà realizzare le antiche
speranze, far prevalere Pisa nel ilediterraneo occidentale e sui
mari d'Oriente, e minacciare Venezia nel suo Adriatico. I cittadini
son tutti per V Impero e la politica imperiale si impersona in Te-
dicio, questo Conte maremmano che è imparentato con T aristocrazia
cittadina ^) ed ha con so il clero ed il Capitolo della Cattedrale che
proprio in questi giorni, durante l'assenza di Ubaldo, tratta gli
interessi della mensa arcivescovile ed accoglie nel proprio seno in-
sieme con sette nuovi membri anche un Ugo Conte ed Alberto
Conte di Castagneto, ') fatto poco dopo Visconte del Capitolo. *)
Al principio del 1191 scendeva in Italia Enrico, per conqui-
stare insieme una corona imperiale ed una corona regia, non meno
ambita; nel febbraio entrava in Pisa e riceveva dal Podestà Te-
dicio giuramento di fede all'Impero e formale promessa di una
gagliarda cooperazione della flotta pisana, già allestita negli ultimi
mesi, nella lotta imminente; in cambio, egli riconfermava gli an-
tichi diplomi, rinnovava la concessione dei feudi nelle città della
Sicilia, oltre Salerno, Napoli, Gaeta; lasciava ai Pisani la Corsica,
contrastata da Genova e Portovenere, baluardo genovese al confine
toscano ; come suggello a tutto questo, faceva intravedere la possi-
bilità d'una spedizione per mare e per terra a sterminio di Grenova. *)
Notiamo alcune particolarità del documento enriciano. Insieme
con Tedicio giurano e Rainerius Gaetani, Albertus Vicecomes, Be-
*) Arch. di stato, Pisa, Perg. Certosa, 16 marzo 1199: Goalando
di Alberto Gualandi nipote del q. Conte Tedicio.
*) Arch. Canonici, Pisa, 14 ag. 1197. Proteste dell' Arcivescovo, re-
duce dalla Crociata, contro queste elezioni lesiva dei suoi diritti e della
sua dignità. Le conferma, tuttavia, dopo le dichiarazioni dei canonici
sulla insufficenza del loro numero e sulla virtù e dottrina degli eletti.
^) Arch. Canonici, Pisa, 21 giugno 1200. Il Console di giustizia lo
mette in possesso di certe terre per il Capitolo.
*) M. G. H. Ijegum, Sectio IV, Constitutiones, T. I. 472,
1 t Capilattei milihiin > ed i Capitani del eonlado 295
If renbardus Cupitaiiens, Jordaiius iudex, Albertus Walandi, Bulga-
Erinus vicecomes, Bnlsus q. Petri, Q-aytanus Burgundi, Comes Regno
■ et omnes cousiliarij pisanac civitatia et comites de mari et alij
T quamphires * . Chi sìa quei « comes Regno > non saprei con pre-
I cìsione; in quanto al < Berenhardiis Capitaneus > se non 6 un per-
I sonu^po del seguito dell'Imperatore o appartenente alla famiglia
I Cattani che net XIY sec. conosciamo a Pisa, — paò essere tanto uno
'dì quegli ufficiali ora premessi alle varie divisioni amministrative e
^udiziarie del contado, quanto il capo della milizia a cavallo, il
€ capitaneus militum. > Certo ora i due offici sodo giil sorti; sorti
c^nio conseguenza anche essi dello specializzarsi dei poteri conso-
lari e delia istituzione del Potestà che non può esso personalmente
attendere più a tutte te funzioni delia vita cittadina: dì qui la più
netta divisione del contado in 4 parti con altrettanti capitani for-
niti dì poteri giudiziari, amministrativi e militari, partecipanti a
certi atti del potere esecutivo della città nella quale piuttosto che
nel contado, e sotto la immediata vigilanza del Podestà, sembra
da principio tengano le loro curie, *) destinati a dare un indirizzo
ogimle alle inuumerevoti comunità rurali ed a limitare sempre più la
libortil dei loro Consoli ; *) di qui pure l'istituzione di < capitane!
militum * come uffici stabili, con la durata di 6 mesi o un anno,
a difftìrenza di prima, quando un Console era a volta a volta, se-
*) Ctt. ioe. Bgg. e il doc. di Nuvola, cit. su a p. 198, in cui parlasi del
nansìo. Trcguano o capitano che dalla città andava n Taf ^usliida. L' 8
ma)!:grìo lifìó il capitano Malpilio di Val di Serchlo giudica a Pisa una
cauM fra [ Conaoli di vario comunità • cnm d. Gaelfiu Pìsamm poteataa
de bac iicntenlia dauda mìhi parabolain dediti.
') La prima menzione sicura di questi capitani è del 1191; Akch.
1Ibx«a arciv., Pìba, n. !M, 14 ott. 11!)2: Tremano di Tedisco, capitano
t di Valdcra, é t«st« in uno Ktrumento rogato n^lla Canonica. Nel 1192, poi,
«Farraat*! capitano di Vnldarno e Val di Serchio e St4>fano giudice e
Lnotaio suo samaAore > pronunziano a Pisa. m'Ha chiosa di B. Ilario, una
letua fra il inudaco dì S. Vito od un privato; Arch. ni Stato, Pi.ia,
y. Cftiata. W u UO apr. 1193. D 1204, nel doc. dt. nota prec. un Mal-
ah • capit. valila Sercli et ex ea partr Arni n Montecchio uoquo ad
re • ; ibid., Prinvixi'iU, » mngpio 1305 dalla chiesa di S. Pietro in Vin-
I eoli; cosi pare vi 6 un tColIìnaruu >,àRch. ARctv.,o. Ci97.
296 V. — Dai Consoli al Podestà eee.
condo i bisogni, messo alla testa della milizia. Naturalmente sono
nomi consolari, anche ora, quelli che appaion designati come e ca-
pitanei militum > o come capitani delle circoscrizioni territoriali : e
qualche volta anzi accoppiano questa carica all'altra dì Senatori. ^)
Così il capitano dei cavalieri ed i Consoli del mare ci vengon
dinanzi la prima volta col primo apparire del Podestà; giacché non
può dubitarsi che i e comites de mari > del citato documento non
siano se non quelli che più tardi noi conosciamo col nome di
€ consules maris >, chiamati ora e comites > per uno scambio di
termini che nel XI e XII sec. non è raro in certi paesi neanche
fra i Conti ed i Consoli del Comune, come si rispecchiasse in ciò
la trasfusione di poteri dai Conti feudali ai Consoli dei Comuni.
Molti si saranno già fatta a questo punto la domanda come mai
a Pisa, una città di mare, siano venuti su pienamente costituiti la
corporazione ed i Consoli dei mercanti, della lana e di alcune ani
minori quando di Consoli del mare non si ha nessun sentore. Ora
la risposta non sarà difficile : da una parte, i Consoli del Comune
attendevano essi alle necessità del mare : dall' altra una classe di
governo non ha bisogno di stringersi in corporazione o darsi dei
capi, uè costituisce un pai-tito vero e proprio ; così avveniva allora,
così avviene ora. La associazione, la disciplina interna ed il ca-
rattere di partito si stabiliscono nella classe di governo quando
essa è minacciata nella sua base, sente salire altri elementi sociali
organizzati e deve dividere con essi direttamente o indirettamente il
potere, sostituendo un sistema di equilibrio ad un sistema di assoluta
^) Il lo marzo 1207, la tregua con Volterra è giurata da 25 senatori
di Pisa, fra i quali « Ildcbrandus Ughiccio Alberti senator et capitaneus
Vallis Ere > e < Simon Bocci sen. et cap. Maritime»; più Lanfranco Bocci
« cap. Vallis Sercli » , tre Consoli dei mercanti, quattro capitani delle cap-
pelle, Roberto Opizzini e Gerardo Verchionese < Capitanei militum»;
Cecina, Meni, star, di Volterra, Pisa, 1758, p. 23. Ma di € capitanei mi-
litum > ne conosciamo sin dal 1201 e sono Ildebrando Mabilia, Groffredo
Visconti e Baruccio Bottari che in quell'anno ricevon denari dall'Ar-
civescovo perchè custodiscano il castello di Pava in Valdera. Ricaviamo
la notizia da una lista di vicari, podestà e capitani dell'AacH. Roxcioxi,
Reg, Orlandi, e. SS ; lista desunta da documenti fino a tutto il XIY sec.
/ Consoli del Mare 297
preponderanza, dividendo con mercanti ed industriali quello che era
solo di armatori e di cavalieri. Allora questa aristocrazia restringe le
proprie file e vengon fuori l'Ordine del mare e poco dopo il e Co-
mune militum » che da principio è Torganamento della milizia a
cavallo, poi il partito della nobiltà. I due istituti ed i due Ordini
hanno perciìN un doppio significato: nella storia delle ùtituxiani
iK>munaIi presiedono a certe funzioni di diritto pubblico a cui prima
attendevano i Consoli ; nella storia della società comunale segnano
il cammino della vecchia aristocrazia consolare rerso la organizza-
zione di un partito politico e sono le cittadelle di cui quella si im-
padronisce ed in cui si rafforza come nella sua propria casa. Ambedue
seguono logicamente alla istituzione del Potestà nel tempo stesso che,
fin da quando i gruppi accennavano a delinearsi, hanno contribuito
a crearlo. Il carattere di uflBcio precede in ordine di tempo; ma
Tufficio una volta creato diventa mezzo di prevalenza politica per le
persone o per la classe che giunge ad occuparlo. Perciò esso si risente
vivissimamente, come un vero e proprio istituto politico, delle gra-
duali modific4izioni sucx^essive nella compagine e nei rapporti delle
classi sociali, finchò in ultimo non viene anche esso nelle mani della
borghesia, il popolo del XIII, ed allora, solo il e comune militum >
rimane all'aristocrazia consolare. Alla dottrina del Kapp-Herr ^) che
afferma i Consoli delle città marittime sviluppatisi dai e consules
maris > bizantini — e se avesse detto dalla attività marinaresca che
aveva messo tante persone in diretta o indiretta dipendenza, privata
prima che pubblica dagli armatori si sarebbe accostato al vero —
io sostituirei Taltra del consolato del mare che, un po' perchò rac^
coglie certe e non delle minori attribuzioni dei Consoli del Comune,
un po' perchò ò Tuffìcio mediante il quale una parte dei maggiori
cittadini seguita per parecchi deconni ad aver vivo e diretto con-
tatto con la vita e coi governo cittadino, rappresenta l'ultimo svol-
gimento del consolato stesso del Comune quale era stato ridotto agli
ultimi del XII secolo dal costituirsi di altre vigorose associazioni
e .
*) ScuAUBB, Dan Konsulat des Meeres in Grenua, in Zeiischrift fìir
das gesammte Handelsrechf, XXXII p. 498 e passim; non cosi il Bbksa,
Della yiurisdiz. mercantile in Genova nel M. E.y in Arch. giurid,, XXV 11.
Anche il Lastig, Entwicklungswege, p. 149 e 220 nega la giurisdizione.
/ Consoli del Mare a Genova e Troni
301
mare, bencliè una curia marittima vi sia. ') Guardiamoci dunque
dal generalizzare: nulla di più pericoIoBo nella storia d'Italia che
6 tutta nella iafinita varietà delle forme locali. Ciò non ostante,
dovunque essi compaiono, i Consoli del mare hanno funzioni che
prima erano di competenza del potere consolare. L'antico testo
latino degli ordinamenti e delle consuetudini di Trani, ad esempio,
porta il nome dei < cousules civìtatis », come redattori della rac-
colta: il testo volgare, invece, più recent© ma tradu7.ione quasi
letterale del primo, lo compilarono < li nobili et discreti homini
.... (tre nomi) di Trani eletti consuli in arte de mare de lì più
suffideuti *, pur rimanendovi sempre l'antico titolo t oMìnamenta
et consuetudines maris edita per consules civitatis >.*}
Non molto diversamente a Genova, dove tutti quei collegi di
• r©ctore.s » o * nubiles » a t consules maris » che ai vedono ogni
anno a fianco del Podestà o per armar galere o per amministrare le
entrato del Comune o per riconoscerue le ragioni ecc./) non sono se
Don altrettanti succedanei, se posso dir cos), dei Consoli del Comune;
qiuindo vi son questi non vi son Podosti\ nò Consoli del maro e vic&-
versa ; ^) le persone che un anno entrano a far parte dei < nobiles viri
et 8apioDtes> che sono e ad consilium Potestatis prò rationibus co-
munia oognosoendis > , un altro anno son ricordata Era i Consoli del
nuure o fra i Consoli del Comune: ') e quello che oggi fanno il Podestà
ed i Consoli del mare, domani lo fanno i Consoli del Comune: *) osser-
Tazione questa ultima, che ha indotto Io Schaube a credere come l'ar-
') Hanproki, St. d. Mar. ital., p. 490-1.
*) Pjuu>hbsijs, CoUecUon da loUt maritUmt», T. V, Qa««le osserva-
li potrebbero, a mio erodere, aver qualche valore per la aoluzioDe
\ problrma della data dogli ordinamenlì imnesi, su cui dì recente lo
1, Trani ed Atnalfi, in Bic. Hai. Scieme giurid.. XEU e Storia
i diritto Ual., 2.- od., 424 Egg.
>) AniuUfM januenMM, II, p. 82, 1202; M. 1203; »4, 1306; 101, 120& ;
-4, 1906; 117, 1211; 131, 1212; 131, 1314; ecc.
•) Annalrj) jantifntr», 11, ctr. p. 102, 1206 e 107, 1207; 110, 1S09;1IS,
ISIO; 136, 1213; ecc.
*) Annoia janu^naa, II, cfr. p. 84, 1203 e 102, 1306; 84, t908« 109,
1906; 102, 120G e 110, 1209; UT. 1211 e 121, 1212.
•) Annoiai janutnaen. Il, cir. p. 103-4, 1206 e 106, 1207.
302 V. — Dai Qmsoli al Podestà ecc.
mamento delle navi non possa aver appartenuto alle regolari fanzioni
dei Consoli del mare di Grenova, ^) e non vi sia quindi alcun rapporti}
fra le due categorie di Consoli; come se queste istituzioni in ge-
nerale sorgessero con funzioni regolari, uscissero bell'e armate dalk
testa di un qualche Giove, foggiate non dal bisogno graduale degli
uomini ma dalla cultura giuridica dei dotti ohe compulsano gli an-
tichi codici. Natiu-almente le attribuzioni dei Consoli del mare sono
da principio provvisorie, non definite e non definibili; nel modo
stesso che l'istituto non ha ancora una fisonomia propria ed è fa-
cilmente confondibile con le altre balìe che le cresciute necessiti
dei tempi fanno venir su ogni anno. A Genova, dove tale incer-
tezza ò maggiore che a Pisa, i Consoli del mare erano sul loro
apparire il magistrato presiedente a tutte le finanze dello Stato di cui
le rendite doganali delle merci in arrivo o in partenza costituivano
appunto il cespite maggiore ed incaricato del pagamento dei debiti
del Comune contratti per spedizioni marittime e simili. *) H carattere
di ufficio può dirsi che a Genova sia esclusivo ed il Consolato del
mare non rappresenti affatto neanche il principio di una organiz-
zazione di classe ; un puro ufficio, come diventa più tardi il con-
solato pisano nel XV secolo, quando i Fiorentini gli danno un or-
dinamento tutto affatto speciale : e officiales comunis Florentiae, sub
appellatione consulum maris. > ') A Pisa invece quelle funzioni am-
ministrativo sulle rendite doganali sembrano affidate ad un altro uffi-
ciale pubblico che pure nel penultimo decennio del XII sec. fa la
sua prima comparsa, i « capitanei > o e domini decatiae » a cui com-
pete la sovraintendenza sulle dogane, sui ripatici, sui dazi di en-
trata e di uscita delle merci, come pure sulle rendite del Comune
nelle città marittime che orano sede di una colonia pisana^ sulle
terre attorno al porto, sulla vendita del ferro elbano*) ecc. I loro
*) ScHAUBE, D(is Konauiaf des Meeres in Genu/i, p. 49G-7.
*ì Bensa, La giurisdiz. der Mercanzia cit., p. 283, da un dee. del 1237.
3) DoREX, Die florent, Woiienindmtrle cìt.^ p. 115 e 152 e Schaitbe,
Dos Konsulat dfS Mf^eres in Pisa, p. 215-6.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Certosa^ 21 nov. 1194, Un tale di-
chiara aver comprato per 500 lire vena di ferro da questi capitani.
OpinioTti sul Ctmaolalo dtl Man a Pisa 303
poteri e In loro autouomia di fronte al potere politico sqqo abba-
stanza arapi, giacohò poiìsouo stare in giudizio per il loro uEGcio e
per il Comune a tutelarne gli interessi,') hanno parte nei trattati
luii altri Comuni, *) danno il tousouso ijuando il Podestà o i Con-
-l'ii vogliono disporre delle entrate che la città possiede a Costan-
tinopoli ed altrove ') o quando alienano le terre del porto *} alla
cui dttlimìtazìoue atteodouo i capitani della Guardia e del Magna-
le,^) invigilanti pure sugli ediSzi e sulle fortificazioni portuali.
Tali, secondo io li intendo, i precedenti ed il carattere del con-
iu>lato del mare. Su questa istituzione lo Schaube ha scritto un buon
libro; buono per la storia esterna dell'istituto, doiiconte nella parte
iD cui vuol determinarne la genesi. Egli, giustameule, fissa come ter-
mine pMl qiiem per il primo apparire del Consolato l'anno 1188
in cui, se questi Consoli fossero esistiti, si sarebbero certo uniti agli
«Itri dei mercanti e della lana nel trattato di pace con Genova; crede
poi di Crovamo nel 1201 il primo ricordo, quando il signore di Tu-
oìkÌ, il 5 giugno, indirizzava una lettera «all'Arcivescovo, ai Consoli di
tem^ ni Consoli di nutre, agli anziani ed all' universale degli uomiai
di Pisa. » ') E quale, secondo lo Schaube, il fatto determinante il sor-
Ifere della nuova istituzione? Le piraterie di armatori pisani, in
quegli anni, specialmente contro mercanti tunisini, le quali provo-
•) Doc. del die. 1187, cit. su n p, «4.
*) Pletrn Gnidetlf • oapiuneus pisanae de^facìae > ^ uno dei Ingati,
I Consolo Oattabianca, a ricevere il (^inrsmeato di pace dei Genovesi,
I tobr. 1188; Atti t Mtm. Soc. lig. »l. jxttria. I, p. 388 agg.
*) Arch. di Stato, Pisa, ferii. Cerlma, 23 luglio 1198. Il Podestà
Udo, coiitraendo un prestito coH'Operalo di S. Maria, gli obbliga col
> dei tre cnpitniii della Decazia le rendite del Comune a Costan*
lopoli.
*) Arch. di Stato. Pisa, Peiy. CTtom, 23 nov. 1220, I Consoli af-
> uno atioro di terni nel porto per 4 don. annui da pagare ai ca
ti della docazia; ibid. 16 die. 1220, qneijti uonferninno la concessione.
*J Aneli. DI Stato, Pisa, Penj. Cerlima, 21 die. 1180. Vicino al Porto,
) sai ponto dell'Arno, esercitava sommaria giurisdiiione anche un
• pubblico passeggero sopra il bestiame • per le greggi di passaggio verso
BiUlU Maremma; Arcu. di Stato, Pisa, Pei^.S. beraardD,S luglio I23&.
*} ScHAUB», cap. 1. La lett. in Amari, Dipi. Arabi, p. 276 »gg.
304 Y. — Dai Ckmsoli al Podestà eee.
carono rappresaglie e soUevaron vive proteste del signore del laogo
al Comune di Pisa. Avvenne allora che tutti quelli che erano in-
teressati al pacifico traffico marittimo, credettero opportuno stringere
una lega di protezione per curare la gran piaga della piraterìa pi-
sana e sorse così l'Ordine del mare che ben presto raccolse in on
corpo tutti gli amici della pace e del commercio. Infatti, mentre
una lettera del 9 sett. 1200 nella quale T ispettore delle dogane regie
di Tunisi dava conto della rapina di cui certi mercanti indigeni
erano stati vittima, è rivolta solo ai Consoli ed ai notabili di Pisi,
Taltra lettera del 5 giugno 1201, invece^ ai Consoli di terra ed ai
Consoli del mare. Ora, a parte l'eccessiva fidanza che si £ei sopra
le espressioni generiche ed enfatiche con cui son designati i desti-
natarì di queste lettere, notabili, anziani, veterani, consoli maggiori
e minori ecc. ; a parte questo, dico ; ma non è chi non veda la ina-
nità di una tale spiegazione. Di piraterie ve ne erano da un pezzo
e per un pezzo poi seguitarono senza che vi si ponesse su troppa
attenzione: esse erano, si può dire, una istituzione ufficiale per la
piccola guerra qaando le più grandi armate ripigliavan lena, vigilate
dalle torri del Porto pisano. Xè vi era bisogno di questo speciale
organo di difesa, per il solo scopo di combattere la piraterìa: vi
era il Podestà, vi erano i Consoli ai quali competeva la tutela del
diritto e dell'ordine. Ed è il Podestà appunto che in questi stessi
anni procede energicamente contro certi corsari pisani e minaccia
nel Costituto chi arma navi in corso, senza il consenso suo o dei
Consoli.*) Se una causa occasionale vogliamo pure cercarla, e vo-
gliam cercare il momento in cui il nuovo consolato sorge, non pos-
sono quella e questo trovarsi, io credo, se non nell'alacre opera
dell' allestimento della flotta, sotto gli occhi stessi dell' Imperatore,
la quale doveva assicurare il dominio del mare, nel 1191. Allora^
per affrettare ed invigilare i lavori, per trattare con i privati ar^
matori, per assumere il comando della spedizione, con poteri mili-
tari e politici insieme, può essere stata nominata una speciale balia
provvisoria, con nome pur esso provvisorio, e comites de mari >•
^) Siatutì, II, Constit. usus, p. 989-91. La disposizione è del 1190.
Indeterminatezxa inixicUe del Podestà; siioi obblighi e poteri 305
i quali perciò prestano insieme col Podestà il giuramento ad En-
rico e forse guidano la flotta che va a bloccare Napoli; ad essi
anzi io credo indirizzata quella lettera del 1191 con la quale l'Im-
peratore dà notizia e fidelibus suis consulibus et universo exercitui
galearum Pisanorum > dei progressi dell'esercito di terra. Non ha
valore di sorta, perciò, neanche quel termine ante qiiem del 5 giugno
1201 fissato dallo Schaube: senza contare i e comites de mari » del
1191« un'altra lettera da Tunisi che allo Schanbe ò sfuggita, poste-
riore di pochi giorni a quella del sett. 1200, è indirizzata ai giu-
dici, ai Oowioli dH marCy agli Anziani ed ai notabili ; dove si vede
che i € Consoli del mare » stuimo nel posto occupato nelle altre let-
tere dai Consoli del Comune e che per gli abitanti dei vari paesi
mediterranei che erano in relazione con Pisa, Consoli del Comune
e Consoli del mare erano, specialmente adesso, la stessa cosa. Era
indifferente chiamarli in un modo o neiraltro; come le loro funzioni
irregolari ed indeterminate, così il nome scelto a disegnare l'ufficio.
La stessa incertezza, nel XI sec, per i Consoli del Comune; la stessa
ora per il Podestà.
Neanche a quest'ultimo magistrato si debbon dare contorni
precisi nel suo nascere. Le istituzioni medioovali, lo ripetiamo, sorge-
van dalla natura delle cose; i bisogni, le circostanze ne aiutavano lo
svolgimento ; temporanee esigenze davano origine a temporanei uf-
fici che cessavano con esse. La macchina amministrativa insomma
non era foggiata a priori, non riproduceva forme preesistenti,
avessero pur queste impresso il sacro suggello della tradizione clas-
sica, ma rispondeva alle condizioni degli amministrati. Basterebbe
osservare l'essere il Potestà, noi suoi primi decenni, ora forestiero,
ora cittadino; ora debole strumento di un partito gagliardo, ora
dittatore vero e proprio: ora nobile di origine feudale, ora uscente
dall'aristocrazia cittadina; ora laico, ora giudice; senza continuità
ma alternantesi con i Consoli ; non sedente in ufficio per un tempo
fisso ma vario da uno a tre anni e poi rieleggibile quando che
sia; basterebbe dico che noi osservassimo tuttt> questo perchè (*i
sembra.sse quasi di assistere al disvilupparsi faticoso, nelle menti
dei cittadini e nella pratica, del concetto e del profilo di questo
Ann. 8, N» SO
306 V. — JDai Consoli al Podestà ecc.
magistrato, dopo lungo provare e riprovare. È perciò senza fonda-
mento credere ed affermare che il Podestà abbia avuto sin da prin-
cipio assai determinati poteri, ^) dato che questa determinatezza non
vi fu nella durata, nella persona, nella patria del Podestà. Certo, se
si studia questo uflBcio negli Statuti e nelle posteriori carte di ele-
zione, ^ si vedrà che di lui son regolate con tutta precisione anche,
sto per dire, le ore del pasto e della digestione, quelle del sonno e
della veglia; ma è chiaro che gli Statuti sono Tultima fonte quando
si voglia ricercar la genesi di una istituzione. L' uso di scegliere
un Podestà forestiero è relativamente tardo, a Pisa ed altrove: lo
stesso Costituto dell'uso, in un passo dei primi decenni del ^TTÌ,
ammette Tun caso e l'altro e stabilisce un diverso stipendio secondo
che il Podestà ò cittadino o forestiero. *) L'atto di elezione del Po-
destà, il suo Breve, *) deve per ora limitarsi ad una formula molto
lata di giuramento col quale egli si obbliga ad operare il bene
della città, ed innanzi tutto della sua Chiesa, a non contrarre ob-
bligazioni per un tempo eccedente il termine fissato da principio
al suo ufficio, ^) a mandare in esecuzione lodi e sentenze degli as-
sessori suoi, a non far nulla anche di poco conto, senza il con-
senso e la presenza dei corpi costituiti della città, specialmente il
Senato. Questo il maggior dovere imposto con giuramento al Po-
destà; ^) gli ò esplicitamente riconosciuto, invece, oltre alle attri-
*) Salzer, Ueber die Anfìiìigeder Signorie in OberifcUien, 1900, p. 27.
') Cosi, incompiutamente, TAbruzzesb, Il Podestà a Pisa nel XIV
secolo f in Studi storici, Pisa, III, 1-64.
3) Statuti^ II, Constit. usus, p. 1009. Se è cittadino o del distretto,
non più di 400. 1. ; se forestiero, quanto stabilirà il Consiglio maggiore.
*) Lo trovo ricordato la !• volta il 1225. Il sindaco arciv., chiedendo
esser messo in possesso di una terra in forza di un lodo precedente, si.
appella ai doveri del Podestà « ex forma Brevis sai joramenti > ; Arch.
Mensa ARcrv'., Pisa, n. 649: poi nel die. 1233; Primazialey 27 die. 1234.
^) Con tale riserva e con la dichiarazione di tale suo obbligo, il Po-
destà impegna nel 1197 le rendite del Comune in Costantinopoli. Arch.
Canonici, Pisa, 22 luglio 1198.
^) Statuti, II, Constit. usus, p. 997: la cx)nfisca dei beni di certi
pirati è fatta dal Podestà Tedicio « Consilio prudentum viromm in Consi-
lio cohadunatorum secundum tenorem sui sacramenti » . Cfr. pare p. 998.
Senato, Podestà e Consigli; Breve M J^idealà
307
buziuiii jETiudiziarie che sodo certo ampie sin da princìpio, il diritto dì
preaes.so la libertà e l'ofGcaro iniziativa
l'I Podestà. Certo di un Consiglio proprio di questo ultimo, per ora
1 'H sembra possa parlarsi: a tianco del Podestà non ai vedono se
iiou i Senatori che ne cousigliauo ed approvano tutti gli atti o soli
oppure con un collegio "aggiunto di 6 cittadini ogni porta, come era
prescritto anche ai Consoli per le deliberazioni più gravi; qualche
filila mancano i Senatori ma vi sono gli aggiunti, per ora eoii-
\ocatt jrregolurmeute, ma nucleo e princìpio di im istituto stabile
che ac(|uisterà notevole importanza politica più tardi, con gli An-
ziani del Popolo: l'istituto dei Savi,') corrispondente agli «Arroti»
Bon>ntinì o ai • Pregadi » di Venezia o mi altri simili, altrove.
Kiiuaneva al Podestà, tuttavia, compito sommamente importante,
coordinare l'azione di tutti i minori ufBci e dei gruppi ed istituti
•■ollegialì, e rappreseutar al governo e nei rapporti col di fuori la
leale unità che legava i capì delle associazioni maggiori e gli nffi-
> lali pubblici più importanti sortì ex novo o anche innalzutisi col
racroglioro le complesse e varie funzioni del Consolato, come sa-
rebbero i Consoli dei mercanti, dei mìliti e del mare, l capitani
■Mia ducazia, i capitani delle circoscrizioni del contado ed i capi-
Htpii delle cappello, ì cui Brevi ora sono legittimi solo in quanto
HlBa rugunu alle disposizioni dello Statuto potestanle nel quale,
^nbuEÌ, come vengono a riunirsi e fondersi tutti ì Brevi fin qui di-
stinti dei minori ufficiali, vigili, camerari, treguani, giudici, mone-
tàai ew„ cosi ai stabiliscono lo norme fondamentali per la vita
iQe coqwrazioni e per la redazione dei loro Brevi : 1 riuscendo
*) U stadia Rossi, ti Comifflin dei Savi detta Ihpubbl. lAsmia, negli
i liorM del CaiviLLUCCl, V, 449-84.
■) StatìOi, I, Br. Comm., p. HO: • Breria aliqua vel staluta oEHcìhIgs
308 Y. ^ Dai Ckmsoli al Podestà ecc.
cosi a costituire una vera e propria summa di diritto pubblico re-
lativo ad ogni di ordine persone, relativo agli ordinamenti politici,
ai privilegi degli enti laici ed ecclesiastici, al diritto penale, alla
polizia urbana, ai lavori pubblici ecc. È un ampliamento del Breve
dei Consoli graduale sì ma che certo comincia subito con T istitu-
zione del Podestà e forse anche un po' prima, dato che il muta-
mento, nella forma esteriore e nelF intimo carattere dei poteri di
governo, avviene a poco a poco nella 2.* metà del XII secolo. E
nel 1236, anno in cui un documento ci dà il principio di un
capitolo del e Brevis pisani potestatis » riferentesi a certe norme
di diritto successorio, ^) tale lavoro attorno al Breve podestarile
deve essere assai innanzi. La partecipazione di questi nuovi Con-
soli e Capitani agli atti più gravi di governo non è per ora rego-
lare nò subordinata ad una norma sicura; e certo essa non è tanto
un diritto riconosciuto da una potestà superiore e sancito in nn
qualunque documento pubblico, quanto una necessità a cui la classe
dirigente si è dovuta piegare in silenzio a poco a poco, date le fun-
zioni pubbliche di cui quei capi son rivestiti e che ne fanno i na-
turali coadiutori del magistrato politico ; è una necessità cui il go-
verno non si sottrae neanche quando ricompaiono i Consoli che
hanno assai più di prima limitata la loro libertà dalla presenza
e dal consenso del Senato o di altri ufliciali. È chiaro che i GonsoH
di questo perìodo intermedio sono anche essi assai mutati dagli an-
tichi ; mutati per qualità ^) e per ampiezza di funzioni, nel senso
che hamio perduto quel larghissimo e quasi incontrollato potere
di cui godevano ed hanno preso più vero carattere di officiali pub-
blici, con una più limitata parte nella elezione degli ufficiali, con
una maggiore responsabilità, con stretto obbligo di render conto del
pisane civitatis et districtus non patiemur neque permictemos habere,
aut aliquibus brevibos vel statutis uti, nisi capitulis haius Brevis etc. >
*) Statuii, I, Pref., XVI.
*^ Ora, come il Podestà, hanno un assessore ^orisperìto che tiene
curia per questioni civili; cfr. Arch. Mensa arciv., Pisa, n. 638, 16
genn. 1233 : si accenna ad una questione per una terra, g:ià portata
e corani Conccto assessore consulum. > Questo Conetto giurisperito ed
assessore assiste anche ad una obbligazione che i Consoli contraggono
con TArciv. nel 1219; Arce. Canonici, Pisa, 31 die. 1220.
bUtutioni che si trasformano
a09
loro operato, dopo scaduto l' iifticio, ed oraendare i danni eventuali
tatti a cittadini o distrettuali che uè abbiano presentato richiamo al
l'ijdestà. ') Nò meno viva 6 la preot«iipazÌone per impedire fra i
Consoli discordie che si sai-ebbero ripercosse al di fuori ed avrebbero
indebolito la loro classe; poiché mentre si impone ai cittadini e comi-
iHtìDì di non far < compaguiam voi societatem vel conspirationem
111 coniuration^m cxintra consules vel rectores »,*) sì proibisce »n-
ho a cia.soun Consolo di comunicare col Senato e chieder da esso
'•usigli, senza l'intesa dei colleghi. ') Insomma da tutte le diapo-
iKioni dei Costituti emanate nell'ultimo decennio del XII e nella
;irìma metà del XIII sec. appare costante lo sforzo di togliere agli
offici maggiori dolio Stato tutto quello che avevano di irregolare,
di arbitrario, di angusto, per cnì non erano più adatti alle nuove
ooudiziuni del sostrato sociale. È uno sforzo tenace, compiuto un
pò* per interesse della aristocrazia, un po' per la pressione del po-
polo: e mentre esso dura, i poteri pubblici sembrano quasi presi
netr ingranaggio di una macchina che li trajjcina, apparentemente
di!tmiggendo il vecchio e creando il nuovo, di (atto integrando
'inolio con questo, con periodi frequenti di vacanza al governo,
:i''i qnali la città si regge solo per la relativa concordia che pro-
' osito della elex. dei mo-
dulatori degli ufficiali, si dice: « Consilio senatorum vel si tane civitas
non haberet, Consilio trium prudentum virorum etc. »
3^ Nel 1191 il Podestà, giurando all' Imperatore, si obbliga che con
lui giureranno < omnes pisani Consules qui sunty vel futuri sunt*.
*) St'ituti, II, Constit. usus, 991-2.
^) Arcu. di Stato, Pisa, Atti PubU., 1 luglio 1194; contraggono
un prestito di 1000 lire.
^) Arcu. di Stato, Pisa, Perg. Certosa^ 16 marzo 1199. Un (^aari-
gango del Comune tenuto da A. Gualandi nipote del fu Conte Tedicio.
Pisa contro Vott«ira, Lucca e Firenxe
311
l'ufRcio, poichò di ossi sei, il Viscouti, Onetaiii, Burguudio e Gu&>
iHiidi giurano — e perciò occupuno uua posizione ufficiale che dif-
tìdlmente può esser diversa da quella dei Consoli — insieme col
Pi>destà, dopo di luì e prima dei Senatori e dei Consoli del mare,
il trattato del 1191 con Enrico TI. ') Hanno ceduto al Conte le
responsabilità più gravi del potere, hanno agevolato in tal modo
le trattative con Enrico, si sono messi quasi sotto le ali protet-
trici di una persona influentissima e ben vista nella città ed ora,
al momento opportuno, riprendono la posizione antica. Certo non
senza < conjurationes et conspirati ones > interne, mentre il contado
ramoregpava, ancora riluttante a pieg^are il collo ai Visconti ar-
livettoovili e alla nuova tirannia della città sostituitasi a quella dei
-i^^Qorì, proprio quando, con te migliorate condizioni di vita, ai in-
nalzavano anche le idee e le speranze di quelle popolaitioni agri-
cole verso un più alto e libero assetto sociale.*)
Precario era pai il possesìio del territorio ai confini, speciat-
taeiito dalla parte di Volterra che da un pezzo ambiva rìcouqui-
Rtaro f^osteiii anticamente auoi, passati in seguito alla Mensa arci-
vescovile di Pisa ed Incorporati poi nel territorio di questa città
dopo i diplomi imperiali. Ed il Comune volterrano aveva mosso
guerra ali 'Arcivescovo Ubaldo ed al sno feudatario Lamberto di Mon-
t'vasu. per questo castello e per quello di Mele, per metà di Strido
' di Riparbella. ') Tutta la Maremma doveva poi es.>^er campo di
ontrasto economico fra mercanti di Pisa e di Volterra; ed è dovuto
forse a quelli se E^nrico VI dichiara ora illegale la moneta che al
Vescovo di Volterra Enrico stesso pochi anni innanzi aveva con-
PWT" di battere e comanda alle città di Toscana di non ammetterla
^^L ■) Anche nel 1192, sotto Tedicio. h un console Alberto che vn a Co-
^HÌBBti'iopoli per la pace cou l'Imperatore e giura «ex prM'eptoet volaniate
^Rfczehleplacopi, consulum, t; HCllbr, Documenti, p, 40 egg.
^^ •] Vedi M>pra a p, 71 i torbidi di Blontina; lo §tea»o io Maremma
•d a Horrona; doc. clt., p. 49, nota 1.
*i Mattbi, Iful. Eccl. pia., I. p. 69, 27 sett. 1199. Compronifwso degli
Krbitii ttli^tU dai Consoli volterraui v dall'Arcivescovo, nel 119K, dopo che
quelli ebbero preso Strido.
312 V. — Dai Consoli al Podestà eoe.
in circolazione. *) Nò pivi sicuri si era suU* Arno dalla parte di Locca:
in apparenza vi è pace e per dirimere le piccole questioni segui-
tano sempre a tener curia, almeno sino al 1190, quegli e arbitri
inter Pisanos et Lucenses » istituiti da mezzo secolo. *) Ma contro
chi può esser rivolto T ammonimento di Enrico VI ai Fiorentini
nel 1194: di aiutare i suoi buoni amici di Pisa, con l'opera e col
consiglio nel pieno acquisto del contado che egli, ha loro concesso
per lo meno di non frapporre impedimenti di sorta? ') I territori
pisano e lucchese avevano subito molte modificazioni con le guerre
e coi diplomi del XII sec., ed il secondo ne era uscito quasi di-
mezzato; il trovare non di rado nei doc. di Valdera prevista la
possibilità di contrasti fra le due Chiese, mostra che questi eran
quasi continui. *) Ora Lucca è in alleanza strettissima con Firenze,
dal 1184, con obbligo reciproco di assistenza in caso di guerra, ed
ha visto le proprio fazioni pacificate per T intervento conciliatiro
dei Fiorentini. Certo questa tacita minaccia di Enrico non poteva
giovare alla causa della concordia fra le tre città contermini: do-
veva invece rinsaldare Tamicizia Lucca-Firenze, e quasi condensare
quelle nubi — foriere di vicina tempesta — che già accennano lieve-
mente ad alzarsi suirorizzonte dei rapporti di Pisa e Firenze, non
estranea a ciò la politica degli Imperatori e specialmente di Enrico.
Era un pisano e fra i più fidi all' Impero, il Podestà di Firenze
del 1195, Ranieri Gaetani, che negli ultimi decenni aveva avuto
una parte rilevante nel lavorio diplomatico della sua città ed ul-
timamente era stato Console, durante la podesteria di Tedicio e dopo
di lui. Non fu certo una idea felice questa dell'Imperatore di im-
porre come suo Podestà a Firenze il cittadino di un Comune già ora-
mai rivale; im Podestà audace tanto, nel tempo del suo ufficio, da
non arrestarsi dinanzi ad una riforma delle curie giudiziarie la quale
avrebbe dovuto commettere a mani amiche la amministrazione della
*) Stimpf, Die Kcùserurkundeny 4646, 18 ag. 1189 e Santini, Nuovi
documenti ecc., p. 286. Enrico VI a Firenze, 1194.
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 29 die. 1191.
5) Doc. cit. nota 1.
^) Arcu. Mensa arcfv., Pisa, n. 504, 14 sett. 1192.
Pisani e Oenoveai in Sicilia 313
giustizia; donde la restaurazione del Consolato, per una vigorosa
reazione della aristocrazia consolare e mercantesca oSesa nei suoi
interessi dalla fiscalità del Duca di Toscana Filippo di Svevia e
nel suo sentimento nazionale ed antimperiale dal dominio di un
cittadino di Pisa, ^) il Comune al cui bene Enrico, invece, dichiarava
voler rivolgere ogni sua sollecitudine, perchè potesse meglio im-
piegare al servigio dell' Impero le sue forze navali. La prima spe-
dizione del 1191 era andata fallita dinanzi a Napoli per mare e
per terra, con l'aggravante che la insufScienza dell'armata pisana
di contro alla poderosa marina normanna, aveva indotto Enrico a
cercare la cooperazione di Genova e la gelosia per i possibili vantaggi
della rivale avevano indotto i Genovesi a rispondere rapidi all'appello,
dietro promessa di ricompense non di molto inferiori a quelle di
Pisa; salvo accorgersi più tardi le due città che V Imperatore, come
si esprime l'annalista genovese, < prometteva mari e monti e por-
geva le mani piene di vento » non meno all' una che all' altra. *)
Ora nel 1194 l'Imperatore era di nuovo in Toscana e nuove
flotte apparecchiavano Genova e Pisa, complici interessate del mi-
serabile scempio di una fiorente monarchia. Ma conquistato il con-
tinente, venuta Gaeta nelle mani dei Genovesi, fatti i primi acquisti
neir isola, dovevano le due armate trovarsi di fronte l'una all'altra
per contendersi quelle città che Enrico con facile munificenza ma
con palese mala fede aveva insieme promesso ad ambedue. A Mes-
sina, Pisa e Genova possedevano un fondaco ') e numerose vi
erano le loro rispettive colonie; quella pisana amministrata da un
Console. Ora, appena presa la città, i rivali vengono alle mani:
i Pisani saccheggiano il fondaco genovese; i Genovesi sopraffanno
la s(|uadra nemica e prendono 13 navi. Malcontenti i primi dei
favori che Genova aveva ottenuto a Gaeta dall'Imperatore, si as9 : i corsari emendino i danni. € Nec prosit eia pac-
tum del conveiituin aut transhactio, 8l([Uod inde fecerunt, cum consalibus
vel potestatc aut rectore; nisi factum fuerit Consilio senatorom etc »
Pisani e Veneziani in Oriente.; conquiste di Sardegna 315
l'Impero ^reco e Venezia ed uu podaliche verso il Regno nor-
manno. Il primo risultato della spedizione del 1191 contro il Re
Guglielmo era stato che questi aveva fatto alleanza con Tlmpera-
tore Isacco d'Angelo ed indirettamente con Tamica dei Greci, Ve-
nezia, tutti e tre preoccupati delle moditìcazioni che una conquista
tedesca dell' Italia meridionale, con V appoggio di Genova e Pisa,
avrebbe portato neir equilibrio del bacino orientale del Mediterraneo.
Si era preparata così materia di incendio. Due corsari genovesi e
pisani avevano ('atturato ed ucciso nel 1192 certi ambasciatori greci
v<»leggianti sopra una flottiglia veneziana dall' higitto a Costantino-
poli; *) da poi»o era stata conchiusa la pace, con restituzione degli
antichi privilegi e possessi, fra Pisa e V Impero e fu subito rotta,
ad essa una coscienza collettiva latente, ma tale che poteva
H'occmsione manifestarsi ed esplicarsi come sentimento nazionale. Da
I classe sociale omogenea che in ogni Comune mert'ava e lavorava,
leudo ad uno stesso assetto politico interno, veniva fuori questo
«
* Isdcm Mrirchlo, ciim vrstrr cìvig rilatat cil Ho vfiHtra »H cM-
1 qna doinklllain nbtlnct, oriundus, et paMr ne avua eliu vostri
w extlterìnt etc. >; cosi 11 22 die, 1210 Innocenzo parla al PImdI
I HOBato Marchese Ougllolmo lagnandosi che per certe sue questloul sia
(ratto davouti al loro pudici. Toi.a, Coil. dipi, ttìrdo, hoc. XIII, n. 19.
') ÀKOU. Roxcioxi, Pina, D. 1^, 29 marso 1196. I Cun.ioll (iromet-
loaia dnl Uiudioe mandare uu Ooanole ad Arborea ■ tale icopo.
318 V. — Dai Goìisoli al Podestà ecc.
prodotto ideale che segna il faticoso ed ormai vicino sorgere di una
nazione italiana individuata in mezzo all' Europa feudale in isfa-
celo ; una nazione esistente come fatto etnico, sociale, intellettuale,
prima che esistesse come fatto giuridico. Le guerre continue, le ge-
losie fra questo stesso ceto mercantesco di città diverse, la lotta
tenace per allargare i propri mercati a danno degli altri o per con-
quistare il mare togliendone il monopolio a chi lo navigava quasi
per privilegio di natura, non impediscono, fra i Comuni di una certa
regione geograficamente e storicamente definita, un fatto che è insieme
Interesse ed idealità intimamente congiunti, cioè un pivi largo e meno
esclusivo sentimento comunale che non rifugge da contatti con vicini,
che ammette anzi con essi una intesa se non duratura certo sin-
cera ed efficace, per certe finalità pifi o meno immediate. E una con-
dizione di fatto ed uno stato d'animo che saranno fra i fattori più attivi
delle grandi Signorie, inizio dello Stato moderno, nel tempo stesso
che con il naturale ascendere del più adatto, del possessore di una
maggior somma di energia e di una più solida base economica di
lavoro proprio, preparano la via a chi dovrà e potrà coordinare ad
unità, trascinando i restii o conciliandoseli, tutte le comunità poli-
tiche circostanti, fin qui centri autonomi di una vita piuttosto isolata
e quasi primitiva. Si comincia a stringere fra le città quel vincolo
volontario federale che si è stretto fra i cittadini col sorgere del
Comune e che si stringe ora anche dentro le città stesse, col suc-
cessivo riunirsi e confederarsi in unità sempre più ampie, delle varie
corporazioni più omogeneo vissute da principio tutte chiuse gelo-
samente in sé, attorno alla propria chiesa, con quel particolarismo
ed esclusivismo che è proprio dei gruppi e degli Stati quando non
sono pienamente ed organicamente costituiti, quando non ancora la
visione chiara di un interesse comune ed una anima collettiva forma-
tasi coi contatti hanno operato come cemento, ma che tende a scom-
parire col moto accelerato dentro la città e dentro una regione, col
crescere dei moventi delle azioni, con il complicarsi dei vincoli
economici fra ceti e Comuni affini, con il formarei di una continuità
nella vita esteriore ed interiore delle associazioni economiche e po-
litiche — dacché la ricchezza e la sicurezza deiresistenza hanno in-
La Lega toscana di S. Oenesio (1197-8) 319
nalzato cosi il tenore di vita degli uomini, come lo loro aspirazioni —
con il costituirsi dei Comuni come piccoli Stati rivestiti di tutti i diritti
pubblici, signori di un territorio ormai ben definito e conquistato ed
unificato, forniti di una personalità nettissima V uno rispetto agli altri,
disposti anche, se loro fa comodo, ad innalzare fino a so, aggregan-
doli alla propria politici come alleati, quei grandi signori feudali
cui fino qui hanno combattuto ad oltranza, ma ora non più temibili
dopo che la defezione dei coloni, i debiti, la guerra aperta o dissimu-
lata delle città, l'abbandono degli Imperatori ne hanno dimezzato
il credito e la forza ed hanno ucciso Tantico feudalesimo militare, il
suo carattere pubblico; sostituendosi a questo e sopravvivendo solo
Telemento privato, economico e fiscale.
Così è possibile la prima lega lombarda e la seconda a S. Don-
nino nel 1195, quando in tutta Italia, animata come da un soffio
incomposto ma potente di vita nazionale, covava un fermento gene-
rale contro i Tedeschi e le città tendevano ansiose al riacquisto dei
pieni diritti sul cont^ido, non ammansate dai diplomi imperiali che
sotto forma di graziosa concessione sovrana avevano ristretto per
lo più ad un breve circuito la giurisdizione territoriale delle città; *)
così ò possibile ora la Lega toscana di S. Genesio, di capitalo im-
portanza e quasi indice e principio di un'epoca nuova nella storia di
questa regione, e tutte quelle Leghe sempre più frequenti e più larghe
che si stringono nel XIII e XIV sec»olo. Preparata assai probabilmente
da partH'chio tempo, da un abile diplomatico della Curia jwntitìcia, il
Cardinale Pandolfo llasca lucchese *) ma forst» di origine pisana, in
mezzo alle difticoltà di far convergere ad un fine comune città spesso
nemiche ed in guerra aperta fra lon), come Fiivnze e Siena, \ a Siena
(Stvmvv, Aria Imp. in**(l., 244, 22 ott. IIHO; od a Firenze .Santisi, Z>o-
cumenii, XXXV-XXXVIT.
'ì I>AVii>80iiN, (ienchichte^ p. 613 sejf. ; non inclina a credere a questi
accordi preliminari avanti la morte di Enrico il Santini, StiuUf p. 206.
320 V. — Dai Consoli al Podestà ecc.
quelli di Pisa; ^) questa lega è fermata e giurata fira l'il noTembre
del 1197 ed il febbraio del 1189 dal Vescovo di Volterra, come
sigQore della sua città, dai Consoli e dai rappresentanti di Firenze,
Lucca, Siena, Prato, S. Miniato e, poco dopo, Arezzo. Se la L^
fu stretta anche dopo morto T Imperatore, è evidente che essa non
era rivolta solo contro di lui e permanevano le chiuse che la avevano
provocata: questo è stato messo in chiaro dagli studi del Villari e,
più di recente, dal Davidsohn e dal Santini per opera dei qnah gli
scopi ed il carattere della concordia hanno ricevuto piena luce. Si
voleva rovesciare tutto quel meccanismo amministrativo che gli Im-
peratori avevano istituito nei territori delle città e che seguitavano
bene o male a funzionare ; sciogliere il contado dai lacci della grande
nobiltà feudale su cui poggiava la forza dell'Impero. Sempre così:
le cagioni prime della guerra e della pace per questi Comuni sono
in essi ed accanto ad essi, non fuori; Papi ed Imperatori danno
qualche spinta, possono far piegare un po' da una parte o dall'alt»
uomini ed avvenimenti, ma nulla più di questo. Ora Firenze ricu-
pera Monte Grossoli e fa giurare castelli e signori ; Lucca sottomette
di nuovo i nobili delle sue montagne; Siena riprende i castelli d'Or-
gia e di Asciano; alla Lega debbono aderire — ed equivale ad un giu-
ramento di fedeltà — il Conte Ildebrandino, i Buondelmonti, Croido
Guerra e il Conte Alberto, splendida vittoria del Comune fiorentino
e degno risultato di una politica accortissima che mai perdeva di
vista i suoi scopi ed i mezzi per raggiungerli. Anche nella valle
del Po le città si affrettano a riprendere i castelli dell'eredità ma-
tildina,^ invano contrastati loro dalla Curia pontificia la quale in
tal modo, venendosi a metter di fronte ai Comuni, rispetto ai ter^
ritori, nella stessa posizione dell'Impero, finiva di rompere quella
certa solidarietà che fino allora vi era stata fira la Chiesa e buona
parte dei Comuni italiani e che aveva fatto apparire il Papato quasi
rappresentante e propugnatore della causa nazionale. Così in To-
^) £ il caso di Lucca a cui Enrico il giorno prima di morire rilascia
da Messina simile diploma; Stumpf, Die Beichsurkunden, 50B0.
«) FiCKER, Forschungen^ II, 286 sgg. ed Ovbrmank, Grùfin MeUhUde
von Tuscien, p. 94 sgg.
// gran rifiuto 321
scana: la Lega di S. Oenesio, sebbene promossa anche questa da
Roma, dimostrò sin da principio di volersi affermare con piena li-
bertà d'azione, disposta ad accogliere il Pontefice nell'alleanza ma
a resistere nel tempo stesso a tutti i tentiitivi di sopraffazione, spie-
gatisi senza ambagi quando al vecchio l^apa Celestino successe V8
gennaio 1198 l'ambizioso ed audace Conte di Sogni, Innocenzo III.
A questa vigorosa manifestazione di vita libera, (^ho ò anche un
geniale concepimento politico, rimano estranea Pisa, indifferente a
sollecitazioni ed a minaccio; poichò ò certo una minaccia contro di
essa robbligo che gli alleati giurano di voler far guerra ai Comuni
che si rifiutino entrare nella confederazione: ma un Conte della
Gherardosca al governo della città non poteva ora non essere di
grande impedimento per quei Pisani, so pur ve ne erano, che aves-
sen) voluto far parte di una Lega la (luale appunto contro la feu-
dalità intendeva rivolgere le sue forze. Nel s(»tt. 1196, pur rima-
nendo al loro posto i Consoli, abbiamo a Pisa di nuovo il Podestà,
anche ora un Tedicio della Gherardesca, forse il medesimo (h»l
1190-92 ed egualmente rivestito dt»ir ufficio per molti anni.*) Pro-
prio sul nasc^To della L(»ga, la famiglia (rlieranlesca era impigliata
in una minuta ma lunga guerra con gli uomini di llontopoli, llarti,
Fucecchio, Stibbio «»cc. per il castello di IL Bicchieri stretto d'as-
sei Stato, Pisa, Cerfost, 13 ng. 1199; ibid., Firenze, S.Afi-
niaio, 1211.
Ann,8.N. ti
322 V. — Dai Consoli al Podestà ecc.
da notare che non ultimo coefficente deiraccordo erano state le rìTalitì
fra Comune e Comune e le gelosie specialmeHte addensate contro
Pisa ; non poteva perciò questa mettersi a fianco del vescovo di Vol-
terra con cui vivi erano i contrasti per il cx)ntado e la moneta, né
unirsi a Lucca che aspirava sempre alla valle dell'Era e solleci-
tava privilegi commerciali da Eurico VI, quasi in concorrenza con i
Pisani. Ne bisogna dimenticare Firenze: si è rapidamente awìcinau
nelle relazioni fra questa città e Pisa ima fase nuova, forse non pre-
veduta neanche quando nel 1171 esse stringevano il primo trattato
di commercio. Negli ultimi decenni, Firenze era salita con rapidità
prodigiosa in potenza politica ed economica e le sue arti già for^
temente costituite tivevan parte al governo, nei consigli del Podestà
e nei trattati col di fuori ; risultato a cui non potevano essere stati
estranei i privilegi commerciali in Pisa e la libera pratica nel suo
porto che ò divenuto ora fattore indispensabile della vita industriale
fiorentina. Quindi il tendere di Firenze alle vie del mare, ora che
il contado da ((uella parte è pienamente assicurato; quindi la rivalità
economica fra i duo Comuni ed, a poco a poco, il gravitare della
vita politica di Toscana verso un altro centro, cioè da Pisa il cui
predominio non era più incontrastato, verso Firenze, la culla pros-
sima della civiltà italiana: la Lega di S. Genesio, promossa da Fi-
renze, inaugurava appunto questa nuova storia fiorentina. Perciò Pisa
so ne rimane in disparte sdegnosa e crucciata; avrebbe fatto altri-
menti una volontaria rinunzia alla autonomia ed alla supremazia,
poiché la Lega come era stata sollecitata da Firenze così da essa era
condotta per il maggior utile proprio. Pisa veniva in tal modo iso-
landosi in Toscana, essa che si sentiva padrona delle coste tirre-
niche e si era abituata a veder le città dell' interno messe quasi alla
sua dipendenza per i loro rapporti con il bacino del 3Iediterraneo;
queste al contrario si trovavano ogni giorno più, di fronte a Pisa.
in una comunanza di interessi che rinsaldava i vincoli delle città
amiche ed attutiva i contrasti delle città rivali, costituendo un altro
fattore della unità storica della vita toscana e delle molte leghe guelfe
posteriori, ispirato e guidate da Firenze, possibili con una certa sta-
bilità e con carattere determinato solo quando una tradizione pò-
Pisa e Firenze; Pisa ed Innocenzo III 323
litica dei Comuni può dirsi formata e, passate od eliminate a poco
a poco le cause transitorie di dissidio, rimangono e si consolidano
quelle per le quali un compromesso ò difficile se non impossibile,
ma solo si vuole la vittoria assoluta e Tassoluto annichilimento del-
l' una deiralti'a delle parti contendenti. Possiamo perciò fin da ora
indicare con tutta sicurezza quali città poi si chiameranno guelfe
e (juali ghibelline; possiamo anche intendere che significato avranno
tali parole, prive veramente di un contenuto proprio ed incompren-
sibili ove non si tenga conto delle cause reali e tutte proprie della
Toscana che son loro a fondamento.
Tali cause per Pisa si riassumono nella posizione geografica ri-
s|>etto a Roma, nella priorità di sviluppo e di potenza del Comune
pisano di fronte agli altri di Toscana ed anche a Oenova, nella com-
posizione della cittadinanza, nelle vicende del conflitto con i (reno-
vesi (KT il predominio marittimo, nelle mire deir Impero verso Tltalia
meridionale ed insulare, nella posizione di aperto combattimento che
la città prende sempre più nel XII se<*olo, verso buona pirte della
Toscana, in ispecie verso Firenze e (^he si dimostra d(»tìnitiva ora
nel 1197 col rifiuto di accedere alla Lega di Sun (Jenesio. K vero
che questa, [)ur avendo un grandissimo significato morale, pur <»s-
s<»ndo idealmente generatrice di tuttt» le altn» che si stringono in
S4^guito in Toscana, non riesce a fondare concordia ed unità dura-
tura, colpa gli interessi delle città solo in piccola i)art(» collidenti
e la intrinseca natura dissolvente dt»l Comune; colpa anche il Pon-
tefice Bonifazio eh»» volU» sfruttare a proprio vantaggio (juol vivace
spirito di solidarietà acce>Josi quasi con viol(»nza fra il XH e XIII
seHM)lo, riuscendo solo a seminare zizzania; è vero tutto (luesto: ma
rimase pure un gran li(»vito di risentimento fra Pisa e Firenze,
trovatesi ora in (|Uella condizioiK» Mi sj)irito in cui l'antipatia e
l'mlio diventano istintivi, aiu-lie indipendentemente dalla opposizione
degli inten»ssi ; diventano parte sostanziale di tutta la ciunplessa
psiche individuale e collettiva della cittadinanza e si manifestano in
tutti i modi ed in tutte le occasi^Mii, durante la pace e durante la
guerra, nelle leg^jiMide antiche clic la fantasia popolare trasforma [mt
immettervi contro la città vicina come un rivoletto d'odio che
324 Y. " Dai Consoli al Podestà ecc.
non poteva esistere ai tempi a cui esse si riferiscono ; si manife-
stano finanche in quei proverbi ed in quelle facezie grossolane,
dure, pungenti del popolo o studiatamente maligne degli serìtton\
di cui è ricca sopra tutte le altro la letteratura storica d' Italia.
Anche fra Pisa e la Curia romana le cose non potevano passar
tranquille. Già vivo Celestino, i suoi Legati avevano scomunicato la
città il cui rifiuto lasciava aperta al nemico la via maestra della To-
scana. Innocenzo accenna da principio ad una linea di condotta di-
versa: con i propositi che egli portava su alla Sedia pontificia, è
naturale che volesse subito atteggiarsi a protettore della Lega e per
meglio riuscirvi si mostrasse assai poco propenso ad approvarla e
confermarla. Ai Cardinali Pandolfo e Bernardo Legati in Toscana
rimproverava sui primi di febbraio la troppa condiscendenza nel
consentire ad alleanze non utili né oneste per la S. Sede, spettando
alla Chiesa e non ad altri la signoria sul Ducato di Toscana. ^) VoU
di fantasia, che dovettero abbassare le ali di fronte al risoluto propo-
sito degli alleati di fare da so e non voler sostituire ad un Imperatore
il Papa: ma Innocenzo cercò servirsi di Pisa come di un'arma
per imporsi alla Lega: poco fortunato ed avveduto, in questo, poi-
ché avrebbe pur dovuto capire che Firenze non poteva in fondo
rammaricarsi troppo di un rifiuto che le dava modo dì occupare
fra i confederati il posto migliore senza l'obbligo di spartirlo con
altri. Sembra che Pisa un momento accennasse a piegare ed allora
il Papa scrisse ai Legati di Toscana che la accogliessero nella Lega,
ma solo se Firenze e le altre città avessero mostrato buon viso alle
sue domande; facessero poi capire ai Rettori, (ed in questo egli
mostrò aver inteso gli umori ) che se negavano, la Chiesa avrebbe
sciolto Pisa dair interdetto. *) E poiché gli alleati mostravano
voler proseguire per la loro strada e spargevan cattive voci sulle
intenzioni del Pontefice, questi tolse realmente la scomunica. Vi
dovettero esser contro Pisa gravi minacce di guerra da parte dei
*) PoiTHAST, liegesia, n. 21 e Fickbr, Forschungenj II, 384.
*) PoTTUAST, Begesta^ n. d&, 2 marzo 1198.
ViseonH contro Qht/mrdeaca
325
vk-iuì ed Innocenzo scrisse loro che se no g^iardassero ; venuto &
qaa8i compiuta rottura con la Le^a, minacciava che oramai per lai
era venuto il tempii di unirsi all'Impero contro i ribelli. *) Ed era
forse tattica di accorto generale, questa di Innocenzo verso Pisa
di cui cercava conciliarsi il favore, come per sostituirsi all'Impero:
nel frattempo era in ottimi rnpportì con l'Arcivescovo Ubaldo al
quale conformava la Primazia sulla Sode di Torres in Sardegna e
riconoBCova quella su Cagliari ed Arborea. *)
I &ttì interni ed esterni di Pisa iu questi mesi sono per noi
■Tvolti nelle tenebre. Era sempre iu uQìcio, almeno fino al primo
aprile 1199, il PudostA Tedicio ; ') ma i dissidi fra i cittadini, che
si manifestano a noi nell' ondeggiare di Consoli e Podestà, dovet-
tero essere rinfocolati dai gravi casi di Toscana e dall'azione del
Pout«tÌPe e dei suoi Legati. Io credo si fosse formato un vigoroso
{Hutito contro ì Gherardesca che oramai sembravano aver moD(^
polizxato l'ufficio di Podestil ed il governo del Comune; un partita
a cui diede forza la morte di Arrigo VI che scompaginava Iu file
degli amici dell'Impero in Italia e distniggeva le speranze vicine
di grandi vantaggi tt^rritoriull o commerciali nell'Italia meridio-
nale: i Visconti dehhono probabilmente essere alla testa di questo
partilo, poiché d'ora innanzi cessano i Gherardesca di occupare la
podeNteria ti l'ominciauo i Vissuti, anche se da principio forse essi
rappresentano solo la tendenza di restaurare il consolato, durante il
quale avevano avuto tanta parto nel reggimento della cittil. Ha dopo
morto o deposto o scaduto d'ufficio nel 1199 il Conte Tedicio, non
si riesce, in m<rardeH-a con S. Minialo daduca
« TnlJclo nel 1198 ora mnrlo od afTornii crhc questa inorU* prodnaao U
Ublameulo nella politica della cittA verso il Pontefice.
») AxAKt, Dipiotni arubi. 1* serie, p. 23, 7 »ett. laoO.
. li'. V IJ ■;«=!:• ?" •'."^r.i ■V.-rJ ? .•r':i.j: :'>! T •I«:Ci?4:c« 'tritai -cniias: iriL:
i-'. '.".:". >eJr:MTt:-ra. .1 I A. - 7 .k.' -/^ri-r "1 ? irfUiJT. * i»»r 111 r :ià=3à
' 'jh,: ".u'j: :.r ?-:i\...- >r:.. ir-'. Il':":' 3»rr*LTT.-fa:^ ^ri-^rc^- feC»f iìjì«
.•r vrLm ■;.•*' :. -.. r.-i :j^-.-,ixr..:ii:.:-. .Li^r-rr-'.-mc •nrnifcTuji T•:•:^'■ £»:*:«: èilii
iìciz,'.- ■•■; v*j. ri k^-^i^ •■- L--'.-";.-.-: : rir P:jììi.t/.. -lauTc gro^tfgr'rrpfi?
ò*:.-.i ■".'.■.'•:.=-■.& C- V'>--:ir.r.L :•_:*:., ìt^v*^ iiT->r:T> z>rC S±»('»ì 1* fi;a
òr." ?r.:-'^;^- Air'^vJ"-. é.»:-i:".:rLC:::' i»:-: iir-'Ji j-rr-j-CTi* zìatt. ^ li
IMrr,' C. '■}:.'• r>'.i ■'!&>: faV-.-rr ^Td r'J AÙTTÌ LiTTn, ■Jc-T-i:- ìli Caditi
ci.' I.-iat.-'v-'' ':*A:.;-^.-: r^vr^ ••i- ■^-" f:«js^r> siiriiori. njesijr
z;orjj j:aì ':rj': \*ìt vjrr^v-a. ♦,>^i.i ^d il is..» imperiiJ'e, «t^tab b:?»:«n>':'
di VjT-f, M.di f'.-r-^'; ]a r-^nvv ..]r:riza dimostrata sa Pisani: ^t:» c-ppcts-
biiìtruVà fWli' It5iw:T'j à ■•'ì: av^rva imp.'Siv ]a pr-'^pria politicai ed àreyi
d'rtlav» vajjTar;.'io-i^"irD: r^rri '•••mm^r-iitìi: ora si voì-eva indebc^lire
qu'rrrta f'iti■.nv^Jd•>]^' una rivale. Pisa, ai cui danni fora?
yfsU'rZiH in ^jij<.']l'» svrss" umpo. mf:-ntre oeiy^ava ohinderìe mni i pc«rà
d^rllAdriati^o. *j strini''.- va a'>;«.»rdi anche in Toscana *i apprc*finaiidi«
della crf-'y^^rnte iuirni^.izia tra Fiorentini e Pisani i qoali. pia che
* TRONfi. Annr/H. ì2(Jf>.
* Miii.LKR. Df^nmenti, p. 94, IS genn. 1223; Relaz. del Priore stieaso
airArciv. Vital'r .sul]'ainniinì>trazione di quelle chiese.
* Hkyi». IliJftoirti, I, 2^;5.
V, Nel wtt. UK» una flotta veneu, entrata nel porto di Brindisi,
costrìn^f' ìi Coni une ad obbligarsi di non dar ricetto o aiuto a Pisani e
0','novr;-i. WiNKELMAXX, Acta Imjferij\ I, p. 470.
^ Santini, Docuw., p. 72, 14 ag. 1201. Trattato Fii
/ pisant a
327
iù ostinati liì far partn da so. < ìpsi soli, jatn omnibus alijs
lìtatem et coDcordiani ioductis, tamqiiam hostes patriao i
niiun excidio viderentur >. ')
Cosi i Rettori delle città toscane si oran lamentati col Pontefice
I quale era venuto nella seconda metà del 1198 ri avvicinandosi
I Lega, interrompendo il giuoco di servirsi di Pisa come spau-
Schio per tirar quella ai suoi voleri, anzi esortando la nostra città
I entrarvi. Ka eran parole vane: rifiutarono anche i Pisani nel
U8 di rappacificarsi con i Genovesi per la Crociata cto Inao-
Bxo vagheggiava, ed in Sicilia seguitarono ad ostacolarne i disegni.
1 da parecchi anni Pisani e Genovesi si travagliavano in una
inatu guerra di corsa, durante la quale i primi trovarono modo
I riaccostarsi al partito tedesco, mentre gli altri si alienaron com-
JDtttmeiite, con atti dì pirateria, l'animo di Costanza vedova di
rìco e del vicario imperiale Mai-cualdo di Anweiler c«l quale
i Pisani erano in ottime relazioni aiutandolo con le loro
I a sostenersi nell'isola, E ne ebbero certo ricambio dì aiuti
indo nel 1202, durante i torbidi che alla morte di Costaiuw scon-
joro la Sicilia, riuscirono con un colpo di roano di cui fu gran
B quello stesso Conte di Scgalari che abbiam visto dar prova di
I 8 Costantinopoli, ad impadronirsi di •Siracusa. Mnrcualdo era
manicato come usurpatore di un dominio che la Chiesa preton-
t: ■) fiipiriamoci quindi se a Piiiui, all'Arcivescovo Ubaldo, a
rdo Visconti Podestà ed al Popolo non dovevano giungete
tonimenti e minacce ed ordini dì non mandare aìutì a Uar*
kido e dì proibire ai Pisani di Sicilia di appoggiarlo, ») La oc-
usioue di Siracusa duri) poco, due anni: nel 1203 Murcaaldo
( cacciato dall'isola*) e nell'agosto del 1204 Siracusa ohe i Pi-
li avevan fatto centro dì ardite scorrerie piratesche, oadevn nelle
ni dì una armata raccogliticcia dì navi genovesi, condotte da
>) POTTUAST, Bigfmia, n. 614, febbr. 1199.
*) PomiABT, B*fft»la, a. 601, 829, 841, H77, H21; ann. 1199-1901.
*l PoTTHAST. HttjBtla, ji. 1*26-7, 1554-6, I62fi; giugiio-lo^llo, nov.-
dlc. liWl, 4 manto 1303.
*) l'oTTHAST, Segenbt, a. lBUl-3, 22-30 «pc. 1203.
328 Y. — Dai Consoli al Podestà tee.
corsari audaci ed aiutate da un concittadino, Enrico Pescatore, antico
corsaro anche esso che era riuscito a farsi dell'isola Malta un dominio
feudale assiunendone titolo ed ufficio di Conte; e Conte di Siracusa fa
pure chiamato ora un altro corsaro genovese, Alamanno da Costa,
invano combattuto da una flotta pisana che neiragosto, sotto Ra-
nieri di Segalari, strinse d'assedio la città e poi fu sconfitta dal
Pescatore accorso con le sue navi da Malta.
La podestaria di Gherardo Visconti nel 1201 segna il ricompa-
rire di questa famiglia, dopo dieci anni di oscurità, alla luce della
storia pisana ed il principio di una interessante serie di vicende
di cui essa ò protagonista. Mentre nelF Oriente fioriva la guerra
di corsa, anche la Sardegna era campo di audaci iniziative private;
si direbbe che non i soli cavalieri di Francia e di Fiandra aspi-
rassero a compensarsi dei disagi sofferti per la fede conquistando
per sé un dominio feudale neir Impero greco o nella Siria: anche
nelle città, sedi di una aristocrazia navigatrice e di una borghesia
men'antile-industriale, antiche famiglie viscontili o mercanti e pi-
rati spingono i desideri verso ima meta non dissimile, in questo
tempo in cui dentro il Comune, col sorgere della democrazia, con
r incipiente prevalere nelle consorterie dei piìi adatti, per l'azione
che i lontani viaggi ed il crescer del capitale mobile esercitano,
per r affacciarsi di tutto quelle passioni che una età mercantile suol
portare con sé, si può anche cominciar a delineare una storia di
individui, non più tanto confusi nella uniformità grigia della orga-
nizzazione consorziale. E come dei privati cittadini di Venezia, mer-
canti fino al giorno innanzi, si creano Signorie feudali, più o meno
durevoli, in Morea e nelle isole Jonie; come dei corsari genovesi
si piantano da padroni e da Conti a Siracusa, a Malta, a Creta^
nelle Cicladi, così non mancano Pisani che tendono alla Sardegna,
indipendentemente dalla politica del Comune, anche se con nn ta-
cito accordo. Il Comune procede per la sua via; ma nel suo cam-
mino genera sempre forze nuove, individuali e sociali, animate dallo
stesso moto, nella stessa direzione. Xoi non conosciamo i partico-
lari, ma è certo che nel 1202 Lamberto Visconti apparecchia navi
ed uomini, invade il giudicato di Gallura e se ne impadronisce.
Ambizioni ed imprese dei Visconti in Sardegna 32^
Il Marchese di Massa non rimaneva dunque senza imitatori. Ma
sull'isola vigilava Innocenzo III già non ben disposto verso i Pi-
sani che in quello stesso tempo seguivano in Sicilia le parti del
Vicario imperiale e risoluto di tradurre in atto le antiche pretese
dcHa Chiesa alla sovranità sulT isola, per cui già aveva scomunicato
il Marchese di Massli restii e verso Pisa: politica non difficile in fondo e
di risultati quasi sicuri, date le condizioni dell'isola ed il giuoco
degli interessi vari in essa contrastanti. Forniva poi larga materia
ai lamenti della S. Sede ed occasione di ingerenze continue la scan-
dalosa vita di molti di quei Giudici, i delitti feroci di cui spesso
si nìacchiavano, il loro poco rispetto per i privilegi del clero, Ta-
viilità con cui immiserivano le popolazioni soggette al doppio giogo
iUA signori indigeni e dei mercanti ed avventurieri pisani e ge-
novesi. Spi>cialmente sul giudicato di Gallura Innocenzo aveva
messo gli occlìi per farne il dominio di un panmte, certo Trasa-
moiido, mediante il matrimonio suo con la giovane Principessa di
<^r:illura, unica figlia supei'stite di Barisone III. Tanto più grande
[M^rci'» il risentimento del Papa quando Lamberto Visconti, appro-
fittando del drbtjle g<)verno del giudicato, lo invase e contjuistò,
sposandt) esso la (»rediti(*ra e recando danni ed offese a Trasiimondo.
Chi desse al Visconti h» forze per l'impresa non sappiamo: ma
|>er qut'ste spedizioni, sempre più o meno lucrose, non mancava
chi pH'stasse l'opera propria: facile doveva esseiv a chi le appa-
ra '«-hia va raccoglien» tutta (j nella g(Mite che armava navi per cor-
secririari' i mari del Mediterraneo; tirarsi di«'tro quelle famiglie che
|)osM'devano in consorzio una nave e nelle (juali, a mano a mano
chr liascun mcMubro riconosceva la sua part<» del patrimonio dì-
mune, si venivano svolgendo forme di vere e proprie st»cietà com-
morriali, strette fra padn» e figlio o tra fratelli, M foggiate su quelle
fni estranei, con elementi di ordinario diritto contrattuale e .Sotto i Huoi ordini, il capitano di Valdarno giudica in una causa
fra inoite comunità rurali. Arch. di Stato^ Prinuniale, H maggio 1205.
*) E uno dei 1000 cittadini che ^iuran la pace con Genova nel 11>W.
^j Mom, e floc, hiah.y I, p. 197.
^) Arch. Mensa arciv., n. 573, 21 ^nn. 1205: no sono nominati
tre, Itanieri q. Bonetti, Albizzone Caldera e Ranieri di Marzucco.
332 Y. — Dai Consoli al Podestà ecc.
Queste contese con la S. Sede si erano complicate con altre nella
città fra il Comune e la Chiesa arcivesconle le quali rappresen-
tano una ripresa, e con molto più spiegato carattere, dello sforzo
laico verso la compiuta conquista della sovranità comunale. D Po-
destà nella storia del Comune rappresenta appunto questa più
compiuta indipendenza ed intierezza, nella città e nel contado, del
nuovo ente pubblico: rappresenta anche un Qlemento dottrinario
prima ignoto, portato ora neir amministrazione della giustizia e
nei rapporti fra lo Stato e la Chiesa; si capisce perciò come si
riprenda con più vigore, con piena coscienza giuridica di quanto si
vuol raggiungere, la lotta già incominciata con uno sforzo un po'
disordinato e discontinuo sotto i Consoli. E poi è facile credere che
in questi ultimi anni il potere a^civesco^ile abbia avuto opportu-
nità di ingerirsi di frequente nelle cose del Comune ed abbia perciò
riaccolto in seno le antiche ambizioni. Durante le vacanze di go-
verno non poteva esser mancata l'opera dell'Arcivescovo Ubaldo:
qualche attribuzione già rivendicata dal Comune può aver fiitto
ritomo a chi prima la esercitava e non essere stata restituita quando
i cittadini rieleggono il Podestà. *) L'Arcivescovo Ubaldo aveva
guidato i Crociati toscani in Terrasanta; aveva avuto moltissima
parte nei maneggi di Sardegna, aveva afiSdato nel 1201 ai capitani
dei militi la custodia della rocca di Pava, insidiata dai Volterrani;
si era per di più trovato nella città, durante gli interdetti piovuti
da Roma e da Firenze, in una posizione difficile che può in ultimo
averlo anche trascinato a qualche atto di ostilità contro il Comune il
quale nel frattempo gli veniva togliendo Tun dopo Taltro tutti quei
diritti che fino allora erano stati parte ideale e reale della sua
podestà arcivescovile, appoggiato indirettamente in questa sua opera
dal più alto clero cittadino, cioè il collegio dei Canonici nei quali
vegliava sempre, per desiderio di compiuta autonomia, quella dif-
fidenza e quasi ostilità che in tanti luoghi, ad ogni più piccola oo
^) A questo sembra alludere l'Arciv. Lotario nel 1212 quando dice
che la giurìsdiz. siiir Operaio di S. Maria debba sempre spettarg'li « sive
civitas sìt dominatore ordinata, sive non » ; Perg. Primaziale, 16 mg*. 1213.
Mimiscole latte
per l
I Chiaa Cattedrale
333
casione, faceva divampare vivi contrasti fra il clero della Cattedrale
ed il Vescovo. losonima il Comune ed il capo della Chiesa citta-
dina, sempre uniti e strettamuuto solidali per i rapporti esteri, ora
oeir Ìtit«rDO si combattono sistematicamente, quasi seguitando in più
ristretto spazio quel coiitlitto che fta l'Impero od il Papato si com-
batte dall' Xi al Xiy sf,^olo.
Ed è singolare la somiglianza, sia pnr esteriore, fra talune qtie-
stiwii: anche uel Comune possiam trovare ora una lotta per le in-
vestiture; l'investitura cioò e l' elezione dell'Operaio di S. Maria
coiitra.stata fra il Podestà e l'Arcivescovo il quale la pretende — e
da Itmgo tempo realmente ne esercitava il diritto — perchè signore
del suolo su cui era sorta la Chiesa e patrono della Chiesa stessa
« perchè airOpeniio prestavano obbedienza chiese minori di Sar-
degna e CostautiDopoli, e chierici e conversi sottoposti anche al-
l'Arci vescovo; per i!UÌ l'Opera veniva ad essere un istituto eccl&i
sjasticu da governarsi eanonic^mente, pur con un giuramento del-
l' Operaio ai capi del Comune, come anche sotto i Consoli si era usato
bre. Uà aveva cominciato invece, l'altra parte interessata, a con-
siderai-e questo eletto come un ufficiale della città dì cui ammini-
stmaw il più geloso patrimonio ed a sottoporlo, dopo scaduto d'uf-
ficio, al sindacato dei modulatori del Cornane; in oltìmo, il Podestà
— tiombru Oherarflo Viscflnti sia stato il primo, — ') aveva eletto
egli stesso nel Sonato 1" Operaio Guido di Corte e, dategli le diiavi
perchA governasse a nome suo e del popolo, lo aveva insediato nella
casa dell' Opera. L' Arcivescovo Lotario si appellò al Papa, ma
il Podestà Guido Porcari rijietò poco dopo reiezione con Ugo di
Oarone, altro Operaio, confermato poi dal PodestA Cortevecchia
non ostante la scomunica che sopra Ugo lanciò l'Arcivescovo. Ora
tuttavia si a>rca venire ad un componimento ed il lodo di due giù-
risperiti, Bandino di Bnrgundio e Uarzucco Gaetaoi eletti il 4 gen-
naio 1207 arbitri dalle due parti, riconosce all'Arca vescovo ìl di-
ritto alla sola investìzione < de spiritualibus *. ') Nel resto, seb-
■) • Et credit quod ab Introita Qerardi rlcoc. Pli. Pòt. fOtt briga de
Opera itit«r d. Arcli. ot Coni. pia. • ; cosi un leat« nella lite di col nota 3.
~' ) AacB. m Stato. Pery. Vritimaiaìe. U (fouu. ISOT e 18 apr. ISOB.
334 V. — Dai Consoli al Podestà ecc.
bene non risulti dal lodo, sembra che l'Operaio venga sottratto ad
ogni dipendenza arcivescovile e ad ogni giurisdizione del foro ec-
clesiastico. ^) Lotario non piega su quest'ultimo punto ed eccolo di
nuovo affermare che < sive civitas sit dominatore ordinata sive non
operar ius semper debet esse in judicio coram Arch. pisano et coram
eo rationem petentibus exibere etc. > Donde poco dopo un' altra
scomunica di Lotario all' Operaio che si era riiiutato presentarsi al
suo tribunale ed im altro appello dei Consoli al Pontefice. *)
Insignificanti brighe, queste, agli occhi nostri, ma ci servono
pure a disegnare un'altra linea nella figura del Podestà ; allora, poi,
in quel piccolo e complesso mondo che era il Comune medioevale
ove la vita ferveva tanto piìi intensa quanto pivi ristretta, acquistavano
una importanza grande ed agitavano gli animi fino ad una passione
che facilmente esplodeva in atti di violenza : nulla andava perduto,
nò in bene nò in male, là dove anche i piccoli incidenti della vita
quotidiana assurgevano talvolta alla dignità di fattori storici. La
città era una caldaia ad alta pressione nella quale il vapore si
precipita violentemente per ogni più piccola via di uscita. La que-
stione poi di cui abbiam fatto cenno era di quelle che più pote-
vano appassionare la cittadinanza per la quale la Chiesa cattedrale
era sacrario di memorie e simbolo di dignità civile e libertà, centro
ideale del Comune : per quegli uomini, la Chiesa, intesa come Tuni-
versalità dei fedeli, era una astrazione quasi vana; ma la fede trovava il
suo alimento in quel tempio che si slanciava al cielo con le sue cu-
pole e che le braccia dei cittadini avevano innalzato all'alba della
loro nuova storia, imprimendogli il suggello di un'alta idealità estetica
e religiosa; lo trovava in tutti quei piccoli atti giornalieri con i quali
si restaura, si abbellisce, si amministra, si contempla quasi con amore
e con orgoglio, un edificio che è luogo di convegno tutti i giorni.
*) Arch. di Stato, Perg, Primaziale, 16 ag. 1213. L' Operaio Don-
zello, citato dinanzi all'Arciv, e contumace, presenta in ultimo « qxiamdam
scripturam qua continebatur quod ipso Operarius non erat de jorisdìctione
sua et quod non debebat esse in judicio coram eo».
') Arch. Roncioni, Pisa, n. 161, 21 marzo 1215.
Lega Pisa- Venezia; paci e tregue 835
nei momenti tristi e nei lieti, per gli atti più solenni e piii signifi-
cativi della vita psichica.
Fuori intanto, e più specialmente nel Tirreno e nel Jonio, se-
guitava il guerreggiare accanito. Dalla Sicilia, la guerra di Pisa
e Genova si era allargata fra il 1206 ed il 1207 alla Sardegna,
nel maro di Cagliari, o con tanta veemenza, che i Pisani dovettero
in ultimo accostarsi a Venezia, con un cambiamento di cui non co-
nosciamo i particolari ma c^rto assai rapido e strano se pensiamo
che fino ad ora ed in special modo dopo la quarta Crociata, il com-
mon'io veneziano aveva avuto gravi molestie dai corsari di Pisa,
desiderosi di rifarsi dei danni sofferti a Costantinopoli dopo la con-
quista franco-veneta. Ma di fronte alla necessità di tener tt»sta ai
Genovesi, minacciosi ormai non meno air una che all'altra città,
con il loro dominio su Malta, Creta e Siracusa, si dovA venire ad
un accordo. Nel luglio del 1206, a Venezia, due messi del Podestà
Corteve(*chia strinsero alleanza col Doge contrt) Genova, obbligan-
dosi gli uni e l'altro ad armar 40 navi ciascuno e radunarle presso
Messina. *) I risultati di ([uesta alleanza non ci sono noti; certo
nel 1207 i Pisani aiutarono Venezia a Costantinopoli contro i Bul-
gari e l'Imperatore spodestato, segno che dopo raccordo eran tor-
nati in possesso del loro quartiere in quella città. In Sicilia invece
riniasero soli i Pisani ad agiro, ed agirono con estrema audacia.
RiifTorzati da navi giunte di Sanlegna, assalirono Palermo e Ranieri
di Segjilari riuscì ad impadronirsi del palazzo reale: si prepararon
poi a bloccare tutti i porti delT isola ed i Messinesi aspettavano
trepidanti un assiilto da un momento all'altro. ^) Ma da Palermo
gli invasori eran cacciati po(»o dopo, dal Re d'Aragona venivano
aiuti st)llecitati dal Pontefice, Innocenzo minacciava nuove scomu-
niche se avessero assalito i porti. ^) Si stipu^^ allora, sul principio
rt«»l 120.S, |)er <)pera degli Arcivescovi di Genova e Pisa, una tregua
a Lerici, giurando il Podestà pisano GoflTredo Visconti da una parto
*» (riornnìe lit/usfirn, I, II, 1871, p. 69 Hgg.
- AnnaU» jannenses, II, 1207.
^) MioxEJ, Patrologia, S. lat., T. 215, p. 1236, 1396.
336 V. — Dai Ckmsoli al Podestà ecc.
ed i Consoli genovesi dall'altra, di osservare il lodo che avrebbero
pronunziato sulle loro questioni due arbitri. ^) E tregua pure si
era fatta Tanno innanzi con Volterra, il 1.* marzo 1207, giurata
a Pisa dal Podestà Corteveccliia, da 25 Senatori di cui tre anche
Capitani del Contado, dai due < Capitanei militum >, da tre Consoli
dei mercanti e dai capitani di quattro cappelle della città. *) Sé
tardò anche col Pontefice la pacificazione per le cose di Sardegna.
Nel settembre del 1207, Goffredo Visconti, poco dopo Podestà, Opiz-
zino Cortevecchia ed Ugo Grotti nunzi del Comune pisano si re-
cavano a Roma a dare soddisfazione ad Innocenzo III dell' atto
arbitrario di Lamberto Visconti in GuUura: il Podestà avrebbe
comandato a Lamberto di andare o mandare a Roma per rimettere
nelle mani del Papa ogni questione, pena la c^nfiscii dei beni se
non avesse obbedito. Non sappiamo quale fatto speciale determi-
nasse questa resa a discrezione, né se Lamberto si piegasse poi a
tanto; certo, nel maggio dell'anno appresso Innocenzo restituiva
a Pisa la sua grazia, ridonava alla Chiosa pisana gli antichi pri-
vilegi neir isola ed ingiungeva all'Arcivescovo Lotario di assolvere
Lamberto. Per il momento, dunc^ue, non aveva potuto pienamente
colorirsi il disegno dei Visconti; ma altro occasioni e più propizie
non tarderanno a presentarsi.
Una tregua generale succedeva così ad una generale guerra.
Ed anni aflFaunosi erano stati questi per La città, dopo la morte di
Enrico VI! Una grande delusione nel Regno di Sicilia, Genova av-
vantaggiatasi a Gaeta, a Siracusa e nelle vicine isole del Jonio, la
Lega toscana minacciosa, Volterra nemica, il Pontefice instancabile
nel lanciare scomuniche ed ostacolare i disegni pisani in Sardegna,
dentro la città un dissidio religioso che turbava le coscenze ed in-
deboliva il Comune : con tutto questo, neanche la speranza che un
Imperatore potesse venire a porgere la mano alla città fedele; per
cui pur in mezzo a tante audaci iniziative possiam quasi intravedere
occupato da un principio di scoramento l'animo dei cittadini e cre-
*) Atti e Mem, soc. lig. si. patria, I, 422.
*) Cecina, Mem, stor. di Volterra, I, p. 23.
Filippo di Svevia ed OUorie IV 337
crversa e nessuno più rispetta U mitestà dell'Impero! ')
Lh città doveva trovarsi in quella disposiziono d'animo in cui uno
sente un po' por volta venir meno la propria morale autonomìa e
com» nel fatto ha bisogno di altri, cosi idealmente considera la
propria vita intimameutf l'ongiuiita e quasi subordinata a quella di
persone od enti estranei. La forzH dello cose e la politica degli
Impilatori erano riuscite &à isolar Pisa, a legare i suoi destini con
quelli dei Cesare tudeschi, donde un principio di vago malessere
Intoriore, di trepida aspettativa, di sforzi affannosi come di vigoroso
nuotature che sia stato dalla pieuozita delle prime forze trascinato
troppo lontano e veda incerte le linee della terra all'orizzonte.
Ma la retorica invocaiiìono ora stava per essere ascoltata: alle
tregue con Oenova, con Volterra, col Papa dal 1207-1208, non deve
ossero rimasta estranea la voce di una \icina dìsocRa in Italia di
Filippo di Svevia, già trionfante in Germania e rappacificatosi col
Papa sullo basi di un compromesso che avrebbe dovuto conciliare
le pretese delle due podostà sulle terre della donazione. *) Nel
marzo del 1208 era appunto venuto in Toscana il Patriarca di
Aquìloia quale Legato imperiale, per appareci^hiare la Wa ad una
discesa dì Filippo ed a Siena, in guerra aperta con Firenze, aveva
trovato liete accoglienze, promettendole dalla sua parto l'aiuto delle
foncé imperiali nel caso che la città fosse stata assalila dalla Lega.>)
Non sappiamo se il Legato andasse anche a Pisa, dove a Qherardo
Cortevecchia era successo Podestà Goffredo Visconti, quello della
tregua di Lerìci, ed al Visconti, nel bel mezzo del 1208, un primo
idesta forestiero, Matteo da Correggia che ha uu suo vicario *) ed
La lottora, compresa nulla raccolta di Bnoncompagno, è nel Wix-
iXM, PhUipp von Schivalifn uud OHo IV, Ulpzlg, 187»^, I, 563.
OVBRIIAMN. Grafin Mathildf von Tutdun, p. 9B-9.
3. H., Ij-gum, S. IV, T. II, p. 16, 23 ma^o 1906.
■) AacB. H«MaA ARCiv., Q.o 566 e 689, 20 die. e IS mano li09.
338 Y. -Dai Consoli al Podestà eoe.
è assistito dai Consoli insieme con i quali egli & un trattato di pace
con certi feudatari sulle coste della Gorsìc^a, per 21 anni, a difesa e
rifugio dei naviganti pisani ; ^) segno probabile che si erano già riprese
le ostilità con i Genovesi come ora fra poco si riaccenderanno egual-
mente le ire del Pontefice, per gli aiuti ad Ottone, da lui scomunicato.
Comunque si fosse, la morte improvvisa di Filippo dovè troncare ogni
trattativa, subito ripresa tuttavia dal successore Ottone IV il quale a
Vercelli, il 3 giugno 1210, stipulava conBandino Burgundio, Bolso
Albizzoni e Bonaccorso Cane inviati di GrofBredo Visconti nuova-
mente Podestà pisano, un trattato col quale l'Imperatore si impe-
gnava adoperarsi perchè il castello di Bonifacio in Corsica fosse
messo dentro l'anno nelle mani « rectoris vel consulum > di Pisa
e distrutto; la stessa promessa per Porto venere, contro cui i Pisani
qualche mese innanzi avevano invano tentato un assalto : non riu-
scendoci, Ottone avrebbe messo (Jenova e la sua riviera al bando
dell'Impero, fatto giurare alle città lombarde, ai Consoli fiorentini,
lucchesi e pistoiesi, ai Monferrato e Malaspina, ai Vescovi di Luni
e di Volterra, ai nobili di Versilia e Garfagnana ed ai Rettori di
Pontremoli, di eseguir il bando e non mandar frumenti a Genova,
ma aiutar Pisa a prender Porto Venere, fino al ritomo dell'eser-
cito che questa apparecchiava per la Sicilia. Promettevano in cambio
i Pisani 40 galere armate a spese del Comune, ed altre ancora per
le quali l' Imperatore avrebbe fatto le spese delFarmamento ; più, il
Podestà si sarebbe interessato di trattare con tutti i privati arma-
tori perchè si aggregassero alla spedizione, dietro adeguato com-
penso.') Naturalmente questo trattato è conseguenza di un qualche
reciso rifiuto dei Genovesi di aiutare l'Imperatore. Si capisce:
quelli preferivano lo statu quo in Sicilia ove Siracusa era già per
essi un possedimento di primo ordine, senza contare che la mala
fede di Enrico VI doveva averli tutt'altro che ben disposti verso
imprese consimili. Sembra che si spargesse durante questi apparecchi
la voce, non so quanto fondata, che i Pisani tramajòoro un colpo
Arch. di Stato, Pisa, Filze Bonaini, 27 luglio 1209.
«) M. Q. H., Legum, S. IV, T. II, p. 44.
Imprese vane S3d
di mano in Sardc^a, dalla quale certo essi non avevano mai di-
stolto gli occhi, riuscendo, non ostante l'opposizione di Innocenzo, ad
esercit4ir giurisdizione anche sul Giudice Guglielmo di Cagliari ed
a farsi prestar un giuramento da Gomita di Torres, a garanzia dei
crediti che i mercanti e bancliieri pisani avevano nel suo Regno. ^)
II trovarsi ora al podestariato un Visconti poteva avvalorare il so-
spetto: certo, il Pontefice il 3 settembre 1211 raccomandava al
Giudice di Torivs di tenersi pronto contro i Pispini — che non ostante
le proibizioni della S. Sede avevano apprestato navi per Ottone
contro la Sicilia — se avessero osato assalire la Sanlegna e di non
far con essi t) altri alcun compromesso per Gallura, la terra ap-
punto cui miravano i Visconti di Pisa.*) Ma anche questa volta
tutto fu vano per la lìostra città. Nel settembre 1211 la tlotta era
a Napoli aspettando T Imperatore; nel tempo stesso scoppiava contro
di lui la rivoluzione in Germania a favoiv di Federico di Svevia:
allora Ottone interruppe la mariMa e Tarmata di Pisa se ne tornò donde
eni partita, senza l'he il Comune ed i privati ricevessero neanche
un Snido di indennizzo per le spese che avevant) fatto. Nell'isola,
tuttavia, i (»oloni pisiUìi insorsero per Ottone e guidati dal solito
Conte (li Segalari combatterono in suo favore per due anni: ma in-
vano le navi di Pisa cercarono nel 1212 di arrestare il viaggio di
Federico dalla Sicilia verso Gt»nova dichiaratasi amica al giovane
princii>e.3) Poco fortunati o poco abili adunque i Pisani in tutti questi
loro sforzi e doveron contribuirvi le agitazioni interne, le contese
fra il Ct)mune e l'Arcivescovo, fra questo ed il Capitolo ostile ad
Innmvnzo III,^) la frequente mancanza di un solido braccio che
coonlinasse le forze cittadine per la ptilitica esterna. Ora nel 1212
Pisiini e Gcnov(?si fanno un nuovo armistizio, sollecitato, come
sembra, dai primi; ma lo giurarono 500 cittadini con alla testa i
«) TuLA, CW. ili]d. sardo, soc. XIII, n.<» 19 e 21, 22 die. 1210 o 1211
Il Papa al PodcstA pisano.
• PoTTiiAST, Iif*f/**sffi, n." OW; Toi.A, rW. stirtlo, sec. XIII. , n." 23,
^ WiNKKLMANX, A'//iVr Frietfrìch li, voi. II, p. 31<» sgg.
* PoTTiiAST, li**ifesta, n." 42*.H) e 4477, 30 luglio 1211, i* 22 maggio
1212. Il Papa al Capitolo pisano; Uohblli, III, 714.
340 Y. — Dai Consoli al Podestà ecc.
Consoli del mare, rivestiti temporaneamente del pieno potere po-
litico, poiché i Pisani < carebant consulum et potestatum > . ^)
Questo è uno dei periodi più oscuri della storia intema di Pisi
per mancanza assoluta di fonti annalistiche e per scarsezza di do-
cumenti : qualche nome di ufB.ciaIe pubblico, qualche notizia fram-
mentaria di dissensi fra il Comune e gli enti ecclesiastici o di-
scordie fra il clero e nulla più. Possiamo tuttavia ricostruire la serie
dei Consoli e Potestà in questo decennio, dopo il 1212. Si ritoma
dopo la vacanza al potere collegiale ed Ugo Grotti, Sigerio Pan-
caldi Visconti, Calcisano e Sismondello sono nel 1212 e parte del
1213 « rectores pisanae civitatis > ; ^ Ugo Grotti era già stato nel
1210 giudice del Podestà Goffredo Visconti ') e fu poi, nel 1217,
Podestà di San Gemignano,*) nel 1220 di Firenze;*) ora si ricorda
un Conetto < pubblico giudice di Pisa ed assessore dei 4 rettori. >
Questi sono dunque un potere giudiziario come non i Consoli del
XII secolo e come sono invece il Podestà ed i Consoli del XTII
che hanno pur essi il loro assessore giurisperito; è sempre, tutta-
via, un giudice cittadino. Seguita il < consul justitiae » che ora si
chiama anche < rector justitiae > eletto sempre, come pare, col tco
chio sistema di delegare a questo ufficio uno dei Rettori: si h ap-
punto menzione di Ugo Grotti e rectoris Pisanorum et nunc super
justitiam existentis > che assiste alla elezione di un sindaco del
monastero di S. Vito.^) Si noti come alla giustizia sia messo proprio
quello che dà il nome al collegio, di modo che possiamo ora conside-
rare questo Console o Rettore delegato come ima specie di Podestà,
per quanto sempre un esecutore delle sentenze altrui, anche di quelle
pronunziate dalle curie sorte di recente, come quella del Mare. ^I Ret-
tori sono anche gli amministratori del Comune giacchò poco dopo
^) Annales januenses, II, p. 124.
*) Arch. Roncioni, n.<» 158, 24 marzo 1213.
^) Arcu. Canonici, 30 die. 1211.
*) Davidsohx, Forschungen, II, Reg. di S. Gemignano, p. 9, 1217.
^) Hartwio, Quellen wìd Forschungen, II, p. 184 e 200.
^) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Certosa, 10 luglio 1214.
'') Arch. di Stato, Certosa, 9 magg. 1220. Uguccione Cons. di giu-
stizia, e parabola consulum maris », mette A. in possesso di certa tenm.
Ck/tuoii. Itettori, Podestà
341
lebraudu Calmangiare, Gherardo t!i Roiicioue e Panepurro sono
ftpublict cognitores rationum totius aclus et adininistrationis Ugonis
1 et socioriim rectorum et quantum ait debìtum pis. conun. et
tùbus vel ctiì debeatiir et ex quibiis caiisìs. > ') Haano anche essi,
, per le loro delìberaziom, il Cousiglio del Sonato ;*] trattano di
ilitica estera *) e convocano — come ì Consoli quando riappaiono in
asti ansi — un piccolo Consiglio di sei cittadini per ogni porta che
l aggiunge ai Senatori.*) A parte dunque un più diretto esercisio
I potori giudiziari che ravvicina ancora di pili i Rettori al Podestà,
I vediamo difierenza notevole fra quelli ed i Consoli degli ultimi
Jenni del XII secolo; possiamo anzi considerar ì Rettori per le
ribuziuui, come tali souo cronoiogicumeute, im magistrato intermo-
9 fra Podestà e Consoli nel quale si fondono gli attributi consolari
I podestarili: il veder poi in questo ufficio degli uomini in parte
lori indica che il governo vien perdendo il carattere strettamente di
BSe, che vi hanno accesso persone diverso dalle anticbe, che i
irisperiti vi acquistano un'importanza non posseduta prima &u
Konti ed armatori e che forse il rettorato ha un vero e proprio
Pcio moderatore e conciliiitore dei dissidi interni; la modifìcuzìone
tomma consiste pili che altro nello spirito e nell'indirizzo gene-
) del governo cittadino, dovuto all'azione di ideo e di iiitorossì
lovi che hanno compenetrato tutta la compagine Hociale della città,
i gli ordini della popolazione e che si fanno valere mediante le
Igliarde organizzazioni politico^conomiche nello quali queste idee
kquesti interessi sono più specialmente rappresentati e promossi.
oisare di più la differenza fra Consoli e Rettori non possiamo e
I vi è; quelli che ora, nel maggio del 1213, vediamo ritornare
1 governo fino a tutto il marzo 1215, sono chiamati Consoli nei
; sono essi che si api)ellai)o al Papa contro l'Areivescovo
r la soomonioa che ha laudato all'Operaio del Duomo resosi con-
) Abch. Ronciohi, n.o 160, 16 g«iin. 1916.
') AacH. Calorici, 22 maggio 1214.
>) Akch. di Stato, Piii\, Fitz" Itoìtaini. 12 gìoffuo 1216. Pac« fra Pisa
il Do^ accula rluovuu di lettore dei Rctiorì pisani.
') Abcr. Cahonici, 22 maggio L214.
342 V. — Dai Consoli al Podestà ecc.
tumace al suo tribunale, elio fanno la pace col Doge di Venezia ^1
e che il 30 maggio 1213, nella chiesa di S. Pietro in Palude, in-
sieme con Gaetano Bolso e capitaneus militum > , con i Consoli del
mare e dei mercanti, si accordano con i messi del Comune fioren-
tino sulla precedura per questioni di estradizione e di rappresaglie.')
Xel 1215 vi sono Consoli e Potestà insieme, quest'ultimo Ubaldo
Visconti;^ e forse vanno fino al 1217 quando li vediamo riap-
parire,*) ma con certa autonomia reciproca, poiché agiscono sepa-
ratamente Tuno dall'altro e per affari diversi; non possiamo perciò
considerar ora i Consoli quasi come un Consiglio del Podestà. Sem-
bra che le attribuzioni loro si restringano sempre più alla parte
amministrativa per la tutela ed il riacquisto del patrimonio comu-
nale, per cui provocano i richiami del clero al Pontefice ed una
sentenza in contumacia di un incaricato papale contro di loro.
Potrenmio trovar naturale questo ricorrere del Capitolo al suo
vero sovrano, il Vescovo di Roma; ma è pur significante che
in questi anni noi vediamo parecchi di tali richiami di cittadini
pisani ad Innocenzo o ad Onorio per ottenere giustizia in questioni
civili e private, e spesse volte vediamo gli stessi Pontefici affidare
al Capitolo ad altri ecclesiastici V incarico di chiamar le parti,
istruire il processo e far eseguire con la forza delle armi spirituali
la sentenza. ^) Evidentemente Tamministrazione della giustizia pro-
cede, in tanta incertezza di poteri pubblici, non bene ed i Pon-
tefici si sentono incoraggiati e quasi autorizzati ad intervenire; né
d'altra parte il Comune ha emanato ancora disposizioni vietanti questo
ricorso a Podestà esterne, come farà più tardi, ad ultima affermazione
della piena sovranità e libertà sua di fronte ai due poteri universali
deir Impero e del Papato.
*ì Dee. clt. p. 341, nota 3. *i Santini, Documenti, p. 177, n.* 62.
3) Amari, Dipi. Arabi, S. 2% n. XXIII, 29 marzo 1216. Essi, TAtcìt.,
i Consiglieri, i Senatori, inviano il Console Ranuccio al Sultano d'Egitto.
*) AucH. DI Stato, Primaziale, 11 ottobre 1218: Ubaldo, per il Comane
affitta ad un tale una casa in Castel Nuovo di Sardegna. Arch. Caxoxici,
17 die. 1218: i Consoli son citati dal delegato papale per la causa con i
Canonici.
^) Argii. Canonici, 28 apr. 1209, 4 die. 12U: Innocenso ai Cano-
nici; ibid., febr. 1218, Onorio all'Abbate di S. Michele; ibid., 17 die 1218.
Oontritsti BocUIi e partiti polìtici nsllft prima i
del Xin secolo.
Abbiamo insomma i segtii di una vita insolita, quasi anormale
Fdel Comune; una regolare funzione dei poteri pubblici non si è
IkncorH ristabilita nò ò intiera la sicurezza del diritto; si intrave-
Kdono questioni nuove, e questioni vecchie si maturano ed urgono ;
■^ tutta la attività esterna ed interiore delia cittadinanza e dei singoli
ni fa assai più complessa, più varia, quasi irrequieta. È del resto
evidente. La città in questo rispocchia l' Italia, rispecchia anzi le con-
dizioni tutte della civiltà, Ora nel X.III secolo possiam dire di veder
I spuntare in Europa le forme di una coltura superiore di cui l'Italia
I è focolare e dall' Itailia si diffonde all'intorno: discendendo la cor-
f rente, siam giunti nel corso medio del fiume dove ìl letto si al-
I larga, gli affluenti son più numerosi e più ricchi di acque, i canali
I irrigatori si diramano in mille direzioni fecondando ogni zolla.
L Bisultato della molteplice, intensa vita della società italiana in questo
I soculu, risultato quasi della divisione e speL'ializzazione del lavoro
I per cui ogni persona trova il suo posto nel complicato ordinamento
I borghese; dei gruppi et^onomicì e pulitici, straordinariamente,' vari,
della diversità di occupazione e di censo ; della passione
ta|ti6 Accesasi con lu più larga partecipazione alla cosa pubblica,
k ricchezza cresciuta e diffusa, dei viaggi lontani e della cono-
i degli uomini, del bisogno di cottura giuridica per ragioni
l,pmticbe e per un naturale risalire delle menti alle sorgenti del
tdiritto italico; risultato di tutto questo, dico, ò, con ildeliuearsi dì
i uazionalitA, di una lingua, di una letteratura italiana e voi'
[.gare, un più agitato muoversi sìa del pensiero sìa dello forme del-
I l'arte, un affacciarsi di nuovi problemi morali, religiosi, politici,
ì dove innanzi era semplicità e quasi compostezza ingenua di idee
kft di costume; un sollevarsi del pensiero filosofico cristiano, per vie
Ediverae e spesso opposte, ad altezze non mai toccate; un fiorir d'or*
Idin! r«ligÌ08i che con ìl toro carattere democratico rispecchiano U
344 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
tendenza generale dei tempi ; un ridestarsi dello spirito evangelico
del puro cristianesimo ed insieme un primo vacillare di quella
salda fede medioevale che non conosceva dubbi; un contrastarsi il
campo di interessi, di passioni, di correnti filosofiche, di idealità,
di classi sociali diverse; e nel tempo stesso uno sforzo grande di
costituire lo Stato laico, rivestito di tutti i suoi attributi di sovra-
nità, di dar l'ultimo colpo a quella confiisione di poteri che nei
secoli precedenti era stata grandissima. Questo secolo XIII che pure
si affaccia e si chiude alla storia con la minaccia di una teocrazia
universale e che vede come nessun altro secolo prima o dopo, la
spada unirsi al pastorale nelle mani di Innocenzo DI e di Bonifazio
Vili, è tutto pieno di rivendicazioni dello Stato sulla Chiesa che
corrispondono al processo di formazione e di sviluppo degli Stati
nazionali e dei Comimi e che riempiono le nostre città di lotte intrec-
ciantesi con quelle politiche e sociali. Federico II in questo non è
isolato, ma egli inciirna una tendenza irresistibile dei tempi: la
società laica ed ecclesiastica combattono su tutti i punti una bat-
taglia varia nelle forme ma eguale negli intenti, della quale la
manifestazione suprema, riassumente quasi in sé tutti i particolari
dissidi locali, è il grande duello fra la Chiesa e Federico IL ben
diverso da quello che già si era combattuto fra Gregorio TEI ed
Enrico IT, fra Alessandro III ed il Barbarossa: non ultimo fatto,
questa differenza, nel quale si manifesti la schietta italianità di
Federico II, pur conciliante in so il genio diverso di stirpi diverse.
In Italia appunto si maturava prima e più perfettamente che altrove
il concetto della separazione dei due poteri che trova poi in Dante
il suo grande espositore; e l'Italia diede a Federico, da principio
quasi riluttante, ^) sia piu^e per secondi fini, la piena visione teo-
rica e pratica di questo concetto che fu quasi tratto d' unione ed
egual meta dell'Italia comunale e dell'Italia monarchica, in ap-
*) Cfr. le costituzioni del nov. 1220 contro i Comuni, Consoli e Podestà
che avevano osato < contra apostolicam disciplinam et sacros canones sui
statuta confìgere adversus ecclesiasticas personas et Ecclesie libertatem >.
Tutti questi < statuta et consuctudines » siano nulli, né alcuno imponga
collette ed esazioni a luoghi e persone religiose o invada i loro beni, o
li tragga al tribunale secolare. M. G. H., Legum, S. IV, T. U, p. 100.
Stato e Chwa nel '200
345
pBreiiza così diverse, l'una e l'altra iicoorte a tenere beu distìnta,
eempre, la uuusa della Chiesa da quella del Papato. Perciò la scoi>
fitta dì Federico non iuflul affatto sul risultato finale; l'affronto di
AnufTui e la oattìvitA dì Babilonia non si fecero attendere molto
neanche esdi. Quando il Comune italiano Hard studiato anche da
questo punto di vista, si potrà vedere l'importAnza capitalo che esao
ha nella storia doUe relazioni fra lo Stato e la Chiesa: ur^mento
quasi vergine ') che dorrebbe bene invogliare alla ricerca. Possiam
dire quìudi che la nota dominante ora dentro le città italiane ò quella
dell'insanabile, aperto, continuato dissidio fra Vescovi e clero da
una parte, Comune dall'altra e quella del dissìdio di elusso fra l'ari-
stocrazia, vicina a trasformarsi in ceto magnatizio, e la borghesia,
OomuntcaDti l'una e l'altra per molteplici vie, per cui mentre nuovo
e giovino sangue saliva senza interruzione ad ulimentare e tener in
vita l'aristocrazia, vecchi troncJii si trapiantavano e ripreodevan vi-
gore net più fertile terreno borghese. Dentro questi duo complessi
ordini di fatti si pUl^ ordinare buona parte della interna attività
politico-sociale del Comune ed in essi pui) anche trovarsi una spie-
gazione dì molti &tti di storia esterna ; poiché ora, con (|uel prin-
cipio di solidarietil sia pur temporanea ed intermittente che comincia
■ notarsi fra molti Comuni di ogni singola regione, si formano veri
partiti politici intercomunali ; altro passo verso quella omogeneità
dì condizioni sociali e morali che sarit stimolo e buse alle grandi
signorìe del '400. Tende a rompersi sempre più ora nel Comune
quella conconlia fra i cittadini che, non piccola nelle cose interno,
era stata massima nei rapporti col di fuori, nel bene e nel male;
a Pisa vi contribuiscono h;pocialmeutc le tmprf!«o privato in 8ar>
degna, la politica verso Federico II e la guerra con Firenze e !• 1
città collegale, sempre più ininterrotta con l'avanzarsi del secolo.
Cerchiamo di illustrare brevemente lo condizioni della Satdegna
nella prima metà del XUI aec. ed i suoi rapporti eoo Pitia. Oli inta-
r«8si dei singoli cittadini pisani nell'isola sono ora motto creacinti:
<) Un bel anggio ma Incompiuto, sui rapporti fra fìtato e Chiesa nel
Cenoni jtaimni, i nel riUtlo volume Stwii Storici iti Salviuim.
346 VI. — Contrasti sociaii e partiti poliHei
le commende e poi le società commerciali che nel XTÌT si dispiegalo
con grande vigore e non minor varietà,*) fino a diventare le fonoe
fondamentali nell*attività preparatoria del commercio marittimo, in-
tendono per due terzi, almeno a quanto ci mostrano le non molte
carte private suirargomento, agli affari di Sardegna, assai adatti per
tutta quella gente nuova che non disponeva di grandi capitalL In
tanta intensità di relazioni di trafiBco, la pratica ed il diritto com-
merciale dovevano svolgersi riccamente: si cominciano fina Taltio ad
inserire nei contratti quelle clausole relative al rischio di mare donde
poi nasce 1* istituto della assicurazione marittima che & la sua primi
comparsa a Pisa appunto nel Breve del porto di Cagliari.*) Ed in
Sardegna si importavan tessuti, ferr»>, pelli conciate; si esportavi
invece argento, sale, formaggio, pelli, lane, legname, pece: laggiù,
poi, mercanti e banchieri o aprivano banco dando denari a pre-
stito a laici ed ecclesiastici o impiegavano in industrie locali, as-
sociandosi con altri, i loro capitali.') Molti anche vi si erano fissati
stabilmente con le loro famiglie, soci con proprio capitale o solamente
fattori, € capitanei > o dipendenti : specialmente numerosi a Cagliari
dove era una chiesa di Santa Maria del Porto,*) e una platea com-
munis .^,*) dei « Consules hominum Pisarum et ejus districtus eii-
stentium in Karali. > ^) I patti e le obbligazioni che Pisa faceva con
Genova come legavano i Consoli ed i Pisani residenti nelle lon-
tane colonie, così tanto piìi questi di Cagliari poiché specialmente
la Sardegna era oggetto di contrasto fra, le due città e ad essa mi-
^) Le stadia })er Pisa, sulla base del Costituto dell* uso, il Webek,
Zur Geschichfe des Haìidelsgeselschafì, p. 97-111.
*) Sol noto passo di questo Breve e sulle interpretaadoni varie, cfr.
Bensa, // Coììiratto di assicurazione nel M. E., Genova, 1884, p. 66-7.
3) Arch. di Stato, Certosa, 3 die. 1239: Ranieri banchiere e Gerardo
banchiere a Castel Castro ; ibid. 30 luglio 1230, un altro banchiere a Ca-
stel Castro e in ruga Icofantìs > nella casa di Giovanni Calafato, dà a Gio-
vanni fornaio 12 1. genovine «in societate artis sue de fumo».
*) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 1 manso 1230.
5) Arch. di Stato, Pisa, Perg, Primaziale, 11 ott. 1218.
^) Atti 80C, lig. si. patr. La tregua del 1212, i Consoli del mare pi-
sani la faranuo giurare anche ai Consoli ed ai residenti di Cagliari. An-
che a Sassari sembra \ì sìa nel 1230 un «Consul Pisanonun»; /Vtma-
ssiale, 11 ottobre 1231.
/ Pisani in Sarde/fna ed i « Commnia portuum > 347
ravano in primo luogo i loro trattati politici. Questa colonia ca-
gliaritana era ricca di elementi sociali diversi, artigiani e marinai)
mercanti e banchieri, popolani e membri dell'aristocrazia consolare,
distril)uiti in vie diverse e ruga menmtorum », e ruga marìna-
riorum », e ruga leofantis > ecc.; ^) perciò compio la sua evoluzione
politira e nella metà del XIII sec. ha pure essa i suoi Anziani
sostituitisi ai Consoli.')
Ma non basta: a mano a mano che il Comune di Pisa, per
l'iniziativa dei privati cittadini e con le sue pnìprie forze riesciva
ad ott(»nere dai Giudici trattati favorevoli e relativa efficacia e sta-
bilità di diritti su di loro, ed a mettere nelle terre più importanti
un suo < consul et potestas ♦ o capitano o castellano che rappre-
s«»ntassert) laggiù almeno un principio di effettiva sovranità territo-
riale d(»lla città, crescevano i rapporti commerciali della Sardegna
(*t)n i*isa in tutte le terre costiere dell'isola: minore che non a
Cagliari il numero di quelli che vi fissavan residenza ; ma notevole
pur qui il numen) dei mercanti che vi tenevano affari, vi dimo-
ravan temporaneamente e vi mandavan C4^)mmessi e fattori per curar
la vendita delle merci importate ed il carico delle esportazioni.
Coston», stretti per lo occupazioni e per la dimora attorno al porto,
vi costituivano già verst) il 2® o 3* decennio del XIII secolo, altn»t-
tante piccole comunità mercantesche « communo portus > con i loro
Consules mereatorum cuiusque portus Sai'dinee ». *) Così deve
4'ssen' nella (nillura, ad Ampuri (ora Castel Sardo), ad Orize (Oros«M),
a i*oiio Torres, a Bucinaria (Caprera, Maddalena ec<*.), ad Arborea
{Oristan<»), a Civita (Terra nuova) ecc.,*) dove i Pisani superano
di mult«> per importanza economica i Genovesi che pure nei trattiUi
*' Doc. cit. p. :J46, note :J e 4.
« M. n. P.. Cfiarf. T. II, p. hVW, 10 pfenn. 1206. Bando del Comune
pinaiio ai re8Ì(leiìti di Cagliari di nb))odire al Caatellano ed AgU Anziani.
■' Stituti, li. Constit. UflUfl, p. 975. I e inrrcatoroH portUH de Torren »
€* il < Coiiiuiie |>ortus de Torres» li trovo ricordati nel 1222; Akcii. hi
Stato, Pf:rg, i'^rfostt, 1 genn. 1222.
* Sfutufi, Coiifltit. UHUH, p. iH>5-6; SciiAniE, Dtin KntumUit iUjt Mi^res,
p. ITO. Vn « couMul iiiereat. pisan. portus Arboree » Io troviamo anche
in un doc. del 1245; Arch. i>i Stato, Filze Jìonaini, 8 maggio 1246.
348 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
impongono ai Giudici il riconoscimento del diritto dei loro residenti
in Sardegna di eleggersi Consoli per la giurisdizione delle cause pro-
prie ; riserbate al Signore, in unione con i Consoli stessi, quelle cause
che riguardavan Genovesi ed indigeni. Non mancano naturalmente
neanche a Cagliari questi e consules mercatorum portas >, distìnti
come sembra dagli altri Consoli, poi Anziani, sopra ricordati ^) e
rivolti specialmente alla cura del Porto ed alla giurisdizione com-
merciale. Essi, dapprima dipendenti forse direttamente dal governo
di Pisa, come tutti i Consoli delle colonie nel XII secolo e nel
principio del seguente, poi se ne sciolgono in parte e diventano
emanazione e quasi frazione del € Commune > e dei e Consules mer-
catorum > di Pisa, mentre i Consoli di Sicilia, Africa, Napoli,
Oriente sono in piìi stretto rapporto e dipendenza con l'ordine del
mare.^ La elezione dei Consoli, di Sardegna, infatti, sappiamo da
fonti posteriori che avviene a Pisa nella Chiesa di San Michele in
Borgo dove è la curia dei mercanti ed è fatta dai mercanti stessi
che hanno rapporti di commercio diretti o indiretti con la Sardegna;
per certe altre funzioni tuttaria, come la elezione dei sensali, l'of-
ferta del cero alla chiesa Cattedrale in occasione della festa di Santa
Maria, i regolamenti delle statere pubbliche a Pisa, lo scarico e ca-
rico delle merci di Sardegna, le misure da adottarsi per la sicurezza
della navigazione in caso di guerra marittima, sembra che i Con-
soli dei porti faccian parte dell' Ordine del mare ; e con i ^uoi rappre-
sentanti essi infatti si trovano spesso insieme a deliberare^ formando
tutto un grande collegio consolare che ha i Consiglieri del mare e
quelli dei porti.*) In ciò si manifesta il carattere di questa organiz-
zazione di mercanti sardi, incerta fra l'Ordine dei mercanti che pro-
duce e smercia e quello del mare che esporta ed importa i prodotti
altrui; come incerti erano, nel rispetto corporativo, quei mercanti
stessi, che doveviino certamente essere inscritti, indipendentemente
dalle associazioni dei porti, in quella dei mercanti o in quella del mare.
^) Dee. cit. p. 347, nota 2, dove son nominati il castellano, gii An-
ziani e Ranieri « noster consol mercat. portns Kallari ».
«) Statuti, I, Br, Comm., p. 191.
3) StatuH, ni, Br. maris, p. 384, 396, 405. Su ciò cfr. i^ù aotlo.
Pùonomia ed attività lìei l'rm«oli dei porti
E come i Consoli di questi due ultimi ordini, aiKihe quelli dei
mercjuiti dai porti sardi hnnnu un ac-ceutuato l'arattwre quasi di
ufficiali pubblici o per lo meno coadiutori obbligati del potere pub-
blico; carattere uou distrutto in essi dall' essere iiisieini* rappresen-
tanti di uu organamento di interessi privati. Essi infatti sono eseca-
tiiri delle disposizioni Mmrn,
p. 173.
350 VI. — Contrasti sociali s partiti politici
ed i Castellani di Castel Castro per procurar a quelli sollecita giu-
stizia. Con i beni del porto, essi provvedevano alle spese dei pesi
e delle misure, ai salari, al locale dove rendevano ragione. ^) Dimo-
ravano perciò stabilmente nei porti rispettivi di Sardegna con i
loro consiglieri, impediti di assentarsi per più *di 15 giorni, sotto
pena di decadere dal mandato: mandato di grande fiducia perchè
i rappresentati non dimoravano se non in piccola parte nel!' isola
e gli altri attendevano da Pisa ai loro affari, comunicavano col go-
verno, si intendevano con i capi delle altre associazioni mercantili
per gli interessi comuni. Si capisi*e perciò come si dovesse venir
presto, se pure non ci si venne sin dalla prima istituzione, ad uno
sdoppiamento di questo consolato; uno o più in Sardegna, altret-
tanti a Pisa, con i respettivi consiglieri ; i primi, eletti forse sul luogo,
gli altri in città: e ciascun porto aveva questa duplice rappresen-
tanza, di modo che ne risultavano come due collegi consolari corrispon-
denti air organamento del commercio di Sardegna che era basato
sulle società fra due o più mercanti dei quali una parte dimorava
neir isola, una parte a Pisa.
Questi gli interessi ed i rapporti dei Pisani con la Sardegna al
tempo in cui siamo giunti; questa la progressiva organizzazione delle
forze mercantili della città neir isola. Si capisce come tutti i cittadini
dovessero aspirare tenacemente ad un più diretto dominio del Comune
sui Giudici: aspirare anzi a metter questi da parte compiutamente
ridurli a tale che dessero maggiori garanzie di fedeltà e rendessero
meno precari gli affari degli industriali, armatori e banchieri di Pisa
i quali ultimi specialmente, se erano allettati dall'alto saggio del de-
naro a speculare sul commercio bancario, eran poi tutt'altro che sicuri
del rimboi-so, in un paese dove era relativamente facile sottrarsi ad \m
qualunque onero schermendosi fra le diverse signorie nominali o ef-
fettive che si contrastavano il campo. Xe è prova il giuramento che
certi Giudici debbono prestare a Pisa di render giustizia ai citta-
dini contro i debitori ohe avevano nell'isola; giuramento che il Pon-
tefice si affretta a dichiarare non dia a chi lo ha fatto nessun potere
*) Cfr. il Breve del Porto di Cagliari negli Statuti, II, p. 1089-1131.
n Comune ed i Ì'mcoiUì in SanUgttn 351
costrittivo sul clero del suo territorio, ') seguo che anche i chierici
attingevano alla inedesiiua fonte. Le ambizioni viacoutee rispondevao
perciò a quelle di tutta la cittadiuau/.a^ quando essi uel 1202 tenta-
rono la Oalliira e, costretti a ripiegare duU' inflessibile Innocenzo III,
tornaron tuttavia all'assalto pochi anni dopo,
Nel 121tì, m>l giudicato di Cagliari regnava sola Benedetta, U
figlia del morto Marchese Guglielmo; un Console pisano « com
moltis sibi sequacibus • ebarca nel Regno, induce con minacce e pro-
messe la donna a giurar fedeltà al Comune di Pisa e si fa cedere
in dono uu culle sopra la città dove subito sorgo il forte Castel
(li Castro che poi rimane baluardo e centro del dominio pisano in
Sardegna. Non basta: ec*'o poco dopo mette piede nel giudicato il
Podestà di Pisa « cum maxime exercitu », si impadronisce delle ren-
dite del Porto ed utiurpa il dominio * tamquani domJnns terrae
naturalis et judex.*) Questo Podostà era Ubaldo Visconti, che non
80 KC t** il tìglio di quel Lamberto che già aveva as-salito la Gallura
oppure- un altro Visconti omonimo (tìgliuolo di un Eldizio Visconti),
qaetrUbaldo Visconti cioè di cui conosciamo il tcNtamento del 26
gennaio 1231 dn palatio Regni Kallari >, già morto nel. 1237, e che
dovè rarto, partecipando alla spedizione, ac^uÌHtarsi dei boni in Sar-
dogna.') 8i vede quanto questa famìglia cercasse di promuovere
goremo i suoi personali intereasi-, quanto grande, d'altra parte,
essere in Pisa l'a.six'ndente dei Visconti in questi anni e
Bacile per ossi trascinarsi dietro tutte le forzo della città per
impresa nella quale le loro aspirazioni collidevano così perfet-
tamente con quello del Comune. Il Papa, 6 naturale, non poteva
rimanersene spettatore indifferente: scrisse ai Pisani rirordando loro
l'obbligo già assunto di sottostare agli ordini della Chiesa per quanto
n riferiva alla Sardegna e mandiì ad essi come suo Legato il Car-
dinale d'Ostia nel marzo 1217, purché richiamassero il Podestà »
Tesercito dall' isola.*) Gli si diede ascolto per il momento; anzi poco
■) Tou, Ood. tardo, n. 21, an. 1:211. Il l'npa a Coniita ili Tottm.
^ Lettera di Benedntu ad Onorio, ann. 1217, loui, Cori, tardo, n. SS.
^ ToLA, Cod. sardo, n. 49 noia o doc. della pace del 1SS7 dt. più «otto.
*) PoTTUAST, Segetta. n. r>4«7-B, 6 man» 1217.
352 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
dopo, per opera sua, ambasciatori pisani e genovesi si trovarono a
Roma e fecero pace, obbligandosi questi ultimi di dare in pegno al
nunzio pontificio il castello di Bonifacio, una delle cause di di-
scordia.^) Ma fu obbedienza apparente. Negli ultimi del 1217, scade
dopo tre anni di podestaria Ubaldo Visconti e ricompaiono i Consoli;
all'aprirsi del seguente anno, ecco di nuovo Lamberto Visconti col
figlio Ubaldo, ricostituito il piccolo esercito di consorti, fedeli ed ade-
renti, ritentano — e questa volta con più fortuna — il giudicato di
Gallura che Innocenzo III aveva già dato al Giudice di Torres; in-
sieme con Gallura, occupano anche molte terre del cagliaritano. Lam-
beiio si intitola subito Giudice: Ubaldo l'anno appresso sposa Adelasia
di Torres e così, mentre consolidava il primo acquisto, si preparava la
successione dell'altro giudicato.*) Non potè mancare anche ora l'ap-
poggio morale e materiale del Comune e dell'Arcivescovo, deside-
roso pur esso, neiresercizio dell' uflBcio di Primate e Legato pon-
tificio neir isola, di un maggior rispetto dei suoi diritti e di una
maggior protezione delle sue grandi proprietà immobiliari che non
glie ne avessero i Vescovi ed i Giudici sardi, non ostante le am-
monizioni rivolte loro dal Pontefice Onorio e le sue conferme dei
privilegi arcivescovili in Sardegna.*) Questo ci può dare una delle
ragioni del parteggiare Tuno per l'altro, negli anni seguenti, durante
le interne agitazioni politiche e religiose, dell'Arcivescovo e dei
Visconti, anche contro l'alto clero della città e contro il Pontefice.
Ma né i Visconti eran tali — come si dimostrarono più tardi — da
corrispondere alle speranze in essi riposte, nò il Pontefice tardò a
mutare la benevolenza in fiero risentimento. Tanto più egli fu col-
pito, in quanto che lo sbarco del Visconti sembra sia stato improvviso
ed impreveduto: non ò difficile che i preparativi fossero dissimulati
in mezzo a quelli delle navi che si armavan per la crociata d'Egitto
e forse anche col pretesto di parteciparvi ; salvo poi, appena in alto
mare, rivolgere le prore verso la Sardegna. Nell'autunno il Ponte-
*) PoTTHAST, Begesta, n. 5626, 1 e 2 die. 1217. In Laterano.
«) Manno, Storia della Sardegna, II, p. 32-3, doc. del 18 sett. 1219.
3) PoTTHAST, Regesta, 5692, 5695 e 5855, 5 ed 8 fèbbr., 3 lngl. 1218,
Federigo II di Swto 353
lieve aver rivolte molte vaue esortaziuni e minacce ai due Vi-
jontì perchà riaunciaaaero alla couqiiista, eccita a guerra il Giudice
li Torres coiitro l'usarpatore, si rivotite anche — strana idea — ai
filanesi perdio mandassero un esercito in aiuto del Giudice : ') forse
tOD trovò ascolto, per il momento, a Genova, tutta occupata a spedir
innati in Egitto; forse anche evibl a belio studia di rivolersi ad
Bsa per uon compromettere il risultato dell' impresa contro gli in-
sdeli provocando una nuova guerra fra le due città eli? iutaato
nmbattevauo attorno a Damiata sotto il Legato Pelagio, spinte da
ni alle fazioni d'assedio più audaci. ') Chi sa che iu Lombardia non
i fosse raccolta qualche schiera d'armati per la Crociata ed Onorio
nnsaase di rivolgerla a proprio vantaggio. Ma il non trovare altre
olleoìtaKioni del Pnutefice ai Pisani indica pure che per il momento
tgti pensA od altro. L'anno 1219 Ubaldo sposava Adelasia eredi*
t di Gallura e Torres e poco dopo diventava Giudice nei due
;iudicati: il primo conquistato da Ini e poi aRidatx>gli dal Comune
lano con obblighi di soggezione feudale, il sooondo ottenuto come
irito di Adelasia e libero da ogni ilìiiendeiiza verso Pisa. Così i
Risconti salivano agli onori di un Reguo: principio di una sostan-
ale mudificAzione nei loro rapporti cou la città, proprio quando,
lOn la incoronazione di Federico II e col più vìvo riaccendersi delle
I fra Impero e PajMito, fra Comuni e Comuni per interessi
nocreti dissimulati sotto apparenti idealità, si apriva, per chi
voluto romperò un vincub qualunque, la via ad agire e
l»rteggiare.
Nell'ottobre del 1220 scese di Germania il giovane Federico, U-
lero in parte da tutta quelle molestie che gli averan ^o differire
l'imbarco per la Crociata e (;he i)crcid avovau già destato le prime
diffidenze di Onorio: il 22 novembre riceveva a Roma la corona
nperìale, già riconciliato con i Piiuini chu pure gli anni innanzi
(Tovau parti.>ggìuto contro di lui nell'isola ed avevan mandato o
ftsciato imbarcare aiuti per il Conte di Sugalarì caduto poi nelle
») P0TTBA8T, fii^nstn, n. ">1M7; Toijt, Cod. Bardo,
*) UASrsoKl, St. fklUi Mar. itol.. |>. 3tM.
1. 43, 10 uov. iai8
354 VI. — ConirctóH sociali e pariUi poUUei
mani di Federigo e relegato in Germania ^) ma solleciti ora di riot-
tenere il favore imperiale e lietamente accolti.*) Già doveva essere
abbozzato nella mente di Federico, nelle linee generali, il piano d'a-
zione riformatrice nel Begno e specialmente in Sicilia; già doveva
egli vedere che in quest' isola, dove Pisani e (Jenovesi si eran com-
battuti per tanti anni e gli ultimi ora spadroneggiavano con il loro
possesso quasi indipendente di Siracusa, con i beni acquistati in
Palermo, con la piena libertà da imposte; che in quest'isola, dico, i
Pisani sarebbero stati i suoi migliori coadiutori per deprimere Ge-
nova e riacquistare nelF isola la piena sovranità cui egli aspirava.
Era nel 1219-1221 Podestà a Pisa Bonaccorso Cane, deirarìstocrazia
consolare, pur attendendo all'amministrazione del Comune, almeno
per una parte di questa podesteria, i soliti Consoli Bolso Albizzone,
TJgo Grotti, Banieri Barattola che oramai sembrano ufKciali stabili del
Comune; ^) ed a Bonaccorso Cane, recatosi a Boma all'incoronazione
poco dopo, l'Imperatore confermava il 24 novembre, alla presenza
dei maggiori feudatari d* Italia e dei Conti palatini di Toscana, tutti
gli antichi diplomi, assicurava la piena giurisdizione sul contado,
anche sulle terre contrastate da Lucca e Volterra, il possesso della
costa marina da Civitavecchia a Porto Venere, col divieto a chic-
chessia di scavarvi porti o approdarvi senza consenso dei Pisani, il
castello e la città di Massa. ^) Un mese dopo, alla dieta di Gapua,
con le deliberazioni De re^igìiaìidis privilegiis si preparava a to-
gliere ai Genovesi, come subito fece, tutti i loro possedimenti di
Sicilia, primo fra tutti la città di Siracusa donde fu costretto ad
uscire il Conte Alamanno da Costa, il e princeps cursariorum»:*)
anche un altro genovese, Guglielmo Porco, che aveva l'ufficio e le
*) WiNKELMANN, Acta Imp. itied., p. 153, 7 apr. 1220 : Federico al
Papa che ne chiedeva il rilascio.
^) Neirapr. del 1219, da Hagenau, sollecitato da un inviato di Pisa,
aveva preso < sub securitate » i mercanti e residenti pisani nel Regno,
specie a Messina e Palermo; Wixkelmann, Acta Imp. itted., p. 137.
^) Akch. di Stato, Peri/, Certosa, 23 nov. 1220; affittano onostioro
di terra comunale; Arch. Canonici, 31 die. 1220.
*) HriLLARD-BRBHOLLEs, Hìst. dìj^lotìi, Frìder. II, T. II, P, I, p. 19.
^) Cosi lo chiama VHist. Ducuta Veneticorum, in Pbbtb, XIV, 96,
Alla «iffilta (UlU gwm Piaa-Firmxe
rendite di ammiraglio de! Regno dovè fuggirsene in tutta fretta.')
Si apre ora, anche, la serie delle implacabili guerre &a Pisa e
Firenze. A noi che abbiamo seguito passo passo raocuraularsi lento
dei Pitturi reali e psicologici della inimioì/,Ìa &a le due città, cìi) non
fa meraviglia. Che ora vi contribaiscano la loro parte il favore e la
viciuanza imperiale, la conferma di certe terre del contado, la nuova
baldanza ripresa dalla città dopo amii di scarsissima attività politica
▼era e propria e dopo minacce di guerra che avevano persuaso una
insolita remissività a questo popolo di armatori e di corsari, 6 pure
probabile. Ora Firenze estendeva ìl contado al sud e sud-ovest, mi-
rando a Volterra per averla amica o soggetta contro Sieoa e per
giungere alla Maremma granifera: in tutta la Toscana, poi, a Volterra,
Siena, Colle, 8. Miniato, Pistoia, >S. Oemignano, stringeva per mezzo
dei NUoi mercanti una fitta rete di atfari, conquistandone i mercatj,
sostituendo la moneta propria u quella pisana linora quasi signora
•ssoluta, attirando a Firenze il commercio di un prodotto utilissimo
por la tintura (lolle stoRe, ora scomparso in quelle regioni, lo zaffe-
rano, dando denari a prestito ; ottima occasione por intervenire pia
tulli per mjischerarc le i-agioni politiche dell'intervento. Proprio
il 1220 Firenze combatteva contro Poggibonzi, cuore della Toscana,
«d in uno scontro a Mortenano cadeva il Podestà del castello, un
cittadino di Pisa. Sotto una pai-c apparente che permette ad Ugo
Grotti pisano di e^er Podestà di Firenze nel 1220 e poco pnms
Aveva permesso un trattato ]wr la procedura nei contratti e la elimi-
BBZioae delle rappresaglie, la rivalità dei due Comuni d grande:
rivalità territoriale perdio Fisa si vedeva ogni giorno più circuita
ed isolata dall'espansione del contado di Firenze ; e commerciale per-
che il bisogno del maro doveva essere vivissimo per i Fiorentini or»
che le maggiori loro arti, siiecialmente la lana, erano in pieno pe-
rìodo dì trasformazione da industriali a commerciali e cominciavano
ad aver molto ascendenti! sui criteri di governo, sulla orientazione
politica della città; per cui aspiravano vivamente ad agevolare in tntti
i modi l'importazione delle materie grezze e r<>sportazioue dei m»-
*) WviutLXAUS, KaiiKr Friatrich 11. p.526sgg.; Jnn.^/unww*., 11,71.
356 VI. — CofUrasH sociali e parHH politici
nufeitti i quali stavan per entrare anche nei mercati conosciuti finora
alle sole città di mare: T industria della lana è appunto la più florida
tanto a Pisa quanto a Firenze; di qui la concorrenza, come si os-
serva più tardi fra banchieri senesi e fiorentini presso la curia pon-
tificia; come non si osserva invece fra Firenze e Lucca, grande pro-
duttrice di drappi sericei, non restìa perciò a concedere ai Fiorentini
le vie appenniniche del suo territorio verso la Valle del Po e li
Francia ed al bisogno anche Y uso del piccolo porto di Motrone, come
più tardi avverrà; rifugio estremo, insieme con Talamone^ dei mer-
canti di Firenze quando Pisa chiuderà loro le porte e gli armatori
negheranno le navi o quando quelli stessi se ne allontaneranno per
avere a discrezione la rivale. È naturale che la concorrenza inducesse
i Pisani a misure proibitive per T esportazione e T importazione fio-
rentina; arma veramente a doppio taglio che se feriva gli indu-
striali dell'una città non feriva meno gli armatori dell'altra: ma en
l'unica alla portata di un Comune marittimo e Pisa se ne giovò
risolutamente, accrescendone V effetto con una attivissima politica,
cercando alleati dovunque, cacciandosi tutta quanta nella lunga con-
tesa fra i Papi e gli Hohenstaufen a fianco di questi ultimi, quasi
facendone suo il partito, nel tempo stesso che ne aspettava sostegno
e difesa nella terribile lotta per la supremazia* prima, per l'esistenza
più tardi, contro Grenova e Firenze. Non bisogna trascurare poi un
altro fatto, causa pur esso di contrasto. Firenze non produceva grano
ed altri generi alimentari sufiìcienti ai consumi ed aveva bisogno
di importarli da fuori, specialmente dalla Maremma; per questo an-
che, essa spingeva le sue conquiste da quella parte. Combattuti i
castelli ed annichiliti i feudatari, comincia ora per molti Comuni la
lotta affannosa per ampliare il dominio sulle terre produttive, con-
dizione essenziale per lo sviluppo demografico ed industriale della
città. Comincia perciò tutta quella complicata ed attenta politica an-
nonaria che alletta con tutti i mezzi gli importatori e combatte ogni
esportazione di materie prime. Nulla di più facile perciò, per Pisa
e Firenze, che scendei-e in lotta su questo terreno del commercio
granario, come le più copiose fonti della seconda metà del '200 e
del '300 ci fanno chiaramente vedere. Ed anche a Siena sappiamo
Calibe
tìi. apparKchi, alleante
357
> il ili-
1» guerra con Firenze del 1222 parW come fionsopiit'ii;
Tieto di vender grauo ai Fiorentini.')
L'aoiio 1220 la tensione degli animi nelle due cittadJnanee
doveva essere giunta a quel grado in oui un incidente anche piccolo
può provocare lo scoppio ; e l' incidente avvenne a Roma, nei giorni
della incoronazione di Federico, sotto forma di un litigio accesosi fra
Pisani, Fiorentini e Lucchesi, ambasciatori dei rispettivi Comuni, no-
bili a! seguito o nell'esercito dell'Imperatore e mercanti che spe-
culavano sul movimento d'affari di cu! Roma In quella circostanza
era centro o sollecitavano vantaggi commerciali net Regno, come
già ne avevan sollecitati dal padre, fin sul lotto di morte. Qualunque
Ift causa occasionale, sia un cagnolino come fovoleggia il Villani, >)
sia altro, a noi poco importa; essa poteva esser piccola quanto si
vuole e pur bastare a rompere il tenue equilibrio dello passioni.
Fatto & che i Pisani, da principio assalitori, sembra abbiano la
peggio contro Lucchesi e Fiorentini e molti di lum ci rimettono la
vita ed i beni durante il saccheggio che segui alle prime violen?^.
Kra presente e forse non estraneo alla zulfa il l'odestA pisano, fio*
uaccomo Cane, o per suo ordine a Pisa furono trattenute le persone
e le merci del Fiorentini che vi si trovavano, < juramcnta tiolvens
et pacta, qiiibns erat invicem utraque pars uomanitafl alligata. » ■)
Il Potestà fiorentino, Ugo Grotti di Pisa, scrissi' a Bonaccorso Cane
sni principio dell'anno seguenti), protestando e chiedendo il rilascio
d^li uomini e delle cose; ma il messo fu .scacciato con parole di mi-
twccìa. Passaron ilei mesi di fi^mente aspettativa. Ed ecco che si ac-
cende subitamente una guerra fra Lucchesi e Pisani dopo che queoti,
di ritorno dalla crociata, penetrarono in anni nel contado nemico,
Ti occuparono dei castelli, ed altri vo ne costruirono in forte po-
sinone, al confine dei duo territori. Uontemorecio o Ca^tol del bosoo
•) BAscm, MemoriiUr iWk offi-nr, i:!:i3, in Areh. Star. Itat.. S. Ili,
T. 22, p. 13.
*} • Novollartigc Gl?«^hi(■htllchl^JI• chiama il raec^nlo l'HansL, Vtbrr
die Anfttngr derflorenf. OfM-hic/lfixItrtlbung, neW'Histor. Xeittehrifl, 8. I.
Tol. 36, p. 44. Mn non è nPC«pini;crlu a tutti l costi, poiché
l*amaeit«rlo oon diapenui dalla ricarm delle cnnsf vera.
*> SABaAitOKn, a^ta nonntùiorum, ia Uaktwio, QmUcm I, p. 90
358 VI. — Coìitrasti socùili e partiti politici
vicino all'Amo e Filettole nella gola di Ripafratta. Vi furono nel
tempo stesso depredazioni di navi pisane e lucchesi nei porti della
Versilia, finché legati di Lucca andarono a Firenze levando alte que-
rele contro i nemici, dipingendoli come quelli che volevan e Tusciam
totam sibi subicere expoliando Florentinos et juxta cutem Lucam
radendo. > I Fiorentini si mostrarono disposti ad unire le loro fòrze
a quelle lucchesi ; ma intanto Pisa stringeva alleanze con febbrile
attività, radunava gente fra gli amici di Lombardia e di Toscana,
specialmente a Pistoia, Colle, San Gemignano, Siena^ Pog^bonrl
Volterra, S. Miniato, tutte terre nelle quali non era difficile trovare
il Comune o dei semplici privati contrari ai Fiorentini, già fin
d'allora duttili, inframettenti, pieghevoli prima che violenti, come
saranno fra poco; ma più specialmente contrari a Lucca con la quale
si trovavano in immediata \icinanza, come Pistoia, o venivano a
contatto — non sempre pacifico per le solite ragioni di ripatici, pe-
daggi ecc., — giù per le Valli dell'Era e dell'Elsa e lungo le due
rive del medio Arno, senza contare la via francigena, vera arteria
di questo paese, la quale rappresentava nei rapporti di Locca con
le terre di Val d'Elsa quello stesso che il porto pisano, nei rap-
porti di Pisa con Firenze. Le condizioni interne, poi, di questi e
degli altri Comuni in genere cominciano ora a promuovere re«odo
di una certa categoria di persone: son tutti quelli che col salire
della borghesia vedono inaridire la propria esistenza nella città:
quelli che noli' ininterrotto e rapido processo di ricambio degli ele-
menti della società comunale stanno per essere eliminati e che per-
ciò sono facilmente indotti dal miraggio di uno stipendio militare
e da speranze di maggiori lucri a mettersi tra le file di un'eser-
cito qualunque, ora specialmente che sono in via di formazione i
due grandi partiti italici dei Guelfi e Ghibellini ; partiti i quali, non
ostante trovino la loro intiera spiegazione nei rapporti locali di ogni
singolo Comune, pur tuttavia superano e di molto la cerchia cit-
tadina e sono indice significantissimo del progressivo unificarsi della
vita italiana; M per cui l'uomo di parte, esule volontario o costretto,
') Davidsohn, Forschungen, II, Beg. di S. Gtemignano, p. 11, n. 8,
ann. 1223: «Alcuni di S. Gimignanc... vanno nell'esercito de'FSmii»
Fireiiif f L'icfi contro Figa e Siena 359
pm'i in Ojstii terra, amie» o m^mli'a erte ostilità e che Firenze sentiva tutta la gravità del momento,
^Kld., p. 12, n. W marxo 1334: Il Podeatà di S. Gemipnano va ^ Pisa per
^^^■teder» quanto • ColleinscH recipcrci dobebant a Com. At^ Pisii prò oxer-
^^■lu de Sardliieit et prò rt<(iuircndis denario^ quos RahuccÌus Bnlporis
^^Ubclredperc.... occn^ioni' irxcrcUas Castri de Bosco.; ibid., p, 17, n. 81,
10 innggìo 1232 : ni vuol prnvnrr rho • d. Cìrvgnr dchuit redpera a Cora.
pig. SOO I. prò exerdlu Sardinee et Castri do Boscho>. Ctt. inoltre S*if-
^AXUNts, Gala FUrrtnt.. in HaRTWIo, QutUfn, I, p. 24.
') Cfr. sopra, p. .'Ì17-M, HSinando anche a pa»tl di scritwri del primi del
I Boc. nei quali b %-ivÌssiino 11 senso dell' italianitA. Cosi il Boneom-
rno, nel paaso Ined. riportato dal AaI'Dbnki, SuiU op^rt dtt Di/ta/ùri
yw«(, nel liuti. Mll. star. ibd. n. U, p. 106.
ì invetii. Arrhivio di Stalo lu-tteae, Slena, 1899, p. «9. Ad un trat-
9 eri Comune di S. Gcmlgnano, poi, nemlirano aei^ennare certe parole
1 Statuti snngcmignnnesi de) 1333: S. Gcinifpiano debba aiutare i
I eprcialmeutc prr In Sardefcna e per Luctra, e mandare uomini
H'morcito di Sardegna e nell'cserciio de' Pisani contro Lucca*; Da-
, Fitrm-Aungrn. II, Re;;. S. Getni^., p. 10, ann. IfiU, D. 6.
*) Hartwio, Qufllen unti Frrrtrhuiffen, II, p. IJJl.
360 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
nò voleva cosi a cuor leggero giuocare una carta che poteva essere
risolutiva per essa, in bene o in male, contro nemici che fino allora
avevano dato tante prove di gagliardia e di superiorità in mezzo
agli altri Comuni toscani e che ora erano resi audaci dall'alleanza con
Siena e dal favore di Federico II, ostile invece verso i Fiorentini nei
quali prevedeva futuri alleati della Santa Sede. Sappiamo anzi che
nel 1221, forse in conseguenza della parte avuta nei disordini di
Roma del rifiuto di unirsi con Federico per la Crociata, i Fioren-
tini erano già in rotta con Y Impero e che un Legato imperiale si
trovava tra le file pisane durante la campagna. ^) Ma le condizioni
inteme di Pisa doverono incoraggiare Firenze; condizioni tutto altro
che adatte a render efficaci gli apparecchi e sicura la vittoria-
In questi stessi anni, dentro le mura la cittadinanza assisteva
con poca edificazione a scandalose discordie fra l'Arcivescovo ed i
Canonici, aggravatesi ora quasi per un riflesso di quelle che agi-
tavan la società laica e per il sopraggiungere di nuovi motivi di
contesa. Si disputavano essi con accanitezza i diritti di patronato e le
decime di varie pievi e cappelle del contado e della città : protesta-
vano violentemente i Canonici contro imposizioni, per essi arbitrarie.
dell'Arcivescovo sui chierici della Cattedrale: pretendeva ciascuna
delle due parti per sé la giurisdizione volontaria e contenziosa nella
pieve di Arena e nella corte di Papiana, e specialmente la vigi-
lanza sull'andamento amministrativo del Battistero di S. Giovanni e
la elezione dell'Operaio del Battistero stesso che i Canonici conside-
ravano da molto tempo come una cosa sola con la Cattedrale. *) I
cittadini perciò videro dal 1220 al 1221 TArciprete e l'Arcivescovo
scomunicarsi più volte l'un Taltro; contendersi nel Duomo, quasi
con la forza, le chiaW, simbolo dell'investitura dell'Operaio; l'Arci-
prete assalire violentemente il sindaco arcivescovile nell'atto che
compiva la cerimonia, TArcivescovo sottoporre la chiesa all'inter-
detto e l'altro non solo celebrarvi la messa assistito da alcuni ca-
nonici partigiani, ma anche infamare dal pulpito rav\'ersario; questo
*) HART^^^G, Quellen und Forschungen, II, p. 119, 126.
*) Una elezione ed in vestizione del 1185 è fatta dai Canonici; Arch.
DI Stato, Priniaziale, 8 apr. 1186.
1»
Fioletixe e
tndnli fiVT/MMW(lW
risponderp con altru sinmutijc» su tutti quei 8e»Haci e l'ArciprPte
rìtiiiiHrsi di intorveoire al Concilio (]Ìo<<'siiii(i convocato dal capo della
Chiesa «.-ìttadina, ma cercar di a)loutanarm> il clero cmI i Vescovi
sufTra^anei intervenuti. Rinfacciava anclie l'Arv'i vescovo ai Canonici
di aver sottratili rendite, denari ed oggetti sacri dalla Uensa do-
ranto il tempo che ne avevano avuta l'amministrazione nell'asaenza
di UbuMo crociato e poi, dopo la morte di Lotario a Roma, nei
masi della sedevaciinza; cj]me pure di aver negato a lui Arcivescovo
V'itale, già Canonico di l'isa, le sue rendite per tutto il tempo pas-
sato di mezzo fra l'elezione e la consai^-ruzìone arcivescovile. Risal-
tato fu che si intromise il Papa, che i Legati jKDtifici assolsero i
Canonici dalla scomunica e che poco dopo, per opera degli Abbati
di San Michele, di San Paolo all'Amo e di San Vito, si fece la
pace: il 10 aprile 1221, l'Arcivescovo ed Arciprete insieme in-
vertirono l'Operaio o Rettore di San Giovanni.') Sembra che il po-
polo, in r^uesta occasione, prendesse parte contro i Canonici, aacenti
da i|UL'lla st4^«sa aristocrazìa cittadina contro cui ora si afhlavauo
nel Cornane le armi, ed i documenti parlano anche di un chiostro
dei Canonici distrutto o incendiato. Certo questo collegio capitolare
era una consorterìa e della consorteria aveva tntta la ristrettezza,
la gt>lo8Ìa diffidenza ret-lproca v verso gli estranei: non mancavau
Cbdouìcì che prestavano ad usura*) ed il collegio era in queiitì anni
ridotto in pi(xx>tÌ!<8Ìmo numero per la ritrosìa di spartire con altri
h* ricche prebende; invano ì Pontefici li ammonivano di elegger
altri colle^hi, di non aumentare Io scandalo della cittadinanza che
vedeva deserte le sacre funzioni del Dnomo rimasto ormai senza
cl«n>; *) invano anche Innticenzo imponeva loro di restituire le sue
rvndite ecclesiaKtiche al Canonico Marzucco Oaetuni che egli aveva
*l Aroh. di .'^ato, l'rintaztatr, IO apr. 1333. InvFstìz. di Giuliano
pelliccialo. Pm- tutto quieto, cfr. Ahcii. Canonici, 31 Mtt. \'ii\\ Aai'ii.
RoNcioKi, n. ITO, ann. ISSO; n. ITO, 21 die. I23I ; li. 174, 31 «ett. 13S1,
Tt spll. laaij n, 1K3. ann. 1222: n. 179, H apr. 1222; n. IfiS, ann. 1222.
> poi, e per le stesse
(^a^io^t, per un serjilo anoora; ma forse ora la remisai\'ità del Co-
muni3 si spiega con l'andamento delle cose di Sardegna, con la parte
grandissima che vi ebbe l'Arcivescovo, con la neceasilà di una azione
concorde per l'utile comune in quell'isola e specialmente con le mj-
mcce imminenti della guerra esterna.
Dopo la lunga podesteria di Bonaccorso Cane, negli anni 1219-21,')
Testate del 1222 si trovavano a expo del Comune pisano il Pode-
stà Alberghetto Paudimigtio trevigiano ed i Consoli, *1 quando si
incontravano nel Valdanio inferiore le schiere pisane, lucchesi, se-
nesi e Soreutine. Nel luglio si combattè a Montemorecio o Castel
del Bosco ed i Pisani ebbero la peggio; di nuovo il 21 luglio, dopo
sopriicgiunto un esercito di soccorso da Siena e Poggibonsi, ed anche
ora Lucchesi e Fiorentini furono superiori. I castelli, occasione ul-
tima della guerra, vennero distrutti e gli abitanti trasportati in un
nuovo borgo vicino a Bientina; Bientina stessa e Calcinala fnron
saccheggiate ed incendiate, altri castelli pisani fra l'Evola.e l'Era
occupati djii Lucchesi; molti, da parte di Pisa, gli uccisi o affogati
noU'Amo e nelle paludi adiacenti ; moltissimi i prigionieri pisani ')
e senesi, e quando tra il 1222 ed il 1223 si iniziaron trattative per
uttenonie la liberazione, fu imposto a Pisa come condizione di sod-
dÌK&iro tutti i crediti che i cittadini di Firenze avevano nelle varie
tPrro toscane sopra ricordato ed anche, sembra, di indennizzare i
mercanti della cattura delle loro merci al ]>orto pisano. Pisa pugò
63000 L ed il 21 giugno 1224 tutti i prigioni furo» liberi.*) Per
quelli di Siena sappiamo che nel maggio di quell'unno il nostro
") AKcn. ARCiv., Pisa, n, 638, 16 genn. 1893: t nominato Albor-
ghetio Pot. pÌ8. e ConetK) «assessóre conBalum». ErrnncA U listn dei
PodfdtA imbt. dal BoNAiNi, Arch.Btor. Hai.. S. I. T. VI, P. U. p. 641.
'ì Uh suo trattalo ton il Podestà di Arlea nel 12 ouicno che iiud
mcrrnnti francesi non vungano in Maremma a caricar (^ano \»r G«DOV«;
MliiATOiu, Ani. T. IV, aitì.
*) In quc-'ia Hrcostonxn, ccrUmcnU-, Ire cittadini «ino < incaricati
dell 'am mi uist ragione di coloro che mrono detenuti n Fircnie*. Akch.
BovciOEcr, n. 429, U die. 1332.
*\ Saxza.sonis, Gtnia t'iortnl., in Uabtwki, I, p. 26; ll,p. 1^.
364 VI. — Cofitrasti sociali e parHH politici
•
Comune rinunciò al Comune senese le ragioni sopra una cauzione
di 5000 1. prestata a Firenze per la restituzione dei prigionieri : ^)
era forse un indennizzo delle spese di guerra. Con i Lucchesi le
ostilità seguitarono ancora e si ricollegano a tutto un viluppo di
guerre in Oarfagnana ed in Versilia, complicato dall' intervento dd
Pontefice.
La fine della guerra esterna segna il principio di quelle vive
discordie civili che a Pisa come nella grandissima maggioranza delle
città italiane riempiono tutta la storia di questo secondo secolo di
vita comunale. Mentre alle porte di Pisa si combatteva fieramente,
i cittadini pensavano anche alla Sardegna. Abbiamo oscuri ac^
cenni di contemporanee spedizioni in queir isola per le quali do-
vevan servire quelle stesse forze raccogliticce delle terre di Toscana
che facevano intanto così cattiva prova contro Lucca e Firenze. Si
sa per esempio che i Sangemignanesi nel 1222 dovevano spedire
uomini € nell'esercito di Sardegna e nell'esercito de' Pisani contro
Lucca»; che un nobile di S. Gemignano pochi anni dopo aveva
ancora da ricevere dal Comune pisano 800 lire e prò exercitu Sar-
dinee et castri de Bosco > e che i Colligiani sollecitavano pure essi
da Pisa il pagamento di certi denari e prò exercitu de Sardinea. >
Noi ignoriamo di che cosa si tratti: probabilmente qualche altra
avventura dei Visconti che oramai della Sardegna hanno fatto la
base della loro potenza anche nella città e, dopo essersi giovati dei
favori della cittadinanza e del Comune per formarvisi una Signorìa,
ora si giovan di questa per mettersi al di sopra delle leggi patrie.
Noi perciò consideriamo questa conquista \iscontea come uno dei
fatti più importanti per la storia interna del Comune pisano nel XTTT
secolo. Quel che av\^enne era del resto naturale e prevedibile. La
forza dell'ambiente in Sardegna e le ambizioni vivissime dei Vi-
sconti dovevano necessariamente mettere questi ben presto di fronte
alla loro città in un rapporto di eguale ad eguale sulla base del do ut
deSy e poi in ultimo trascinarli nell' ingranaggio di quella politica mal-
^) Inveni. Arch. senese, p. 88, 21 maggio 1224.
Primi fattori ilei partiti politici
365
fìda, mutevole, a volta a volta superba od umile da cui tutti i Giu-
dici ed iu ultimo auche il Marchese Guglielmo erano stati trasci-
iiuti. Quando Lamberto ed Ubaldo sì furou consolidati in Gallura
ed in una parte del cagliaritano; quando col matrimonio con Ade-
lasia si aprì dinanzi a loro la prossima eredità di Torres; quando
si veritìojl il fatto strano di potenti persone che, cittadini a Pisa,
eraiii> Re Dell'isola e, dii>eudeuti dal Comune pisano per Gallura,
nu <_iriino affatto lìberi per Torres, la condotta dei Visconti rispetto
uUa città nativa, a Genova ed a Roma doveva seguire il suo corso
naturale, in un paese in cui ora antica la tradizione di governi locali
quasi atTatto indipendenti, rivestiti di poteri non por delegazione
di potenze estranee ma o per diritto ereditario o per libero confe-
rimento del popolo isolano ; per cui sovi-ani e sudditi avevano smai^
rito, se pur mai Tavevan posseduto, ugni senso dì dipendenza.
E questa famìglia di antichi vicari marchionali seguitava in-
taotu ad aver terre e palazzi in Pisa, ad avervi consorti ed aderenti
moltissimi e, cessata o scaduta d'importanza l'istituzione del con-
solato, ad occupare con grande trequeuza l'ufficio di Podestit. a godere
cioè di tutti ì vantaggi della cittadinanza con pochi oneri a cui
era facile sottrarsi: luizi nella posizione privilogiatu dì poter quasi
dettar legge al Comune con la minaccia tacita o espressa di rap-
presaglie in Snrdogna: nessuna meraviglia perci<'> se la nuova quasi
regale diguità, sovrappostasi a vecchie ambizioni, a risentimenti
aou mai scomparsi, a tutta una tradizione familiare dì ostilitA più a
meno coperta al Comune ed all'aristocrazia c^onsolare e feudale, porta
con ab un coutra^o vìvo di interessi, uno scoppio violento di pas-
sioni, an parteggiare dei Visconti con i nemici del Comune, un
dissimulare in piirte i motivi veri della lotta sotto la vesto guelEa,
una wste cioè tutta colorata di idealità schiettamente politiche. E si
intende questo, ora che con Federico Pisa riprende detiiiìtivamento
U politica impuriale; oni che noi petto dei cittadini, per la crescente
coscienza dì classe, per il rapporto in cui i moti interni di una
citU entrano con quelli delle cittA vicine, con il Papa e l'Impe-
ratore, le animosità sì mutano in inimicizie, i nemici persimalt in
Domici politici ; mentre le gare dì partito commuovono sempre più
366 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
tutti gli strati della cittadiuanza, legati tutti da v'ari ed intimi
rapporti reali ed ideali, e di contro alla potenza viscontea si
forma una opposizione gagliarda fatta di timori, di antica ormai
istintiva antipatia, da parte dei maggiori cittadini; di interessi bor-
ghesi minacciati, da parte del popolo industriale e commerciale: di
gelosia e di antagonismo nobilesco, da parto della aristocrazia feu-
dale dei Gherardesca, rimasti ora, dopo circa un decennio di pre-
valenza incontrastata nel governo del Comuue, quasi nel buio, in
conseguenza della conquista deirufiBcio podestarile e delle imprese
di Sardegna compiute dai Visconti, per cui questi son riusciti a
coordinare attorno e sotto di sé le più importanti funzioni politiche
del Comune ed a rinsanguare con i proventi di una ricca provincia
la ormai esausta dignità cavalleresca.
Non potevano dir lo stesso di sé i Conti marenunani cittadini
di Pisa. Essi per tutto il XII secolo si erano sostenuti assai bene
di fronte al Comune di Volterra ed anche nel 1207, anno della
pace con i Pisani, gli Statuti di quella città, imponendo al Podestà
di ricercare i cittadini che non abitavano ed avrebbero dovuto abi-
tare continuamente entro le mura, eccettuano i Gherardesca. Ma
nel 1213 il Conte Ranieri e Gherardo debbono giurare la cittadi-
nanza di Volterra, obbligarsi a difenderla, a stare sotto gli ordini
del Podestà o del Capitano dei militi quando servano neiresercito
comunale, a non alienare i propri feudi fra l'Era e la Cecina; è
riconosciuto tuttavia il loro diritto di abitar dove vogliono e di esser
liberi da imposte, come pure di non esser tenuti ad aiutar Vol-
terra contro Pisa. *) Così seguitavano a tenersi legati a Pisa i cui
rapporti con i Conti feudali, sebbene nessun trattato ce ne informi
chiaramente, dovevano esser tali da conciliare nei feudi marem-
mani la libertà dei Signori con la soATanità del Comune. Ma an-
che questi beni feudali si erano di molto assottigliati, sia nel ter-
ritorio di Pisa, sia in quello di Volterra. Avevano perduto i Conti
nel 1173 il forte castello di Ventrignano in posizione dominante,
distrutto loro dall'Arcivescovo di Magonza; erano stati costretti a
*) Cbcixa, Mem. sior. di Volterra, p. 28.
Prime avvisaglie
367
giurare fedeltà a S. ìlìniato per M. Bicchieri e durante tutta la se-
conda metà del XII secolo, a mauo a mano che la famiglia si era
fr&ziouata In rami secondari e le apese della vita oittadiua si erano
fatte più grandi, avevan venduto senza posa eastetli iutieri o por-
zioni di essi, e forre o diritti vari di Guardistallo. Bibboua, M.
Cuocari, Riparbella, R'>signaiio, Mele, Foreuli. ') E si eran caricati
di debiti per giunta, anche a Volterra dove col patto del 1213 ot-
tengono il singoiar privilegio di non essere obbligati dai giudici
volterrani a pagare i propri oroditori. La brama di rifare la pro-
pria fortuna, di arrestare la precipitosa decadenza della famìglia,
di sostfnerne con tutti i mezzi il prestigio, deve perciò essere stata
grandissima, superiore ad ogni altra preoccupa/Jone, in questi Conti;
6 chi sa quali ambizioni passavau per la loro testa in quegli anni
in cni nell'Italia settentrionale già qualche Podestà si era mutato
in Signore e più di un grande feudatario, forte della debolezza altrui
e del favore imperiale, era salito ad altezze insperate.^
Id questa condizione i-eale delle cose, in questa disposizione
psicologica della cittadinanza, ogni incidente poteva esser favilla di
un grande incendio: i torbidi provocati dal clero o la sconfitta di
Castel del Bosco avovan per di più commosso tutta la cittadinanza,
mentre l'alternarsi sempre di Consoli e Podestà non dava garanzia di
vigoroso esercizio dei poteri sovrani. Ad Alberghetto Pandimigtio, tre-
vigianu, era successo nel 1223 un collegio di cinque < pisani po-
te«tates * col loro giudico assessore e col Console di giustizia: essi
«tuo tutti cittadini. Guelfo Porcari, Pagano ed Ubaldo Visconti,
Ildebrando ed Ugo di Sigerìo.'l È un curioso esempio, non tuttavia
isolato,*) di più podestà contemporaneamente e della quasi equiva-
•) Macciohi, Difmt, II, doo. ann. 1166, 1177, 1182 ecc.
*) SalSKR, Uftier die Anfàngt dar Supurrlt. p, 2T egg. e pa-tsim.
*) Arcii. Hkmra,, n. 6tì, 11 luglio 1224. LTno di e^wi, Ildebrando,
con un seguito di ecclesiastici e cattani del contado, presonzla )' invoBtl-
■ione che l'il luglio il Consolo di giustliia dà all'Arciv. della corte di
Vada, in seguito a lodo contro il Comune vndese, con rnutorissasione
dell'aueMore dei T' l'odesta, • salvie rationibus aliarum personarum ibi
habentiom. et ealva specialiler judsdiciione pia. civit. >.
') DI più Podestà ne vediamo a Padova (1183 e 1304), a Bologna
36d VI. — GóvUrasti sociali e partiti politiei
lenza, oramai, fira essi ed ì Consoli ; la lista che noi possediamo chiama
appunto Consoli questi Podestà. Nel medesimo anno, in Siria Pisani
e Oenovesi battagliavan dalle alte torri di che anche laggiù avevan
munito fondachi e botteghe ^) ed il Papa invano rivolgeva e mili-
tibus et populo pisano >, ai Grenovesi, agli Anconitani, esortazioni per
la Crociata.*) Il 1224, abbiamo Podestà Proino degli Incoardi mi-
lanese — sotto il quale si trova la prima menzione di un Breve po-
destarile — con un suo giudice assessore ; *) l'uno e Taltro forestieri
ed utili perciò a rompere quel tenace attaccamento delle consorterie
paesane al governo del Comune e specialmente di certe consorterie,
poiché dei cinque Podestà due eran Visconti ed un terzo. Guido Por-
cari, partigiano loro come vedremo fin poco e forse uno di quei
€ milites > di Garfagnana che poi prendon parte con Ubaldo alle spe-
dizioni di Sardegna. Di qui certamente il primo eromper dei tor^
bidi che presto degenerano in larga guerra civile nella città e nel
contado, alla quale danno nome i Visconti da una parte, i Ghe-
rardesca dall'altra. Dopo una battaglia avvenuta a Calci, i Visconti
rimasti al di sotto dovettero riparare nel loro Castello di Agnano:
ma Ubaldo, capo della famiglia, forse l'antico Podestà pisano se
non il conquistatore di Gallura, raccolta attorno a sé più numerosa
schiera di aderenti, prende la rivincita sui Gherardesca, fino a che,
interpostosi il nuovo Podestà Orlando Rossi di Parma, nel 1225
questi riesce a comporro momentaneamente le inimicizie, con reci-
proca restituzione dei prigionieri. *) Ritorna allora Podestà, per tre
anni (1226-8), un'altra volta Ubaldo Visconti ed è l'ultima per
questa famiglia: dal 1228 al 1233 hanno l'ufQcio Annibaldo di Roma
(1211), ed altrove. Più tardi gli esempi si moltiplicano: a Modena (1249',
Parma (1266), Rimini (1253) ecc.; ma allora questi Podestà, generalmente
due, sono i capi di altrettanti partiti distinti che cercano in tal modo Te-
qoilibrio. Vedi le citaz. del Fertile, St. del dir. Hai,, II, p. 83.
*) Annales januenses, II, 183-4, 1222.
«) M. G. H., Epistolae, T. I, p. 160, maggio 1223.
3) Arch. Mensa arciv., n. 649, 30 giugno 1225.
*) Questo racconto è nel Roncioni, Istorie, p. 491 ; noi, se non della
rigorosa esattezza dei particolari, possiamo esser sicuri deUa sostanza
del fatto, comprovatoci poco dopo da un doc. di poco posteriore.
U for-
per due anni, di mie
iIbÌ partiti; fumifflìt moffnalixie
36a
I l'roino dì Milano, Ugu Lupo dei Marchesi
di Sora^iia, Torello da Strada, ciascuno per un anno: noi 1233 aa
ultimo consolato o poi aenipre Podestii forestieri re^larmente, fiuo
alla breve tirannide di Ugolino della Oherardeaca e del Giudice Nino
di Gallura. Dal 1227 al 1 237, ò tutto un decennio di guerre esterne
ili oscuro battagliai-e interno; un tnrbiue che trascina irresistibii menta
uomini e cose, ma che per noi 6 poco mono che tenebra assoluta,
tant*i Kouo scarse, monche, incerte le notizie che abbiamo dì {juesto
periodo di storia pisana nel quale l'agitata vita degli individui, dei
partiti, della città si riflettd nella mancanza di fonti annalistiche che
per loro natura, anche se misere di contenuto, anche se iniarcite
d'errori, hanno la virtù t^n una frase, con una parola sola che esca
dalla penna di mio spettatore o di un partecipe degli avvenimenti,
di rivelare tutto uno stato d'animo cjillettivo, tutta la contenenza
reale e paicologiea di im partito, più 6 meglio di mille rogiti notarili.
Cerchiamo distrigare un po' da noi que^t matassa, amiifata
quant altra mai ; poiché nessuno crederà che Visconti e Gherardesca,
come danno il nome alla lotta, cosi no rappresentino tutti i molte-
plici e vari clementi ; tanto ò vero che nella seconda metA del XIII
secolo le due grandi famiglie si riconciliano ma. il contrasto dei
partiti seguita più violento di prima fino ad una catastrofe che lu
poesia dantesca ha eternato. I tratti caratteristici di questi vari ele-
menti sociali od i primi moventi della lotta noi li abbiamo intraveduti
nel Ioni confuso formarsi ed ora (archeremo determinarli meglio;
oorclieremo anche passare in rassegna, per <|uanto co lo ttermettauo
le fonti scarsissime, lo forze dei combattenti nello quali già appaiono
partiti politici e classi soi^iali che fra poco saranno nettamente di-
gtinti con chiara coscienza dei loro particolari interessi. Il nerbo
delta opposizione ai Visconti ò l'anstocrazia cittadina gìh compagna
ad ossi uol consolato, pur senza vt-ra e dun^vole concordia. Noi in-
b^udìamo con questo nome, se pur A necessario detinirlo dopo qnanto
, abbinino detto, tutte quelle famiglio che, indipendentemente dalla
flgine loro, si erano fin dal Xt se<'. innalzata sulto altre per ric-
I e per importanza polìtica attorno ai Marchesi dì Toscana;
10 state alta testa licl moto in parte pacifico in parte violento
370 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
donde esce il Comune e che nella prima metà del XTT sec. avevano oc-
cupato quasi ereditariamente il consolato, proprio nel tempo in cui
la fisonomia della città, le sue tradizioni politiche, la sua struttura
economica si erano formate e consolidate. Appartenevano a questa
categoria di persone, o famiglie schiettamente cittadine venute in
possesso tuttavia di piccoli feudi in special modo arcivescovili: o
antichi Cattaui e lombardi inurbatisi e trasformatisi ed assimilatisi
airelemento indigeno, pur rimanendo proprietari e feudatari di media
grandezza nelle terre vicine del contado: gli uni e gli altri quasi
tutti padroni in città, di case e di torri, armatori, mercanti o
corsari secondo le occasioni, di infaticabile attività nelle vicende
politiche d'Italia e nelle lontane colonie; tipo medio in una parola
fra aristocrazia e borghesia, con un discreto patrimonio di tradi-
zioni gentilizie per cui tende un po' per volta a far gruppo a sé
di fronte al fiottare dal basso di gente sempre nuova, forte per ric-
chezze recenti, meno legata da vincoli di natura feudale e consortile,
ambiziosa di governare, ordinata in associazioni economiche, capace di
insinuarsi in tutti gli interstizi e di sgretolare non poco quella classe
superiore di cui una parte, assorbita dai nuovo-venuti, si rinfresca
e ringiovanisce, Taltra si fa un po' in disparte, diventa una vera e
propria nobiltà di sangue — e e nobiles > si chiamano ora nei docu-
menti —, con la sua organizzazione a consorterie, in forma di pic-
coli e perfetti Comuni che hanno per i rapporti interni le loro
consuetudini feudali, poteri esecutivi e legislativi, giurisdizione
civile e spesso anche criminale. Ne sono a capo da principio Con-
soli, poi fin dal primo quarto del XIII secolo, un Capitano o Po-
destà, in conseguenza dell' allargarsi della consorteria, della sua
azione quasi autonoma di fronte al Comune, del carattere poli-
tico che assume, della necessità di una maggiore concordia fm
i membri ed unità di indirizzo, conciliata con una relativa libertà,
dei singoli gruppi federati; mutamento che tanto nelle forme este-
riori quanto nella interna struttura della consorteria non deve es-
sere molto dissimile da quello avvenuto nel più grande Comune
politico. Così abbiamo ora nel 1216 un due consorterie confederate ai cui
Base ecoìwmica delle famiglie, magnatizie 3tl
Capitani poco dopo vediamo sostituirsi un «potostas nobiliuin vi-
ronim do domo Orlandi et Pellari », ^) simile al « potestas Valleo-
kiensium et Corvariensium »,^) nobili del contado lucchese ma oramai
in rapporti strettissimi di abitanza con Pisa: abbiamo un * c^p. do-
raonmi Dodorum, Gaitanorum et Ousmariorum » e dei « eapitanei
domus Gualandorum » *) i quali tutti fanno solo ora la prima com-
parsa nei documenti e ci son prova indiretta anche del sorp^ente
dissidio di classe, causa e consofi^uenza della or^i^anizzazione dei
pruppi. Le carte private ci mostrano frequenti acquisti di terre che
essi fanno e spesso da Oherardesca o da altri nobili del contado;
prova di come la base economica e la natura di (jucsta aristocra-
zia si venisse raoditicando a mano a mano che c^v^sava di abbeve-
rarsi alle sorgenti continue della vita marinaresca. E taluni di essi
diventano o ridiventano signori di castelli nel contado: gli Orlandi
possedevan da un pezzo parte o intiero il castello di Sjtssetta, donde
probabilmente essi erano venuti a Pisa; *) i Gualandi sembra siano
padroni del Monte S. Giuliano e riscuotono alla base di esso un
pcnlaggio su tutti i carichi di pietra da costruzione che si traevano dal
monte; *) i Carletti poi ed i Sismondi comprano per 800 1. da donna
Glierardesca vedova di Ingheramo di Biserno e figlia del conte (f he-
rardt) tutti i diritti sulle terre feudali e livellari e sulle persone dei
castelli di Loreto, ilontenero, Salviano, Livorno, piano di Porto. *)
I Boccio, un ramo dei (Jualaudi, per (hmo fatto nel 1212 dall' Impe-
ratore Ottone IV a Ventriglio e Guido e confermato poi nel 1221 da
Foilerico li, posseggono il castello di Funda, distretto .di S. Miniato,
diocesi di Volterra, una parte del ([uale pochi anni dopo, per matri-
monio con Matilde di Ventriglio, passa al Conte Ranieri di Bolgheri;
*) Akch. Uoncioni, Et-g. Orlandi^ copia del XVII soc nnn. 1271.
') Akch. di Stato, Pisa, Ccrùtsu, 1 magj^io, 1220, 11 marzo 1221. A
questo Podestà un pisano sporj::e quercia contro un consorte, suo (lcì)itorc.
'» Cfr. sopra, p. 2«>;V«I, KJ luglio 1121) ecc.
*) I da Sassetta sono cousorteriu Orlandi e nel 1271 R^inieri da Sa.*<-
j4Ctta ne è PotleHiA.Clr. liscriz. nel Lami, .V(;/'. /■//., .*{ giupio 1727, ii. 22, .*{J>0.
^\ Vedi nel Tkomi, Annali, 1221, l'iscriz. che ricordala lilH*rtA da
«iuesto Oliere concessa i>er la costruzione della chiesa di S. Caterina.
^) La compra è anteriore al 1243. Akch. Mens.v, n. 782, 24 ott. 1244,
373 VI. — GóntrasH sociali e partiti politica
i due coniugi debbono tuttavia nell'agosto del 1230 fiore omaggio feu-
dale del castello al Comune di S. Miniato ed un mese dopo vender-
glielo con tutti i diritti annessi ed il distretto, con uno strumento
rogato a Pisa e in palatio > del Conte e della Contessa, costrettivi
da rapine ed incendi perpetrati dagli uomini di S. Miniato. ^) E quasi
tutte queste comunità gentilizie parteggiano ora contro i Visconti
per i Gherardesca, che guidano e direi sembrino impersonare la
lotta del Comune contro quei suoi troppo ambiziosi cittadini; esse
entrano come vere e proprie parti belligeranti nella lunga contesa e
nella conclusione della pace, proprio come fino ad ora ha &tto solo
qualche grande famiglia feudale vivente con un piede nella città
ed uno nel contado, alleata più che suddita; segno evidente quanto
siasi indebolita la loro coesione e la subordinazione all'ente e Co-
mune >.
Noi possiamo calcolare fra 15 o 20 — quante ce ne ricordano
i documenti — *) il numero di queste grandi consorterie, con una
media da 20 a 30 uomini adulti per ciascuna e molti di più per
i vasti aggregati di consorterie diverse, senza contare naturalmente
tutti quei consorti temporanei che si stringono attorno ad un po-
tente casato per una impresa lontana o nelle lotte inteme. E questa
quindicina di famiglie, con tratti caratteristici già pienamente deli-
neati, forma un gruppo abbastanza nettamente distinto dal resto
della cittadinanza ; distinto per origine, per qualche vaga tradizione
domestica — genuina o creata a scopo di grandigia — di origine ger-
manica *) e per antica dignità cavalleresca. Poiché tutti questi ma-
gnati sono « milites » ed insieme costituiscono la milizia, l'esercito
*) ÀRCH. DI Stato, Firenze, Perg. S, Miniato, 28 die. 1212; 4 genn.
1221 ; 19 ag. 1231 ; 12 sett. 1231 ; 13 ag. 1232.
<) Ricordiamo Visconti, Gualandi, Lanfranchi, Gaetani, Matti, Gas-
mari, Turchio, Bottari, Lancia, Vemagalli, Duodi, Boccio, Verchionesi,
Capronesi, Sismoudi, Pellari, Orlandi e qualche altra, parecchie delle
quali confederate. Ad essi possiamo aggiungere anche i Ripafì*atta.
') E noto il racconto di R. Sardo sui • sette Baroni » scesi in Italia
con Ottone primo e fermatisi a Pisa, capostipiti delle sette case dei
Matti, Orlandi, Ripafratta, Gaetani, Duodi, Gusmarì e Verchionesi : ^rcA.
Mtor. Hai., S. I, VI, II. II, p. 75.
n < Cotnmuti* militwn >
373
(k-i cavalieri della ritta; uu ordine sixnale e militare insieme, fatto
ili antichi < boui homioes >, o * sapientes >, o < mìlites >, armati
iiivftlii'iri prima dal Siguore ora sempre più frequentemente dal Co-
mune; ordine i^he nel XIII secolo ha la sua organizzazione net
« commune militum » ed i suoi capi e rappresentanti nei * capitanei
militum r ai quali già fra il XII e XIII secolo è stato, quasi per
naturale privilegio, riconosciuto il diritto di aver parte negli atti
pubblici pili importanti interni ed estemi: ricevono insieme col
Podestà e con i Senatori il giurameuto dell'Operaio di 8. Maria; ')
nel marzo del 1207 giurano, in persona di Roberto Opizzini e
Gerardo Verchionesi, la pat« con Volterra; nel maggio 1213 Gae-
tano Bolso «capitaneus militum > assiste con ì Consoli dei mer-
cajiti o del mare all'accordo con un procuratore fiorentino. Essi
organizzano la cavalleria, nerbo dell'esercito; ai loro ordini si
mettono i vassalli del contado in tempo di guerra quando prestali
servizio nell'oste cittadina; ten^no libri dove sono iscritti tutti i
ajliti del Comime ed i loro cavalli; curano il mantenimento dei
rati d'Arsola in Val di Cerchio, presso Vecchiano. perchè non
1 guastati n& altri li usurpi in proprietà privata, compito dap-
1 rì8er%'ato ai Consoli del Comune. ') Eletti in sul loro sorgerò
I potere centrale, poi, con l'accentuarsi della loro differenza con
) di governo e dello spìrito cijrporativo, ottengono come ì
i del mare e dei mercanti di essere eletti liboramente od
I dell'associazione dei militi — poiché oro non ò se non una aa-
KÌazione volontaria vera e propria — e di esercitarvi la gituisdi-
ioDe. Non sappiamo quando tale mutamento: certo ad esso si riferì-
~ BOODo i t privilegia communis militum > die noi Breve del Comune i)
PodestA ed il Capitauo si obbligano di rispettare. ') Noi abbiamo poi
il ricordo di uu < arringo militum * luogo dove essi si adunavano
r le fanzioni associative e per gli esercizi cavallereschi, vicino alle
•) Statua, 1. Br. Comm., 1286, p. 71-3, doe. tn nota, 37 die. 1S84.
*) Satuii, 1, Br. Consnlam, p. U e 37. In Arsula, terra d) confine,
I t. Ano al principili del XII sis.-., nna «terra di- inArva • iCrrl'imx, 90
I? 30 dicembre 1121 1 e (|ucat« cerio diventa il pascolo pnbblioo.
*) SUauti, I, Br. Coram., ISSi, p. 362.
374 VI. — CarUrcisti sociali e partiti politici
miira ed al palazzo arcivescovile, nella direzione dei prati d'Arsola:
vicinanza che non so se possa esser considerata del tutto casuale,
perchè il fatto che l'Arcivescovo ai Capitani dei militi affida la di-
fesa dei suoi castelli, che quasi tutti gli appartenenti a questa
aristocrazia cittadina hanno feudi dall'Arcivescovo stesso, che nella
corte vescovile di Papiana vi son dei e fenda militaria > , ^) dimostra
l'esistenza di stretti rapporti ffa il capo della Chiesa cittadina e
la organizzazione dei militi, formata di elementi cresciuti quasi
sotto la feudale protezione dell'Arcivescovo ed emancipatisi più tardi
politicamente, non mai del tutto economicamente; senza contiire che
il carattere e le finalità etiche oltre che sociali della cavalleria
medioevale e le cerimonie por la creazione dei cavalieri stringevano
necessariamente un forte vincolo morale fi-a essi ed i rappresentanti
della religione.
Dei militi e del loro Comune, quelle circa quindici o venti fa-
miglie sopra ricordate costituiscono il nocciolo, e la loro dignità
cavalleresca è anteriore al Comune. Ma non sono le sole: subito
dietro esse, senza grande intervallo, vive tutta una minore ari-
stocrazia in continua formazione e trasformazione, nata nel Comune
e nutrita in tutto degli elementi suoi, « milites prò communi >
come li chiama un docum. fiorentino del 1233, *) la quale deve ad
esso il cingolo della milizia, ed inaugura perciò un periodo di vita
nuova, più democratica, nelle istituzioni cavalleresche: questi militi,
fin dalla 2* metà del sec. precedente, avevan destato il nobile sdegno
misto a meraviglia di Ottone di Frisinga che vedeva « inferioris
conditionis juvenes » e finanche <; quoslibet contemptìbiliiim me-
chanicarum artiimi opifices » assunti dai Comuni « ad militiae cin-
gulimi vel dignitatis gi-adum ^ : principio di quella decadenza della
cavalleria comunale che alla fine del '200 e poi nel '300 ci farà
vedere da una parte antichi cavalieri di schietta nobiltà darsi ai
vori manuali e spingersi innanzi l'asino carico di legna e di letame:
dall'altra scardassiori e tintori prendere le insegne di Baiardo. ^ Per
*) Arch. K<>ncioxi, Pisa, n! 1H<ì, ami. 1222.
*) Santini, D*H-um*'nti, p. 405. (Questi sono tuttavia militi del contado.
3; Salvemini, La dignità cavallertsca nel Comune di Firenze. Firenze,
L' aristoera-xia minore 375
ora sono solo < gente di piccolo comiiicìamento >, come r Firenze
i Cerchi, i Bardi, i Mozi;i, la quale osco dal popolo ma che tiitta^na
per spirito di imitazione, per alterigia mercantesca, per il possesso
di nna torre, ') per l' uso del cavallo in guerra, vorrebbe in qual-
che cosa avvicinarsi alla nobiltil di nascita; di fatto riesce solo a
cambiar fisonomia al < commune militum » che diventa l'insieme di
(«(loro che per le maggiori ricchezze e per onore son rivestiti dal
Comnne della dignità cavalleresca e combattono a cavallo; cioè
quelle « magnae cognationes que licet sint de populo, tamen inter
milites comptitautur ».■) E la milizia appunta ts il campo comune
in cui si incontrano queste due aristocrazie, diverso tuttavia per
interessi ed abitudini, poiché la minore dì esse che negli ultimi
decenni del XII secolo aveva dato il mimerò maggiore di famiglie
consolari, 6 adesso quasi scala per discendere al popolo, rientra
Ricci. 1897, p. 12 agg. Anchp a Pisn, i nobili del contado (miles vel
fliins inilitis vcl nobilis v<-1 lombardu» vi>I aliigniiì do ordine militari eie.)
b1 dispone nello StAtuto del IStìtì che non siano ol)bligatì ai servizi per-
sonali «si propriis inunlbnii latiorarc non consucvprint •, salvo noi lavori
per fortiflcoxiani, per rìallaro chiese ecc. Statuti, 1, Br. , ■turris Ildebrandi Famllinti
jnrisp. >, Cerfogli, Hi ott. 1191, tnrro di Bandino Bugliafava in pnrtn a
Duirc; 24 seti, llsa, • turrìs nova de Arno • di Runieri Btifrliahiva; IH
apr. 1193, torre dì Tolomeo Assopardl e consorti, in porta Aurea; torre
di Alberto da Fatano in porta Aurea. Arch. Rom-ioni, 11 die. 11%,
botlvg'a dcllft torre di Oualnndo da Burìano; 1? giut^no 1208, bolte)|;a della
ton* di Capitone e Modano; 9 marzo 1241, idem di Lanfranco di Boccio.
CmoMCI, IH fcbbr. 1228, bottega della torre di Albizaoac Guiderà b con-
•orli. Messa, n. 774, 134:1, bottega della torre di RoIhtIo del Cantone
in Cinxk-a. Aacn. ut Stato, CoMti, 30 griu^iio 12(il, torre degli Accatti
a S. Sisto; C'Jy/Wfì, 19 marzo 1268, torre dì casa Alberti; :i seti. 1S75,
degrli credi dì Mcsser Saraceno, ambedne in testa al ponte. Vecchio; 2 aprilr
137:1, di Ranieri NoccìolcUÌ in Santa Maddalena; 9 maggio 1S95, di (ìomita
argsnliere in H. Clemente; poi le torri Della ReU |.^. Anna. 16 fcbr. t25&t;
AiUnte (Cappati, 24 nov. 12691; AjrliaW, fuoriporta Mitrriatrdia. \b
09*. 1338): del Nicchio, della Sala, delle Brache, delle Quarrc, dei Ma-
leUsche :Sfatuti. I. 478, 4»T, 4U0, 467; II, 118) ed altra ricordate dal St-
ifoXBHcm. Della vita privita che più tardi gli ordinamenti borghesi del '300 distingne-
ranno dai cavalieri magnati ; ^) sono essi che negli ultimi decenni del
XII e per buona parte del XIII sec. occupano quasi tutti gli uffici
del Comime, ne rappresentano l'elemento piìi operoso, più culto e più
assimilatore della cultura altrui, e diciamo anche più disinteressato:
trasfuso poi in parte nel « popolo vecchio » prima che questo, alla
fine del '200 e più nel '300, dia posto alla gente nuova.
In Toscana tale formazione di una minore aristocrazia caval-
leresca è posteriore che in Lombardia ; ma certo è già cominciata
nella prima metà del '200; a Pisa specialmente, dove molti € milites >
sono indubbiamente armatori e mercanti ed industriali di fresca
data, come per esempio quei Gherardo da Scorno, Stefano Masca,
Gualfredo Mele, Lamberto Bonomo ecc., nomi consolari, che nel
1188 compaiono come Consoli dei mercanti e della lana. Natural-
mente, le carte del tempo non danno alcuna precisa notizia di queste
gradazioni sociali con le quali la ricchezza crescente attenua le
originarie profonde differenze di classe: tuttavia l'antico < populus >
si è sdoppiato nei « milites et populus » , come è designata ora
la totalità dei cittadini che assistono alle assemblee generali; ai
€ militibus et populo > si rivolge nel 1223 il Papa esortando alla
crociata, come se essi, senza altro magistrato, siano i poteri costi-
tuiti del Comune. In questo espressioni noi troviamo già adombrati
quelli che saranno il e Comune > ed il « Popolo » del secondo '200.
i quali ora si vengono attorno a quei due nuclei rapidamente co-
stituendo e colorando, nella forma di due distinte associazioni con-
trapposte runa all'altra: e societas militum et societas populi ».*)
A Siena la seconda è ricordata sin dal 1213 con tre Rettori che eser-
citano giurisdizione sulle torri ^) e nel 1229 vi sono i e Brevia mili-
*) Sal\t;mixi, La dignità cavalleresca, p. 52, 64-5 ecc.
* ) A Cremona nel 1211 : Ficker, Farschungen, IV, 263.
3) Zdekauer, iZ Cos/i/. senese, p. XXXXIII, nota 3.
L'olla borghfMa marhiartmea t mMvnnlifa 377
I et popuii»; Brevi che, quantunque dati del Comune e relativi
M'ialmeute all' orf,'aiiuiuento militare, contribuiscono tuttavia ad
rescere la personalità collettiva di questi dne ordini di persone.
II muto a.^sociatÌro era dunque irresistibile, in tutta quanta l'Italia
maDale, in alto ed in basso, negli artigiani nbitunti da un poKZo
t vincolo econoniit:o-relÌgio8o attorno alla chiesa e nei ceti mer-
Btili e marinare::)clii nei quali agiva insieme la neittsMÌtà eco-
Biioa e sociale dei tempi e l' antica abitudine ai forti vincoli
»prì di molti di quei casati dì media grandezza che ora seguono
\ corrente, mantengono le abitudini del Xn secfllo, si fondono
a gente nuova, denarosa od intraprendente, cAstituiscouo il nerbo
■Ila borghesia, il nocciolo dell'Ordine del mare ohe ti appunto il
I d'incontro di chi sale e dì chi scende, di persone spesso
! )>o liticamente sono l'elemento nuovo, mentre nei rapporti pri-
L e personali potrebbero benissimo, se la inimicizia politica più
i non li separasse fieramente, trovarsi con le schiette consor-
I nobilesche, che neppure esso abbandonano del tutto la tra-
Bione del navigare o qnalcuua, o meglio qnat'-he loro mem-
, quella del commercinre; 'J inscritti Fora' anche nell' Ordine,
» a Firenze non pochi Magnati nell'Arte di Calimala.*) E si
) poi alla Meloria, quando la grande flotta pisana votata a qiia^
I intiera distruzione ara per buona mota armata a loro spose e da
loro perR dell'Ordine, elotti Conaoll o nelle
i\ Qualcuno dui Lanfranchj h* «al Unir del '300 affari dì i
a Tunisi ; ndln lorrc dei Boccio, rAmo dei Gualandi, è nnn • ajiotbcca ■ .
*) FuJi'Pi, L'artv di Calim. e il *uo yiù antico Statalo, [i. &1 « IM.
378 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
coramissioui importanti, per i rapporti diretti e più delicati col potere
esecutivo. ^) In un Consiglio del 7 aprile 1245, tenuto nella chiesa
di S. Frediano, al quale intervengono i Consoli, i Consiglieri ed
e alij multi homines de ordine maris > , trovo registrati i nomi di
circa 110 persone: cifra che se non basta a darci una nozione pre-
cisa del numero complessivo degli inscritti, ci fa credere che esso
si elevasse molto.*) E son persone molte delle quali, esse od i loro
padri, sappiamo dai documenti che negli ultimi anni del XII secolo,
quando il Comune si trovò in molte strettezze per la grande po-
litica del tempo di Enrico VI e quando TOrdine si costituì organica-
mente, prestavano come Consoli o privati cittadini denari al C«>
mune, formando poi quelle società di creditori con loro propri
rappresentanti che a Grenova, con il Banco di S. Giorgio, arrivaron
poi quasi a sostituirsi allo Stato, amministrandone le entrate, go-
vernandone le colonie e le terre soggette, dirigendone la politica:
non ultima cagione, questa, perchè a Pisa nell'Ordine del Mare si
identificano pienamente gli interessi privati con quelli del Comune
ed esso ha tanto potere sulle entrate e dì alcune ne dispone libe-
ramente, di altre ne consiglia al Podestà i modi migliori d' impiego
per la guerra marittima e Tincremento dei commerci, eseguendo
senz'altro, senza bisogno di speciale incarico, c^rte disposizioni d'or-
dine pubblico del Podestà e dei Consigli, organizzando la flotta e la
difesa navale,^) per cui riesce ad essere il braccio destro di chi sta a
capo del Comune, anzi un secondo potere so\Tano della città — come
altrove, per esempio a Siena ed a Firenze, la mercanzia e le arti
maggiori — con uno stipendio fissato e dato dal Comune,*) finanche
con una zona di giurisdizione propria nel contado, la zona cioè assai
popolosa del porto pisano alle cui comunità i Consoli del mare ema-
nano ordini, accogliendone e giudicandone i richiami.*)
*) ARCif. DI Stato, Pisa, A. 46, 7 apr. 1246, e. 1 1. sgg.
') Arch. di Stato, A. 46, e. 4.
3^ Statutif III, Br. curie maris, p. 432. I Consoli obbligano gli An-
ziani far restituire al Comune i legni suoi concessi ad altri in corso.
^) Staiuti, I, Br. pis. Populi, 1286, p. 610.
•M Aiuii. DI Stato, A. 46, e. 4. In seguito a querele dei Consoli del
Vita ed istituxioiìi in teme dell' Ordine del mare 379
Il 7 aprile, Tordine d(>l giorno forinulato od esposto da Sigerio
Gaetano Console, [K'r sé e jwr i soci, si aggira intorno a certi
provvedimenti da pivnden^ in seguito alla notizia elio a Genova
ed a Bonifazio si preparava una « armata navium » ed alla do-
manda di un sussidio elio certi nobili cittadini uniti in società
con altri amici, avevano fatto, essendo sul punto di armare una
nave e due galere « prò honore et salvamento pisani conmiunis
et hominum ordinis maris. » E le proposte son varie: chi motte
innanzi che i Consoli eleggano ogni quai-tiero due uomini di mare
i (|uali impongano a tutti « qui vadunt et mictunt per mare » una
pn'stanza da 10 soldi a 3 1., tino a complessive 000 1., garantita
dai Capitani della dogana: si notino \v cifre, per il numero approssima-
tivo degli inscritti airOrdine. Un altro propone di armar quattro navi
od otto galere, tre per ogni quartiere della città e del distretto; ai no-
bili armatori i Capitani della dogana diano, anche prendendole a
pri»stitt) con Tinteresse di tre o (juattro denari per lira ogni mese,
I. 1000 che quelli restituiranno ^ si lucrati fuerint». Un terzo ancora
aggiunge che tino a tanto (pieste navi non siano armate, nessuno
vada in mare per mercatanzia e poi chiun(|ue salpi o arrivi dia 6
(lanari per ogni lira di merce. Si chiede in ultimo che i Consoli,
con mia commissione di 4 più influenti dell'Ordine, vadano dal Po-
d«»stà jM'r sollcKMtarlo a convocare il Senato e per riferirgli i deli-
borati I» h» pro|)()ste dcirassomblea quanto alTarmamento dello navi.
(Questa adunanza ò detta il « consilium <'onsiliariorum consuhnn
«irdinis maris (*t consulum . Troviamo cioò (|ui ricordato un utlicio che
noi già conosi'iamo: i Consoli o Capitani doi porti di Sardegna, un
oolli*gio di moroanti con il h>ro Consiglio i (piali, mentn? raj)pre-
st*ntano ciascuno gli interessi speriali del suo porto, rappresentano
aiiehe complessivamente gli interessi g<.»nerali t» la politi<'a generale
ili uno stesst) ceto mercantcvsco verso la Sard(»gna, senza distinzione,
ilati i rapporti continui dei singoli centri commenMali dell' isola
{»ÌHiio fli [K»rtf', i 111 |N introno al i*a|)f>ellaiìo «Iella rliii'sa la^pù di re>titiiir
loro (lei pegni che aveva tolto per ol»blijrarli alia coslruz. di una torre..
380 VI. — CanirctsH socicUi e partiti politici
ai quali i mercanti direttamente od i loro « tractatores > facevano
capo, e che costituivano un' unità geografica ed economica inscin-
dibile. Se perciò noi troviamo a Pisa dei e Capitanei et Consules >
o € CJonsules et Capitanei portuum Sardinee » non dobbiamo inten-
dere che i Capitani rappresentino gli interessi generali del commercio
sardo ed i Consoli quelli particolari di ciascim porto; ^) ma piut-
tosto che le due parole indichino i gradi gerarchici- dello stesso isti-
tuto; il collegio consolare ha i suoi e capitanei > come più tardi la
federazione delle Arti e dei loro Consoli ha i suoi Capitani o Priori:
quando non si vogliano intendere le due parole — ed io vi incli-
nerei — come sinonime, quali crector et potestas». Così si coi-
rebbe il non aver esse un ordine fisso di precedenza ed il trovar
frasi c^me questa : e unum ex capitaneis de quoliòet portuum Sar-
dinee»,*) negli Statuti dai quali non si può ragionevolmente rica-
vare che € consules sive capitanei » indichino due magistrati di-
stinti ; tanto è vero che questa frase qualche volta cede il posto ad
un' altra: « mercatores sive capitanei portuum » e certe funzioni di
polizia cittadina, come la cura della piazza di S. Nicola e S. Donato
dove erano gli scali della città, forse per le sole navi di Sardegna,
e la riscossione della tassa che esse dovevan pagare per tale ser-
vizio sono affidati ai «consules portuum» ed ai «mercatores por-
tuum vel eorum capitanei ».*) Una delle due parole era stata la
prima ad essere usata: l'altra poi fu non sostituita ma aggiunta ad
essa. Comimque sia, questo collegio di Consoli e Capitani in certe
occasioni si uniscono in una sola grande assemblea corporativa con
i Consoli ed i Consiglieri del mare. Ora essi, con il loro separarsi
dai Consoli e Consiglieri dell' isola, sono venuti in contatto diretto
con gli organi di governo — e forse nella necessità di una vigilante
azione politica è la causa prima di tale sdoppiamento — ; son quasi
intermediari fra il potere esecutivo del Comune ed i colleghi di Sar-
degna, prendon parte ai Consigli del Podestà con i Consoli* dei tre
*) Cosi lo ScHAUBE, Dos Konsulat des Mèeres, p. 17^7.
*) statuti, I, Br. Comm., 1286, p. 303.
3) Statuii, I, Br. Comm., 1286, p. 428 e 402-3.
Tls/idtwiM e profframina interno della borghfsia mercanliU, 381
Oi-iliui, conveiifToiio qualche volta con questi per gli iiitereasi co-
ni. 11 tempo preciso di tali progressi nou lo sappiamo: corto nel
i_'l8 la loro presen;ca al maggior Consiglio del Comune apparo un
fatto ordinario. ')
Con questo riconoscimento muta l'indole dei Consoli dei porti,
cresce la loro libertà iat Tna, diventano una cosa a su, staccata dal
Comune che più nou li elegge. È la stessa tendenza de! reato che si
anxMitna nell'Ordine del mare il quale, pur rimanendo quasi un
poterò delio Stato, pur conservando intatta l'azione di governo,
mint a trasformarsi in un vero organamento di classe, con perso-
nalità sua propria; tendenza nella quale, si riflettono gli interessi
di una nuraerosii, ricca, intlnente classe di cittadini che vuol di-
Tentare una vera e propria associazione, delinearsi nettamente in
mezso alle altre come l'attività sua, nella più intensa e larga vita
cittadina, ^ una fra tante sia pur secondarie: e vuol capi libera-
mouto scelti nei quali prevalga sopra ogni altro il carattere rap-
presentativo di una classe sociale. Questo noi dobbiamo intendere sìa
il contenuto e lo scopo del » privilegium consulìbus ordinis maris
extncessum ab Ubaldo olim pisano Wcecomite » che i successivi
Podestà si impegnano far rispettare.*) Kon sappiamo a quale delle
due podestarie di Ubaldo si accenni (1214 e 1226-8), dato puro
che i due Ubaldo siano stati sempre' la stessa persona; ma anche
qui come nel < communo mititum * il privilegio non può essere so
Dun quello della libera elezione dei Consoli nel seno dell'Ordine e
l'esercizio della giurisdizione conteusiosa.
Son questi, a.'itrazion fatta del < commune militum ', i superiori
ceti sociali cos\ delineati nei loro incerti contomi, che ora si mettono
') Yixi. BoROo, Diid. piit., [1. 276. Idem il 13 ag. 13U: Toi^, Cod.
tardo, p. 34i3. Cfr. uniche In Scmahhk, Da» Kottgulat tlen Mt/fren, p. 17&
■t^K. Cb« 1 Consoli e Capitani che vediamo n Pisa sia» diversi da quelli
di Sardegna; che cioè sia avvenuto questo sdoppi amen lo, noi lo riatviamo
dall'obbligo che avevan gli nltimi di risiederò nei loro porti e dal ricordo
elle il Breve del porto di Cagliari, Slutuli, III, p, 1123, fa del < lo contmlo
chu per In tempo sarà a PlDn>. Cor! 11 Br. marts. Statali, III, p. 406:
«Oonmiri et capilanel portuura Sardiiieo de Pislsi.
•j Slatuli. I, Br. Comm., 1286, p. 348.
382 vi. — Cannasti sociali e parliti politici
in prima fila nel movimento ohe verso il 1250 condurrà alla co-
stituzione del Popolo; intanto vengono preparando un meccanismo
di governo che poggi essenzialmente sopra i gruppi organizzati e sui
loro rappresentanti: la loro forza economica è basata sullo sfrutta-
mento dell'artigianato minore, strettamente dipendente, e tutta la loro
azione politica è rivolta al trionfo degli interessi industriali e mercan-
tili, mediante le guerre ed i trattati OvStenii, l'opposizione alla concor-
renza fiorentina, l'amicizia dell'Impero che rafforza il Comune e di
facilita l'espansione commerciale nel Regno; T abolizione progressiva
dei privilegi giurisdizionali e fiscali deirArcivescovo e deiraristocra-
zia, nella città e nel contado, per accrescere la forza militare e fiuan-
ziaria del Comune; un acconcio sistema annonario che tenga bassi i
prezzi delle derrate; la soggezione assoluta del territorio che deve es-
sere puramente e semplicemente un demanio pubblico, dove i nemici
intemi ed esterni non possano trovar alimento nò i banditi ricetto
e la borghesia trovi invece un campo propizio di impiego di capi-
tali e strumenti docili per assicurare le vie e le proprietà, per far
le primo resistenze ai nemici esterni, per vietare la esportazione dei
prodotti agricoli, lana, biade e vino, specialmente verso paesi ne-
mici, Lucca e Firenze, poiché per il momento il divieto sembra
aver ancora scopi specialmente politici. L'assetto che ora si dà al
contado corrisponde infatti a questo scopo : oltre ai Capitani cui è
commessa la giurisdizione ed il controllo amministrativo di una
vasta circoscrizione territoriale, si mettono speciali Podestà e Ca-
pitani, con un Breve loro proprio, nelle terre maggiori, sottratte in
tal modo alla giurisdizione dei primi ^) che alla fine scompaiono,
salvo in tempo di guerra e di agitazioni contadinesche. E noi ab-
biamo notizia nel 1226 di un Podestà di Calci *) e nel 1237 di
Podestà e Consiglieri del Comune di Vico pisano : ') i quali nei
*) Arch. di Stato, Pisa, Certosa, 6 nov. 1233: Ubcrtingo Capitano
da Montecchio al mare « eccettuato Vico » .
') Arch. Mensa akciv., n. G54, 12 nov. 1227: « Davinus scatifer po-
testatis de Calci • , presente ad uno strumento di concessione livellare
che TArciv. Vitale fa nella curia arcivesco\ile di Calci.
3) AucH. Mensa arciv., n. 732. Cfr. sopra p. 74.
Oorri^xmdenle ordinamento ilei contado
383
rapporti locali sono, come nella città, svolgi monto dei Consoli pre-
'-'lonti. fino atl apparire — tanta 6 la vitalità e persouiUità dì quellu
|iuvolo torre — cume una emanazione dol popolo di cui rappresen-
tano o difendono gli interessi, aiutandolo a coii()U̻tare la pioua
libertà di froiito all'Aiviveseovo; ma sono nel tempo stesso più
adatti arnesi di governo por il Comune signore, poichi> eletti di-
rettaiiivuto da questo o p(*r lo meno scelti ed approvati sopra una
breve lista che gli uomini del luogo presentano iti persone che
abbiano la cittadinanza, abitino continuamente in Pisa e sian fedeli
all'ordine politico de! momento: ^) infatti < iir nnbilis Oolitianus
«j. Ogonis » e « vir nob. Uguccio de Caprona » sono ì due primi Po-
destà di Vico nel 2" e 3* decennio del secolo, cittadini pisani e
Wn a<'t?etti alla classo dirigeute. Diversi da questi Podestà dello
t'Tro maggiori i quali come dicevamo, per i requisiti loro, per il
r.Kxlo d'elemnoe perii luogo dove esercitano, possono apparir come
-volpmunto di spontanee forme locali preesistenti; diversi sono i
Capitani mandati invece in piccole circoscriKÌuni di molte comunità
rurali ed i Castellani inviati nelle terre di importanza militare:
cosi a Riprafratta, *) non ostante che questo sia dominio feudale
dei nobili di egual nome cbo vi esercitano pieni poteri comitali;
certo non avranno mancato di protestare contro questa diminutio
honoris, che può aver contribuito a farli schierare adesso dalla parte
dei Visconti contro il Comune ; ma il castello occupava una posi-
xioue strategica di primo ordine, oni u cavaliere di una art^TÌa stra-
dale e fluviale di grande transito, perciù ti Comune ne aveva bi-
sogno per guerreggiar Lucca e far osservare i diviati di oaporta-
zioue pvr tutta una larga zona di Val di Cerchio. ') La sovranità
dei nobili sui contadini di Ripafratla era tuttavia rispettata o m-
") Cosi nei patti con gli Scartinesi {l^h): Statuti, I, App., p. 67S. Egli
^t.itntj vietano severameute alle comuoitiV rurali di avere un BetU)re
hi- non fin dello dalla città. Statuti, I, Br. Comu.. 1SH6, p. 1)7.
*^,i Aitcìt, RoNciuM, n. 258, i giugno 1334; < Castt-dlaui du K. ut oliomm
rji#tromm. • Anehe l'Arctv. ne manda ìualconc terrò: Mkku, 30 f»br. 1331.
*) Akc». Box- (.'IONI, Bty.Jurium tuihillum de Bipafr., e. TU t., 23 att.
12IÌ7. Protetita del Courtorla, davanti al Podestà di Più,
contro lUO ciutodi mesiii I& dui Comune < super distringendo diavolo • .
384 Vi. — CkìfUrasii sòcicUi e parUii politici
guitavan essi e commune et homines regere et officialibus sois re-
formare videlicet notarijs, camerarijs, nantijs, guardianis, arbitris
et cafadiarijs et alijs officialibus cousuetis »: ^) dove si vede con
qual vigore anche queste pianticelle adugiate dall' ombra fendale
cercavano di venir su, svolgendo forme identiche, sia pure imperfet-
tamente. In ogni modo, o Podestà, o Capitani, o Castellani, il loro
ufficio era sempre lo stesso: rendere efficace ed omogenea l'azione
della città sul contado, opera non facile ora che in esso, per lo
stimolo delle discordie cittadine, tanto piìi efficace in quanto che
nella città ogni Comune rurale ha un proprio a\'A'Ocato e rappre-
sentante stabile; *) per Toppressione fiscale del Comune, per l'azione
degli innumerevoli fermenti locali, anche nelle piccole terre comincia
il parteggiare e la minuscola popolazione si divide in due campi,
che si combattono con una ferocia tanto più grande quanto più
ristretto il campo di lotta e più scarso per non dir nullo il con-
tenuto reale dei partiti, se pur questo nome può darsi all'odio set-
tario con cui qui gli avanzi delle generazioni di cattani si combat-
tono, tirandosi dietro i contadini.
Economicamente queste organizzazioni mercantesche di cui ab-
biamo parlato sinora ed a cui possiamo aggiungere, per il ceto sociale
delle persone che ne fan parte, i giudici e notai creati ora più*
essi, come i milites, dal Comune, a ciò abilitato dai diplomi impe-
riali e conservanti tutta la loro importanza professionale anche con
l'uso del Podestà e dei giudici forestieri,*) sono distinte dalle arti
vere e proprie — e questa distinzione economica ne porterà più
tardi una politica con scissione fra Ordini (le Arti maggiori di Fi-
*) Arce. Roncioni, Beg, Jurium cit., e. 12, 19 nov. 1282. Un notaio
del Castello e not. fuit prò ipsis nobil. in supr. Communi et infra homi-
nibos ipsius comm. et ofiSeium suum prò ipsis nobil. pacifice exercuit >.
*) Arch. di Stato, Perg, Misericonìia, 11 maggio 1248: Io Simone di
Fameta pubbl. giud. degli appelli, poiché Gattoso mio socio « de hac causa
non audeat se iutcpmictere quia est advocatus Comm. Bibbone etc. >, defi.
nisco ecc. La causa era appunto fra un Sindaco di questo Comune ed un
procuratore del Conte Ranieri di Casale. Questi avvocati, specialmente il
collegio di quelli del Comune pisano, acquistano poi importanza politica.
3) Sui giudici cittadini e Podestà, Ficker, Fonchungen, III, p. 321 sgg.
te Arti e loro atcensione politica 366
renzo) ed Arti — che ora verso la metà del XIII sec. sodo cresciuta
di numero: oltre quelle dei fabbri, pellicciai, cuoiai ed Arti affini,
troviamo quella dei macellai, < ars taberoariorum >, cou i loro Gon-
aoli ') e quella dei viuai ohij vediamo apuutar su da uaa confra-
ternita.') Ed in Cousoli si sono cambiati anche i prìmitivi t Cjipita-
nei \ delle altre corporazioni, segno certo che esse hanno ottenuto
pieno riconoscimento e giurisdizione interna dal Comune. Questa
prima metà del '200 devo essere stata ricca di carte di riconosci-
mento e privilegio alle Arti : si parla infatti negli Statuti di un « pri-
vilegiiuu olim concessum coriarìorum consulihus a pisanis ransu-
libus » che [wrciil non può esser posteriore al 1234, relativo a certi
diritti di monopolio nell'esercizio dell'arto od alla giurisdi^cione sui
soci ; ') dne cose cho son prova di progredito sviluppo economico e
teoniix) della corporazione. Lo stesso trattamento dovè esser fatto allo
altro Arti, specialmente dei fabbri, dei quali vediamo i Cousoli ema>
nar sentenze lino alla concorrenza di 40 soldi.^) Sembra rimanesse
ancora un» certa giurisdizione dei Capitani e dei Rettori del contado
sui fabbri del contado stesso o della città quando vi si recavano per
lavorare; ma nel 1246 questi no son liberati pienamente ed allora
bitti i fiibbri del territorio pisano dipendono dai Consoli della città:
una delle poche arti minori rivestite di una griurisdizione che non
sia limitata dalla cerchia delle mura. Tutto questo ci dimostra le
oorporaxioui artigiane pienamente uscite da quella prima fase, di-
ciamo i^osl, eslege e rivoluzionaria iu cui gli sforzi per la loro costitu-
zione apparivano ^li occhi dei rappresentanti ed interpreti del vec-
chio diritto comunale altrettante violazioni della legge, dell'* honor
p vietate perciò dai Consoli al cui controllo immediata
'^S(^l^^ttl,\,'RT. Cotnm,, 138G, p. 313, doc. iu nota, 17 luglio 1251.
•) tiUttuli. I, Br. pis. Popoli, 1286, p. (J33, doc. in nota, della nioiA del "200.
<) Statuti. I, Br. Comm., 1SH6, p. 347: • Hoc addito quod, non obataute
|FÌTil<^o coriRriorum, omnes [iÌsahh civitatis voleates concìtmi coria, li-
B conciare tam cum nqua eitlidn qnam cnm fVig'idn etc. • F. poi • vx
||tU. concessum cousnlibus corinr. ci nlia omnin que rAntitienttir in
leto privilegio, et corum Hententiu inde dataa... tirmiter habebimiu sic. *
<) Cti. sopra, p. 244.
Akk. s.y. t»
386 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
esse Tolevano sottrarsi. Dobbiam poi credere che queste conces-
sioni d'ordine corporativo non siano state le sole? Nel medesimo
luogo dogli Statuti ove il Podestà giura l'osservanza di quei privi-
legi, si aggiunge : e et illud idem faciemus de privilegijs quatuor
artium»: ^) Qui senza dubbio si tratta d'altro, cioè di un qualche
riconoscimento d'indole politica fatto nel tempo stesso a quattro Arti,
diverso da quello fatto singolarmente a ciascun' Arte per l'ordina-
mento interno ; si tratta in una parola del diritto di intervenire insieme
con gli Ordini mercantili ai Consigli del Podestà ed alle assemblee
generali, come già a Firenze da un pezzo ed altrove in Toscana e
nella valle del Po*) e come ora anche a Pisa, dove nel 1248 i sono, insieme con i Capitani dei militi, con
i Consoli del mare, dei mercanti, dei porti di Sardegna, nel Consiglio
generale del Comune congregato nella chiesa maggiore. *) Anche il
vedere Consoli dei macellai genovesi rivolgersi ai confratelli di Pisa
perchè sollecitino dal Comune la scarcerazione di un loro sotto-
posto catturato da corsari pisani, è prova di una certa azione che
queste Arti hanno sul potere esecutivo. Il primo periodo dunque del
governo podestarile, periodo, come dicemmo, nel quale le varie forze
sociali si bilanciano, non fu contrario allo sviluppo corporativo delle
Arti, né queste erano avversate ancora dagli ordini mercantili. Le
leggi sui divieti che già ora appaiono sarebbero conferma che il
Popolo, nelle varie sue gradazioni, va innanzi, anche se la ammis-
^) StaitUi, Ij Br. Comm., 1386, p. 347. E curioso osservare, per farci una
idea del sistema di redazione di questi Statuti, che nel 1286, nel Breve
del Comune si ripete l'obbligo del Podestà di conservare i privilegi delle 4
Arti concessi assai prima del 1268; ed insieme i privilegi posteriori che
comprendevano e per conseguenza annullavano i primi, cioè quelli che
nel 1268 avevano riconosciuto politicamente la federazione delle 7 e non
più 4 Arti.
*) A San Gemignano nel 1233 il Podestà convoca i < rectores artium »
e nel 1238 i • capitaneos artium et contratarum > : Davidsohn, Forschun-
gen, II, Reg. San Gremig., p. 19, n. 93. A Bologna (1219), i « mi-
strales artium et società tum et contratarum »: Sa violi, Annali boloffnesi
doc. 302. E da notare tuttaria che qui per Arti si intendono anche le
associazioni mercantili.
3) Dal Borgo, Diplomi pisani, p. 276, 23 nov. 1249.
Quartieri, cappelle e società delle armi 387
sione delle Arti a formar l'Anzianato dopo il 1254 non fosse prova
sicura di una loro precedente sia pur irregolare partecipazione, per
mezzo di rappresentanti, ai Consigli. Anche là dove nella seconda
metà del XIII secolo vi sarà la assoluta prevalenza delle Arti più
ricche, nella prima metà invece l'equilibrio ò maggiore: non ò an-
cora avvenuta di divisione tra popolo grasso e magro, ma tutti o
per mezzo delle varie Arti o delle compagnie armate, son rappresen-
tati nei Consigli ed hanno voce nella elezione del Podestà : solo più
tardi le prime son combattute aspramente, le seconde son distrutte,
eccetto che nei Comuni, come Bologna, nei quali, mancando un ceto
di grandi capitalisti, non scade V importanza politica di quelle Arti e
di quelle compagnie. Ed a Pisa, appunto, nel XIII e XIV secolo noi
vediamo sempre vivo ed attive le società del popolo che son indice
di non assoluta prevalenza degli ordini mercantili e specialmente
industriali: perciò qui la legislazione centro i Grandi non sarà così
radicale come a Firenze ed il Comune non perderà mai del tutto la
sua primitiva impronti aristocratica ben diversa da quella (»he sulle
istituzioni comunali lascia poi a Firenze la oligarchia di classe.
Dunque, oltre che mediante le organizzazioni economiche, an-
che in altra forma corporativa si ò affacciato il popolo artigiano alla
vita pubblica: con le società delle armi. La divisione amministrativa
e militare della città in quartieri e cappelle ò ora definitiva ed in-
tiera, sostituita a quella più antica per porte che tuttavia seguita
fino al 3® decennio del '200, per la nomina dei savi cittadini ag-
giunti al Senato od ai Consigli del Podestà: ^) poi il punto di par-
tenza sono i quartieri, per tutti gli uffici collegiali. Consigli,*) società
del popolo, tasse e prestanze, divisione del contado ecc. Nel 1207
vedemmo 4 Capitani delle 4 cappelle di San Biagio, San Clemente,
San Frediano, San Michele; nel 1225 troviamo quelli di Santii Vi-
') Off. sopra, p. 341. Anche a Siena, nella prima metà del '200 {kt-
mangono le due divisioni: qiu^lla in 27 porte e l'altra in terzieri e « po-
poli». Questi ultimi son 27, distribuiti inegualmente nei vari U-rzieri:
2i>EKArKK, Il Costa, senese, p. XXXXII.
•) Nel 1251, fra gli altri, < centum sapientes viri [ter quodlibet quar-
torium » sono col Podestà: Tola, Cod. dipi, sardo, p. 3G2.
388 VI. ' — GorUrasH sociali e pariiH politici
viana e della Trinità e sono non più uno ma due Capitani per luogo:
si vede Torigine recente di questa netta delimitazione nel fatto che
non mancano contese fra i Capitani di più cappelle a chi appar-
tenga runa Taltra casa e son risolte davanti al giudice del Po-
destà con grande apparato di prove scritte ed orali. ^) Abolito il
sistema delle curie uniche, in ogni quartiere, come a Genova nei
terzi di città, di borgo e di mezzo, vi è un e publicus seditor et
judex positus super rationibus cognoscendis a sol. XL denar. in-
fra » ; *) pure secondo i quartieri sono riscosse dai collettori pubblici
le imposte nella città e nel contado ^) ed ò ripartito il contributo
navale, di modo che ogni quartiere arma una o più navi. La
€ libra > ò il sistema ordinario di tassazione, per il quale il cit-
tadino paga al Comune una percentuale sul reddito, in base alla
stima dei mobili ed immobili, oppure contribuisce per la sua parte,
sempre sulla base del patrimonio allibrato, alle prestanze che il Co-
mune impone distribuendole variamente fra i cittadini. Indiscutibile
la giustizia teorica della e libra » che permette eguaglianza tribu-
taria: ma cronache e Statuti del '200 son pieni di lamenti dei più
poveri contro gli iniqui metodi di stima praticati dagli ufficiali pub-
blici a tutto uso e consumo dei propri amici e della classe dominante,
senza riguardi per i piccoli artigiani.*) Anche i e popoli > dei bor-
ghi, subborghi e distretti sono ordinati nello stesso modo e costi-
tuiscono pure altrettante uuità amministrative e militari, per quanto
crediamo che nel distretto il moto di organizzazione procedesse più
lento e solo nella 2* metà del *200 si accelerasse. *) Sulla base
del primitivo aggruppamento della popolazione attorno alle chiese,
si sono svolte altrettante piccole comunità; sulla base deirordina-
*) Arch. di Stato, Perg, Cappelli, 10 die. 1226.
*) Arch. di Stato, Primaziale^ 17 marzo 1240: Tedisco q. Farcene
in Mezzo; ibid., Olivetani, 10 febr. 1256: Spina di Alberto in Forìporta.
') SUitiUiy I, p. 543. Nel 1283, G. è mosso « in qnarterio foriporte et
comitatu ipsi q. adsignato > per esigere 80000 1: Akch. Alliata, Pisa, n. 41.
*) Salvemini, Magnati e Popolani, p. 52 sgg. Per Pisa vedi le istanze
agli Anziani, del Capitano e dei Priori dello 7 Arti: Statuii, III, p. 1171.
^) Poche compagnie del distretto nomina il e Br. Populi» del 1286; il
2^ Breve le chiama < nove compagne » , distinte dalle vecchie della città.
Ordinanifato ddk Sorùtà delle armi 389
' mento militare dato uel 1° secolo dal Comune a queste oAppelle, si
sviluppano oru dello vere associazioni armate volontarie miste di
popolani e di militi, sorundo una c«rta proporziono fissata oon cri-
teri militari, ma tendenti ad eliminare ogni elemento magnatizio.
Noi troviamo ricordate nel 1237 le compagnie della Spada, delU
Rftsta, degli Orbelli (?), di Porta a Mare, di Ponte nuovo, della
Rosa, della Lancia, del Leone imperiale, del Cervo, della Viola,
della Tavola rotonda, dei Sanguigni, dei Bingotti (?), della Luna, del
Giglio, dell'Aquila, della Branca, degli Spiedi, della Giabrera (?),
della Croce di S. Sebastiano, della Croce di S. Cristina, della Croco
do Vite(?), dì San Paolo le quali si intitolano da una chiesa o dall' in-
segna del gonfalone, come le società bolognesi che presentano con le
nostre qualche somiglianza di nomi, come possiamo supporre la pre-
!ieutìno nell'ordinamento intorno, nel possesso di immobilie torre
coltivate per conto della società, nelle disposizioni e consuetudini re-
lative al servizio militare, nella nomina e nel sindacato degli uf-
ficiali, nei doveri di pietà reciproca ecc.
Notiamo che nessuna torse di queste società consta del popolo
di ana sola cappella, ma di più; *) ed in alcune di esse ò aggre-
gato, pur rimanendo distinto, il popolo di dentro o fuori le mnra;
distinzione che acquista un valore pratico quando a queste com-
pagnie il Popolo poi assegna unii funzione inu>rna importanti^. Spesso
ano stesso nome è preso da una compagnia interna ed una estema
«Uà città, le quali possono essere due Ernziont autonome di una
steaaa compagnia o due compagnie indipendenti l'una dall'altra, sorte
io tempo diverso: prima quella entro la cerchia, con persone che
abitano anclie fuori, nella zona più vicina alle mura; poi l'ultra
piò in I&, nella stossa direzione e con lo stesso nome. *) Molte delle
Wciotà ricordate noi le ritroviamo nel '300: cosi la Spada, nel quar-
■) Statua, I, Br. Popoli, 1S86, p. 689 : • Qolcnmqne ont (to allqna scic.
Tel«r) et cappeltis soci«Mtis vetflrls, Tel aliqua oanun eie. • .
*) Statuii, I, b73 : Il luogo di raduno 6 per In • cnmp. della Spina
vecchia dentro, al [>onte dclU Spina •; per • In comp. dotla Spina vecchia
di fniiri et tutti li altri della coinp. della Spina vivchia dentro che di-
morano niorì delle mura dcUn città, alla i>orta delle Clag^ di fuori eie. •
390 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
tiere di Ponte, presso Porta del Leone ; la Tavola rotonda e la Rosa,
•
^n Fiioriporta, vicino al ponte vecchio ; gli Spiedi in Cinzica, presso
S. Sepolcro ecc. ; molte tuttavia cambiano nome, nel riordinamento
e ringiovanimento che avviene delle vecchie società, quando i Duum-
viri ne proibiscono di nuove ma non le « societates novas que essent
de hominibus veteribus » e permettono ai membri delle società vec-
chie di « esse in so(.\ nova filiola ipsius soc. veteris tantum ».M
L'importanza dunque di queste società delle armi sta in ciò
che esse danno anche al piccolo artigianato una forza che altri-
menti non avrebbe avuto e gli permettono di premere un po' sulla
bilancia della vita pubblica; esse sono il mezzo per cui la grande
^ maggioranza dei cittadini, esclusi di fatto dagli uffici, si sente legata
alla città e si sente unita. E più ancora la loro azione, se non come
corpi organizzati, certo per una maggior forza e coscienza che esse
danno ai singoli componenti, si esplica nelle piccole gare di con-
trada, nella vita della minuscola comunità della cappella, nella vi-
gilanza sulla chiesa, nella elezione del suo Rettore e così via; e mai
come in questi anni attorno al 1230 che è anche il tempo delle
società delle armi, sono frequenti le agitazioni circoscritte attorno
alle chiese, sia che i popolani contrastino a qualche potente con-
sorteria un diritto di patronato; *) sia che quelli si uniscano ai
Grandi ed organizzino con donne, vecchi e fanciulli una dimostra-
zione rimiorosa per le ^ie contro qualche prete dilapidatore che se
ne sta a Bologna, forse a studiar diritto, mentre la chiesa va alla
malora; ^) sia che si rivolgano direttamente al Papa per aver un pro-
prio cappellano, obbligandosi di assegnargli coi propri beni una ren-
dita sufficiente e, soddisfatti nella loro richiesta, lo facciano investire
con le chiavi della chiesa e le corde delle campane.*) E sono in genere
popolani minuti che si agitano, fornai, arcari, sogliai, calzolai, bar-
V) StatiiH, I, Br. Popoli, 1286, p. 631-2.
2) Così con i Gualandi per la chiesa di S. Cosimo e Damiano : Arcu.
Roxcioxi, n. 270, 9 febbr. 1236.
3) Arcu. Canonici, 9 apr. 1231: il Capitolo intima al prete di tornare;
29 marzo 1232, protesta ai Canonici, di 49 persone di S. Viviana.
*) Arcu. Mensa, 20 febbr. 1230 : cappella di S. Maddalena di Cinzica.
Popolo minuU) e ootifratemife smii-rtliffiose 39t
L^iaoli, cuoiai, pannaiuoli, maestri di legname, bottai, muratori, vinai,
osti, più degli altri offesi noi sentimento religioso dalle vergognose
discordie del clero che si contendeva le loro decime, approfittando
anzi di queste discordie diiraiite le quali essi, nn po' dì propria ini-
ziativa, un po' messi su da qualche nobile turbolento,') gridano e
si H^itiuio più fort43, tanto che bene spesso ne van di mezzo anche
le famose decime che sono una delle cagioni del coutraHto.*)
In mezzo a questo ceto povero, travagliato, inculto, nel qiiulu
bì confondono artigiani delle inlime corporazioni ed altri affatto di-
sorganizzati si che non trovan posto neanche nelle società delle
anni; artigiani della città ed altri rifngiativisi dalle città vicine, ape-
CÌEltnente da Firenze, per scampare alla tirannia dei maestri di hot-
ti^ attecchivano più specialmente e duravano n lungo quelle formo
associative che le altre Arti avevano da un pex/.o abbandonato: forme
cioè religiose, per la mutua assistenza in caso di malattia, per la
preghiera, per l'elemosina ecc. ; ma dentro le quali tuttavia cova-
vano non di rado lo eresio mistiche quasi sempre dì contenuto
economico e spesso anche un vero spirito di rivolta, una ten-
danza grande di assurgere a dignità di arto riconosciuta e libera
dì so; per cui, corno i Pontefici son pronti alle scomuniche, co^
le superiori classi della cittadinanza ai arman di proibizioni, to-
^ìendo a queste confraternite il diritto di riunirsi e tanto più
quello (li eleggersi Capitani o Rettori o dì redigersi Brei'i. ■) Coni
nella prima metà del '200 vi eran quelle dei facchini (qui portant
honera per civitatem), presso S. Lucia dei Ricuctihi ; dei vinai, presso
S.Giovanni Battista; dei fornai presso H. Marco di Porta Calcìsana;
altro presso il convento del Carmine ed altrove. *) dello quali al-
') I Parrocchiani di 8. Maria Maddalaiia hÌ muovevano •proptor,..
qnornindfim adversariorutu pot^aiiani > per cui • oiitnee prelatos civitatt»
pluiii> aibi floapectoa roittiteut •. l'rlmo ho(^o di uiia solicUrìetà che in
Mentito sarà ^audÌH»iuia e deeÌKÌva per la vittoria, fra Grandi e popolo
minuto. Doc. cit. nota prwed., SO fubbr. 1S30.
*j Arcii. Cakiikici, 3D ag. 1239: Gregorio al clero pisano: ammoniaca
il [lopcilo a pagnr lo deidme ai Canonici di S. M., pena lo aAvgno divino.
*j Statuti, I, Br. più. Pop., 1286, p. 63S-J, eap. • Da h-atcmitatibuK •
e Br. pop. 131t>--23, lbid..ll. p. Mt.
*) Da nn sermone dell'Arciv. Visconti; Statuti, I,Br. Pop., p. 63S, noM.
392 VI. — CofUrasH sociali e pcarHH politici
cune raggiungono un vero assetto corporativo ed una certa flori-
dezza, altre si consumano in sforzi vani e son quelle certo a cui
si riferiscono i divieti degli Statuti; altre, sorte come vere e proprie
confraternite religiose, tali rimangono, ad esempio quella di S. Lucia
dei Eicucchi che ha Capitani, Camarlinghi e Brevi propri, rispettata
dal Comune perchè, dopo sorta per opera di povera gente, poi < plu-
res magni intraverint in ea».^)
Le società delle armi prendon forma definitiva e nome forse fra il
1* e 2^ decennio del *200, quando incomincia anche una certa loro par-
tecipazione alla vita pubblica; *) ottengono pure riconoscimento corpo-
rativo e forse politico ed entrano come forze attive e feconde nel pieno
giuoco degli interessi diversi. Iniziano allora, insieme con le altre
associazioni, una seconda fase di vita che è politicamente più im-
portante : acquistando cioè ogni giorno più vivo il senso della loro soli-
darietà, si uniscono per scopo politico, economico e tecnico in gnippi
sempre più larghi fino ad essere im nucleo solo e im solo partito.
Al frazionamento che aveva caratterizzato nel XII sec. il periodo
di formazione delle associazioni e che non cessa si può dir mai.
finché le forze economiche del Comune pullulano e si rinnovano
inesauste, succede o meglio si intreccia il processo inverso del rico-
stituirsi di una ordinata e volontaria unità che nei primi decenni del
'200 va innanzi rapidamente, accelerata dalle dissenzioni cittadine,
pur presentando i primi segni anche essa di una divisione che ap-
*) Statuti, I, 633. Il Breve di questa compagnia è ibid., I, p. 703-10.
*) A Lucca fin dal 1203 il Podestà agisco in alcune cose « concilio
civitatis et Consilio priorum societatum concordiae peditum » : Tommasi,
Ist, lucch.y in Arch. star, itul.y S. I, T. X, doc. 5. A Bologna, il Gandenzi
assegna loro Tanno 1230, in seguito al rivolgimento del 1228 per cui il
Popolo, quale aggregato delle corporazioni delle Arti e delle Armi si co-
stituì come Stato nello Stato : Stai, soc. del Pop. di fìotogiìay nelle Fonti
per la Storia ital., N.® 3, I, p. Vili. Ma ciò presuppone una più antica
data per il formarsi di queste società che non sono il risultato ma piuttosto
la cagione del rivolgimento. Infatti un «rector societatum» vi è ricor-
dato sin dal 1194 ed i « mistrales artium, societatum et contratamm »
nel 1219, partecipanti ad i trattati politici ed ai Consigli (Sa violi, ^nn.
bologìiesi, doc. 302 e 479) e ad essi accenna altrove anche il Gaudbnzi nel
BtUlet, Istit, Stor. ital,, n. 6, p. 85.
Ricostituzione della tmiià popolare 393
partiene alla 2/ metà del '200 e più ancora al '300, poiohò da una
parte, dentro la e societas populi » si stringono sempre più V uno
all'altro i tre Ordini della maggiore borghesia e della piccola aristo-
crazia del denaro, cioò mare, mercanti, lana, che in ultimo suggel-
lano r imione con un vero e proprio patto giurato e con l'elezione
di un Priore comune che stia al di sopra dei singoli collegi consolari,
ne coordini l'azione, attenda agli interessi federali;^) dall'altra fan lo
stesso per conto loro le Arti vere e proprie ed innanzi tutto quelle più
affini.*) Ciascuna di osse ha in so i germi di altre Arti minori : spesso
questi non hanno la forza di crescere, spesso ne sono impediti viva-
mente dall'Arte madre che per utile proprio, per impedire qualunque I
tentativo di conquistare maggiori salari, vuol regolar severamente le |
minori attività di cui essa ha bisogno e che son parte integrale '
della sua complessa unità economica e tecnica ; ma spesso riescono ^
a staccarsi a vita autonoma ed allora l'affinità del mestiere, l'in-
teresse sociale, la necessità di evitare la concorrenza, il bisogno di
emanare neir interno della corporazione disposizioni efficaci d'indole
ei^onomica e d' indole morale a cui nessuno possa sfuggire ricove-
randosi in una corporazione affine, (Contribuiscono a ricostituire la
solidarietà prima impossibile e spingono Fanticii e nuova Arte ad
unirsi di quei vincoli che son propri e soli dei liberi ed eguali.
Questui è tutta la dinamica delle corporazioni nel XIII e XIV sei*.,
prima che si essicchino in forme schematiche senza vita e movimento.
Prendiamo ad esempio i pellicciai di Pisa: gli Statuti che ne
abbiamo ci presentano questa arte come V unione di due specie di
artigiani prima uniti in un solo gruppo poi, con la progressiva
divisione del lavoro, distinti, con certa autonomia recipriK^a: cioò
« pellipparij pelliciarum vetenmi» e « {>ell. pelliciarum novarum »,
scritti in due libri diversi nella sede del Comune, impediti severa-
mento di invadere gli uni il campo degli altri o tassati anche diver-
samente dal governo. 3) I cuoiai si scindono anche essi in gruppi
diversi, con propri Consoli e Consigli, non solo sei'ondo il diverso
*) Statuti, III, Br. curie iiiercatorum, p. 400-02.
•; Statuti^ III, Br. septem artium, p. 1171-94.
') Statuti, III, Br. pcUip., p. 1078, rimastoci nella correzione del 1305.
394 VI. — Chntrasii sociali e partiti politici
metodo di lavorazione : e coriarij aque calide > e e coriarij aque fri-
gide > , ma anche secondo la dimora: e coriarj de S. Nicholo » e e co-
riarij de Forisporta » ; ed accanto ad essi altri mestieri affini, i pellai
addetti alla lavorazione delle pelli grosse, i cordovaneri per i cuoi
spessì di bue e camello. Ebbene, la libera unione su basi federali
ricongiunge di nuovo questi mestieri, articola e coordina fra di
loro queste varie membra di im sol corpo, rispettando la autonomia
di ciascuno; cosi in ultimo, nella 2^ metà del '200, abbiamo una
€ universitas coriariorimi » , espressione generica che equivale a e so-
cietas septem artium coriariorum », tutte con speciali Consoli e spe-
ciali Statuti, ma aventi pure uno Statuto ed un Capitano comune. ^)
eletto a turno fra gli altri Capitani per rappresentar le Arti nei
Consìgli generali ed in quelli degli Anziani insieme con i Capitani
di altre Arti, quando quella grande società ne forma una maggiore
con le rimanenti 6 corporazioni che ottengono più tardi riconosci-
mento politico, e tutte sono e unum corpus, unum collegium et una
universitas». In questo lavoro quasi di reintegrazione, le Arti rispec-
chiano il Comune intiero che diviene pur esso una macchina com-
plicata al cui movimento invigila il Podestà; rispecchiano direi il
Podestà stesso che coordina il lavoro dei gruppi formatisi col venir
meno della primitiva unità del Comune e nel cui Breve si fon-
dono, dopo aver vissuto a sé, i Brevi dei minori uffici del Comune.
Egual fatto si osserva nelle società delle armi, le quali come ser-
vono alla difesa sociale dei più deboli e sono perciò promosse dal
popolo anche se questo non ò il solo che vi entra, così tendono natu-
ralmente, nel modo stesso delle Arti e quanto più si separano dai
nobili, a confederarsi, a costituire una unità politica, corrispondente
alla più antica unità militare ed alle comuni finalità politiche attuali;
di modo che già nel 2." o 3.® decennio del '200, la parola e sodetas
populi » < armorum » indica un insieme di società distinte il quale
ha il suo € rector * come queste hanno i rispettivi e capitanei » ed
^) Statuti, III, p. 911 sgg. Le sette arti sono < corìarìj aque calide de
spina » , e coriarij aque frigide de forisporta > , < corìarìj aque firi^de • ,
«pellari de ponte novo», «coriarij de S. Nichelo», «corìarìj de S. M.
Magdalena » , « cordovanerij » .
n ^Popolai* 395
equivale a e commiine societatum pisani populi et districtus » . ^) Queste
società anzi compiono la funzione di attenuare la diversità di me-
stiere, per quanto non mancasse poi una certa coincidenza fra or-
ganamento di società e di Arti, dato che queste ultime erano assai
spesso localizzate e distribuite por contrade e vie e che a nessuno
era permesso inscriversi se non nella compagnia del suo quartiere ;
di modo che nelle singole società delle armi Telemento operaio do-
veva essere relativamente omogeneo. E questa coincidenza non ò
stata forse senza effetti fecondi, in quanto che le associazioni eco-
nomiche, assumendo una tisonomia ogni giorno più chiaramente po-
litica, la hanno comunicata anche alle società da principio di carat-
tere puramente militare; per cui dall'una e dall'altra serie di gruppi,
oltre che dalle altre più alte associazioni commerciali può essersi svolto
ed innalzato, stilettandosi da essi, il «Popolo», risultato finale di
tutto questo lavorio quasi di sintesi sociale; il « Popolo », come unità
e partito schiettamente politico. Perchè bisogna intenderci: le società
delle armi e le corporazioni mercantili ed artigiane, organizzando
parzialmente, a mano a mano che sorgevano, le forze sociali della
città, sulla base topografica ed economica, preparano il « Popolo »
e ne affrettiiiio Tascensione, quando le società armate, correggendo
il difetto d'origine, tiran su dal basso ed accolgono gente sempre
nuova e cacciano dal proprio seno Taristocrazia cittadina, fino a che
in ultimo sono anche esse costituite di «jurati de populo». Ma se
preparano il « Popolo », son tuttavia distinte da questo. Io credo che
il procedimento con cui il « Popolo » si forma nel Comune italiano,
la prima metà del XIII sec, debba essere identico a quello con cui
si forma il Comune stesso. Come il Comune non era il risultato
deir unione di gruppi già costituiti e fra loro distinti, ma un nucleo
politico primitivo (^.entrale che si allargò ed attrasse a so i non or-
ganizzati, le famiglie, i consorti delle navi e delle torri, gli artigiani
aggruppati attorno alla loro chiesa, fondendoli tutti neirorganamento
politico del Comune, prima e massima associazione vera e propria,
così il « popolo » ò un partito politico che, pur attingendo, diciamo
») StatuU, I, Br. populi, 128«, p. 540.
396 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
così, le sostanze che lo compongono dalle corporazioni e società varie,
tuttavia è distinto da esse, ha una personalità propria perchè hi
compiuto quasi una selezione degli elementi più omogenei — al-
meno per il momento — che possono costituire un partito saldo;
esclude i nobili che menano vita cavalleresca e che hanno parte
nelle società delle armi ; guarda con diffidenza e non tarda a met-
tere da un canto quegli avanzi della più refrattaria aristocrazia
consolare che pure hanno qualche punto di contatto con la bor-
ghesia mercantile e magari sono inscritti nell'Ordine del mare o
dei mercanti ; *) fino a che in ultimo, quando tale lavorio di elimi-
nazione e riordinamento intemo è assai progredito, questo partito,
vincendo le opposizioni di qualche società delle armi e, talvolta, di
qualche Ordine mercantile, compie la sua rivoluzione ed assume ca-
rattere e poteri pubblici, diventa una podestà sovrana, da giurisdi-
zione puramente intema che aveva prima : non dissimile in questo
dalla plebe romana prima e dopo la creazione dei tribuni e la con-
quista dei vari e jus auxilij », e jus intercedendi », e jus prensionis >,
€ jus cum patribus agendi » ecc. per cui emanava disposizioni con
valore giuridico generale nella città; e non dissimile anche dal Co-
mune e Consoli del XI secolo, quando la privata organizzazione de-
gli armatori e della piccola aristocrazia terriera e mercantesca usurpò
i poteri pubblici e divenne lo Stato. In tutti i casi, si passa da or-
dinamenti affatto interni e privati ad altri che hanno carattere pub-
blico e poteri sovrani nella città ; si passa da capi che esercitano per
le qualità loro personali una autorità fatta 'quasi solo di prestigio
morale, immediatamente loro riconosciuta più che delegata, e ristretta
in un dato ordine di persone; a magistrature pubbliche, all'ente
€ Stato » che si viene innalzando con propria personalità giuridica
al di sopra della collettività. E tale lavorio si compieva, in una città
amica di Federico II, mentre questo avversava il moto corporativo, lo
indeboliva nei suoi Stati d'Italia, cercava impedirlo in Oennania') e.
^) Su questo carattere del Popolo, efr. anche Zdbkaubr, Il CosOL
senesCy p. LXXVII.
*) Cfr. Teditto del die. 1231-maggio 1232 contro «qnedam consue-
tudines detestande», venate in uso «in partibus Alamannie » le quali
2jO slato ìmiggiorn dei partili
307
) l'opera iuiziata dai Normanni, giungeva alla creazione
mo stato moderno, solo in mezzo a moDorchio feudali che
no faticosamente pet- l'esistenza.
\oD 6 mio compito — e se anche me lo proponessi sarebbe forse
>era vana, data la siaisezza delle fonti — ricercare ed intessere le
unmerevoli fila di questo complicatissimo decennio di storia pisana,
tatto pieno di agitazioni interne, di guerre esterne, di intrighi e
Violeiue in Sardegna, strettamente legati fra loro, che tuttavia non
npodiscono, anzi accelerano l'urdinameuto interno della democrazia
i primi passi della legislazione popolare che poi si concreta negli
tuti del Popolo e delle compagnie, e nei Brevi delle corporazioni :
elli che più vivamente combattono sono le frazioni della aristo-
mift e nobiltà; ma dietro di essi, oon una visione oramai nitida
lei propri interessi, fanno le prime armi le giovani organizzazioni
t quelle pur ora nate delle Arti e delle armi ; uppareu-
snte seguendo le bandiere di un Conte maremmano, di fatto
mbattendo come ordine sociale a sd e pronte a metter da parte
I corifei alla prima occasione: ora sono l'oscura giovane forza che
itieue il Comune, ne ^ il centro, lo tien fermo in mezzo alla tempe-
i e prosegue verso uua virilità forte; mentre attorno turbinano
^ sono più appariscenti ai nostri occhi una folla di grandi e piccoli
nini in im disordine massimo, reclutata da tutte le città ed ì
lì di Toscana, concorde per un giorno, domani discorde di nuovo,
molata da una minaccia assidua di contadini che si ribellano o
t le terre, di mercanti ed artigiani invidi o offesi nei loro
asi, di comunità intiere che tendono alla piena autonomia ; sono
saccaia torbida ed eterogenea che si separa dal metallo schietto in fu-
, Bicordo fra i partigiani dei Visconti Guelfo Porcari, socio di
lido in Sardegna ed aspirante in concorrenza con Ranieri di Boi*
a pr«ferent<%, iniquitAlom quodam falso palli AacH. DI Stato, Certo»». 12 febbraio 1251: D. Ranieri di Cor-
t Bagnala veude ad una società di 6 pisani, per 20 anni n 100 1.,
pesca nelle pe-aclierie di Cerliuo.
^Mèl 1S43 tatti i nobili dì Garfn^auii, VerHÌtia e Lnni^ana otl«n>
» Feilerico II conferma di un dipi, del Barbarosoa chu li liberava
i ogni dipendeuEa eccetto che dell' Impero. Cfr. Sforza, Mem. itot. di.;
hcKUt, Fortohungen, IV, 300 «d Overmanh, GrUfln iialhibif, p. 38.
400 VI. — GofUrasH sociali e par UH poUHei
fine una oerta dose di partigianeria politica, prodotto inconscio nei
loro spiriti di tutti quei particolari fattori reali, partigianeria po-
litica per cui essi Ghibellini si accostano a Pisa città ghibellina;
diversi perciò, costoro, pur trovandosi uniti ora nello stesso partito,
dalle grandi casate pisane dei Gualandi, Sismondi, Upezzinghi ecc.
Nel 1223, era stato rieletto a Pisa Podestà Ubaldo Visconti, ap-
pena terminata forse quella spedizione di Sardegna a cui i docu-
menti sangemignanesi si riferiscono e per la quale un discreto ma-
nipolo di avventurieri era stato reclutato in varie terre di Toscana
e specialmente fra i < milites > di Garfagnana. H Pontefice ne era
rimasto sdegnatissimo; ma, non ostante lo sdegno, non ostante la
scomunica che fulminò sul Visconti, sui complici suoi, sulla città,*)
Ubaldo che dell'impresa doveva essere stato il principal promotore
ed autore, fu eletto a capo del Comune, esortando a ciò il popolo
l'Arcivescovo stesso che si ebbe per questo dal Pontefice, nel set-
tembre del 1223, aspri rimproveri;*) indice chiaro dove tendessero
con uno sforzo tenace tutte le aspirazioni dei cittadini e della loro
Chiesa arcivescovile, non rattenuti da esortazioni e minaccio pon-
tificio: tanto è vero che un Ubaldo Visconti è di nuovo Podestà
nel 1226-8 e certamente è il medesimo del 1223, poiché anche di esso
sappiamo che se la intendeva con l'Arcivescovo e stava con lui con-
tro il Capitolo della Cattedrale.') Rimase per un pezzo è fii rinno-
vata anzi nel 1230 la scomunica sopra Ubaldo^ messo in uu fascio
da Papa Gregorio con Federico II, coi patarini, cogli amaldisti, con
i catari e col castellano di S. Miniato che molestava i pellegrini sulla
via francigena;^) ma i nobili di Garfagnana invece, minacciati da
*) Arch. di Stato, Filze Boìiaini, 27 sett. 1227. Gregorio Papa al suo
legato Cinzio in Garfagnana. Si parla dei e milites > di quella contrada,
scomxmicati perchè contro la proibizione apostolica erano entrati con
Ubaldo in Sardegna ed avevan parteggiato con i Pisani scomunicati.
Sono incerto tuttavìa se la elezione fa prima o dopo la scomunica.
«) PoTTHAST, Regesta, n.^ 7080, sett. 1223.
^) Arcu. RoNCiONi, n.® 224, 10 nov. 1228. Su questo nuovo dissidio,
cfr. ibid., n.o 198 e 199, 1 luglio e 14 ott. 1224; n.^ 218, 9 ott. 1228;
n.<> 228, 3 marzo 1228.
*) Huillard-Brehclles, Hist, dipi, Frid, II, III, 157. Ubaldo e contra
juramentum prestitum fk^clesie rom. hostiliter intravit Sardineam ad rom.
Eccl. pertinentem » .
Nwmt ywrra Piaa-Sì»na ixmtr o LwKo-FiretKc 401
Lucca che li aveva nella propria diocesi, che combattev» lassù contro
la espansione pisana e per il dominio delle vie appeauiuiche, e cbe
ora negli ultimi tempi aveva costretto molti di ossi a venire a patti, ') a
dare ostaffgi, a giurar fedeltà, a ceuder le loro terre per comprarne al-
tre uel distretto lucchese: ì nobili, dico, si riaccostaron tutti, scomuni-
cati o no, al Pontefice. Saliva ora al papato Gregorio, ambiziosissimo,
risoluto contro Federico^ contro chiunque contrastasse alla Chiesa
diritti che egli voleva intangibili: Matilde aveva donato alla S. Sede
- ed alcuni qnestane possedeva ancora - i suoi beni allodiali in Garfa-
gnana;*) i nobili della regione si rivolgono ora alla Chiesa contro i
Laccbesi alleati coi Fiorentini e la Chiesa non indugia un momento a
rìnietter fuori le vecchie carte di donazione, a maudar lassù un suo
Lr^to Cinzio per ricevere il giuramento dei Signori, previa assolu-
zione per gli acomunicati che altrimenti non avrebbero potuto giurare,
e per far rilasciare gli ostaggi ed i castelli occupati dai Lucchesi.*) £
subito Suf&ediughi, Rolandingbì, Oherardinghi, Porcari e Comuni
liberi come Barga, Coreglia, Castiglione giurano fedeltà l'un dopo
l'altro fra il 1227 ed il 1228;*) subito anche si allarga la guerra
come uel 1222 : Lucca e Firenze da una pai-te, Siena, Pisa, Pistoia
Poggibonzi dall'altra.^) Di questa guerra conosciamo pochi par-
ticolari : Firenze umiliò Pistoiesi e Senesi fra i quali sembra si tro-
rassoro anche delle milizie pisane avanzatosi su per l'Arno e l'Klsa; *)
ma in Oarfagnaua, i Pisani, solidali col Pontetìoe e da lui stimo-
lati dopo che esso ebbe invano comandato al popolo ed al Ve-
scovo lucchese dì restituir loro le terre tolte nell'ultima guerra ')
a di sgombrare senza indugio i castelli della Chiesa, Rcoufissero
■) Tolomeo uiccuBSt!!, p. 66, ann. 1219.
^ OvxiuiA.NK. Gr/'ifin M'tlhU,U, p. 23; Tiisinbk, Cod, dipi.. I, 62, 1230.
*) Arch. di Stato, Filze fìomini. 27 sctt. 1227, Or««orio a Cinrio.
*1 Db Si-BrA!ii, !jt SignorUi di Greijuria IX in Garfagnana, in Arch.
Star. Hai., S. V, T. 28. p. 3.
*) AUeauM del 7 giugno 1228 ; Arch. Stor. ital., S. lU, T. IV, I'. I, p. 9.
•i Hartwio, Quellen, II.p. IÌ9 eViLLMti, l primi dut »ecolÌ, I, p. li)9>9;
per Piaa, eh-. 1 doc. san)f«mì^ancsi in DAVtDfloUK, Forachuiìgf:n, li. p. tS,
^u^Do 1228; p. 13, eott, 12S8 ; p. 15, apr. 12»! ; p. 18, giugno I2SS.
') Db STKrANi, Iji Sit/iiurin di Orrgoria IK di., p. 5, noia 5.
402 VI. — Contrasti sociali e partili politici
nell'aprile 1229 presso Barga gli alleati; poco dopo, il Pontefice
comunicava ai vincitori il disegno di privar Lucca della Sede ve-
scovile, smembrandone la diocesi e nel marzo 1231 affidava real-
mente ai Vescovi di Luni, Pistoia, Volterra e Pisa T amministra-
zione dei sacramenti nelle zone della diocesi lucchese più vicine
rispettivamente alla loro; al Vescovo di Firenze affidava poi la giuris-
dizione episcopale.^) Vi fu ancora una spedizione ed una vittoria
pisana a Barga, poi Lucchesi e Pontefice nel 1233 entraron in trat-
tative e nel 1236 eran pienamente pacificati.
Ma il confuso battagliare cresce a Pisa e nei dintorni ed in Sar-
degna. Le società delle armi, unite in confederazione con uno stretto
vincolo volontario, intervengono collettivamente nel dissidio intemo :
le « societates concordie pisane civitatis », in tutto circa 23, le tro-
viamo ricordate infatti negli atti della pace, con un e rector socie-
tatum > che agisce per le singole compagnie ed i singoli cittadini
che le hanno giurate; e son distinte da una complessiva e societas
concordie pisane civitatis et districtus » con un capitano pur essa,
la quale è certo un più largo gruppo federale che abbraccia sotto un
sol capo tutte le compagnie della città e del distretto, concordi nel-
r intento di promuovere T unione delle forze, di sostenere il popolo
durante Taspra lotta ed appoggiare il Comune contro i più turbolenti.
Poco dopo vediamo che questi Capitani o Rettori sono Malagiunta di
San Cassiano, Saraceno Albizzone delle Caldere, e Gatto Gualtie-
rotto, di quelle medie famiglie consolari — come miste ancora di
elementi popolari ed aristocratici son le società delle armi — che
per tutta la prima metà del '200 hanno pur sempre una grande
parte e forse la maggiore nel Comune, nell' Ordine del mare e dei
mercanti ; *) è notevole anzi che Saraceno Albizzone e Qtttto Gualtie-
*) PoTTHAST, Regesia, n. 8444, 20 ag. 1229; 8688-91, 8699, 8810, 28
marzo 1231, 5 apr. e 24 sett. 1231.
') n padre di Saraceno è senatore nel 1233 : Statuii, U, p. 1022. Un
istrumento, poi, del 25 marzo 1240 è fatto « ante turrlm Saracenis q.
Albithonis Caldere et coiisortum que est in capite pontis veteris scilicet
Inter baucora»: Bonaini, Famiglie pisaìie, in Arch, Star, ital.^ VI, II,
suppl., II, p. 910.
La Sardegna campo di contrasto dei due partiti 403
rotto sono nel 1232-4 due degli otto Rettori della città. Non pos-
siamo dire se occupassero i due uffici contemporaneamente; ma
questo è importante, che al governo del Comune vanno persone che
se non giuridicamente, di fatto almeno possono essere considerate
come rappresentanti dei nuovi gruppi organati, nei quali si fondono
nel tempo stesso cittadini vecchi e nuovi, cavalieri e pedoni, mer-
canti ed artigiani.
Possiamo credere che per l'azione appunto di queste Società
confederate, il campo della lotta si spostasse : naturalmente verso la
Sardegna, che era il pomo della discordia fra Visconti e Gherardesca,
dove per di più molte famiglie pisane avevano feudi o beni allo-
diali ; interessate perciò direttamente a non rimanersene passive spet-
tatrici di mutamenti politici nell'isola. Già nel 1228 Ubaldo Visconti
si era recato più volte noli* interno della Toscana e due volte a
S. Gemignano nel giugno, *) forse a rinfrescare le antiche amicizie
e trovar nuovi aderenti ; cosa non difficile a lui già Podestà di Siena
nel 1220. Certo Tanno appresso torna in Sanlegna con un piccolo
esercito contro certi Coirsi che vi avevan fatto uno sbarco dalla loro
isola e li rica(*c:ia con molta strage, *) [)er imi il Pontefice rinnova nel-
l'agosto deiranno stesso la scomunica contro di lui. Altri consorti
lo seguono: Frangipane Visconti, del ramo che aveva le case in
Borgo, nel 1232 prende denari a prestito da Odimondo Mele, ricco
mercante, promettendo n»stituirli appena giunto a Cagliari. ') E tutti,
deirun partito e delTaltro fanno alleanza o combattono con i Giu-
dici locali, trascinati anche essi nell'ingranaggio, nemici special-
mente dei Visci>nti, che oramai sono troppo pericolosi vicini. E certo
ili <*oiis(»guenza di (juesti fatti se pochi anni dopo noi troviamo
nicss<'r (rlieranlo Boccio in strette relazioni con Pietro di Arborea
ed alla testa di una società di aderenti che son il suo consiglio
(li guerra e di pace: « Facta credentia et habiti» consiglio amicorum
siiurum et maxime tìdeliuin soreniss. judicis Petri (: *)
*) Daviusoiin, Forschunyen, II, p. 13, n. 2»); si fanno Consi|fli -
diiahus viri))us quando d. Ubaldus de Pisis venit hic >.
«) Tronci, A/i finii, 12:J0.
5j Alidi. 1)1 Stato, Pery. Coletti, 2H sctt. 1238.
*) Akch. di Stato, Pery. Bonaini^ 3 genn. 1239.
404 VI. — Oontrasii sociali e partiti poUtici
così altri ricordati nella stessa carta. Egualmente, se nello stesso
decennio un gruppo di cospicui cittadini di Pisa, Enrico Grasso,
Visdomino q. Turchie, Grasso q. Gualfredo, Giunta Buitese, Jacopo
Bancherio ecc. son condannati in contumacia dai giudici di Fede-
rico n, per parte di Re Enzo ed Adelasia. ^) Il 1233 è la volta
del Conte Ranieri di Bolgheri e del figlio Lamberto che raccolgono
anche essi seguaci: nel giugno, Pellario Gualandi dichiara avere
speso 70 lire in un cavallo, armi ed arnesi diversi, per andare in
servizio dei Conti ; denari che questi gli restituiranno 8 giorni dopo
giunti a Torres. *) Proprio nel 1233 era morto Mariano di Torres,
lasciando un fanciullo che fu poi ucciso : si capisce quindi lo scopo
della spedizione. Ma appunto questo Giudicato spettava in eredità
ad Ubaldo per il suo matrimonio con Adelasia figlia di Mariano. Di
qui più accese ostilità.
A Pisa aveva T uflScio di Podestà nel 1232 e sul principio del-
l'anno seguente un feudatario lombardo della più bell'acqua, Ugo Lupo
dei Marchesi dì Soragna ; poi per pochi mesi Torello da Strada, e
poi di nuovo, nello stesso anno, Ugo di Soragna ; ') vi erano inoltre
a capo del Comune e vi rimasero per circa tre anni, otto e rec-
tores pisane comunitatis > , quel solito collegio quasi consolare — e
Consoli sono chiamati in un documento di quattro anni dopo —
che sotto vari nomi non abbiamo mai visto scomparire in questi
decenni addietro. Essi conservano nel Comune la consuetudine del
governo collegiale fin quasi a ricollegarla con gli Anziani del Po-
polo e rappresentano in parte l'antica tradizione della città, ne cu-
rano gli interessi diciam così più intimi e, pur compiendo in sosti-
tuzione del Podestà, col suo assessore, atti d' indole politica, *) son
tuttavia, come io credo, essenzialmente gli amministratori del Co-
^) Arch. Roncioni, n. 296, 10 nov. 1241. Chiedono esser assolti.
*) ToLA, Ood, dipi, sardo, sec. XIII. n. 51.
') Qaesto Podestà vi è nel genn. del 1233 e si allude a* suoi atti pre-
cedenti (Arch. Rokcioni, n. 257, 13 genn.); vi òdi nuovo il 27 die. 1233
(Primaziale, 1234); ma il 4 giugno si parla di Ugo di Soragna «olim
pot. pis. » e se ne modulano gli atti: Arch. Roncioni, n. 258, 1234.
*) Arch. Roncioni, n. 257, 13 genn. 1233: Ugo Podestà rinnova al
nob. Ranieri da Moutemagno e consorti la sicurtà già da lui concessa
loro e poi prorogata dal suo giudice assessore e vicario e dagli 8 rettori.
n Comune per i Ohcrarde^ea contro i Viieonli
405
r rauDo. E sotto di loro si procedo, cùmo non era stato fatto più da b
ni, ad una g^eaeralo ispezione della gestione amministrativa di tutti
I ^i ufficiali della città e del contado che avevano avuto in mano
f i denari del Comune e specialmente dei due Camerari : risulta per
l'ultimo anno una euti-ata di 14091 lire, 8 soldi od 1 denaro ed
I una spesa di 16164 1. 10 soldi e IO denari, con un deficit dì 2073
I L 8 sol. a 3 den. ') Qrandi dovevano essere le strettezze finanziarie
r della città ed il Pontefice poteva accusar il Podestà, i Consiglieri
I ed i Rettori di aver violato il tostamente di uu cittadino pisano
I tenendo per il Comune 500 I. che osso aveva lasciato por la costru-
nooe di un monastero. *) Da questo Podestà e da questi Rettori,
ora, neir aperta inimicizia dei Visconti e Gherardesca, non poteva
venira se non incoraggiamento ed appoggio materiale ai secondi ed
opposizione ai primi, oramai diventati piii pericolosi di un nemico
esterno. Il Conte Ranieri ne riceve certamente aiuti nella iSardegna,
si strìnge io amicizia con nn Giudice amico del Comune, Pietro di
Arborea, ha dalla sua parto le maggiori consorterie pisane e le so-
cietà delle armi; ottiene uomini da tutte le terre del contado pisano. Di
modo che questa famiglia che aveva iniziato nella città l'ufficio pode-
starile sembra quasi impersonare il Comune e rappresentarne gli inte-
ressi, in una posizione che, nei rapporti della politica interna, ben cor-
risponde a quella che aveva tenuto nei rapporti estemi durante il se-
colo XXI. Si vedo chiara l'azione esercitata dalla attiviti^ politica del
Comune Del primo secolo della sua esistenza, nel modificare le istitu-
zioni politiche e nel promuovere e dirizzare verso un corto senso, du-
mnte il secondo secolo, ì partiti interni. Nel 1234, in Sardegna era
gnorra guerreggiata. Una nave che vi portava 1 5 cavalli ed altre prov-
Ttponi per il Conte Rodolfo di Capraia ■ et eius societate * fu assa-
lita in un porto dell'isola da Guelfo di Donoratico anche esso < cum
eias Boetetate >, e predata.*) Ed in tutta la Sardegna si ripercuote
la lotta, specialmente in Cagliari cho doveva esseme il centro, non
ostante la presenza del castellano di Castel Castro che nel 1329 era
>) Akcb. RoNCioxi, n. 368, 4 giugno 1334.
^ Amjh. Casosici. 6 ag. 1233, Gnigorio al PodesU e Rettori.
») Tom, Ood. dipi, sardo, MC. Xm, «nn. 1284.
406 VI. — Contrasti sociali e partiti poliiici
Pietro Scornigiani e nel 1233 Opizzino di Ripafratta. *) Appunto
a Cagliari si costituisce in questi anni una e compagnia dieta de
Gamurra > con suoi Capitani, la quale sta per il Comune pisano e
per i Gherardesca; *) associazione fra artigiana e mercantile, e delle
armi, sul tipo di quelle che abbiam visto a Pisa; principio forse
deirorganamento, nelle e societates rugarum > , ^ dei diversi ceti di
persone che abbiam visto distribuiti nello varie vie di quel castello.
Ed ora si capisce come quella che fino adesso era apparsa più
specialmente guerra fra due grandi famiglie, diventi con tutta chia-
rezza guerra fra una di esse ed il Comune. I Visconti, minacciati
in Sardegna dai Gherardesca, in odio a quasi tutta la cittadinanza,
giunti oramai al punto in cui divergono le due vie parallele su cui
fino ad ora essi ed il Comune avevan camminato, si allontanano riso-
lutamente e, salvo brevi tregue, definitivamente dalla città, negli anni
in cui a Pisa, dopo Ugo di Soragna, tenevano il governo podesta-
rile due membri della grande feudalità toscana, amici dei Gherar-
desca ed, in alcuni castelli maremmani, consorti: i Conti palatini
Guido e Tegrimo Aldobrandeschi. Ai Visconti ora basta dalla Sar-
degna rivolgersi ai Papi e ceder loro il giudicato di Torres per ria-
verlo in feudo, facendo anche prò di recenti malumori fra Papa
Gregorio e T Arci vescovo pisano che nel 1235 era andato in Sar-
degna ad esercitar gli uffici di Legato, senza la rituale autorizza-
zione pontificia.*) Era Regina di Torres e Gallura Adelasia, dopo
morto il fanciullo Barisene nel 1233, V anno medesimo che esso
aveva giurato vassallaggio a Genova e promesso di non accogliere
i Pisani. Ora, il 3 marzo 1236, essa rinuncia al Legato pontificio
Alessandro il Giudicato di Torres e quanto altro possedeva in Sar-
degna, Corsica, Pisa e Massa, facendone alla S. Sede perpetua dona-
*) Arch. Roncioxi, Reg, Orlandi, e. 83.
*) Cfr. sotto, p. 408, ann. 1237: e Capitanei compagnie nove que facta
fuit in Kallari diete de Gamurra », cosi detta, secondo il Tola o da certo
panno di cui facevan traffico o perchè vestiti di un corsetto fatto di gamurra.
3) Arch. Alliata, Pisa, n. 160, 24 ott. 1308: gli Anziani e 7 e capitanei
societatam rugarum comm. et pop. C. Castri » eleggono un sindaco.
,*) ToLA, Cod. Sardo, sec. XIII, n. 54 e 56, 23 manBO e 6 ott. 1235.
La }>ace dtl 1237
407
zioiie e cedendogliene il diretto dominio qualora essa fosso mortii
senzii tìgli legittimi. Ubaldo approva e giura esso puro. L'otto aprile, il
Lf'fjuli'tiasferisco ad Adelasia per il Pontefice ogni sovranità su Torres
■^ iiL' ricove in garanzia il Castello di Moiitucuto che dà in custodia
;il Vci^ovo di Ampurias; Ubaldo puro, richiesto il Legato che lo
m'ioKliesse dal giuramento prostato a Pisa, giura di tener per la
Chiesa il Giudicato, di esserlo fedele e pagarlo il censo dovuto. ')
Concludiamo, poiché altri documenti illustrativi di questi fatti
cri mancano, all' infuori di alcuni atti finali di pace: pace e direi
meglio tregua, prima che la lotta si riaccenda, diversa tuttavia da
questa che ora finisce: il 2 apr. 1237, in Sardegna, Ubaldo Visconti
e Pietro di Arborea, dopo fatto compromesso nel Legato Alessandro
per lo loro questiooi, si rappacificano con reciproca restituzione delle
terre occupate. Tre giorni dopo, in Valdaruo, nella rbiosu di San
Dalmazio ai piedi del castello di. S. Maria in Monte, diocesi luc-
chese, essendo Podestà di Pisa il Conto Tegrimo degli Aldobrande-
st^hi, convengono da una parte Sigerio di Ugolini Schiaanati, Gal-
gano di Eldizio Visconti e Lamberto Paganelli, < <»pitanei Vicecomi-
^tum majorum et eorum partisi, e Bonifazio di Abbate: quelli in
tomo di tutti i Visconti, Ubaldo di Gallura, Monaco, Galgano, Uguo-
iionello, Alberto, Ugolino, Gisborto, Bernardo, (ìotTredo, Frangipane,
mbCTlo, GIdizio, Ougtielmo, Ildebrando, Ranieri, Gherardo ed altri
tolti : in nome pure e come rappresentanti dei fautori, con.'iangaiuei
t fedeli, dei nobili e popolani di Pisa e distretto, loro soci ed amici
0ie avevano aiutato e sofferto danni nella guerra; di Giacomo Conte
i Bisenio, del Conte Rodolfo di Capraia, di Guelfo Porcari, di Mal-
Ufo di 8. Miniato, di Rixlolfu e Lamberto di Ripafratta tutori dei
{gli deir altro Ubaldo Vinconti morto da poco ; dall' altra parte,
nìficio di Abbate, eletto nel Sonato procuratore del Podestà Te-
grimo. EM insieme eleggono tre religiosi, &ate Gualtiero priore dei
Predicatori di Pisa, Uguccione da Caproua e (ìualtiero da Calcinala,
) pacieri ed arbitri delle liti che i sopranomìnati avevano con
IComaoe di Pisa, col Conte Ranieri e tutta casa Ghorardosca, oisa
I) ToLA, Ood. Sardo, n. 57, 59, 61.
408 VI, — Contrctsti sociali e partiti politici
Gualandi, casa Sismondi ; poi con i Conti palatini Guido, AghinoKo
e Tegrimo, il quale ò nella pace come Podestà e come privato nemico
dei Visconti ; con Pietro di Arborea e la gamurra di Cagliari; con il
Comune di Volterra, coi nobili di Versilia, Lunigiana e Garfagnana,
con alcuni Lucchesi e Fucecchiesi; con il Capitano e Rettore delle
due società di concordia, i « nobiles viri > Malagiunta di S. Cas-
siano e Saraceno Albizzone, il quale ultimo entra qui nell'accordo
anche come uno dei Consoli o Rettori del 1232-4; e poi con moltis-
sime comunità e singoli uomini del contado pisano. Massa di Ma-
remma, Buti, Peccioli, S. Casciauo, Cascina, la Valle dell' Era e la
Valle del Serchio, Bibbona, Piombino, Calcinala ecc., tutti partigiani
ed aiutatori di Pisa. Non sappiamo come i tre arbitri condussero a
termine la difficile opera di comporre tante e discordie, guasti, di-
struzioni, estorsioni, bandi, violenze, rapine ecc., > commesse du-
rante la lunga guerra: solo ci à noto che il lodo arbitrale gravò
il Comune di 4000 1. a favore di Rodolfo di Capraia e Guelfo di Do-
noratico di altre 800 1. come indennizzo dei cavalli che aveva pre-
dato nei mari di Sardegna; denari tuttavia che nel 1239 non erano
ancora stati pagati, donde la domanda di rappresaglie che il Conte
fa al Comune fiorentino contro i Pisani ; ^) ma i Visconti si riacco-
stano a Pisa ed il 7 nov. dello stesso anno, nella Chiesa di S. Giusto
al Parlaselo, Gherardesca e Visconti, questa volta senza intervento
del Comune, tutti con il lungo seguito di consorti e partigiani, ven-
gono ad appianare le loro personali differenze.*)
Questi documenti ci presentano in modo vivo, sia pur indiret-
tamente ed incompiutamente, l'intreccio di sanguinose gare che non
lasciano un punto tranquillo di tutta la Toscana marittima: pochi
ne rimangono fuori e nella parte che vi prendono conservano tutti,
non solo gli estranei al Comune, ma i suoi cittadini e dipendenti
stessi, una lor propria personalità per niente assorbita dallo Stato,
come se essi siano avvicinati, non fusi nella sua organizzazione po-
litica. Le varie parti in che il Comune si è scomposto non sono
*) Santini, Documenti, p. 467, 8 ott. 1239.
*) Maccioni, Difesa, II, 1238 st. pis. Nel Tola il doc. è incompiuto.
Le famiglie magnati::m ed il Comune 409
, quasi ^
i con- '
bene l'ima con l'altra articolate; molte famiglie parteggiano, quasi
per uno speciale trattato d'alleanza, col Comune e sono fra
traenti della pace ; altre evidentemente son rimaste neutrali, perchè
nemiche alle prime ; ^) segno di un' altra non lontana scissione che
si viene preparando nelle file della aristocrazia cittadina. E stata
una discordia privata, oppure una guerra della città contro nemici
e ribelli, quella di cui abbiam visto le vicende? Nel primo caso
perchè il Podestà ed il Comune agiscono quasi come privati e come
partigiani dei Gherardesca? Nel secondo come mai le famiglie sin-
gole, le società delle armi, i cattani del contado e le terre soggette
intervengono quasi direttamente e son tutti singolarmente ricordati?
È che questa posizione di molte consorterie della città e del torri- 7
torio nella presente guerra corrisponde in parte a quella che hanno
nei rapporti privati e fiscali. Nella città abitano in vasti isolati, di-
vise appena da stretti chiassi vicinali le case dei vari rami genti-
lizi, con torri e case per i consorti ed i famigli, non meno gagliarde
dei castelli lontani, nella loro solida costruzione in pietra ormai so-
stituita al legno; ^) quasi sempre con orto e giardino, logge e bal-
latoi e con magazzini al pian terreno delle torri (apotheca turris)
che servono per le derrate dei fondi agricoli, per le scuderie, spesso
per le merci proprie che vengon da Cipro o da Tunisi, quando non
sono affittati a mercanti di panni della città e forestieri od a cam-
biatori e prestatori, oppure non servono da albergo che i mercanti
di un qualche Comune soliti frequentar Pisa prendono a pigione in-
sieme con altre stanze dei piani superiori. *) Non sappiamo se e
*) In una carta mutila del 9 febbr. 1236, vigilia della pace, si accenna
poco chiaramente a « capitales inimicitias > che i Gualandi hanno in Pisa :
Arch. RoNCiONi, n. 270.
') Lupi, La casa pisana, nel M, E., in Arch. stor. itaL, V., XXVIII,
p. 77 e SiMONBSCHi, La Vita privata dei Pisani nel '300, p. 42 sgg.
3) Statuti, III, Br. mere, p. 25 e 79-80: si ricorda il fondaco e de
domo Gaitanorum», quello di Guido Marignani e consorti, dei figli di
Turchio da Mercato, dei Senesi, Samminiatesi, Garfagnini. Cosi Bonac-
corso Cane già Podestà, il 21 febbr. 1238 affitta per 5 anni a Bonaccorso
di Lottieri, procuratore « capitaneorum omnium artium et mercatorum »
di San Gemignano due case comode per i mercanti sangemignanesi, una
410 VI. — CofUrasH sociali e partUi poHiici
fino a quando tennero il diritto di esser giudicati da tribunali spe-
ciali, come altrove; ^) se e fino a quando l'altro diritto di non pa-
gare imposte come le chiese. Certo il privilegio per essi si mani-
festava in tutte le forme, nel maggior valore della loro persona in
caso di morte in guerra, nell'esonero dal giuramento davanti i tri-
bunali e così via. I nobili del contado poi, le consorterie dei Lom-
bardi, spesso conservavano la libertà da imposte se venivano in
città, •) quasi sempre se rimanevan sulle loro terre feudali ed allo-
diali, a guardia del castello minacciato dai villani e dalle comunità
rurali : poiché nei patti con cui si sottomettevano alla città od anche
dopo un assalto vittorioso delle milizie comunali, riuscivano in genere
a salvare questo massimo fra i pri\ilegi, l'esenzione dalle imposte
che gravavano invece in forma di fuocatico sui contadini. *) A Pisa
meno che a Firenze certamente, dove Tostilità o la tiepida e sospet-
tosa amicizia dell'Imperatore voleva salvi i militi del contado dagli
aggravi della città *) e dove questa esenzione esisteva ancora per i
militi nobili nel 1220 ^) ed in parte anche nel 1242, salvo qualche
imposta straordinaria che comincia ad essere messa su di loro, *)
per le persone, V altra per fino a 50 bestie ; poste ambedue in Cinzica,
parrocchia di S. Cristina; la prima sarà ben fornita « Icctis et saconibus
et soppidaneis > , con tre solai e bottega dietro la torre; tiene un capo
in Amo Taltro sopra una terra di Bonaccorso e consorti. Promette farvi
stare un uomo legale per fondacarìo che difenda gli uomini di dette
Arti sangemignanesi, faccia i letti e gli altri servizi. In cambio, ogni
mercante darà al padrone del fondaco un tanto sopra il valore delle
merci che venderà o comprerà a Pisa : Arch. di Stato, Fibse Boiiaim^
21 febbr. 1238. Il doc. manca fra i regesti del Davidsohs, Forschungtn^
II, dove tuttavia è, con data del 5 genn. 1233, p. 19, n. 93, la delibe-
razione del Consiglio dei Rettori delle Arti convocati dal Podestà, di
cercare un ospizio a Pisa, e non a Firenze.
*) A Firenze fino al 1291 : Villari, / primi due secoli, I, 267 e 271.
*) Cosi i Corvara e Vallecchia nel 1223.
3) Cfr. per Firenze, Santini, Documenti ^ p. 42, 75, 140, ann. 1198,
1201, 1204, ove sono esenti ì « milites » di Capraia, i e milites et ecclesie »
di Semifonte, i focolari e militum et masnaderium • di Figline.
*) FiCKER, Forschungen,IV^ n. 170 : Dipi, di Arrigo VI a Firenze, 1187.
*) Santini, Nuovi doc., in Arch, sior. ital., V, XIX, 24.
^) Santini, Documenti, p. 475, 31 marzo 1242. Sulla questione delle
imposte, Salvemini, Magnati e popolani, p. 52 sgg. e la bibliografia dt.
Pericoli di Signoria 411
fino a che nella 2* metà del '200 sono allibrati regolarmente. Ma
anche a Pisa, i modi d'acquisto del contado, i rapporti relativa-
mente pacifici anzi amichevoli con i piccoli e grandi nobili inca-
stellati dovevano aver portato con so le stesse conseguenze nei rap-
porti fiscali con essi. Che meraviglia perciò se scendono in lizza
queste famiglie come piccole comunità autonome, più autonome di
quello autentiche di contadini e piccoli proprietari? Perduta la giu-
risdizione sullo persone, esse conservano sempre piccole regalie di
pedaggi, ripatici ecc., oltre i censi dei rustici e fedeli e la libertà
daille tasse: solo sugli ultimi del '200 e nel '300, terminata la lunga
guerra suscitata dalla grande nobiltà dei Visconti e Gherardesca, po-
trà il Comune finir di abbattere questi rottami di un antico edilizio.
Ma in mezzo a tanta individualità di iK}rsone e di enti col-
lettivi, già appare nitidamente nella sua unità « il popolo », che
esce dal travaglio più compatto, mirando oramai ai poteri politici.
Di modo che ora il Podestà ò sempre capo unico del Comune e
quiusi suo centro politico; ma basterà una piccola scossa perchè
la nuova società popolare organizzata venga fuori con suoi propri
(luci e proprie leggi, in tutta la sua personalità. Ed a questo con-
tribuisce certamente Tuso invalso con sempre maggior frequenza di
i^hiamar Podestà forestieri, di fronte ai quali la cittadinanza ed in
special modo il popolo acquista maggior liì>ertà di movimento poi-
ché quelli non sono più, come erano stati invece alcuni Podestà cit-
uulini e in un fiiscio tutta
la cittadinanza, grandi e piccoli, con atta testa quella famiglia di
feudatari nella quale le gelosie personali erano aculeo forse più ga-
412 VI. — Contrasti sociali e partiti politici
gliardo che non nella borghesia la paura di una tirannide. Ma data
la forza dei Gherardesca ed i loro precedenti sotto il consolato e nel
primo tempo del Podestà, si capisce che essi tendessero precisamente
allo stesso scopo a cui i Visconti. Ed in realtà, prima del 1237 il
Comune sembrò quasi alla vigilia di un governo signorile : se noi
osserviamo la posizione in cui si trovano molti grandi di Lom-
bardia quando usurpano o ricevono il potere supremo, essa non è
molto diversa da quella attuale dei Gherardesca. Una pace del 1225
è conchiusa fra Comune ed uomini di Verona e nec non inter com-
mune Ferrariae et d. Salinguerram et alios homines Ferrariae > ; *)
quest' ultimo non molto diverso dai Gherardesca a Pisa nella pace
del 1237. Ed esso ebbe appunto la Signoria a Ferrara, per quanto
non nella forma che questa prende nel '300 e nel '400, ma Signoria
di parte che finisce perciò quando il partito avversario, con gli Estensi
alla testa, rientra in città nel 1240; proprio come sarebbe stata ima
Signoria del partito Gherardesca contro quello visconteo. Tali furono
i principi delle Signorie dei Polentani a Ravenna, degli Ezzelinì a
Verona dopo il 1226. Pisa perciò fu sul punto di seguire le sorti
dei Comuni deir Italia settentrionale, distaccandosi in questo come in
tante altre cose dal tipo del Comune toscano che ebbe una più per-
fetta maturità ; ed una delle cause ò da ricercare nei rapporti in che
la cittadinanza si era trovata con queste grandi famiglie schiettamente
cittadine come i Visconti e radicate tenacemente e profondamente
nei suoi interessi e nella sua vita, oppure di origine feudale come i
Gherardesca che, per la lontananza dei loro maggiori feudi, per
l'utilità che il Comune poteva trarne nelle guerre con Volterra e
con Lucca, per la politica verso l'Impero, non erano mai state
considerate come nemiche e mai combattute, anzi al contrario ac-
colte in città, accarezzate, blandite, incoraggiate e messe quasi in
grado di dare una dimostrazione pratica del rapporto che poteva es-
servi fra feudalesimo e Signoria, come la davano in Lombardia gli
Estensi, Buoso da Dovara, i Pelavicini, nello stesso tempo.
') Salzer, Ueber di AnfUnge der Signorie in OberUaUen, 1900, p. 36.
Riordinamento interna
413
Ya ora, come i OlierardesoA avevan frustrato i tentativi dei Vi-
sconti, così la borglipsia quelli dei Gberardescu, doude la prossima
riconciliasione delle due famiglie o la giierni coucorde che muovono
a Pisa: di modo L'ha può dirsi che le agitazioni di questi anni rag-
gitmgouo lo scopo di conservare alla città il suo reggimento comu-
nale e come la gelosia reciproca e la vigorosa organizzazione consor-
tile della classe consolare aveva impedito nel XII sec. ad alcimi dì
prevalere sugli altri, così ora l' invida ambizione delle famìglie più
potenti ed il popoìo impediscono al Podestà di divenir Signore. Poi-
ché certo si redassero e si inserirono nel Breve del Comune specitdi
disposizioni vietanti la elezione di cittadini a Podestà e — chiunque
essi fossero — la rielezione e la proroga dei poteri; ma ciò che piii
Talse fu la diffidenza reciproca delle frazioni della aristocrazia e la
vigilanza armata del popolo. A Oenova nel 1229 il Podestà Gia-
como di Baiduino bolognese per aver ottenuto esso solo l'incarico
di emendare gli Statuti e sollecitato dagli elettori una riconferma
e dal Papa l'assohizione dal giuramento prestato di non cbìedeme
o aopottame, provooù tale subbuglio in tutti gli ordini dei cittadini
contro qnesto topprobrium et perjuriam > che dovd rinunziare ad
ogni disegno. *) Il Consiglio del Podestà e l'assemblea generale da
lai convocata e presieduta nella chiesa maggiore si fanno più nu-
morosi ; il Podestà ò sempre tiaucheggìato dai Senatori con aggiunti
altri savi cittadini per ogni porta e poi per ogni quartiere, che sono
il Consiglio minore;*) dai Sonatori stessi, dai Capitani dei militi,
dai Consoli del mare e dei mercanti, dai Consoli delle 4 orti, dai
Capitani dei porti di Sardegna e da 100 buoni uomini, 100 ogni
quartiere, per ì Consigli generali ; ') rappresentanti, aì quali più tardi,
dopo il 1251, si aggiungeranno il Consiglio maggiore e minore degli
Anziani, il collegio degli avvocati del Comune, i Capitani, Consoli
o goablnniori delle società del popolo, ì Capitani dui giudici e dei
notai che verso la metà di quel secolo si afTermano come ordine a
M Cabo, Die VerfaaauTiif Oenuas sur Zeit tUr Padellati, Struiburg,
1891, p. 36 M Ann. janwjiae», 1399.
') Dal Bohoo, Di})l. pia., p. 1>M, giuram. dpJ Corvnresi, ^ die. 12&4
•} Dal Bornio, DijU. pi»., p. 2"li, patii coi nobili Corsi, 28 aov. 1249|
414 VI. — Chntrasti sociali e partiti politici
sé staccato delle 4 Arti ed affine socialmente ai nuclei mercantili, ed
infine più numerose rappresentanze dei quartieri. ^) Diventa anche più
comprensivo il giuramento del Podestà, più regolare il suo sinda-
cato dopo uscito di carica, come più regolare quello di tutti gli uffi-
ciali pubblici per le cui mani vanno i denari del Comune, mag-
giori fra tutti i due Camerari, quasi ministri del tesoro, stipendiati
a 60 1. annue, con un Breve, con notai per sognar le entrate e le
uscite ed un custode. Fatta T inchiesta degli atti amministrativi, essa
vien letta ed esaminata dal Senato. E tutto prende maggiore rego-
larità e legalità: alla compilazione delle norme per il Podestà le
quali conducono un .po' per volta a restringere le sue funzioni nel
campo puramente giudiziario, come sarà nel '300, corrisponde quella
delle norme per la \ita interna delle Arti. Ora il popolo crea la sua
legislazione speciale la quale in parte penetra lentamente nel Breve
del Comune che non è più la formula del Podestà né ha più forma
personale, ed in parte si ordina negli Statuti delle corporazioni, in
quelli che le società delle armi mettono in scritto appena costituite
e nel e Breve populi >, non più patto che lega i cittadini al magis-
trato supremo del Comune, ma formula di concordia interna di un
partito nuovo che vive a sé prima di conquistare il potere politico,
risultante quasi di tutte le parziali attribuzioni pubbliche che le
associazioni un po' per volta hanno ottenuto. Sorgono ora i Brevi
dei mercanti e del mare *) ed i primi nuclei dei Brevi delle Arti,
costituiti oltreché dai giuramenti dei Consoli e dei soci — mescolati in
guisa che in uno stesso Breve si trovano confusamente da una parte
gli ordini di chi comanda, la promessa di obbedienza dall'altra —
anche dai privilegi concessi dal Podestà e relativi alla giurisdizione
corporativa, alla autonomia, ai diritti di monopolio nell' esercizio
del mestiere; per cui le Arti diventano circoli chiusi, fino a che
la Signoria o qualche Podestà che voglia instaurarla non abolisca
tutte quelle clausole. *) Anche nelle mutate opinioni dei giuristi
*) Dal Borgo, Dipi, pisani, p. 195, ann. 1262.
*) Statuti, III, Br. maris, p. 364, 366, 382, ove si ripete la solita for-
mida « consoli, rettori o podestà » ; Schaubb, D<ìs Konsulat des Meeres, p. 21.
^) A Pisa, lo vedemmo a proposito dei cuoiai ; ma il Breve del 1286
OaraUtire gmerale del presente periodo storico
415
riguardo alla legislazione corporativa, non più da essi ritenuta corno
da principio cosa vile e contraria al diritto, si rispecchiaBo la diffu-
sione e r importanza sempre maggiore che ossa veniva prendendo,
mentre conquista larghissima autorità il principio che ì glos-
satori traevano dal diritto romano della autonomia di tutte le as-
sociazioni libere; cagiono anche questa del precoce e compiuto svi-
luppo che le società delle Arti e delle armi hanno a Bologna, sode
dì uuo Studio fiorente, e delle copiose fonti statutarie cJie quella
città cou tutti i suoi giudici e uotai ci ha potuto conservare,')
Tutto questo lavoro preparatorio i! Popolo compio durante e dopo
gli anni torbidi che abbiamo studiato, tramezzo una società mista
di elementi vari ed opposti, fra vecchi diritti e vecchie pretese da
una parte, giovani sperauzo e presentimeuti dall'altra, non demo-
cratica nò aristocratica, ma indefinita ancora ed incerta nel suo co-
lorito, certo diversissima tanto da lineila del XII quanto da quella
del XIII secolo avanzato cho invoco hanno una lor propria e chiara
fisonomia. Questo periodo di trapasso, vero periodo di gestazione,
sì comprende sia cosi confuso e pieno di lotte: le vecchio istitu-
xioni sono morto del tutto o so provano a risuscitaru son tntt'altra
cosa; le nuove stanno formandosi ora. La cittadinanza perciò va
innanzi qnaai a tentoni, con incerte idee di diritto, con rapporti
ogni giorno vari col potere centrale; erao il disordine, ecco la gnem
civile cui ogni piccolo accidente può provocare e che dura a lungo
porche le varie forze sociali, vecchie e nuove, non son tati che l'una
possa senza sforzo soggiogare l'altra; disordino e guerra, tuttavia,
cho poco turba la vita degli affari, la vita di tutti j giorni, polchò
quelli che più specialmente son presi nel turbine e trascinati, quelli
che più sentono II disagio presente o sono spinti quasi fatalmente
« battagliare sono le maggiori famiglio Visconti, Ohorardosca, Upex-
l«ude a dar» a tutte le Arti una maggiora libertà. Per Modena, Flalelai
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